venerdì 27 maggio 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 65

Capitolo n. 65 – nakama



https://www.youtube.com/watch?v=450p7goxZqg


Un’ora prima del sisma …
Residenza Keller-Oxford, Los Feliz


Keller sigillò il trolley, con quel poco, che poteva servirgli durante la settimana in corso.
Il resto della sua roba, sarebbe venuto a prenderlo più avanti.
Un passo alla volta.

“Ma dove stai andando, Arthur: di nuovo a Boston?”
La voce della moglie non lo turbò minimamente.

“No”

“E allora dove?” – rise nervosa, parandosigli davanti.

“Questo è il mio nuovo recapito, oltre allo studio, ovviamente” – e le porse un biglietto da visita.

“Residence Collimer? Malibu … Cosa diavolo ci vai a fare?!” – sbottò, fissandolo.

“Mi ci trasferisco Tania”

“Hai un’altra?”

“No”

“E allora cosa sta succedendo?!”

“Succede che vorrei avere sì un’altra, ma di vita, non certo un’amante”

“Così, di punto in bianco?”

“A essere sinceri, è da un pezzo, che vorrei farlo, ma ho aspettato anche troppo, intimorito dalle conseguenze”

Tania Oxford deglutì a vuoto, accennando un sorriso più accomodante, scarsamente credibile – “Perdonami, ti ho aggredito, ma sono scioccata”

“Non torno indietro, ti farei solo del male e lo farei a me stesso: è già accaduto a sufficienza, credimi” – e se ne andò, senza dare più retta alle sue invettive.




Studio Geffen – Ivory Tower

Louis si ostinava a cercare le sue labbra, per un bacio, mentre Harry lo dominava, allargandogli le gambe esili e spaccandogli il cuore a metà, senza alcun amore.

Fare sesso, era sembrata a Styles, l’unica soluzione per farlo smettere di piangere: era così patetico, irritante, la prova personificata di ogni suo errore, per come non voleva più essere, ma che la natura e ciò che lo legava a Boo, gli urlava dentro ogni notte e ogni maledetto giorno, distante da lui.
Era stata semplicemente una follia, sposare Britney, che lo ubriacava di parole, aspirante modella e attrice, senza alcun talento, affinché Haz la introducesse nel bel mondo, dal quale lui rifuggiva, facendole conoscere almeno Geffen o Lux, ma soprattutto Derado, per avere anche solo una particina, un inizio.
Glielo doveva.
Più di quel figlio, la cui gravidanza, Britney gliela annunciò senza alcuna gioia, ma esclusivamente preoccupazioni per la sua linea e il suo peso, destinati ad esserne compromessi.
Rovinati.

Harry spingeva, senza godere, senza sentirlo, mentre Louis annaspava, sopraffatto da un piacere dilagante, dalla virilità dell’ex, che lo aveva travolto e stravolto, come sempre.

Tutto finì, senza carezze, senza attenzione per Boo, raggomitolatosi, tremante, in posizione fetale, mentre il suo corpo consumato, non smetteva di venire, unicamente tra le sue mani gelide.

Styles esisteva, in quella stanza, ma era come se non ci fosse.

Faceva freddo, nonostante la temperatura esterna toccasse i trentasette gradi e il condizionatore funzionasse male.

Eccolo l’inferno.
Ecco la cenere.
Negli occhi spenti di Louis.
Nel cuore inaridito di Harry.
Com’era stato possibile, ridursi così?

Nessuna risposta.
Solo un fragore.
Improvviso.
Sconosciuto.
Devastante.




Ore 2:34, p.m., Villa Meliti, colline di West Hollywood


Un salto nel vuoto, dal primo piano, tenendosi per mano, Jared insieme a Colin e Glam insieme a Lula.

Un urlo corale, assordante, ai piedi dell’ala est, che stava crollando alle loro spalle, mentre fuggivano verso il centro del parco, dove, per fortuna, tutti gli invitati si erano precedentemente riuniti, in attesa degli sposi, rimasti tra le macerie, all’ingresso dell’abitazione di Antonio.

Tra le colonne, in parte integre, da una cortina di fumo biancastro, sparsosi ovunque, tra fiamme ed alcune esplosioni, degli impianti del gas, spuntò la sagoma di Hemsworth, con in braccio il futuro sposo, ferito alla testa e sanguinante.

“Vi prego aiutatemi!!”

Nel mentre le urla di Robert sembrarono frangersi contro il cervello di Geffen, ancora confuso, ma pronto a soccorrere chi gli stava intorno, come meglio poteva.

Pepe era rimasto imprigionato, sotto la struttura del gazebo, dove si sarebbe svolto il rito nuziale.

“Mio Dio!!”

Glam si precipitò, provando a sollevare i pesanti tubolari in acciaio bianco, incastratisi come un groviglio senza scampo.

“Vas dammi una mano!!”

Il bimbo riprese i sensi, gridando per il dolore alle gambe, presumibilmente fratturate.

“Lula fa qualcosa!” – lo supplicò Downey e soldino abbracciò il fratello, consolandolo e facendolo calmare, con la sua magia, rimasta intatta, dopo il rito in Brasile.

Nel caos più totale, un’ambulanza varcò il cancello della proprietà, chiamata da Scott, fortunatamente illeso, come Mads e Will, che si prodigarono, con la loro esperienza, nel medicare, chi ne avesse bisogno.

Pepe venne portato via, con Tom, seguito da Robert. Jude e Chris, mentre Glam, ripresa lucidità, si attaccò al telefono, per coordinare le operazioni e mettere al sicuro i bambini, prima di ogni altro componente la loro immensa famiglia.

“La casa di Palm Springs è antisismica, dev’essere rimasta in piedi per forza Vas! Prendi il blindato, porta i piccoli e le donne sull’oceano, l’high way è aperta, me l’ha appena confermato Coleman, della stradale, ok?”

“Va bene Glam, provvedo subito, ma voi cosa pensate di fare?!” – chiese concitato, mentre Peter riuniva i bimbi e le madri.

“Vi raggiungeremo al più presto, ma tu organizza un campo base, l’attrezzatura è nel box sulla spiaggia! Pamela!”

“Glam non puoi rimanere qui!”

“Nel bunker ci sono provviste per sei mesi: organizza tu i pasti e cercate di tenerli tranquilli, ok?”

“Bunker, ma quale bunker?!”

“Vas lo sa, segui lui e poi tieni questa amico” – e gli passò una chiave speciale, di quelle a codice – “… è dell’armeria, non esitare a difendere la zona, contro gli sciacalli, d’accordo?”

Il sovietico annuì.
Era arrivato il momento di allontanarsi da quella scena apocalittica.

La città di Los Angeles, sembrò essere stata messa a ferro e fuoco, da un demone, assetato da chissà quale vendetta.




L’Ivory Tower era rimasta miracolosamente intatta, anche se la corrente elettrica era saltata da subito ed una voragine, si era aperta nel parcheggio sottostante, dove Keller parcheggiò il proprio suv, per poi dirigersi verso le uscite di sicurezza e le scale antincendio, lungo le quali decine di persone stavano scendendo, spaventate a morte, ma vive.

Come Harry e Louis.
Quest’ultimo, appena scorse Arthur tra la marea umana, che sembrava defluire verso la salvezza, fece quasi un balzo e gli volò tra le braccia grandi e sicure.

“Tesoro ce l’hai fatta!” – mormorò emozionato l’uomo.

“Anche tu” – disse altrettanto vivido Tomlinson – “… puoi darci un passaggio, anche se non so dove andare?”

“Certo”

“Britney mi ha mandato un sms, con un indirizzo, che non conosco: mi ci portate, vi prego!” – si intromise Styles, in ansia per le sorti della moglie.

E del bambino.

Keller fece un cenno di assenso, così Louis.

“Avanti, muoviamoci!” – li esortò il più anziano.

Le vie si stavano ingolfando di auto in fuga.
Senza una meta precisa.




Sara era in giro per negozi e recuperarla non fu semplice, ma la determinazione di Paul, fece la differenza.

Essere il figlio del defunto giudice Nelson, servì finalmente a qualcosa: grazie ad alcuni contatti, Rovia riuscì a localizzarla e tutti insieme andarono a prenderla.

Bea e Sandra, appena la videro, corsero da lei, dicendole come il fidanzato del loro papà non si fosse arreso, per riportarla da loro.

La ex di Reedus lo ringraziò esitante, mentre saliva in macchina, ammaccata e malconcia.

“Dove possiamo andare?” – chiese Norman, riavviandosi lento, in mezzo ad un traffico assurdo.

“Glam mi ha detto di trasferirci a Palm Springs: ci ospiteranno, ok?”

“Ok amore” – e la sua espressione affettuosa, colorò l’aria di una minima speranza.



https://www.youtube.com/watch?v=lp-EO5I60KA


72 ore dopo … Palm Springs

Il furgone, come ogni giorno, scaricò quella che la stampa locale, definì la squadra d’intervento “all stars”, formata da persone celebri, come Colin, Jared, Robert, Jude e non solo, come Scott, Jimmy, Mads e Will, Arthur e Louis, Harry, Paul e Norman, che non si risparmiarono nell’aiutare la parte più povera della metropoli, dove migliaia di indigenti, versavano in condizioni disperate, dopo il cataclisma.

Il denaro di Antonio e Glam, servì ad installare a tempo di record, decine di mense e ospedali mobili, dove tutti venivano supportati, per tornare anche solo ad una parvenza di normalità.

I benestanti, la crème de la crème di Los Angeles, aveva preferito trasferirsi all’estero o in altri stati, in attesa che qualche ditta specializzata ricostruisse le relative regge, distrutte dal terremoto.


Geffen li stava guardando rientrare, distrutti da una giornata di sicuro estenuante, a breve distanza, da una terrazza, dove Pepe stava giocando con Lula e Jay Jay, che lo spingevano a turno, sulla sua sedia a rotelle multicolore.

Il figlio dell’avvocato e Downey, aveva subito un delicato intervento, ma i medici avevano assicurato loro, che le ossa si sarebbero saldate al meglio, ma serviva pazienza ed una lunga riabilitazione.

Sul volto di Jared, nonostante la stanchezza accumulata, non mancava mai un sorriso, mentre teneva per mano Farrell, come in quel salto.

Era come se non si fossero più lasciati.
E Leto, sembrava rinato, grazie alla generosità e l’abnegazione, che metteva nel servire i pasti, intrattenere gli ospiti ai rifugi con brevi concerti oppure distribuendo giochi e vestiti, ai nuovi orfani, raccolti al centro di Miss. Gramble.

C’era tanto da fare e, nel dramma, tutti si riscoprirono più umani e terreni, distanti anni luce da divismi e copertine patinate.

Come quella di L.A. News, con la quale Geffen imperversò nelle edicole e online, anche durante l’emergenza, ma solo per indicarlo quale benefattore e filantropo senza uguali.

Robert salì da lui, per salutare Pepe e rilassarsi prima della cena, che Pam e Carmela, avevano preparato da ore.

“Se ci sono di nuovo carote bollite al limone, giuro che me ne vado a cercarmi una pizzeria!” – esordì ridendo, alla vista dei suoi cari.

“Ciao Rob, temo di sì” – Geffen rise ed i bimbi esclamarono un “Naaaa!” – assai buffo.

“Ok, mangerei anche una suola di scarpe … Come ti senti oggi?”

“Una favola, non mi vedi?” – il legale allargò le braccia, tenendo d’occhio i movimenti di Jared, fermatosi sulla battigia, a sfidare le onde, in maniera comica e infantile.

“Guarda che Scott me l’ha detto del tuo micro infarto, ok roccia?” – gli bisbigliò simpatico.

“Per affossarmi ce ne vuole uno macro, credevo lo sapessi!” – replicò lui, complice, dandogli poi un bacio sulla tempia destra, prima di sparire.



Colin era a farsi una doccia e Geffen aveva pochi minuti, per potere parlare finalmente con il leader dei Mars.

Aveva rimandato quel momento ad oltranza, ma era inutile, lui voleva scusarsi ad ogni costo.

“Se vuoi ti procuro secchiello e paletta, Jay” – esordì, le pulsazioni a mille, ad un metro da lui, che gli arrise, dandogli il benvenuto.

“Ciao Glam, credevo fossi rimasto alla sede operativa con Chris”

“No, ma lui è là, con Tommy, in effetti”

“Ok … Hai l’aria stanca” – e gli sfiorò lo zigomo, dove quel mercoledì, lo aveva colpito con uno schiaffo, assai difficile da dimenticare per entrambi, come il loro confronto.

“Anche tu sei a pezzi, ma lo nascondi bene, sotto a questa barba lunga, per non parlare dei capelli” – e rise, seppure imbarazzato dalla situazione.

“Ti sei visto allo specchio? Anche tu non scherzi!” – e la sua risata, quella sì, che si librò nell’aria, come un gabbiano, libero e indomabile.

Era bellissimo.

“Jared mi dispiace per” – ma il palmo sinistro di Leto, gli tappò la bocca.

E poi la sua, di bocca, prese il posto della sua, di mano.
Per bruciare ogni respiro di Geffen.
Per ucciderlo ancora una volta.

Che non sarebbe stata mai l’ultima.




Keller insaponò le scapole di Louis, divertito come un adolescente, dal solletico che l’altro gli stava facendo.

Quindi si girò, per incollarsi ad Arthur, in crisi di ossigeno, da quando Boo aveva aperto i getti di acqua e vapore, creando un’atmosfera surreale.

Si lavarono facendosi dei dispetti, mescolati a coccole audaci, il tutto velocemente, per lasciare posto a chi era in attesa per darsi una ripulita.

Si trasferirono quindi su di un balcone laterale, per asciugarsi con l’aria ancora rovente, del tramonto.

Keller amava pettinarlo e vestirlo, senza più chiamarlo Boo.

“Hai parlato con Harry?” – chiese improvviso il più anziano.

“E’ complicato”

“Sì, comprendo …”

Quel recapito, dove lo accompagnarono solerti, il giorno del sisma, era di una clinica privata.
Specializzata in inseminazioni artificiali e interruzioni di gravidanza.

Britney aveva abortito, all’insaputa di Styles.
Per non ingrassare, per non riempirsi di smagliature, per non compromettere la sua carriera.

Se solo fossero arrivati trenta minuti prima, se solo lui ne avesse sospettato le intenzioni, se, se, se …

Anche la ragazza era stata portata lì, aiutava a tenere in ordine, a preparare qualcosa di caldo, era inesperta in tutto e volenterosa esclusivamente nel farsi notare, da chi avesse un conto in banca a parecchi zeri.

Harry l’aveva ufficialmente lasciata, ma per il divorzio non c’era stato ancora modo di perfezionarlo.

Un dettaglio, del quale a Boo, non importava niente.

Assolutamente più niente, adesso.














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