Capitolo n. 17 – nakama
Arancio.
Viola, un tocco di
bianco.
Abbacinante.
Una lingua di fuoco,
multicolore, poi una seconda, dopo che la prima sembrò ritrarsi, inghiottita
dalla canna della calibro 45, che uno dei tanti spacciatori del boulevard,
stava impugnando, puntandola in direzione del tenete Hemsworth e della recluta
Clancy.
Chris aveva il compito
di istruire quel ragazzo, dagli occhi verdi e dalle lentiggini sul naso, un po’
imbranato, a suo parere.
Lui, il vichingo, il
gigante dagli occhi di ghiaccio, dai muscoli, che le t-shirt, doni di Tom, non
riuscivano a contenere.
Lui, che cadde, colpito
al cuore, senza giubbotto antiproiettile, perché non c’era stato tempo, perché
quelli stavano scappando, dopo avere malmenato una donna incinta, in un vicolo
maleodorante, perché Chris non si tirava mai indietro …
Perché
…?
Hiddleston, non
smetteva di chiederlo, ai colleghi dell’uomo, che amava oltre sé stesso, del
padre di Luna, portata a villa Meliti, senza dirle niente.
Era così piccola, così
piena di sogni, nel lettone, tra loro, solo poche ore prima, a ridere per il
solletico, per i giochi di quei due papà, così diversi, così uguali,
nell’amarla e nel volerle dare un fratellino oppure una sorellina.
Ne stavano parlando di
più, con Chris, di recente.
Tom sognava.
Almeno quanto la loro
bambina.
Ora tremava, di paura,
di disperazione, sul petto di Geffen, che aveva chiesto a Mikkelsen di entrare
in azione, rinunciando ad un importante simposio a Londra.
Mads ci stava andando,
solo per scappare da Will e dalle sue occhiate pesanti, in sala riunioni pre
interventi, alla mensa dell’ospedale, ad ogni fottuto angolo di quel luogo, che
sapeva solo di sterilizzante e dolore.
Will, che adesso, lo
affiancava, febbrile e professionale, quanto Mikkelsen, nell’aprire il torace
di Hemsworth, nel lambire il motore di quel corpo così possente ed indifeso,
affidato alle loro mani, alle rispettive capacità, che mai, come in quell’istante,
erano destinate a trovare una sinergia assoluta e propizia.
Ancora una volta.
A sfidare
l’impossibile.
Come con suo fratello:
stessa situazione.
Stesso quadro clinico.
Identica lesione.
“Cristo santo che cosa
faccio, ora?!” – ruggì inquieto ed inatteso il barone del bisturi, come lo
aveva definito Brendan Laurie.
L’equipe si scrutò,
incredula.
Graham fu l’unico a
rimanere concentrato su quella ferita, all’apparenza insanabile.
“Usa questo e poi
solleva il lembo sinistro, cauterizza, mentre io saldo il retro del ventricolo
destro” – disse svelto e determinato, passandogli una sonda laser, che
raramente impiegavano in operazioni del genere.
Qualcosa negli occhi di
Mikkelsen si incendiò.
Di ammirazione.
“Aspira Jane, così,
bene, perfetto! E voi muovetevi, ditemi come stiamo andando accidenti! Thomas,
la saturazione com’è? Svegliati maledizione!”
Una cascata di dati gli
arrivò dritta nella testa ed erano rassicuranti.
“Ce l’abbiamo fatta
Will … Mio Dio …”
Un’infermiera tamponò
il sudore ad entrambi.
Sotto alle mascherine,
stavano sorridendo.
Come mai prima.
Shannon bussò forte
alla porta del fratello, al loft di Malibu, finché Jared non si decise ad
aprirgli.
“Ti avevo detto di
lasciarmi in pace, cazzo!” – sbottò il cantante, gli occhi cerchiati, l’alito
pesante, di chi aveva bevuto e dormito poco.
“Non te ne importa
niente di cosa è capitato a Chris?!” – gli urlò dietro il batterista, iniziando
a preparare del caffè forte.
“Chris …? Christopher?”
“No, non quel Chris, ma
il compagno di Tom!”
“Co cosa stai dicendo
…? Che gli è successo?”
“C’è stato uno scontro
a fuoco e lui ne è uscito parecchio malconcio!”
“E’ grave?”
“Per fortuna è fuori
pericolo, ma ha rischiato grosso questa volta e comunque i medici non si
pronunciano sul suo avvenire: ci è andato di mezzo il cuore”
“Ma chi ti ha detto
tutte queste cose Shan?” – domandò sedendosi alla penisola della cucina.
Il maggiore dei Leto
tossì un paio di volte – “Ho parlato con tuo marito, al telefono, appena saputa
la notizia da internet”
Jared deglutì a vuoto –
“Ok … Immagino che Glam sia con Tom, con il resto della famiglia, ecco …”
“Infatti, come al
solito: il nonno si sta prendendo cura di Luna, anzi direi Carmela e Pam, è
ovvio … Il nostro grande vecchio penso che farà rastrellare Los Angeles, per il
bene che vuole a Tommy e non è il solo”
“Non li hanno ancora
presi, dunque?”
“A quanto pare no,
erano dei pusher, piuttosto violenti, dei bassifondi insomma”
Dopo il loro arrivo in
California, sia lui che Shan ne avevano incontrati parecchi e, con la
notorietà, almeno il leader dei Mars ne divenne un ambito cliente, a periodi
alterni, anche quando si procurava la droga per Colin.
C’era così tanto
marcio, in fondo alla sua vita, che a Jared venne da vomitare, dopo il primo
sorso di brodaglia nero inchiostro, propinatagli dal suo accigliato
interlocutore.
“Prima o poi doveva
accadere …”
Hiddleston non aveva
più lacrime.
Guardava oltre i vetri,
del reparto di terapia intensiva, quelli rivolti al parcheggio dell’ospedale,
dove diversi furgoni con le sigle dei principali network nazionali,
stazionavano, per fornire ulteriori dettagli sul ferimento di Chris.
Il
suo Chris.
Geffen gli cingeva le
spalle: non lo aveva mai lasciato da solo, dopo la telefonata, che Tom gli fece.
Glam fu il primo amico,
che il terapista, sotto shock, pensò di chiamare.
“Ma lui sta bene, è una
roccia, si rimetterà ed avrete tutto il tempo per realizzare i vostri progetti,
te lo posso assicurare tesoro … Mads ha fatto un ottimo lavoro, sai? Me lo ha
spiegato il suo collega, Will Graham” – gli spiegò pacato, mentre parecchi dei
rispettivi conoscenti, sostavano nella saletta, destinata ai parenti dei
ricoverati.
Il reparto era
accessibile unicamente ai congiunti ed ai generosi filantropi, quali Glam
Geffen.
“Will è una persona
dolcissima, salva randagi ovunque vada, è un solitario ed è il migliore allievo
di Mikkelsen” – spiegò con aria assente il fisiatra.
Il chirurgo era appena
giunto alle loro spalle.
“Sì, Will lo è da
sempre, ma è per merito suo, che abbiamo risolto”
La sua voce era ferma,
gli occhi statici, sul rammarico di Tom e Glam, che si voltarono di scatto.
“Buongiorno Mads … Cosa
stava dicendo?” – chiese il legale, provando a stemperare il tremore
dell’altro, sotto la sua ala robusta.
“Che la vostra piena
riconoscenza va rivolta al dottor Graham, io sono stato un comprimario, questa
volta” – e sorrise, analizzando la cartella clinica di Hemsworth, ancora in
coma farmacologico.
“Ok … Ma di Chris, cosa
può dirmi? Per favore … la verità”
“La verità Tom? Posso
chiamarti così?” – domandò educatamente il chirurgo.
“Certo …”
“Chris dovrà sottoporsi
ad una lunga riabilitazione e temo che non potrà più essere come prima, in
svariate abitudini, tanto meno nella sua pericolosa professione: se fossi in
lui, preferire un impiego, anche al distretto, naturalmente”
“Vuole dire che sarà
debole, esposto ad infarti o collassi?”
“I secondi, in
particolare, per stress, emotivi e fisici, da evitare, in assoluto, per il
primo anno e poi dopo … Dopo, ci vorrà estrema cautela”
“La ringrazio per la
sincerità, professor Mikkelsen” – bissò freddo, composto.
“Mi dispiace Tom … Ad
ogni buon conto, abbiamo ottimi psicologi e”
“Sì, conosco i Laurie,
mi fido di loro: mi rivolgerò ad uno dei due, senza esitare, appena Chris potrà
tornare a parlare ed a interagire”
Tom sembrò agli astanti
quasi come un automa, anzi, una bambola a molla, che appena esaurita la carica,
si sarebbe accasciata, senza più forza, senza più ossigeno.
Lo spogliatoio era poco
distante e Mikkelsen lo raggiunse con alcune falcate, eleganti e frettolose.
Graham si stava
cambiando.
Aveva addosso jeans e
t-shirt del WWF, sgualciti, nessuno gli stirava mai la roba e lui era una
frana.
Come ai fornelli.
Idem con le piante.
Eppure era un
professionista straordinario e quel giorno lo aveva dimostrato a pieno titolo,
suscitando anche delle invidie, di cui non si era né avveduto e tanto meno
preoccupato.
Lui era un puro.
Mads lo sentenziò alla
facoltà di Medicina, dalla prima occhiata.
Mads che azzerò la
distanza, sull’accenno di una frase, che Will fu costretto a lasciare sospesa,
come il proprio respiro, nella bocca dell’altro.
Avvinghiati ed ebbri di
quello strano delirio di onnipotenza, di chi sottrae alla morte un essere umano,
si riconobbero, a pelle, negli ansiti di baci febbrili, profondi, che presto
scesero nel collo di Mads, sul suo addome e poi l’inguine, dove Will lo liberò
dei pantaloni verdi, dopo avergli strappato la casacca dello stesso colore,
chiazzata del sangue di Hemsworth.
C’era qualcosa di
ancestrale, in quell’appartenersi quasi selvaggio ed irrimandabile.
Will si stava lasciando
plasmare, dalla crudeltà del proprio maestro, nell’imporgli di inghiottire, di
precipitare in apnea, di risalire e di lasciarsi girare contro ad un muro,
piegato, spinto, invaso e poi bagnato da una tempesta di morsi, baci, sul
proprio dorso nudo e madido.
Alla fine di un
culmine, dove il più giovane venne senza neppure toccarsi, senza una carezza
premurosa dell’altro, tutto finì, come Graham in ginocchio, stremato, mentre
Mads andava a farsi una doccia.
Senza una parola.
Senza alcuna premura.
Will si strofinò la
faccia, percependo l’odore dell’amante, il suo sapore, desiderandolo
nuovamente.
Mads lo scansò,
tamponandosi – “Devo andare, ho il volo per Londra, non ci rinuncio a questo
incontro con lo staff di Hermann” – affermò asciutto, in gola e sul corpo
statuario.
“Credevo che fossi
felice … con me, adesso, dopo avere salvato quel poliziotto, che voleva
arrestarti giusto un paio di settimane fa”
Will glielo disse, con
gli occhi grandi, da cucciolo, arruffato e malconcio, dopo una lotta impari.
“Rivestiti, potrebbe
arrivare qualcuno”
Lui era già perfetto,
nel suo completo da tremila dollari e le scarpe italiane.
Pronto ad andarsene.
Graham non aggiunse
altro, ubbidendo alla sua voce distaccata, cattiva.
Come lui credeva che
fosse Mikkelsen, come forse lui lo voleva.
Come forse Will lo
preferiva.
E’ ciò che stava
pensando Mads.
Senza dirglielo.
“Petra si è
addormentata, dopo tre favole”
Harry lo disse, ancora
lungo le scale, scendendo nel salone della residenza di Lux.
Louis stava leggendo un
libro, allungato sul divano, mentre Vincent preparava qualcosa per cena, nella
camera accanto.
Da lì la sua voce
giunse squillante, ma gradevole – “Notizie dall’ospedale?”
Styles controllò i
messaggi sul palmare – “Glam mi ha scritto che l’operazione è andata bene …”
“Meno male” – inspirò Tomlinson,
alzandosi, per andare ad aiutare il francese – “Haz puoi pensare tu alle
bistecche? Noi finiamo con l’insalata”
“Ok, ci penso io …” –
Styles sorrise, dirigendosi alle piastre.
Una cena semplice.
La prima, per loro,
riuniti sotto allo stesso tetto.
Fuori ricominciò a
piovere.
Leto ebbe come l’impulso
di defilarsi, appena Geffen apparve in fondo alla corsia, ma poi decise di
andargli incontro, senza badare a chi fosse rimasto o meno, ad attendere
notizie sulle sorti di Hemsworth.
“Ciao Glam …”
“Jared, ciao: da dove
vieni?”
“Dal … dal mio alloggio
di Malibu, credevo di avertelo scritto” – replicò in imbarazzo.
“Già, sì, la tua e-mail”
– bissò lui freddo e granitico.
“L’hai letta?” – ed abbozzò
un sorriso, sentendosi alla stregua di un perfetto idiota.
“Come no, un mare di
stronzate, come sempre”
Leto fece un cenno, con
il capo, le mani nelle tasche del giubbino – “Se è così che la pensi Glam” –
non riusciva neppure a respirare.
“Fatti dare un’occhiata
da Scott, fai spavento, non è da te Jared, verresti così male nei tuoi selfie” –
lo liquidò in quella maniera, andandosene spedito agli ascensori, senza più
reggere il suo sguardo afflitto.
“Jay …”
La voce di Colin, lo
trafisse tra le scapole.
“Cole …”
L’irlandese era ad un
passo da lui, sulla soglia della sala di attesa.
Si abbracciarono.
“Torna a casa amore …
Torna da me”
WILL GRAHAM
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