lunedì 12 ottobre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 24

Capitolo n. 24 – nakama



“Legami”
L’ansito di Will, gli perforò il cervello ed il cuore.

Stavano facendo l’amore da un tempo, che ad entrambi apparve immemore, così che quando Mads ascoltò quell’unica richiesta, ebbe un tremito, mentre Graham gli passava una sciarpa, rimasta tra i cuscini.

Il nodo era blando, attorno ai suoi polsi esili, così Will protestò fievole ed intossicato dall’eccessivo piacere – “No … più … più stretto” – e si inarcò, un secondo dopo, quando Mikkelsen gli ubbidì.

Si guardarono.

Il tempo si dilatò, così l’accoglienza del più giovane, che poi bloccò con i polpacci, l’amante a sé, consumato di esperienza e di rammarico, in quell’attimo di loro, che il chirurgo non si aspettava di vivere con il nuovo compagno.




Laurie si grattò la nuca.
Lo faceva sempre, quando provava quel lieve imbarazzo, davanti alle confessioni altrui.

Almeno a quelle di natura sessuale.

“In una coppia è bello che ci sia confidenza” – esordì l’analista, parlando comunque molto seriamente al suo interlocutore, con lo sguardo fisso nel vuoto.

Mads rise storto e teso – “Mi prende in giro, Hugh?”

“No, assolutamente” – e si irrigidì sulla poltrona.

“Alla fine gli ho fatto persino male, perché” – e strinse le palpebre, come stava facendo con i braccioli della sedia – “… perché avevamo esagerato, in ogni senso e … e lui mi ha sussurrato qualcosa come, amo tutto di te Mads

“Will ama il suo lato oscuro, quindi, il suo sapere essere sadico, anche se non credo che sia arrivato a tanto, vero?”

“No … No, nessuna violenza fisica, ci mancherebbe, lo avrei cacciato da casa nostra, se avesse preteso anche questo!” – sbottò, avvampando, gli occhi lucidi.

Laurie prese un respiro.

“Forse il dilemma era proprio lì, sa Mads? Nel fatto che a Will piacesse, ciò che lei faceva, ma ad altri e se ne sentiva escluso: una reazione contorta, lo riconosco”

“Quindi dovrei trascinarlo qui, in terapia, con me, con noi, giusto?”

“No e sa perché? Perché credo che lei sia in grado di gestire questa situazione, tra le mura domestiche, visto che non penso davvero ad un Will Graham capace di indossare tutine in latex a farle gli agguati, appostato dietro le tende del salotto!”

A quel punto risero.

Il disagio di Mikkelsen sembrò sbiadire.

“Ho … Ho dei pregiudizi e lo sto giudicando, il che è assurdo, con il mio passato, di cui non mi vanto affatto, Hugh”

“Will ha fatto cadere ogni barriera, lei dovrebbe apprezzarlo”

“Ma io lo faccio, ogni istante! Lo conforto, quando è arrabbiato, lo cullo alle stregua di un bambino, se la giornata è andata storta, do da mangiare ai nostri cani!”

Laurie sorrise sereno – “E’ bello sa? Sentirle dire, casa nostra, i nostri cani … Si rende conto dei progressi e dei risultati ottenuti con questa persona, questa bella persona sottolineo, che è Will?”

“Sì … certo …” – ed arrossì, insolitamente timido e spiazzato.

“In ogni caso, lei non è suo padre, ok?”

“Ok Hugh, ma lo so … Io lo so … anche se sarei orgoglioso di avere un figlio come Will” – e sorrise, a propria volta.

“Andate avanti su questa strada e magari, un giorno, neppure troppo lontano, avrete per casa anche un cucciolo … a due zampe e senza coda!” – Laurie rise di nuovo, bonario.

“Lei lo crede possibile?” – chiese, con una trepidazione nuova nella voce.

Laurie annuì.
Rassicurante.




Hemsworth si staccò la flebo, dall’avambraccio sinistro, con una certa foga.

“Sono stufo, voglio andarmene da qui!” – ruggì il tenente, mettendosi seduto, per poi ricrollare sul cuscino, per un prevedibile giramento di testa.

Tom gli si avvicinò, interrompendo ciò che stava facendo: piegava asciugamani e biancheria pulita, portata in reparto, per un ulteriore giorno di analisi, richieste stranamente da Mikkelsen.

“Adesso calmati, lo sai che verrai dimesso domani mattina” – disse, all’apparenza calmo, il fisiatra.

“Ventiquattrore ancora?? Ma scherzi?!”

“No amore …”

“Questa notte sai cosa è successo, quando tu non c’eri?”

Hiddleston rimase zitto, cristallizzato, come ormai accadeva spesso, in un’espressione di imbarazzo totale.

“No, io non”

“Già Tommy, tu non puoi saperlo! Volevo alzarmi, andare in bagno, ho suonato questo accidenti di campanello, perché mi sentivo debole e frastornato, ma nessuno si faceva vivo e così mi sono pisciato addosso!” – ringhiò livido, provando vergogna.

“Ero con la nostra bambina, Chris” – e non avrebbe voluto piangere, perché era vero.

“Ed io dovrei crederti?!”

“Pr … prima sono andato a mangiare qualcosa con Glam, l’ho incontrato per caso, ecco” – balbettò.

“Per caso? Quello ti ronza sempre intorno!”

“Lui è corso subito appena l’ho cercato, dopo l’incidente e ci ha aiutati, come al solito si è prodigato e smettila di parlarne male, io non lo sopporto più miseria schifosa!!”

La sua reazione, ammutolì Chris, come mai prima.

Se lo avesse perduto, per lui sarebbe stata la fine.

Hiddleston volò ad abbracciarlo, sentendolo farsi piccolo, sul suo petto fremente di paura e rabbia.

“Scusami Tommy … Io … io non so se riuscirò a reggere a lungo, con questo … calvario” – e lo guardò, le iridi immense, cristalline e disperate.

“Chris ascolta …”

“No, dammi retta tu, per una volta … So che Geffen può anche l’impossibile, quando vuole … Chiedi a lui, se conosce qualcuno in grado di aiutarmi”

“A … aiutarti a fare cosa?” – Tom balbettò nuovamente.

“Hai capito benissimo … Non merito una condanna del genere, per come sono stato fino ad un secondo prima di quella maledetta sparatoria”

Il terapista scattò in piedi, tamponandosi le guance bagnate e vermiglie.

“Non mi persuaderai mai a fare una cosa simile! Tu combatterai, insieme a me, per uscire da questo inferno, hai capito Chris?!” – sbottò, livido.

“Tom è inutile”

“HAI CAPITO SI’ O NO, CAZZO?!!” – urlò più forte, attirando l’attenzione, di chi transitava nel corridoio – “Voi cosa avete da guardare?!” – e chiuse la porta di botto, sugli sguardi incuriositi di un paio di infermiere.

Poi il silenzio, framezzato dal bip regolare, proveniente dai monitor, a cui Hemsworth era collegato.

Qualcuno bussò educatamente.

Era Will Graham.




Jared accettò la video chiamata.

“Ciao Glam …”

Geffen stava camminando verso la caletta, per poi sedersi sugli scogli, sistemando il tablet su di un ripiano in pietra, messo lì apposta, per gli spuntini di mezzanotte, ricordo ormai lontano per gli ex coniugi.

Indossava una camicia bianca, su di un paio di pantaloni sabbia, un pullover annodato sulle spalle, della stessa tinta, così le scarpe, anche se JJ non poteva vederle, mentre per il resto, la visione di Glam era nitida, in quei dettagli, che il cantante notò, ad uno, ad uno.

Come la triad, al collo del legale, ma altresì la mancanza della fede nuziale, alla mano sinistra.

“Buongiorno … Come ti trovi, ovunque tu sia, Jay?” – chiese assorto, fissando l’immagine del leader dei Mars, un po’ assonnato, ma ciò nonostante, incantevole.

“Sono a New York, in un loft di Terry, me lo ha prestato” – rivelò schietto, come a liberarsi di un peso, ma senza sorridere.

Era una bella giornata di sole a Los Angeles, mentre nella grande mela stava piovendo a dirotto.

“Ok … Ora so dove hai portato la tua bella anima” – replicò turbato l’uomo, perché il saperlo aiutato da quel fotografo, proprio non gli andava giù.

“Come stanno i bambini?”

Leto non sapeva cosa dirgli, ma il ritmo delle sue pulsazioni accelerò, per quel contatto, anche se virtuale.

“Bene …”

“E tu come stai, Glam?”

“Sono qui … Ora, ad essere onesti, mi sto pentendo di avere insistito, nel cercarti” – e rise, imbarazzato.

Arrabbiato.

Ogni sfumatura, della sua voce, era tanto cara all’altro, quanto evidente.

“Mi dispiace di non averti risposto prima, volevo stare un po’ in pace”

“E l’hai trovata? La tua pace?” – bissò polemico, provando, però, a dominarsi.

Jared rimase immobile.

Poi abbassò i suoi zaffiri, intensi e smarriti sul mondo.

“Io … Io non voglio litigare con te, Glam …”

Continuava a ripetere il suo nome.

“No, lo so, tu vuoi unicamente il mio bene, Jay” – e si morse le labbra, inspirando.

“So che volevate fare altrettanto, tu, Colin”

“Di sicuro non mi ha spinto ad amarti per forza, per me è sempre stata una cosa naturale!”

Geffen sentì ribollire le proprie parole nella gola arsa, dal vento, dalla salsedine nell’aria, dalla mancanza di Jared.

Chiuse così la comunicazione, di netto.

Leto provò ricompose il numero, ma inutilmente.

Il campanello, nel medesimo istante, lo fece sobbalzare sulla poltrona.

Era strano che Terry avesse dimenticato le chiavi.




Hemsworth si illuminò.

“Certo che voglio tentare, a me non resta molto dottore!” – esclamò, cercando poi nei cieli di Tom un’approvazione, della quale, in fondo, non aveva bisogno.

L’avrebbe fatto e basta.

Hiddleston si massaggiò gli zigomi, puntando i fanali blu cobalto di Graham.

“Ma voi, tu e Mads intendo, non avete alcun riscontro concreto, nemmeno avete sottoposto il progetto alla commissione nazionale, insomma come potrete operare Chris, in assenza di autorizzazioni ufficiali?”

“Cosa importa, io li autorizzo!” – obiettò il compagno, con intransigenza.

Will sorrise – “Noi agiremo nella piena legalità e, come dice Chris, non serve molto altro, se non il suo consenso, a meno che tu non lo voglia fare interdire da un giudice, Tom”

“Cosa?” – quasi sussurrò il fisioterapista.

“Io sono in grado di intendere e volere, accidenti!”

“Diamoci tutti del tu e restiamo tranquilli, perché né Mads e tanto meno io, siamo dei macellai o dei visionari, in cerca di premi Nobel o acclamazione mediatica: il mio fidanzato ha messo a punto un cuore, battezzato nucleare, in grado di funzionare con un processore innovativo e straordinario; finché non avremo il paziente zero, non potremo completare la sperimentazione, è ovvio, ma di sicuro non vogliamo approfittare delle condizioni psicologiche di Chris, sia chiaro, ok?”

“Io … Io voglio il meglio per Chris … Vorrei che specialmente questo fosse chiaro, anche se tu, adesso, sembri non credermi” – e si rivolse ad Hemsworth, che arrossì.

“Tommy … Ti chiedo scusa, non volevo essere arrogante, ma sono così demoralizzato” – e gli tese le braccia muscolose.

Si strinsero commossi, su quelle parole.




Il fattorino gli chiese un autografo e Leto glielo siglò volentieri, sul retro della ricevuta, per i fiori appena consegnatigli.

Nella busta, senza mittente, un invito, con tanto di ologramma di sicurezza, per una serata al Vertigo, un nuovo ritrovo modaiolo, aperto l’estate precedente, in pieno centro città.

“Terry … sempre lo stesso, non ti arrendi mai” – e rise tirato, perché ancora scosso dalla conversazione appena avuta con Geffen.

Jared si guardò attorno, poi decise di andarci, senza cambiarsi.

Il look dimesso non gli creava problemi.

Voleva esclusivamente distrarsi, a quel punto.

Infilò la corbeille di peonie rosa e bianche, in un vaso di cristallo, piazzandolo sopra al davanzale, quindi indossò un bomber nero pece, sopra ai jeans sbiaditi ed ad una t-shirt dei Led Zeppelin.

Le Converse grigio argento erano un pugno allo stomaco, ma la sua eccentricità non era mai venuta meno, neppure dopo i cinquant’anni.

Si sentì euforico, appena chiamato il taxi, voleva divertirsi in quella serata, bere senza controllo e magari fumarsi una canna, contando sul fatto che Richardson non lo avrebbe mai rimproverato.

L’entusiasmo si smorzò al vibrare del suo cellulare.

Era Isotta.

“Tesoro ciao” – le rispose, con il cuore in gola.

“Ciao papi, come te la passi?” – gli chiese scanzonata la figlia.

Si era ripromessa di non piagnucolare.

Jared era un genitore perfetto e non meritava lagne o rimproveri.
Era come se fosse andato via per un po’ per lavoro.

“Stavo uscendo” – rispose paonazzo.

“Vai a ballare?”

“Sì, cioè no, faccio un giro, con zio Terry ecco”

“Allora sei a New York!” – gli arrise soddisfatta per la scoperta.

“Sì amore, ma te lo avrei scritto, giusto stasera o domani … Lo sa anche papi Glam”

Isy aggrottò la fronte spaziosa – “Hai parlato con lui … Oggi? Come l’hai trovato?”

“Bene … sì, insomma, era … Tu non sei da lui a Palm Springs, dunque?”

“No, mi ha riportata da papi Colin, anche se era dispiaciuto, ma gli sembrava giusto così e poi io sono abituata a fare avanti ed indietro” – e tirò su dal naso.

Leto si sentì morire.

“Perdonami principessa …” – e scivolò lungo la parete.

“Non voglio farti fare tardi, papà” – aggiunse lei, premurosa e matura.

“Tardi … Non … non mi importa certo di questo appuntamento, a me … a me importa di te e”

“Non volevo farti piangere …”

“Sono un idiota, Isy: domani torno da voi, ok?”

“Alla End House? Davvero?!” – ed il suo incarnato si accese di emozione.

Jared annuì.

“Però papi esci con zio Terry, altrimenti ci rimarrà male, ok?”

“Ok … Bevo un Cola e poi vado all’aeroporto, così arrivo prima possibile, sei contenta Isy?” – quasi singhiozzò.

La bambina fece un saltello – “Certo! E ti auguro altrettanto, papà! Ti aspetto …”












Nessun commento:

Posta un commento