Capitolo n. 65 – nakama
https://www.youtube.com/watch?v=450p7goxZqg
Un’ora prima del sisma
…
Residenza
Keller-Oxford, Los Feliz
Keller
sigillò il trolley, con quel poco, che poteva servirgli durante la settimana in
corso.
Il
resto della sua roba, sarebbe venuto a prenderlo più avanti.
Un
passo alla volta.
“Ma
dove stai andando, Arthur: di nuovo a Boston?”
La
voce della moglie non lo turbò minimamente.
“No”
“E
allora dove?” – rise nervosa, parandosigli davanti.
“Questo
è il mio nuovo recapito, oltre allo studio, ovviamente” – e le porse un biglietto
da visita.
“Residence
Collimer? Malibu … Cosa diavolo ci vai a fare?!” – sbottò, fissandolo.
“Mi
ci trasferisco Tania”
“Hai
un’altra?”
“No”
“E
allora cosa sta succedendo?!”
“Succede
che vorrei avere sì un’altra, ma di vita, non certo un’amante”
“Così,
di punto in bianco?”
“A
essere sinceri, è da un pezzo, che vorrei farlo, ma ho aspettato anche troppo,
intimorito dalle conseguenze”
Tania
Oxford deglutì a vuoto, accennando un sorriso più accomodante, scarsamente
credibile – “Perdonami, ti ho aggredito, ma sono scioccata”
“Non
torno indietro, ti farei solo del male e lo farei a me stesso: è già accaduto a
sufficienza, credimi” – e se ne andò, senza dare più retta alle sue invettive.
Studio Geffen – Ivory
Tower
Louis
si ostinava a cercare le sue labbra, per un bacio, mentre Harry lo dominava,
allargandogli le gambe esili e spaccandogli il cuore a metà, senza alcun amore.
Fare
sesso, era sembrata a Styles, l’unica soluzione per farlo smettere di piangere:
era così patetico, irritante, la prova personificata di ogni suo errore, per
come non voleva più essere, ma che la natura e ciò che lo legava a Boo, gli
urlava dentro ogni notte e ogni maledetto giorno, distante da lui.
Era stata semplicemente una follia, sposare
Britney, che lo ubriacava di parole, aspirante modella e attrice, senza alcun
talento, affinché Haz la introducesse nel bel mondo, dal quale lui rifuggiva,
facendole conoscere almeno Geffen o Lux, ma soprattutto Derado, per avere anche
solo una particina, un inizio.
Glielo
doveva.
Più
di quel figlio, la cui gravidanza, Britney gliela annunciò senza alcuna gioia,
ma esclusivamente preoccupazioni per la sua linea e il suo peso, destinati ad
esserne compromessi.
Rovinati.
Harry
spingeva, senza godere, senza sentirlo, mentre Louis annaspava, sopraffatto da
un piacere dilagante, dalla virilità dell’ex, che lo aveva travolto e
stravolto, come sempre.
Tutto
finì, senza carezze, senza attenzione per Boo, raggomitolatosi, tremante, in
posizione fetale, mentre il suo corpo consumato, non smetteva di venire,
unicamente tra le sue mani gelide.
Styles
esisteva, in quella stanza, ma era come se non ci fosse.
Faceva
freddo, nonostante la temperatura esterna toccasse i trentasette gradi e il
condizionatore funzionasse male.
Eccolo
l’inferno.
Ecco
la cenere.
Negli
occhi spenti di Louis.
Nel
cuore inaridito di Harry.
Com’era
stato possibile, ridursi così?
Nessuna
risposta.
Solo
un fragore.
Improvviso.
Sconosciuto.
Devastante.
Ore
2:34, p.m., Villa Meliti, colline di West Hollywood
Un salto nel vuoto, dal
primo piano, tenendosi per mano, Jared insieme a Colin e Glam insieme a Lula.
Un urlo corale,
assordante, ai piedi dell’ala est, che stava crollando alle loro spalle, mentre
fuggivano verso il centro del parco, dove, per fortuna, tutti gli invitati si
erano precedentemente riuniti, in attesa degli sposi, rimasti tra le macerie,
all’ingresso dell’abitazione di Antonio.
Tra le colonne, in
parte integre, da una cortina di fumo biancastro, sparsosi ovunque, tra fiamme
ed alcune esplosioni, degli impianti del gas, spuntò la sagoma di Hemsworth,
con in braccio il futuro sposo, ferito alla testa e sanguinante.
“Vi prego aiutatemi!!”
Nel mentre le urla di
Robert sembrarono frangersi contro il cervello di Geffen, ancora confuso, ma pronto
a soccorrere chi gli stava intorno, come meglio poteva.
Pepe era rimasto
imprigionato, sotto la struttura del gazebo, dove si sarebbe svolto il rito
nuziale.
“Mio Dio!!”
Glam si precipitò,
provando a sollevare i pesanti tubolari in acciaio bianco, incastratisi come un
groviglio senza scampo.
“Vas dammi una mano!!”
Il bimbo riprese i
sensi, gridando per il dolore alle gambe, presumibilmente fratturate.
“Lula fa qualcosa!” –
lo supplicò Downey e soldino abbracciò il fratello, consolandolo e facendolo
calmare, con la sua magia, rimasta intatta, dopo il rito in Brasile.
Nel caos più totale,
un’ambulanza varcò il cancello della proprietà, chiamata da Scott,
fortunatamente illeso, come Mads e Will, che si prodigarono, con la loro
esperienza, nel medicare, chi ne avesse bisogno.
Pepe venne portato via,
con Tom, seguito da Robert. Jude e Chris, mentre Glam, ripresa lucidità, si
attaccò al telefono, per coordinare le operazioni e mettere al sicuro i
bambini, prima di ogni altro componente la loro immensa famiglia.
“La casa di Palm
Springs è antisismica, dev’essere rimasta in piedi per forza Vas! Prendi il
blindato, porta i piccoli e le donne sull’oceano, l’high way è aperta, me l’ha
appena confermato Coleman, della stradale, ok?”
“Va bene Glam, provvedo
subito, ma voi cosa pensate di fare?!” – chiese concitato, mentre Peter riuniva
i bimbi e le madri.
“Vi raggiungeremo al
più presto, ma tu organizza un campo base, l’attrezzatura è nel box sulla
spiaggia! Pamela!”
“Glam non puoi rimanere
qui!”
“Nel bunker ci sono
provviste per sei mesi: organizza tu i pasti e cercate di tenerli tranquilli,
ok?”
“Bunker, ma quale
bunker?!”
“Vas lo sa, segui lui e
poi tieni questa amico” – e gli passò una chiave speciale, di quelle a codice –
“… è dell’armeria, non esitare a difendere la zona, contro gli sciacalli, d’accordo?”
Il sovietico annuì.
Era arrivato il momento
di allontanarsi da quella scena apocalittica.
La
città di Los Angeles, sembrò essere stata messa a ferro e fuoco, da un demone,
assetato da chissà quale vendetta.
L’Ivory Tower era
rimasta miracolosamente intatta, anche se la corrente elettrica era saltata da
subito ed una voragine, si era aperta nel parcheggio sottostante, dove Keller
parcheggiò il proprio suv, per poi dirigersi verso le uscite di sicurezza e le
scale antincendio, lungo le quali decine di persone stavano scendendo,
spaventate a morte, ma vive.
Come Harry e Louis.
Quest’ultimo, appena
scorse Arthur tra la marea umana, che sembrava defluire verso la salvezza, fece
quasi un balzo e gli volò tra le braccia grandi e sicure.
“Tesoro ce l’hai
fatta!” – mormorò emozionato l’uomo.
“Anche tu” – disse
altrettanto vivido Tomlinson – “… puoi darci un passaggio, anche se non so dove
andare?”
“Certo”
“Britney mi ha mandato
un sms, con un indirizzo, che non conosco: mi ci portate, vi prego!” – si
intromise Styles, in ansia per le sorti della moglie.
E
del bambino.
Keller fece un cenno di
assenso, così Louis.
“Avanti, muoviamoci!” –
li esortò il più anziano.
Le vie si stavano
ingolfando di auto in fuga.
Senza una meta precisa.
Sara era in giro per
negozi e recuperarla non fu semplice, ma la determinazione di Paul, fece la
differenza.
Essere il figlio del
defunto giudice Nelson, servì finalmente a qualcosa: grazie ad alcuni contatti,
Rovia riuscì a localizzarla e tutti insieme andarono a prenderla.
Bea e Sandra, appena la
videro, corsero da lei, dicendole come il fidanzato del loro papà non si fosse
arreso, per riportarla da loro.
La ex di Reedus lo
ringraziò esitante, mentre saliva in macchina, ammaccata e malconcia.
“Dove possiamo andare?”
– chiese Norman, riavviandosi lento, in mezzo ad un traffico assurdo.
“Glam mi ha detto di
trasferirci a Palm Springs: ci ospiteranno, ok?”
“Ok amore” – e la sua
espressione affettuosa, colorò l’aria di una minima speranza.
https://www.youtube.com/watch?v=lp-EO5I60KA
72
ore dopo … Palm Springs
Il furgone, come ogni
giorno, scaricò quella che la stampa locale, definì la squadra d’intervento “all
stars”, formata da persone celebri, come Colin, Jared, Robert, Jude e non solo,
come Scott, Jimmy, Mads e Will, Arthur e Louis, Harry, Paul e Norman, che non
si risparmiarono nell’aiutare la parte più povera della metropoli, dove
migliaia di indigenti, versavano in condizioni disperate, dopo il cataclisma.
Il denaro di Antonio e
Glam, servì ad installare a tempo di record, decine di mense e ospedali mobili,
dove tutti venivano supportati, per tornare anche solo ad una parvenza di
normalità.
I benestanti, la crème
de la crème di Los Angeles, aveva preferito trasferirsi all’estero o in altri
stati, in attesa che qualche ditta specializzata ricostruisse le relative
regge, distrutte dal terremoto.
Geffen li stava
guardando rientrare, distrutti da una giornata di sicuro estenuante, a breve
distanza, da una terrazza, dove Pepe stava giocando con Lula e Jay Jay, che lo
spingevano a turno, sulla sua sedia a rotelle multicolore.
Il figlio dell’avvocato
e Downey, aveva subito un delicato intervento, ma i medici avevano assicurato
loro, che le ossa si sarebbero saldate al meglio, ma serviva pazienza ed una
lunga riabilitazione.
Sul volto di Jared,
nonostante la stanchezza accumulata, non mancava mai un sorriso, mentre teneva
per mano Farrell, come in quel salto.
Era
come se non si fossero più lasciati.
E Leto, sembrava
rinato, grazie alla generosità e l’abnegazione, che metteva nel servire i
pasti, intrattenere gli ospiti ai rifugi con brevi concerti oppure distribuendo
giochi e vestiti, ai nuovi orfani, raccolti al centro di Miss. Gramble.
C’era tanto da fare e,
nel dramma, tutti si riscoprirono più umani e terreni, distanti anni luce da
divismi e copertine patinate.
Come quella di L.A.
News, con la quale Geffen imperversò nelle edicole e online, anche durante l’emergenza,
ma solo per indicarlo quale benefattore e filantropo senza uguali.
Robert salì da lui, per
salutare Pepe e rilassarsi prima della cena, che Pam e Carmela, avevano
preparato da ore.
“Se ci sono di nuovo
carote bollite al limone, giuro che me ne vado a cercarmi una pizzeria!” –
esordì ridendo, alla vista dei suoi cari.
“Ciao Rob, temo di sì” –
Geffen rise ed i bimbi esclamarono un “Naaaa!” – assai buffo.
“Ok, mangerei anche una
suola di scarpe … Come ti senti oggi?”
“Una favola, non mi
vedi?” – il legale allargò le braccia, tenendo d’occhio i movimenti di Jared,
fermatosi sulla battigia, a sfidare le onde, in maniera comica e infantile.
“Guarda che Scott me l’ha
detto del tuo micro infarto, ok roccia?” – gli bisbigliò simpatico.
“Per affossarmi ce ne
vuole uno macro, credevo lo sapessi!” – replicò lui, complice, dandogli poi un
bacio sulla tempia destra, prima di sparire.
Colin era a farsi una
doccia e Geffen aveva pochi minuti, per potere parlare finalmente con il leader
dei Mars.
Aveva rimandato quel
momento ad oltranza, ma era inutile, lui voleva scusarsi ad ogni costo.
“Se vuoi ti procuro
secchiello e paletta, Jay” – esordì, le pulsazioni a mille, ad un metro da lui,
che gli arrise, dandogli il benvenuto.
“Ciao Glam, credevo
fossi rimasto alla sede operativa con Chris”
“No, ma lui è là, con
Tommy, in effetti”
“Ok … Hai l’aria stanca”
– e gli sfiorò lo zigomo, dove quel mercoledì, lo aveva colpito con uno
schiaffo, assai difficile da dimenticare per entrambi, come il loro confronto.
“Anche tu sei a pezzi,
ma lo nascondi bene, sotto a questa barba lunga, per non parlare dei capelli” –
e rise, seppure imbarazzato dalla situazione.
“Ti sei visto allo
specchio? Anche tu non scherzi!” – e la sua risata, quella sì, che si librò
nell’aria, come un gabbiano, libero e indomabile.
Era
bellissimo.
“Jared mi dispiace per”
– ma il palmo sinistro di Leto, gli tappò la bocca.
E poi la sua, di bocca,
prese il posto della sua, di mano.
Per bruciare ogni
respiro di Geffen.
Per ucciderlo ancora
una volta.
Che
non sarebbe stata mai l’ultima.
Keller insaponò le
scapole di Louis, divertito come un adolescente, dal solletico che l’altro gli
stava facendo.
Quindi si girò, per
incollarsi ad Arthur, in crisi di ossigeno, da quando Boo aveva aperto i getti
di acqua e vapore, creando un’atmosfera surreale.
Si lavarono facendosi
dei dispetti, mescolati a coccole audaci, il tutto velocemente, per lasciare
posto a chi era in attesa per darsi una ripulita.
Si trasferirono quindi su
di un balcone laterale, per asciugarsi con l’aria ancora rovente, del tramonto.
Keller amava pettinarlo
e vestirlo, senza più chiamarlo Boo.
“Hai parlato con Harry?”
– chiese improvviso il più anziano.
“E’ complicato”
“Sì, comprendo …”
Quel recapito, dove lo
accompagnarono solerti, il giorno del sisma, era di una clinica privata.
Specializzata in
inseminazioni artificiali e interruzioni di gravidanza.
Britney aveva abortito,
all’insaputa di Styles.
Per
non ingrassare, per non riempirsi di smagliature, per non compromettere la sua
carriera.
Se solo fossero
arrivati trenta minuti prima, se solo lui ne avesse sospettato le intenzioni,
se, se, se …
Anche la ragazza era
stata portata lì, aiutava a tenere in ordine, a preparare qualcosa di caldo,
era inesperta in tutto e volenterosa esclusivamente nel farsi notare, da chi
avesse un conto in banca a parecchi zeri.
Harry l’aveva
ufficialmente lasciata, ma per il divorzio non c’era stato ancora modo di
perfezionarlo.
Un dettaglio, del quale
a Boo, non importava niente.
Assolutamente
più niente, adesso.