mercoledì 9 settembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 17

Capitolo n. 17 – nakama



Arancio.
Viola, un tocco di bianco.
Abbacinante.

Una lingua di fuoco, multicolore, poi una seconda, dopo che la prima sembrò ritrarsi, inghiottita dalla canna della calibro 45, che uno dei tanti spacciatori del boulevard, stava impugnando, puntandola in direzione del tenete Hemsworth e della recluta Clancy.

Chris aveva il compito di istruire quel ragazzo, dagli occhi verdi e dalle lentiggini sul naso, un po’ imbranato, a suo parere.

Lui, il vichingo, il gigante dagli occhi di ghiaccio, dai muscoli, che le t-shirt, doni di Tom, non riuscivano a contenere.

Lui, che cadde, colpito al cuore, senza giubbotto antiproiettile, perché non c’era stato tempo, perché quelli stavano scappando, dopo avere malmenato una donna incinta, in un vicolo maleodorante, perché Chris non si tirava mai indietro …

Perché …?

Hiddleston, non smetteva di chiederlo, ai colleghi dell’uomo, che amava oltre sé stesso, del padre di Luna, portata a villa Meliti, senza dirle niente.

Era così piccola, così piena di sogni, nel lettone, tra loro, solo poche ore prima, a ridere per il solletico, per i giochi di quei due papà, così diversi, così uguali, nell’amarla e nel volerle dare un fratellino oppure una sorellina.

Ne stavano parlando di più, con Chris, di recente.
Tom sognava.
Almeno quanto la loro bambina.

Ora tremava, di paura, di disperazione, sul petto di Geffen, che aveva chiesto a Mikkelsen di entrare in azione, rinunciando ad un importante simposio a Londra.

Mads ci stava andando, solo per scappare da Will e dalle sue occhiate pesanti, in sala riunioni pre interventi, alla mensa dell’ospedale, ad ogni fottuto angolo di quel luogo, che sapeva solo di sterilizzante e dolore.

Will, che adesso, lo affiancava, febbrile e professionale, quanto Mikkelsen, nell’aprire il torace di Hemsworth, nel lambire il motore di quel corpo così possente ed indifeso, affidato alle loro mani, alle rispettive capacità, che mai, come in quell’istante, erano destinate a trovare una sinergia assoluta e propizia.

Ancora una volta.
A sfidare l’impossibile.

Come con suo fratello: stessa situazione.
Stesso quadro clinico.
Identica lesione.

“Cristo santo che cosa faccio, ora?!” – ruggì inquieto ed inatteso il barone del bisturi, come lo aveva definito Brendan Laurie.

L’equipe si scrutò, incredula.

Graham fu l’unico a rimanere concentrato su quella ferita, all’apparenza insanabile.

“Usa questo e poi solleva il lembo sinistro, cauterizza, mentre io saldo il retro del ventricolo destro” – disse svelto e determinato, passandogli una sonda laser, che raramente impiegavano in operazioni del genere.

Qualcosa negli occhi di Mikkelsen si incendiò.

Di ammirazione.

“Aspira Jane, così, bene, perfetto! E voi muovetevi, ditemi come stiamo andando accidenti! Thomas, la saturazione com’è? Svegliati maledizione!”

Una cascata di dati gli arrivò dritta nella testa ed erano rassicuranti.

“Ce l’abbiamo fatta Will … Mio Dio …”

Un’infermiera tamponò il sudore ad entrambi.

Sotto alle mascherine, stavano sorridendo.
Come mai prima.




Shannon bussò forte alla porta del fratello, al loft di Malibu, finché Jared non si decise ad aprirgli.

“Ti avevo detto di lasciarmi in pace, cazzo!” – sbottò il cantante, gli occhi cerchiati, l’alito pesante, di chi aveva bevuto e dormito poco.

“Non te ne importa niente di cosa è capitato a Chris?!” – gli urlò dietro il batterista, iniziando a preparare del caffè forte.

“Chris …? Christopher?”

“No, non quel Chris, ma il compagno di Tom!”

“Co cosa stai dicendo …? Che gli è successo?”

“C’è stato uno scontro a fuoco e lui ne è uscito parecchio malconcio!”

“E’ grave?”

“Per fortuna è fuori pericolo, ma ha rischiato grosso questa volta e comunque i medici non si pronunciano sul suo avvenire: ci è andato di mezzo il cuore”

“Ma chi ti ha detto tutte queste cose Shan?” – domandò sedendosi alla penisola della cucina.

Il maggiore dei Leto tossì un paio di volte – “Ho parlato con tuo marito, al telefono, appena saputa la notizia da internet”

Jared deglutì a vuoto – “Ok … Immagino che Glam sia con Tom, con il resto della famiglia, ecco …”

“Infatti, come al solito: il nonno si sta prendendo cura di Luna, anzi direi Carmela e Pam, è ovvio … Il nostro grande vecchio penso che farà rastrellare Los Angeles, per il bene che vuole a Tommy e non è il solo”

“Non li hanno ancora presi, dunque?”

“A quanto pare no, erano dei pusher, piuttosto violenti, dei bassifondi insomma”

Dopo il loro arrivo in California, sia lui che Shan ne avevano incontrati parecchi e, con la notorietà, almeno il leader dei Mars ne divenne un ambito cliente, a periodi alterni, anche quando si procurava la droga per Colin.

C’era così tanto marcio, in fondo alla sua vita, che a Jared venne da vomitare, dopo il primo sorso di brodaglia nero inchiostro, propinatagli dal suo accigliato interlocutore.




“Prima o poi doveva accadere …”

Hiddleston non aveva più lacrime.

Guardava oltre i vetri, del reparto di terapia intensiva, quelli rivolti al parcheggio dell’ospedale, dove diversi furgoni con le sigle dei principali network nazionali, stazionavano, per fornire ulteriori dettagli sul ferimento di Chris.

Il suo Chris.

Geffen gli cingeva le spalle: non lo aveva mai lasciato da solo, dopo la telefonata, che Tom gli fece.
Glam fu il primo amico, che il terapista, sotto shock, pensò di chiamare.

“Ma lui sta bene, è una roccia, si rimetterà ed avrete tutto il tempo per realizzare i vostri progetti, te lo posso assicurare tesoro … Mads ha fatto un ottimo lavoro, sai? Me lo ha spiegato il suo collega, Will Graham” – gli spiegò pacato, mentre parecchi dei rispettivi conoscenti, sostavano nella saletta, destinata ai parenti dei ricoverati.

Il reparto era accessibile unicamente ai congiunti ed ai generosi filantropi, quali Glam Geffen.

“Will è una persona dolcissima, salva randagi ovunque vada, è un solitario ed è il migliore allievo di Mikkelsen” – spiegò con aria assente il fisiatra.

Il chirurgo era appena giunto alle loro spalle.

“Sì, Will lo è da sempre, ma è per merito suo, che abbiamo risolto”

La sua voce era ferma, gli occhi statici, sul rammarico di Tom e Glam, che si voltarono di scatto.

“Buongiorno Mads … Cosa stava dicendo?” – chiese il legale, provando a stemperare il tremore dell’altro, sotto la sua ala robusta.

“Che la vostra piena riconoscenza va rivolta al dottor Graham, io sono stato un comprimario, questa volta” – e sorrise, analizzando la cartella clinica di Hemsworth, ancora in coma farmacologico.

“Ok … Ma di Chris, cosa può dirmi? Per favore … la verità”

“La verità Tom? Posso chiamarti così?” – domandò educatamente il chirurgo.

“Certo …”

“Chris dovrà sottoporsi ad una lunga riabilitazione e temo che non potrà più essere come prima, in svariate abitudini, tanto meno nella sua pericolosa professione: se fossi in lui, preferire un impiego, anche al distretto, naturalmente”

“Vuole dire che sarà debole, esposto ad infarti o collassi?”

“I secondi, in particolare, per stress, emotivi e fisici, da evitare, in assoluto, per il primo anno e poi dopo … Dopo, ci vorrà estrema cautela”

“La ringrazio per la sincerità, professor Mikkelsen” – bissò freddo, composto.

“Mi dispiace Tom … Ad ogni buon conto, abbiamo ottimi psicologi e”

“Sì, conosco i Laurie, mi fido di loro: mi rivolgerò ad uno dei due, senza esitare, appena Chris potrà tornare a parlare ed a interagire”

Tom sembrò agli astanti quasi come un automa, anzi, una bambola a molla, che appena esaurita la carica, si sarebbe accasciata, senza più forza, senza più ossigeno.




Lo spogliatoio era poco distante e Mikkelsen lo raggiunse con alcune falcate, eleganti e frettolose.

Graham si stava cambiando.
Aveva addosso jeans e t-shirt del WWF, sgualciti, nessuno gli stirava mai la roba e lui era una frana.

Come ai fornelli.
Idem con le piante.

Eppure era un professionista straordinario e quel giorno lo aveva dimostrato a pieno titolo, suscitando anche delle invidie, di cui non si era né avveduto e tanto meno preoccupato.

Lui era un puro.
Mads lo sentenziò alla facoltà di Medicina, dalla prima occhiata.

Mads che azzerò la distanza, sull’accenno di una frase, che Will fu costretto a lasciare sospesa, come il proprio respiro, nella bocca dell’altro.

Avvinghiati ed ebbri di quello strano delirio di onnipotenza, di chi sottrae alla morte un essere umano, si riconobbero, a pelle, negli ansiti di baci febbrili, profondi, che presto scesero nel collo di Mads, sul suo addome e poi l’inguine, dove Will lo liberò dei pantaloni verdi, dopo avergli strappato la casacca dello stesso colore, chiazzata del sangue di Hemsworth.

C’era qualcosa di ancestrale, in quell’appartenersi quasi selvaggio ed irrimandabile.

Will si stava lasciando plasmare, dalla crudeltà del proprio maestro, nell’imporgli di inghiottire, di precipitare in apnea, di risalire e di lasciarsi girare contro ad un muro, piegato, spinto, invaso e poi bagnato da una tempesta di morsi, baci, sul proprio dorso nudo e madido.

Alla fine di un culmine, dove il più giovane venne senza neppure toccarsi, senza una carezza premurosa dell’altro, tutto finì, come Graham in ginocchio, stremato, mentre Mads andava a farsi una doccia.

Senza una parola.
Senza alcuna premura.

Will si strofinò la faccia, percependo l’odore dell’amante, il suo sapore, desiderandolo nuovamente.

Mads lo scansò, tamponandosi – “Devo andare, ho il volo per Londra, non ci rinuncio a questo incontro con lo staff di Hermann” – affermò asciutto, in gola e sul corpo statuario.

“Credevo che fossi felice … con me, adesso, dopo avere salvato quel poliziotto, che voleva arrestarti giusto un paio di settimane fa”

Will glielo disse, con gli occhi grandi, da cucciolo, arruffato e malconcio, dopo una lotta impari.

“Rivestiti, potrebbe arrivare qualcuno”

Lui era già perfetto, nel suo completo da tremila dollari e le scarpe italiane.

Pronto ad andarsene.

Graham non aggiunse altro, ubbidendo alla sua voce distaccata, cattiva.

Come lui credeva che fosse Mikkelsen, come forse lui lo voleva.
Come forse Will lo preferiva.
E’ ciò che stava pensando Mads.
Senza dirglielo.




“Petra si è addormentata, dopo tre favole”

Harry lo disse, ancora lungo le scale, scendendo nel salone della residenza di Lux.

Louis stava leggendo un libro, allungato sul divano, mentre Vincent preparava qualcosa per cena, nella camera accanto.

Da lì la sua voce giunse squillante, ma gradevole – “Notizie dall’ospedale?”

Styles controllò i messaggi sul palmare – “Glam mi ha scritto che l’operazione è andata bene …”

“Meno male” – inspirò Tomlinson, alzandosi, per andare ad aiutare il francese – “Haz puoi pensare tu alle bistecche? Noi finiamo con l’insalata”

“Ok, ci penso io …” – Styles sorrise, dirigendosi alle piastre.

Una cena semplice.
La prima, per loro, riuniti sotto allo stesso tetto.

Fuori ricominciò a piovere.




Leto ebbe come l’impulso di defilarsi, appena Geffen apparve in fondo alla corsia, ma poi decise di andargli incontro, senza badare a chi fosse rimasto o meno, ad attendere notizie sulle sorti di Hemsworth.

“Ciao Glam …”

“Jared, ciao: da dove vieni?”

“Dal … dal mio alloggio di Malibu, credevo di avertelo scritto” – replicò in imbarazzo.

“Già, sì, la tua e-mail” – bissò lui freddo e granitico.

“L’hai letta?” – ed abbozzò un sorriso, sentendosi alla stregua di un perfetto idiota.

“Come no, un mare di stronzate, come sempre”

Leto fece un cenno, con il capo, le mani nelle tasche del giubbino – “Se è così che la pensi Glam” – non riusciva neppure a respirare.

“Fatti dare un’occhiata da Scott, fai spavento, non è da te Jared, verresti così male nei tuoi selfie” – lo liquidò in quella maniera, andandosene spedito agli ascensori, senza più reggere il suo sguardo afflitto.


“Jay …”

La voce di Colin, lo trafisse tra le scapole.

“Cole …”

L’irlandese era ad un passo da lui, sulla soglia della sala di attesa.

Si abbracciarono.

“Torna a casa amore … Torna da me”





 TOM, CHRIS AND LUNA



WILL GRAHAM

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