Capitolo n. 24 – nakama
“Legami”
L’ansito di Will, gli
perforò il cervello ed il cuore.
Stavano facendo l’amore
da un tempo, che ad entrambi apparve immemore, così che quando Mads ascoltò
quell’unica richiesta, ebbe un tremito, mentre Graham gli passava una sciarpa,
rimasta tra i cuscini.
Il nodo era blando,
attorno ai suoi polsi esili, così Will protestò fievole ed intossicato
dall’eccessivo piacere – “No … più … più stretto” – e si inarcò, un secondo
dopo, quando Mikkelsen gli ubbidì.
Si guardarono.
Il tempo si dilatò,
così l’accoglienza del più giovane, che poi bloccò con i polpacci, l’amante a
sé, consumato di esperienza e di rammarico, in quell’attimo di loro, che il
chirurgo non si aspettava di vivere con il nuovo compagno.
Laurie si grattò la
nuca.
Lo faceva sempre,
quando provava quel lieve imbarazzo, davanti alle confessioni altrui.
Almeno a quelle di
natura sessuale.
“In una coppia è bello
che ci sia confidenza” – esordì l’analista, parlando comunque molto seriamente
al suo interlocutore, con lo sguardo fisso nel vuoto.
Mads rise storto e teso
– “Mi prende in giro, Hugh?”
“No, assolutamente” – e
si irrigidì sulla poltrona.
“Alla fine gli ho fatto
persino male, perché” – e strinse le palpebre, come stava facendo con i
braccioli della sedia – “… perché avevamo esagerato, in ogni senso e … e lui mi
ha sussurrato qualcosa come, amo tutto di
te Mads”
“Will ama il suo lato
oscuro, quindi, il suo sapere essere sadico, anche se non credo che sia
arrivato a tanto, vero?”
“No … No, nessuna
violenza fisica, ci mancherebbe, lo avrei cacciato da casa nostra, se avesse
preteso anche questo!” – sbottò, avvampando, gli occhi lucidi.
Laurie prese un
respiro.
“Forse il dilemma era
proprio lì, sa Mads? Nel fatto che a Will piacesse, ciò che lei faceva, ma ad
altri e se ne sentiva escluso: una reazione contorta, lo riconosco”
“Quindi dovrei
trascinarlo qui, in terapia, con me, con noi, giusto?”
“No e sa perché? Perché
credo che lei sia in grado di gestire questa situazione, tra le mura
domestiche, visto che non penso davvero ad un Will Graham capace di indossare
tutine in latex a farle gli agguati, appostato dietro le tende del salotto!”
A quel punto risero.
Il disagio di Mikkelsen
sembrò sbiadire.
“Ho … Ho dei pregiudizi
e lo sto giudicando, il che è assurdo, con il mio passato, di cui non mi vanto
affatto, Hugh”
“Will ha fatto cadere
ogni barriera, lei dovrebbe apprezzarlo”
“Ma io lo faccio, ogni
istante! Lo conforto, quando è arrabbiato, lo cullo alle stregua di un bambino,
se la giornata è andata storta, do da mangiare ai nostri cani!”
Laurie sorrise sereno –
“E’ bello sa? Sentirle dire, casa nostra, i nostri cani … Si rende conto dei
progressi e dei risultati ottenuti con questa persona, questa bella persona
sottolineo, che è Will?”
“Sì … certo …” – ed
arrossì, insolitamente timido e spiazzato.
“In ogni caso, lei non
è suo padre, ok?”
“Ok Hugh, ma lo so … Io
lo so … anche se sarei orgoglioso di avere un figlio come Will” – e sorrise, a
propria volta.
“Andate avanti su
questa strada e magari, un giorno, neppure troppo lontano, avrete per casa
anche un cucciolo … a due zampe e senza coda!” – Laurie rise di nuovo, bonario.
“Lei lo crede
possibile?” – chiese, con una trepidazione nuova nella voce.
Laurie annuì.
Rassicurante.
Hemsworth si staccò la
flebo, dall’avambraccio sinistro, con una certa foga.
“Sono stufo, voglio
andarmene da qui!” – ruggì il tenente, mettendosi seduto, per poi ricrollare
sul cuscino, per un prevedibile giramento di testa.
Tom gli si avvicinò,
interrompendo ciò che stava facendo: piegava asciugamani e biancheria pulita,
portata in reparto, per un ulteriore giorno di analisi, richieste stranamente
da Mikkelsen.
“Adesso calmati, lo sai
che verrai dimesso domani mattina” – disse, all’apparenza calmo, il fisiatra.
“Ventiquattrore ancora??
Ma scherzi?!”
“No amore …”
“Questa notte sai cosa
è successo, quando tu non c’eri?”
Hiddleston rimase
zitto, cristallizzato, come ormai accadeva spesso, in un’espressione di
imbarazzo totale.
“No, io non”
“Già Tommy, tu non puoi
saperlo! Volevo alzarmi, andare in bagno, ho suonato questo accidenti di
campanello, perché mi sentivo debole e frastornato, ma nessuno si faceva vivo e
così mi sono pisciato addosso!” – ringhiò livido, provando vergogna.
“Ero con la nostra
bambina, Chris” – e non avrebbe voluto piangere, perché era vero.
“Ed io dovrei
crederti?!”
“Pr … prima sono andato
a mangiare qualcosa con Glam, l’ho incontrato per caso, ecco” – balbettò.
“Per caso? Quello ti
ronza sempre intorno!”
“Lui è corso subito
appena l’ho cercato, dopo l’incidente e ci ha aiutati, come al solito si è
prodigato e smettila di parlarne male, io non lo sopporto più miseria schifosa!!”
La sua reazione,
ammutolì Chris, come mai prima.
Se lo avesse perduto,
per lui sarebbe stata la fine.
Hiddleston volò ad
abbracciarlo, sentendolo farsi piccolo, sul suo petto fremente di paura e
rabbia.
“Scusami Tommy … Io …
io non so se riuscirò a reggere a lungo, con questo … calvario” – e lo guardò,
le iridi immense, cristalline e disperate.
“Chris ascolta …”
“No, dammi retta tu,
per una volta … So che Geffen può anche l’impossibile, quando vuole … Chiedi a
lui, se conosce qualcuno in grado di aiutarmi”
“A … aiutarti a fare
cosa?” – Tom balbettò nuovamente.
“Hai capito benissimo …
Non merito una condanna del genere, per come sono stato fino ad un secondo
prima di quella maledetta sparatoria”
Il terapista scattò in
piedi, tamponandosi le guance bagnate e vermiglie.
“Non mi persuaderai mai
a fare una cosa simile! Tu combatterai, insieme a me, per uscire da questo
inferno, hai capito Chris?!” – sbottò, livido.
“Tom è inutile”
“HAI CAPITO SI’ O NO,
CAZZO?!!” – urlò più forte, attirando l’attenzione, di chi transitava nel
corridoio – “Voi cosa avete da guardare?!” – e chiuse la porta di botto, sugli
sguardi incuriositi di un paio di infermiere.
Poi il silenzio,
framezzato dal bip regolare, proveniente dai monitor, a cui Hemsworth era
collegato.
Qualcuno bussò
educatamente.
Era Will Graham.
Jared accettò la video
chiamata.
“Ciao Glam …”
Geffen stava camminando
verso la caletta, per poi sedersi sugli scogli, sistemando il tablet su di un
ripiano in pietra, messo lì apposta, per gli spuntini di mezzanotte, ricordo
ormai lontano per gli ex coniugi.
Indossava una camicia
bianca, su di un paio di pantaloni sabbia, un pullover annodato sulle spalle,
della stessa tinta, così le scarpe, anche se JJ non poteva vederle, mentre per
il resto, la visione di Glam era nitida, in quei dettagli, che il cantante
notò, ad uno, ad uno.
Come la triad, al collo
del legale, ma altresì la mancanza della fede nuziale, alla mano sinistra.
“Buongiorno … Come ti
trovi, ovunque tu sia, Jay?” – chiese assorto, fissando l’immagine del leader
dei Mars, un po’ assonnato, ma ciò nonostante, incantevole.
“Sono a New York, in un
loft di Terry, me lo ha prestato” – rivelò schietto, come a liberarsi di un
peso, ma senza sorridere.
Era una bella giornata
di sole a Los Angeles, mentre nella grande mela stava piovendo a dirotto.
“Ok … Ora so dove hai
portato la tua bella anima” – replicò turbato l’uomo, perché il saperlo aiutato
da quel fotografo, proprio non gli andava giù.
“Come stanno i bambini?”
Leto non sapeva cosa
dirgli, ma il ritmo delle sue pulsazioni accelerò, per quel contatto, anche se
virtuale.
“Bene …”
“E tu come stai, Glam?”
“Sono qui … Ora, ad
essere onesti, mi sto pentendo di avere insistito, nel cercarti” – e rise,
imbarazzato.
Arrabbiato.
Ogni sfumatura, della
sua voce, era tanto cara all’altro, quanto evidente.
“Mi dispiace di non
averti risposto prima, volevo stare un po’ in pace”
“E l’hai trovata? La
tua pace?” – bissò polemico, provando, però, a dominarsi.
Jared rimase immobile.
Poi abbassò i suoi
zaffiri, intensi e smarriti sul mondo.
“Io … Io non voglio
litigare con te, Glam …”
Continuava a ripetere
il suo nome.
“No, lo so, tu vuoi
unicamente il mio bene, Jay” – e si morse le labbra, inspirando.
“So che volevate fare
altrettanto, tu, Colin”
“Di sicuro non mi ha
spinto ad amarti per forza, per me è sempre stata una cosa naturale!”
Geffen sentì ribollire
le proprie parole nella gola arsa, dal vento, dalla salsedine nell’aria, dalla
mancanza di Jared.
Chiuse così la
comunicazione, di netto.
Leto provò ricompose il
numero, ma inutilmente.
Il campanello, nel
medesimo istante, lo fece sobbalzare sulla poltrona.
Era strano che Terry
avesse dimenticato le chiavi.
Hemsworth si illuminò.
“Certo che voglio
tentare, a me non resta molto dottore!” – esclamò, cercando poi nei cieli di
Tom un’approvazione, della quale, in fondo, non aveva bisogno.
L’avrebbe fatto e
basta.
Hiddleston si massaggiò
gli zigomi, puntando i fanali blu cobalto di Graham.
“Ma voi, tu e Mads
intendo, non avete alcun riscontro concreto, nemmeno avete sottoposto il
progetto alla commissione nazionale, insomma come potrete operare Chris, in
assenza di autorizzazioni ufficiali?”
“Cosa importa, io li
autorizzo!” – obiettò il compagno, con intransigenza.
Will sorrise – “Noi
agiremo nella piena legalità e, come dice Chris, non serve molto altro, se non
il suo consenso, a meno che tu non lo voglia fare interdire da un giudice, Tom”
“Cosa?” – quasi sussurrò
il fisioterapista.
“Io sono in grado di
intendere e volere, accidenti!”
“Diamoci tutti del tu e
restiamo tranquilli, perché né Mads e tanto meno io, siamo dei macellai o dei
visionari, in cerca di premi Nobel o acclamazione mediatica: il mio fidanzato
ha messo a punto un cuore, battezzato nucleare, in grado di funzionare con un
processore innovativo e straordinario; finché non avremo il paziente zero, non
potremo completare la sperimentazione, è ovvio, ma di sicuro non vogliamo
approfittare delle condizioni psicologiche di Chris, sia chiaro, ok?”
“Io … Io voglio il
meglio per Chris … Vorrei che specialmente questo fosse chiaro, anche se tu,
adesso, sembri non credermi” – e si rivolse ad Hemsworth, che arrossì.
“Tommy … Ti chiedo
scusa, non volevo essere arrogante, ma sono così demoralizzato” – e gli tese le
braccia muscolose.
Si strinsero commossi,
su quelle parole.
Il fattorino gli chiese
un autografo e Leto glielo siglò volentieri, sul retro della ricevuta, per i
fiori appena consegnatigli.
Nella busta, senza
mittente, un invito, con tanto di ologramma di sicurezza, per una serata al
Vertigo, un nuovo ritrovo modaiolo, aperto l’estate precedente, in pieno centro
città.
“Terry … sempre lo
stesso, non ti arrendi mai” – e rise tirato, perché ancora scosso dalla
conversazione appena avuta con Geffen.
Jared si guardò
attorno, poi decise di andarci, senza cambiarsi.
Il look dimesso non gli
creava problemi.
Voleva esclusivamente
distrarsi, a quel punto.
Infilò la corbeille di
peonie rosa e bianche, in un vaso di cristallo, piazzandolo sopra al davanzale,
quindi indossò un bomber nero pece, sopra ai jeans sbiaditi ed ad una t-shirt
dei Led Zeppelin.
Le Converse grigio
argento erano un pugno allo stomaco, ma la sua eccentricità non era mai venuta
meno, neppure dopo i cinquant’anni.
Si sentì euforico,
appena chiamato il taxi, voleva divertirsi in quella serata, bere senza
controllo e magari fumarsi una canna, contando sul fatto che Richardson non lo
avrebbe mai rimproverato.
L’entusiasmo si smorzò
al vibrare del suo cellulare.
Era Isotta.
“Tesoro ciao” – le rispose,
con il cuore in gola.
“Ciao papi, come te la
passi?” – gli chiese scanzonata la figlia.
Si era ripromessa di
non piagnucolare.
Jared era un genitore
perfetto e non meritava lagne o rimproveri.
Era come se fosse andato
via per un po’ per lavoro.
“Stavo uscendo” –
rispose paonazzo.
“Vai a ballare?”
“Sì, cioè no, faccio un
giro, con zio Terry ecco”
“Allora sei a New York!”
– gli arrise soddisfatta per la scoperta.
“Sì amore, ma te lo
avrei scritto, giusto stasera o domani … Lo sa anche papi Glam”
Isy aggrottò la fronte
spaziosa – “Hai parlato con lui … Oggi? Come l’hai trovato?”
“Bene … sì, insomma,
era … Tu non sei da lui a Palm Springs, dunque?”
“No, mi ha riportata da
papi Colin, anche se era dispiaciuto, ma gli sembrava giusto così e poi io sono
abituata a fare avanti ed indietro” – e tirò su dal naso.
Leto si sentì morire.
“Perdonami principessa …”
– e scivolò lungo la parete.
“Non voglio farti fare
tardi, papà” – aggiunse lei, premurosa e matura.
“Tardi … Non … non mi
importa certo di questo appuntamento, a me … a me importa di te e”
“Non volevo farti
piangere …”
“Sono un idiota, Isy:
domani torno da voi, ok?”
“Alla End House?
Davvero?!” – ed il suo incarnato si accese di emozione.
Jared annuì.
“Però papi esci con zio
Terry, altrimenti ci rimarrà male, ok?”
“Ok … Bevo un Cola e
poi vado all’aeroporto, così arrivo prima possibile, sei contenta Isy?” – quasi
singhiozzò.
La bambina fece un
saltello – “Certo! E ti auguro altrettanto, papà! Ti aspetto …”
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