venerdì 2 ottobre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 22

Capitolo n. 22 – nakama



Terry Richardson fece strada, senza parlare troppo.
Capiva quando Jared ne aveva voglia o meno, di confidarsi.

“Qui non ti disturberà nessuno … Non ti troverà, nessuno” – e sorrise un po’ teso, il fotografo, guardandolo.

Erano amici da una vita, non senza destare illazioni nell’ambiente dello spettacolo e tra i fan di Leto, anni prima.
Acqua passata.

Solo per certe cose, però.

“Jay io non voglio intromettermi, però fare questo a Colin …”

“Io sono sposato con Glam” – il cantante rise triste – “… ancora per poco, certo: ho già firmato per il divorzio”

“Questo non mi stupisce: tu e lui siete nati per essere amanti, non una coppia tradizionale” – osservò Richardson, attivando il caminetto elettronico.

Bello a vedersi, anche nella sua finzione essenziale.

“Sì, me lo hai sempre detto, zio” – e sospirò, gettando il bagaglio in un angolo – “… così come mi hai sempre protetto, nella mia storia con Cole”

“In compenso tu e Farrell siete destinati a vivere insieme per sempre, anche distanti, non trovi?”

“Perché mi manca da morire?” – bissò più duro, fissandolo – “A cosa servirebbe tornare sui nostri passi, tanto l’ennesima delusione è già dietro l’angolo! Voglio rimanere qui in pace, per un po’ e pensare a cosa farne del mio futuro, anche senza Colin e Glam, ok?”




Mark riordinò i libri sugli scaffali, senza accorgersi di essere osservato.

“Ciao prof”

“Ehi Niall … da quanto tempo sei lì?” – e gli diede il benvenuto con un sorriso, senza spostarsi dalla libreria.

Horan prese posto, all’altro capo della scrivania, appoggiando uno zaino minuscolo sul ripiano in pelle bordeaux, appena rinnovata dalla direzione.

L’ufficio di Ruffalo, all’interno dell’università, era accogliente e sapeva di buono.

Forse era il profumo dell’uomo, speziato, forse l’aroma del legno pregiato dei mobili, in parte fatti arrivare dalla residenza in Texas.
Ricordi di famiglia.

“Ti sei sistemato bene, vedo” – e sorrise impacciato, aggiustandosi il colletto del giubbino in jeans.

“Non sei vestito troppo leggero? La stagione non è più così calda” – anche Mark prese posto, facendogli notare quel dettaglio, in modo affettuoso e gentile.

“No, va bene così … Non ho freddo, grazie”

“Ok … Ti offro da bere” – ed estrasse una bottiglia di crema alle nocciole da un cassetto, con due bicchieri – “… è a bassa gradazione alcolica, però la trovo deliziosa” – e prese un respiro – “Tim, i bimbi? Tutti bene?”

Niall annuì, rosso in viso.

“Sono qui per parlare anche di loro, Mark … E del fatto che ci siamo visti, tu ed io, della maniera in cui lo abbiamo fatto, ecco” – e deglutì la bevanda, senza neppure avvertirne il sapore, per quanto era teso.

“Non riesco a non baciarti quanto ti vedo, Niall, a non … non toccarti” – affermò l’insegnante, a corto di ossigeno – “Scusami” – ed avvampò a propria volta.

“L’ho detto a Tim” – rivelò secco il giovane.

“Avete litigato?”

“No, lui, come me, vuole capire cosa mi sta succedendo, Mark”

“E cos’è che ti sta succedendo, Niall?”

“Io … Io mi fido di te e non riesco a distaccarmi dal senso di sicurezza, che mi trasmetti … Temo siano le mie carenze affettive ad esserne la causa, è la spiegazione più plausibile, senza nulla togliere al fatto che tu sei un uomo fantastico”

“Se sono così fantastico, come mai non ha funzionato, tra noi?” – obiettò aspro, ma emozionato dalla limpidezza del suo interlocutore, peculiarità mai venuta meno, in Horan, nei suoi riguardi, da quando si conoscevano.

“Perché hai esitato, Mark, nonostante fossi tu l’adulto tra di noi”

Una replica schietta, ma senza astio.

“Le coppie vanno in pezzi di continuo, penso solo di avere fatto una scelta consapevole, per non fare soffrire dei bambini innocenti: ti sembrerà retorico, questo mio discorso, ma non è una difesa, è ciò che pensavo all’epoca ed anche adesso: l’ultimo esempio è rappresentato da Jared e Glam, un disastro annunciato per certi versi, lo ammetto”

“Quindi non avevi fiducia nel nostro legame” – ribatté Niall, con gli occhi lucidi, di malinconia e disapprovazione.

“Tu mi eri fedele, ma … Hai avuto un’occasione, con Tim e l’hai colta, forse perché uniti dagli stessi sogni, che non ho avuto il tempo di vivere a mia volta … Tempo, che tu mi hai negato, piccolo … Io non ti serbo rancore, non ci riesco … Ti amo ancora così tanto da non trovare una mia collocazione, nell’universo, un equilibrio, finendo per combinare cazzate e”

“Ti riferisci a Jared?” – lo interruppe brusco.

Ruffalo chiuse le palpebre, su di un sorriso mesto.

“Ed a te, Niall …” – le riaprì, scrutando il volto ammutolito dell’altro – “… Vorrei chiederti di non vederci più, di evitarci, per quanto possibile, soprattutto qui e non certo per i richiami del rettore: di lui non mi importa un bel niente”

“E di me ti importa, ma non riesci a gestire né la mia immaturità, nel cercarti ad oltranza e tanto meno un minimo di controllo nel dominarti, quando siamo vicini!”

“Perché scarichi su di me tutta la responsabilità, accidenti?!” – e scattò in piedi – “Perché sono io il più grande? Hai spezzato il mio cuore, in ogni senso, se davvero vuoi saperlo!”

“L’ultima cosa che volevo era ferirti e minare la tua salute Mark, devi credermi” – ed anche lui si alzò, fronteggiandolo, aggirando quella barriera, tra loro.

“E la mia priorità era il tuo benessere, Niall, con o senza figli, che avrei amato, come se li avessimo concepiti, tu ed io, ma non mi sentivo pronto, non subito! Almeno non mi hai ricattato, spingendo entrambi in quegli stupidi ed odiosi giochetti, che non portano a nulla, se non a detestarsi civilmente, alla lunga, lo riconosco” – ed inspirò, provando ad allontanarsi, ma non abbastanza dalla carezza, piena e dolce, che Horan posò sulla sua guancia destra, inclinando il capo spettinato e biondissimo.

“Tu sarai sempre il mio migliore ricordo, Mark ed il peggiore dei miei rimpianti … E’ questo, che io riconosco … ora che ci stiamo salutando, per sempre, se è questo che vuoi”

Ruffalo fece un cenno di assenso, così sofferto e vibrante, che l’aria, intorno a quella scena, sembrò incresparsi del reciproco ed estremo rammarico.

Niall se ne andò.
Senza fare rumore.




Colin richiuse il foglio, ripiegandolo in tre, come glielo aveva lasciato Jared.

Era nella biblioteca della End House, in compagnia di un taciturno Geffen, insaccato su di una Chester tinta tabacco, a sorseggiare un prezioso cognac d’annata.

“Tu sai dov’è ora, vero Glam?” – domandò perplesso l’attore.

“Assolutamente no, non questa volta; ho evitato di sguinzagliare i segugi di Antonio, mi spiace” – asserì distante, tetro.

“Quel plico è …”

“Esatto Colin, tu lo conosci benissimo, Jared ha espletato le pratiche della separazione, senza neppure chiedermi un parere” – e ridacchiò, pretendendo un secondo bicchiere.

“Ok, ma non ti servirà a dimenticarlo, bere è inutile Glam e lo sai”

“Non voglio più sapere un cazzo, credimi, sono brillo a sufficienza per estraniarmi da questo mondo senza di lui” – biascicò senza più energie – “… hai campo libero, non è questo che volevi?”

“Non in questo modo e poi Jay è sparito, non vuole saperne né di te e né di me, è evidente” – puntualizzò, provando a comporre il numero del leader dei Mars.

“E’ irraggiungibile, vero? Ho provato a chiamarlo centinaia di volte ed ho lasciato messaggi, anche patetici, suppongo” – e rise svogliato, accendendosi una sigaretta.

“Cosa … Cosa ti ha scritto, posso chiedertelo, Glam?”

Geffen scrollò le spalle, puntando il vuoto, con i suoi turchesi venati di schegge scarlatte – “Un … un fiume di parole … amorevoli, certo, nel suo stile, del resto compone canzoni, l’ispirazione non gli è mancata neppure questa volta”

“Anche a me …” – Farrell inspirò greve, sedendosi sul davanzale in legno massiccio.

“Torno a Palm Springs, il mio dovere di ambasciatore l’ho adempiuto, spero almeno che Jared abbia rassicurato i vostri figli, con le sue missive speciali” – disse più risoluto, riprendendo un minimo di presenza a sé stesso – “Mi saluti tu Isotta?”

“Sì Glam, certo …” – rispose flebile l’irlandese.

“Se ho novità, vi avviso, ok?”

“Ok … Farò altrettanto” – e lo accompagnò verso l’ingresso.

Il cielo minacciava un temporale.

Era caduto l’autunno.
Anche nei loro cuori.




Il primario di cardiologia aveva trattenuto Chris in reparto, per una serie di controlli di routine.

Durante il periodo di riabilitazione, Hemsworth si sarebbe dovuto sottoporre a continue verifiche, per calibrare una corretta terapia farmacologica, fonte di numerosi effetti collaterali, purtroppo.

La spossatezza e l’irritabilità, erano in cima alla lista di una lunga serie di disturbi, che lo stavano oltremodo demoralizzando.

Tom uscì a prendere una boccata d’aria, anche per telefonare a villa Meliti, per sincerarsi della serenità di Luna, alla quale avrebbe dato personalmente la buonanotte, fermandosi anche lui alla residenza di Antonio.

Rimanere accanto a Chris, quella notte, gli procurava un drammatico disagio e la cosa lo spaventava a morte.

Erano appena all’inizio di un cammino difficoltoso e, probabilmente, senza vie d’uscita, così che crollare già in quella maniera, portava Tom a precipitare, verso un abisso spaventoso, senza prospettive, senza più un bagliore di luce.

Quella che lo investì, improvvisa, nel parcheggio dell’ospedale, proveniva dai fari di un’auto conosciuta al fisiatra.

“Glam …”

L’avvocato scese dall’hummer, togliendosi la giacca, per usarla ad ombrello sulla testa di Tom, che gli sorrise.

“Non mi sembra una buona idea ammalarsi in questo periodo Tommy” – esordì il più anziano, con un mezzo sorriso.

“Sai di alcol” – notò Hiddleston, ma senza toni di rimprovero.

“Jared mi ha piantato”

La sua spiegazione fu più che esaustiva.

Tom salì sull’Hummer ed il pesante mezzo blindato si riavviò lentamente.

Verso dove, nessuno dei due lo sapeva.




“E’ sempre buona la tua tisana” – Jared sorrise, lo sguardo fisso sul panorama incantevole della grande mela, oltre il fumo risalente dalla tazza, che carpiva tra i palmi, anche per intiepidirseli un minimo.

Richardson regolò l’obiettivo – “Posso farti qualche scatto?”

“Per cosa?” – domandò l’artista, incuriosito.

“La mia collezione … privata”

Risero.

“Roba grossa, allora”

“Anche quando sei uno straccio, sei bellissimo Jay” – ed ammiccò complice – “Comunque il riscaldamento è acceso e tu non molli quella cuffia calata sulle orecchie”

“Sto gelando, forse ho un po’ di febbre”

“Ce l’hai sempre, quando ti sposti”

“Quando me ne vado, è vero, quando scappo dai miei casini o da quelli di chi amo”

“Glam Geffen non te ne ha mai combinati, vero? Oppure è cambiato?”

“No, lui no, Terry … Glam è la persona migliore io abbia mai conosciuto”

“E non è bastato”

“Non è bastato a me, perché sono uno stronzo: ha ragione Lula”

“Quell’adorabile cucciolo con i riccioli, ti ha detto questo?” – chiese stupito il reporter dei divi.

“Me le ha … cantate e suonate a dovere, me lo meritavo: vedere soffrire, come lo definisce soldino, il suo super papà, è un crimine inaccettabile”

“Sei stato fortunato, Lula poteva persino trasformarti in un rospo!” – scherzò l’amico storico di Leto, ma questi lo zittì severo.

“Non fare battute su Lula, Terry, non è davvero il caso!”

“OK, ok … Fatto … Splendida … Come sempre.”









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