Capitolo n. 26 – nakama
Norman imprecò,
oltrepassate le porte scorrevoli dell’ascensore, rendendosi conto di avere di
nuovo sbagliato piano.
“Ma come cazzo si esce
da questo labirinto!?” – ringhiò, studiando al volo una cartina dell’ospedale,
in plexiglas, con troppe scritte e colori, per i suoi gusti semplici e diretti.
“Guardi che il metadone
lo distribuiscono al terzo piano”
La voce alle sue
spalle, gli sembrò un misto tra l’educato ed il timido.
Si voltò di scatto,
mostrando un tesserino – “Tenente Reedus, sezione narcotici di Los Angeles,
primo piano al distretto 56, spiritoso dei miei stivali!” – ruggì, puntando
Will Graham, che avvampò.
“In incognito …
presumo” – bisbigliò il medico, con un mezzo sorriso imbarazzato.
Norman aggrottò la fronte
ed aguzzò i suoi specchi, di un celeste tagliente – “Sì, più o meno …” – ed
inspirò, riponendo il badge, nelle tasche del giubbino da motociclista.
“Ha una Harley …?”
“Infatti, fa parte del
… travestimento” – e rise, più socievole, per poi tornare serio all’improvviso,
guardando oltre la spalla destra di Graham.
“Will, tesoro, ci sono
problemi?”
Mads, elegantissimo,
quasi gli soffiò nella nuca, posando una mano sul fianco del compagno, che lo
guardò come in colpa, per come prima stava fissando Reedus.
“Il professor
Mikkelsen, che combinazione” – il poliziotto rise un po’ scomposto.
“Tu … Tu conosci questo
agente, Mads?”
“Tenente!”
“Sì, più o meno Will …”
“Stavo per” – poi
Norman si morse le labbra.
“Lo dica pure, tenente
Reedus: lei stava per arrestarmi, durante una retata al Britannia. Io non ho
segreti per il mio fidanzato”
Norman annuì, facendo
un passo indietro, forse per squadrarli meglio e notare un sacco di
particolari: dalle differenze evidenti, alle fedi identiche agli anulari, alla
possibilità che anche quel Graham fosse un chirurgo.
“Comunque noi opereremo
il suo collega, Hemsworth, ho visto che gli ha fatto visita, poco fa” –
puntualizzò Mads, senza scomporsi.
“Fate un buon lavoro,
mi raccomando”
“Certo, lo faremo, non
se ne preoccupi” – sottolineò Will, parandosi davanti a Mads, come a fargli da
scudo.
Norman se ne andò,
senza aggiungere una sola sillaba, se non un occhiolino, in direzione di
Graham, che abbassò lo sguardo, sentendosi a disagio per la sfrontatezza di
quello strano sbirro.
Geffen parcheggiò
l’Hummer davanti ai cancelli di Palm Springs, dando un buffetto a Lula, prima
di slacciarsi le cinture.
“Papà posso chiederti
una cosa?”
“Certo”
“Sei arrabbiato con
me?”
Glam reagì pronto – “Assolutamente
no” – e rise, per rassicurarlo ulteriormente.
Soldino gli apparve
poco convinto.
“Io ho detto delle cose
a zio Jared un po’ … cattive, ecco”
“Non è vero e lo sai,
amore: me l’ha confermato zio Jay in persona”
“Volevo dirgliele da
tanto tempo” – sospirò il figlio adottivo di Kevin e Glam, che lo stava
guardando amorevole.
“Lo immagino … Forse
avrei dovuto fare altrettanto, sai?”
Lula lo puntò – “E come
mai non è successo?”
Geffen si ossigenò – “A
volte, i sentimenti, ti impediscono di essere lucido e sincero, con te stesso,
specialmente” – spiegò calmo.
“Lo vuoi ancora il
bambino da Stella?” – e sorrise.
“Era un … un progetto,
che avrei voluto condividere insieme a Jared ed ora che lui ha preso un’altra
strada io …”
“E’ sempre la stessa,
sai papà? Zio Jay è di nuovo con zio Colin” – rivelò schietto.
“Buon per loro” – bissò
secco l’avvocato, scendendo dall’auto.
Lula quasi lo inseguì,
a passo svelto – “Stella lo vuole! Il bimbo dico!”
“E tu come …?” – poi Glam
riacquistò subito il buon umore, prendendolo in braccio – “Le parlerò domani,
ok? Tanto è dal nonno, ormai si è ambientata e decideremo il da farsi,
promesso!”
La notte stava
inghiottendo la transvolata da una costa all’altra, durante il rientro da New
York di Colin e Jared, a bordo del jet, che Meliti si affrettò a mandare loro,
affinché il figliol prodigo tornasse all’ovile.
Leto non si sentiva
tale, confuso sui recenti accadimenti.
Terry gli aveva
raccomandato prudenza e, soprattutto, di guardarsi un po’ in giro, uscendo da
quel circolo vizioso, l’anello d’oro lo definì il celebre fotografo, creato
intorno a lui da Geffen e Farrell, da un’eternità.
“A cosa pensi, amore?”
– chiese improvviso l’irlandese, tenendogli le mani tra le proprie.
“A noi” – poi scosse il
capo, tornato castano, un taglio liscio, di lunghezza media, come ai tempi
della lontanissima premiere di Alexander, proprio in quel della grande mela,
appena lasciata - “A me, Colin” – precisò, senza incrociare i suoi quarzi
vividi.
In effetti era sembrato
un po’ troppo semplice, anche all’attore, l’esito di quella missione di
recupero.
“Ti sei pentito?” –
insistette il moro, a corto di ossigeno, adesso.
Jared lo scrutò,
indifeso nella propria limpidezza – “A volte non riesco a distinguere
l’ostinazione da” – e si morse le labbra.
“La tua o la mia?” –
Colin rise nervoso.
“Dove può finire il
vero amore e cominciare l’accanimento?”
Farrell ricominciò a
respirare, riflessivo.
“Da fuori, chiunque
potrebbe confonderli, vedendoci … Nelle nostre azioni, reciproche o nelle tue,
verso Glam e viceversa, lo ammetto”
Leto riprese a guardare
in avanti, nel vuoto – “Tornerò in terapia”
“Come vuoi … Sai è … è
come se camminassi su di un tappeto di cocci, a piedi nudi e tutto mi sta
urlando di fermarmi, di non andare oltre il primo passo, perché fa così male
eppure io sono così incazzato e piango, per il dolore e per la rabbia, ma non
cedo e continuo a proseguire” – stava per piangere sul serio ed era così
incazzato, di punto in bianco.
“Colin”
“No, non sto alzando la
voce con te, amore, bensì con me stesso, per farmi sentire, da quel coglione
che ti ama ancora ed ancora, incapace di risolvere le cose tra noi, senza un
ausilio esterno, senza che nessuno ficchi più il naso nel nostro legame!”
“Ma io vorrei guarire …
Per evitarti ulteriori sofferenze, per raccogliere i vetri rotti, uno ad uno ed
alleviare il tormento, che ti spinge a non lasciarmi e per questo io ringrazio
Dio, Cole … Ogni volta” – e lo abbracciò con vigore.
Piangendo
insieme a lui.
Mads sembrava conoscere
ogni suo ansito, ogni piega della sua pelle, dove riservare baci ed attenzioni
scabrose, durante quel prolungato amplesso, tra le gambe di Will, che per una
frazione di secondo pensò ad altro.
“Sei qui con me, amore?”
– gli sussurrò Mikkelsen nel collo, parlandogli caldo ed attento, nell’orecchio,
non senza morderne delicatamente il lobo, minuscolo e perfetto, come il resto
di Graham.
“Sì … è che … mi sento
come … come se stessi per svenire” – ed aderì maggiormente a lui, spargendo la
propria essenza tra i loro addomi contratti e madidi.
Mads si unì a lui,
simbiotico, in quel divenire meraviglioso.
Quindi lo baciò con
dolce insistenza, pienamente accolto in quell’intento adorabile, come l’espressione
di Graham, quando tornarono a guardarsi, separandosi, non senza proseguire nell’accarezzarsi
l’un l’altro.
Si accucciolarono a
cucchiaio, saldi per le mani e stremati.
“Quel tizio, quel
Reedus, ti ha ricordato qualcuno, piccolo?” – domandò senza fretta il più
anziano.
Will strizzò le
palpebre, come a volere frantumare un ricordo sin troppo visibile.
“Mio padre era così …
rozzo, avaro di un gesto gentile, di un abbraccio”
“Non mi hai mai parlato
molto dei tuoi”
“Non c’è molto da dire …
Mamma entrava ed usciva dalle cliniche, per la sua leucemia, fino a morirne: le
giurai di volere diventare medico ed accadde, ma papà non era d’accordo, così
mio zio … Avevano una società di trasporti, una ditta modesta, ma ci vivevano
su quei camion, trascurando mogli e figli”
“Tu eri da solo a
dovere gestire questa tensione, vero?”
Graham si voltò,
speculare a lui, che trepidava ad ogni sua parola – “Infatti … I miei cugini
finirono per assecondare il fratello del mio vecchio” – sorrise amaro – “… ed
io mi ribellai: presi i soldi, che mia madre aveva messo da parte per farmi
studiare e me ne venni a Los Angeles, senza pensarci due volte”
“Per mia immensa
fortuna” – sorrise, baciandolo.
“Quando fui ammesso
alla tua sezione, stentavo a crederci: ero indeciso se fare l’oncologo, ma poi
ti vidi in azione, se così si può dire”
“Comunque non sappiamo
se Norman è come tuo padre, forse potrebbe stupirci” – rise affabile.
“Ah quello … antipatico
e … strafottente”
“Ok, ti piace, è
assodato” – bissò scherzoso.
“Ma … ma no Mads!”
“Oh sì!” – e gli fece
il solletico, tornando poi serio, di botto – “Se ti becco a flirtare ancora con
lui, comunque, vi seziono come cavie da laboratorio, ok?!” – ringhiò minaccioso.
“E poi sarei io quello
ad avere un disturbo bipolare, non mi hai detto così una volta?!” – ed ora era
Will a ridere di gusto, stringendosi all’amante, che non esitò a cullarlo.
“Ti voglio così bene
amore …” – mormorò intenso e partecipe.
“Allora sposami” –
replicò Graham, portandoselo appresso, ad inginocchiarsi nel mezzo del letto
disfatto, brandendo i suoi polsi, mentre lo guardava innamorato e deciso.
“Lo farò Will … prima
di quanto credi”
Louis aveva fatto il
turno del mattino, al ristorante, finendo alle tre, dopo un’alzataccia all’alba.
Harry aveva portato
Petra a danza, impegnandosi a partecipare alla riunione pomeridiana con gli
insegnanti, un noioso appuntamento, al quale non poteva sottrarsi, dopo che
Tomlinson se lo era sciroppato almeno una decina di volte, da quando la bimba
frequentava quella scuola di lusso.
Per lei il meglio, Lux
e non solo, lo aveva decretato da un pezzo e loro avevano accettato di buon
grado: non era semplice sottrarsi ai privilegi di quel clan, dove Meliti e
Geffen provvedevano al benessere di ogni cucciolo, del resto amavano farlo, con
cospicui assegni e fondi fiduciari solidi.
Vincent lo stava
osservando da dieci minuti, dormire tra le coltri tiepide e una miriade di
cuscini.
“Ehi …”
“Ciao mon petit” – il francese
gli sorrise, l’aria un po’ stanca.
“Come mai in tuta? Vai
a fare jogging?”
“No tesoro, mi sono
cambiato … Ho visto quell’amico, a pranzo, te lo avevo detto”
“Potevate mangiare al
Dark blue o forse i suoi gusti sono particolari?” – Boo rise leggero,
stropicciandosi quei fanali incantevoli, che l’uomo non aveva mai smesso di
fissare.
“In effetti … Comunque
è già ripartito, non tornerà più, i miei affari con lui sono conclusi,
definitivamente”
“Sembra una cosa
sgradevole, da come ne parli”
“Mi ha fregato dei
soldi, tutto qui, ma niente di grave” – Lux sorrise più rilassato, tendendogli
le mani – “… stai un po’ con me? … Di là”
Mai avrebbe fatto l’amore
lì, dove Boo si coricava con Harry.
Tomlinson lo imitò,
raggiungendolo con le dita affusolate, per poi lasciarsi avvolgere dal suo
corpo atletico e virile.
Vincent ebbe come un
flash, in quei gesti, anni prima, quando accoglieva allo stesso modo Jacques,
il figlio, prendendolo poi in braccio, nel suo pigiama a quadrettoni, blu e
celesti, portandoselo in bagno, affinché si lavasse i denti e si cambiasse, per
andare alla scuola materna.
Quello fu il loro
periodo migliore, senza litigate adolescenziali, senza cose non dette, quando
ancora la madre di Jacques abitava con loro, in un appartamento parigino
decoroso, ma ben lontano dagli agi, che Lux avrebbe acquisito molto più tardi
ed in completa solitudine esistenziale.
“Sì, certo … anche se
sono a pezzi …” – il tono assonnato e simpatico di Boo, lo riportò al presente.
Lux lo baciò – “Mi
manchi da morire, scricciolo”
Probabilmente non
parlava a son petit, probabilmente Vincent stava confondendo passato e
presente, in un rimescolio di emozioni struggenti.
Si spogliarono senza
frenesie, una volta giunti nella camera dell’affarista, rigorosamente chiusa a
chiave.
Quella particolare
convivenza lo imponeva, per celare i momenti proibiti, come questi e per
salvaguardare la sensibilità di Petra, non esponendola all’intimità condivisa
dagli adulti.
Di nessun genere, anche
se lei gioiva, quando i genitori si scambiavano coccole affettuose, sul divano
davanti alla tv oppure in cucina, mentre preparavano i pasti.
Vincent lo amò, con gli
occhi tristi, mentre i loro corpi si incastravano in un’essenza di gioia e
sublimazione: sembravano essere stati incastonati in un cartiglio di
inestimabile valore, in presenza di entrambi, così fulgidi ed immortali, in
apparenza.
Loro non avrebbero
attraversato il tempo, come un qualsiasi diadema: lo sapevano bene, ma, come se
non ci fosse un domani, nulla restava se non appartenersi in quel modo.
Così esclusivo.
Così indivisibile.
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