Capitolo n. 15 – nakama
Al Chateau Marmont
c’era sempre una camera pagata, a nome di Terry Richardson, il celebre
fotografo di New York, che Jared usava, nella massima privacy, dal garage
sotterraneo, agli ascensori senza telecamere, sino alla 316, affacciata sulla
piscina dell’albergo delle celebrità di Hollywood e dintorni.
Frequentarlo,
significava essere arrivati.
Anche in un luogo, dove
si erano consumati fatti di cronaca poco edificanti, festini ed accordi, su
film da Oscar.
Lui e Farrell avevano
fatto l’amore per l’intero pomeriggio.
Ora, dopo una lunga
doccia, che non aveva lavato comunque via, i segni profondi di quel doppio
tradimento, Leto osservava l’ex dormire profondamente, come un bambino.
Innocente.
Colin, che gli aveva
sussurrato, anzi ansimato, nel collo e nelle orecchie, che non gli importava
niente di quanto percepiva dentro di lui, del passaggio di Geffen, dato per
scontato – “… è tuo marito … è giusto che … ma tu sei mio, capisci Jay? Mio e
basta! …” –
Già, più che giusto,
che Jared ci facesse l’amore, appena sveglio, peccato fosse di Mark Ruffalo
quel seme e quel che restava di un rapporto consumato di prima mattina,
sentendo, ormai, di avere toccato il fondo.
Anche
questa volta.
“Ceniamo insieme?”
La domanda di Mikkelsen
arrivò sotto al portone di casa di Will, che sorrise, guardando avanti, oltre
il parabrezza limpido.
“Non ti è bastata la
nizzarda?” – e lo guardò, un po’ provocatorio, ma simpatico.
“Dio no … Sono
affamato, tu no?”
“Forse” – Graham rise,
dando poi una carezza a Rambo, steso sul sedile posteriore.
“Il tuo segugio
apprezzerà le costolette del Terida, hanno anche un’ottima birra scura” –
propose con un vago impaccio il medico, tamburellando sul volante.
“Ok … Ma niente birra
per Rambo”
“Chiedilo a lui!” –
Mads rise, riavviandosi sul boulevard, molto soddisfatto per l’evolversi della
serata.
La scena era strana.
Jared la osservò per
non più di trenta secondi, prima di entrare in casa.
Aveva guidato spedito
sino a Palm Springs, ingoiando integratori e bibite energetiche, che gli stavano
letteralmente ribollendo dentro lo stomaco chiuso.
Harry e Louis,
abbarbicati a Vincent, tutti e tre crollati sopra ad un mega lettino
prendisole, con Petra accucciolata sul petto del francese.
“Bella famigliola …” –
mormorò il leader dei Mars, scrollando poi il capo biondastro, dal taglio medio
corto, di cui ormai si era stufato.
Come di sé, del resto.
Geffen si era assopito
a propria volta, il suo volto era pallido, il viso ispido ed un po’ storto,
sopra ad un cuscino del divano, nel mezzo del living deserto.
Jared si precipitò da
lui, scuotendolo appena.
“Glam!”
L’avvocato si destò con
un sorriso, nel rivederselo lì, a sorpresa.
“Tesoro … Non dovevi
essere a Los Angeles?”
“Ma stai bene?” –
chiese in ansia, sfiorandogli gli zigomi, ora più rosei e rassicuranti, come il
suo buon umore ritrovato.
“Certo … Ho avuto una
giornata un po’ così, per via di Louis e … soci” – e sbadigliò sollevandosi,
per mettersi seduto, a contemplare il compagno, rimasto scomodo sul bordo.
L’uomo lo cingeva,
affettuoso e caldo, mentre l’artista si sentiva morire dalla vergogna.
Si era cambiato ed il
dettaglio non sfuggì a Glam.
“I bimbi ti hanno
macchiato con qualche minestra vegana?” – domandò lui ridendo, scompigliando
quelle chiome, che sapevano di buono.
Jared si alzò, dandogli
le spalle: era così stanco di mentire e quella bugia, gli era appena stata
servita su di un piatto d’argento.
“No, ma avevo caldo …
abbiamo nuotato”
“Sì, capisco … Colin
sta bene?”
“Non con me”
Con quella risposta,
Jared aveva fatto un passo indietro, al discorso con il quale esordì appena
entrato nel loft di Ruffalo.
Ingannare il proprio
consorte, con ben due uomini diversi, era davvero un bel record.
“So che non è semplice,
amore, raggiungere un equilibrio e”
“Come quello tra Robert
e te, lo so, a proposito c’era anche lui, con Jude” – e si voltò di scatto, nel
dirlo.
“Già, toccava a loro
portare i gemelli al campeggio, con Yari e Misaki … Robert mi ha scritto un sms
prolisso e divertente, sul viaggio, hanno forato una gomma, Rob è andato nel
panico, Jude lo canzonava” – le sue parole divenivano sempre più distanti e
sbiadite.
Così la vista di Jared,
che si ritrovò accasciato sul parquet, senza neppure sapere come c’era
arrivato, così, di colpo, senza che Geffen riuscisse a prenderlo in tempo,
evitandogli quella rovinosa, ma innocua caduta.
Almeno fisicamente.
Colin perse un battito,
durante la telefonata di Geffen.
“E’ stato un semplice
malore, dovuto all’afa di questi giorni … Ehi ma ci sei?”
“Sì Glam sono qui è che
… Che Jared stava bene e”
“Lo so, ma ha
mangiato?”
“Poco, come la solito”
“Ci eravamo ripromessi
di tenerlo d’occhio, Colin, non dobbiamo abbassare la guardia e poi tu dovresti
venire qui, la tua presenza lo tranquillizzerà”
“Ma … ma cosa stai
dicendo Glam …?”
Farrell stava
piangendo, dopo essere scivolato lungo le pareti di quell’area riservata ai
fumatori, all’interno del ristorante del Marmont, dove si era trattenuto per un
aperitivo analcolico, senza rinunciare alle Camel.
Aveva ricominciato.
Come ad andare a letto
con Jared.
“Sto facendo un
ragionamento logico, non penserai che mi perda in scene di gelosia o peggio,
vero Colin? Ma perché reagisci in questa maniera, ho ritenuto doveroso
avvisarti, sei il padre dei bimbi di Jay, perché ora piangi?”
Il tono di Geffen si
fece duro: conosceva a memoria le loro reazioni simbiotiche, nei periodi di
tensioni, così i relativi ritorni di fiamma.
L’ex bad boy di Dublino
si riprese, alzandosi ed impostando un tono addirittura sarcastico –
“Francamente non ricordavo di avere deposto le armi, con te”
“Non posso certo
impedirti di amarlo, ma non ti lascerò spazi Colin, non al di fuori di quelli
che riterrò più opportuni”
“Eccolo lo stratega, in
fondo anche questa chiamata ti renderà più solido ed ammirevole ai suoi occhi,
ti meriteresti un applauso Glam, davvero” – e rise alienato.
La voglia di bere gli
arrivò addosso improvvisa, ma non poteva cadere in quel modo, non questo giro.
Maledizione.
Sushi, riso, verdure,
Will li stava divorando, seduto con Mads ad un tavolo appartato del Dark Blue.
Di tanto in tanto
Brendan Laurie li sbirciava, appollaiato su di uno sgabello, con i gomiti
appoggiati al bancone del bar, dove Brent serviva cocktail senza sosta.
“Quello è Mikkelsen, il
barone del bisturi o robe simili” – l’analista rise complice, dando poi un
buffetto all’acerbo consorte – “… è in terapia da Hugh, un caso clinico da
manuale, penso che mio fratello ci scriverà un libro, sai?”
“Cavoli Brendan e che
ne è del segreto professionale?” – obiettò l’ex capitano.
“Tra noi, ma dai …” –
sbuffò – “… e poi qui scatterebbe anche il gossip, peccato non ci sia nei
paraggi quel Michael” – e sogghignò, sorseggiando tequila gelida.
“Gossip?” – sussurrò
Brent, più interessato.
“L’altro è Will … Come
si chiama? Ah, sì. Graham, un suo collega, un ex studente e pupillo di
Mikkelsen, noto frequentatore di bordelli di alto lusso”
“No, ma stai
scherzando, vero?”
“D’accordo, diciamola
tutta, perché qui non si tratta di un semplice vizio da milionario annoiato,
bensì di una bella turba psichica, un disagio assai profondo, quindi guai a te
se gli darai mai confidenza, ok Brent?”
“Confidenza?! Ma cosa
sono queste novità?!”
“Quello si porta dietro
un fardello di guai, che tu neppure immagini” – sibilò un po’ comico.
Brent si sentì
lusingato ed irritato, ma infine si sporse, rassicurandolo – “Non lo farò mai e
poi quel Mads non ha occhi che per il suo amico speciale, direi” – e rise
cristallino.
“In effetti … Si
scioglie, come neve al sole, hai ragione”
“Vuoi dei tacos?”
“No, preferisco del
chili” – e gli fece una linguaccia dispettosa – “… e poi un poco di te, sono in
astinenza” – gli sussurrò, attirandolo a sé, per il bavero della maglietta, con
una deliziosa ed innocua irruenza.
Brent lo baciò,
staccandosi poi di poco – “Ti amo mostro”
“Anch’io cucciolo”
Ora erano Mads e Will
ad osservarli.
Con un sorriso.
Geffen andò ad aprirgli
con in braccio Pepe.
Colin diede una coccola
al bimbo, che rise spiegandogli cosa avesse combinato papi Robert al campeggio.
“Lo so peste, zio Jude
mi ha fatto una cronaca dettagliata” – provò a scherzare, ma era teso quanto
una corda di violino.
“Jared è di sopra” – si
intromise con garbo l’avvocato, lasciando scendere il figlio, che raggiunse
Lula in veranda.
“Adesso che siamo soli,
Glam, vorrei che parlassimo un po’ di Jared e dei suoi problemi”
“Quali problemi?”
“Non lo vedo affatto
felice”
Geffen sorrise – “E
sarei io lo stratega, Colin? Dove vuoi arrivare? Forse non mi ritieni più all’altezza
di rimanergli accanto, come scelta migliore possibile? Hai usato queste parole
a Parigi o sbaglio?” – sottolineò polemico.
“Ho detto ciò che
andava detto e tu hai fatto ciò che andava fatto, per il bene di Jay!” –
obiettò ostile.
“No, fermati un
secondo, qui non si tratta di avere manovrato le circostanze, a favore di un
risultato, per pura logica, qui la razionalità non centra un tubo, io amo Jared
e lui ama me!”
“E’ stato … buon senso,
non raziocinio, è stato per dargli un punto di riferimento, un approdo solido,
dove fermarsi, guarire … ricominciare” – replicò più calmo.
“I familiari di Jared
mi stimano, Colin, per come mi sono comportato sempre con lui, da Shannon a
Constance, ma non solo e tu lo sai: certo, ci sono stati periodi in cui ho
provato a porre una distanza tra noi, però non è servito, perché quello che ci
lega è indissolubile”
“Posso dire la stessa
cosa di noi, di Jared e di ME! E di cosa pensa Shan o la mia ex suocera, non me
ne frega un cazzo a questo punto!” – ringhiò deciso.
“Cole …”
La figura scarna di
Leto apparve a cima scale.
Era il fantasma di sé stesso.
“Jay tesoro!” – e nel
dirlo, Farrell guadagnò quei pochi scalini, che lo separavano dal suo angelo
senza più anima.
“Mi dispiace per avere
gridato, sono stato inopportuno e”
“Ne hai tutte le
ragioni, ma più di te, le ha mio marito” – disse flebile, guardando Geffen, che
gli si avvicinò, senza urgenza.
Il cantante andò ad
abbracciarlo o meglio ad aggrapparsi a lui.
Glam lo avvolse nelle
proprie ali – “Tu sai il bene che ti voglio, Jared … Ti dimostrerò che le cose
non le lascio a metà, questa volta, ok?” – e gli sorrise benevolo, ma al tempo
stesso angosciato.
Lui
sapeva.
Will gli fece posto tra
le proprie gambe, nel tepore delle lenzuola del suo letto.
Al piano inferiore,
sotto al soppalco del suo loft, i randagi, che Graham aveva salvato, stavano
riposando, dopo un lauto pasto.
Quello piegato tra le
sue cosce, invece, si stava chiedendo quale fosse stato il miracolo, che aveva
mutato le cose, tra loro due.
Eppure non era semplice
ed a Mikkelsen le situazioni semplici non piacevano affatto.
Credeva di non
meritarle, in fondo.
Will balbettò qualcosa,
al primo contatto, stringendolo di più a sé e Mads si sentì morire, in una
confusione totale, quando invece avrebbe voluto condurre quello che non era un
gioco, bensì un cammino, sconosciuto all’altro.
“Io … io non ho mai …
Mads … mioddio” – gemette, trattenendo le lacrime, vergognandosi per la sua
prima volta, in totale passività.
Eppure non riusciva a
vedersi diversamente, con Mikkelsen, così imponente e virile, dapprima in
cattedra, quando guardava Graham e colleghi, come se fossero delle entità da
plasmare o scartare, poi in corsia, dove una nuvola di camici bianchi, seguiva
l’eminente chirurgo ovunque, pendendo dalle sue labbra.
Ora era Mads a suggere
baci, da quelle di Will, ansante, smarrito, anche se nessuno lo avrebbe più
trattato in quel modo, come la cosa più preziosa al mondo.
Gli baciò le tempie,
esperto e più presente, ora che il respiro dell’altro si era come sincronizzato
al suo – “Devi abituarti, non ho fretta anche se” – e deglutì, sfiorandogli gli
zigomi con le proprie gote lisce e profumate di buono – “… anche se non so
quanto io possa … resistere … amore” – quindi un singulto più vivido, una
spinta e poi un’altra, più fluide nella loro intermittenza carnale.
Will venne subito,
toccato in un punto così sensibile da fargli mordere l’incavo destro della
spalla di Mads, ormai fuori controllo, in un orgasmo sinergico a quello che
stava procurando anche al membro del suo giovane amante.
Era passione pura.
Era l’oblio, dove
perdersi, per rifuggire i fantasmi del passato, le delusioni, le aspettative
mancate.
Forse, adesso, tutto
sarebbe diventato possibile.
Forse.
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