Capitolo n. 23 – nakama
Geffen scelse l’ennesima
aletta di pollo piccante, dall’enorme secchiello in cartone multicolorato,
messo al centro del tavolino, condiviso insieme a Tom.
Da almeno venti minuti.
“Le cose non vanno mai
come vorresti, nonostante ti impegni al massimo, per farle funzionare” – esordì
l’avvocato, dopo una prima fase, quasi silenziosa, tra loro.
Piaceva ad entrambi
rimanere in silenzio, ascoltarsi nel respirare piuttosto che nel verbalizzare,
come durante le periodiche sedute di shiatsu.
“Con Jared ci hai
provato spesso … a farle funzionare, intendo” – Tomlinson sorrise, anche se le
sue iridi erano spente.
Stanche.
“Voglio dimenticarlo”
“Vuoi?”
Risero fievoli.
“Pura utopia, Tommy?”
“Abbastanza …”
“Tu ed io maciniamo un
sacco di lavoro, quando ci impegnano sentimentalmente, ma pare non importare a
chi ci sta accanto”
“Non credo sia vero,
Glam … Chris mi apprezza, solo che stiamo attraversando una fase di grande
dolore, ecco …”
“Sì, hai ragione, non
posso mettere i nostri mondi sullo stesso piano”
“A te non manca nulla,
per essere felice, solo che ti sei fissato, con Jay … Con Robert” – sorrise timido,
fissandolo.
Il locale era
semideserto e loro, comunque, avevano scelto un posto, dietro ad un paravento
dalle tinte assurde.
“E’ deprimente pensare
o peggio, constatare, di avere combattuto sempre per la persona sbagliata … Mi
sarei dovuto concentrare altrove” – ed assottigliò le palpebre, anche per la
tazza fumante di caffè, che stava sorseggiando con calma, contemplando
Hiddleston.
Il fisiatra non era poi
così privo di difese o disincantato.
Anche questo lato della
sua indole, piaceva a Geffen.
Da sempre.
“Tu sei un seduttore
nato, ma io, mi auguro, di continuare ad essere un compagno fedele ed un padre
amorevole, Glam”
L’uomo si ossigenò,
riacquistando un minimo di buon umore.
“Tommy, tu non le mandi
a dire, per questo ti stimo, infinitamente” – e gli sfiorò il dorso della mano
destra, dimenticata sul ripiano in plexiglas, in un gesto innocente.
“Cerco di vivere in
modo coerente e di rispettare gli impegni presi, sono metodico e puntuale,
anche con i miei sentimenti … Con Chris non sarà mai facile e Dio solo sa
quanto avrei bisogno di una boccata di aria fresca, ma non funziona così … Mi
sentirei uno schifo … dopo …”
“Non sarò io ad esserne
il responsabile, ne ora, né mai, perché non me lo perdonerei Tommy” – replicò asciutto
il legale, chiedendo il conto.
“Facciamo a metà?” –
Hiddleston rise, stemperando quell’attimo di disagio reciproco.
“Sei il mio ostaggio:
bisogna averne cura, potrei riscattare me stesso, questa notte, comportandomi
da gentiluomo, non credi?”
Risero più fragorosi e
rilassati.
Finalmente.
Harry rovesciò un po’
di latte sul ripiano, imprecando sotto voce.
Lo sportello del
frigorifero era rimasto aperto, illuminando così quell’angolo della cucina, di
un bagliore quasi lunare.
“Di nuovo un incubo
oppure è per Petra?”
Styles sussultò a quella
voce, improvvisa, proveniente dalla parte buia dell’ambiente, in cui sia lui,
che Lux, si erano ritrovati, senza preavviso alcuno.
“Vincent sei tu …”
“Non hai molte
alternative” – rise – “… scusami, se ti ho spaventato” – e gli si avvicinò, in
accappatoio bianco.
“No, è che l’insonnia mi
tormenta, per un paio di arringhe, che non riesco a mettere a fuoco”
“Io mi sono fatto un
lungo bagno caldo, dovresti imitarmi, magari con Louis”
“Lui dorme come un
ghiro … Siete stati in spiaggia, vero?”
“Te lo ha … raccontato?”
“Non ci nascondiamo
nulla, Vincent” – e lo puntò, senza severità.
“Meglio così” – inspirò
il francese, prendendo uno yogurt, per poi richiudere l’anta metallica,
riportando la stanza nella quasi totale oscurità, se non fosse stato per il
riverbero dei lampioni esterni, che consentiva ad entrambi di continuare a
scrutarsi.
“Noi … Noi lo facciamo
per il bene di tutti, perché Boo ci ha perdonati e non avremmo potuto vivere
altrimenti … Sereni, intendo”
“Tu lo sei, Harry?” –
chiese con dolcezza l’affarista, posando una carezza tra i suoi riccioli.
Styles annuì,
mormorando appena – “… anche se tu mi manchi, lo ammetto Vincent”
Lux lo baciò, senza
irruenza.
Come se stessero
scivolando, l’uno verso l’altro.
Le loro mani sembrarono
così seguire un percorso istintivo, ritrovandosi in un tocco speculare, intenso,
scabroso, mentre non riuscivano a dividere le labbra, da quel contatto umido ed
appagante.
Vennero quasi subito,
anche per la tensione di essere scoperti.
Il cielo, in quel
momento, non aveva colori.
E neppure stelle.
Terry esitò, prima di
andarsene, proprio sulla soglia di quel loft semi arredato, di cui nessuno
sapeva l’esistenza.
A parte lui e Jared,
che lo stava osservando, nei suoi movimenti ormai incerti, sull’andarsene o
meno.
“Vuoi compagnia?”
Leto ridacchiò.
“Forse non sono stato
chiaro …”
“Ho ancora parecchi
contatti, anche se il mio lavoro è diventato più … serio ed altolocato”
“Il lupo non perde mai
il vizio … E tu di pelo, ne hai perso in abbondanza, è evidente, senza offesa
Terry” – ed indicò la sua ampia stempiatura.
“Magari usciamo,
andiamo a berci qualcosa”
“No grazie, i club di
New York, al contrario dell’opinione comune, non mi sono mai piaciuti”
“A te piacciono le sale
da tè, questo lo so Jay” – affermò con un sorriso compiaciuto.
“Sì, a Parigi … E’ una
città dove ho subito o seguito notevoli cambiamenti, sai? Anche nella mia
carriera, quando ti seguivo alle sfilate, quando … apparivo, più che esistere
in qualche modo decente”
“E ti facevi o bevevi,
ma non per colpa mia, Jared!” – obiettò il fotografo, più duro.
“Per colpa di Colin,
vero, delle delusioni provocate da Colin, dalle cattive abitudini, assorbite o
riprese, per compiacerlo … Perché mi accettasse nel suo mondo malato …
incrinato … come uno specchio e la mia figura si scomponeva, in centinaia di
frammenti, così che io non riuscivo più a riconoscermi in essa …” – pensò ad
alta voce, contratto in una posizione seduta e fetale, appoggiato alla
finestra, le gambe raccolte, le braccia spoglie e tatuate.
In effetti non aveva
perso il suo fascino.
La cuffia ancora in
testa, gli occhi grandi.
“Sei bellissimo Jay, te
lo ripeto, sono un disco rotto e tra noi non ha mai funzionato … In quel senso”
– e rise mesto, facendo roteare la maniglia in ottone dorato.
“Almeno sarei stato al
sicuro, con te, Terry”
“Lo eri anche con Glam
Geffen … Peccato tu l’abbia sempre confuso con il padre, che ti è mancato”
“Glam era ed è tutto,
per me … Sono io, che sono diventato un cancro, per lui: per fortuna, che sono
anche la cura, radicale, definitiva”
“E l’hai lasciato, per
guarirlo, quindi?”
“Glielo devo … Io gli
devo tutto, anche se ora non ha più importanza, se non per me, che l’ho
perduto, quando potevo averlo … per sempre.”
Geffen, mentre guidava verso Palm Springs, sbirciava la copertina di un
vecchio cd, messo di traverso sopra al cruscotto, in preziosa radica.
Il volto di Barbra Streisand gli stava sorridendo, seducente: l’aveva
persino incontrata, dopo un concerto, anni prima.
Una donna davvero incredibile.
I ricordi lo stavano distraendo, così la sua voce, che l’impianto
stereo, diffondeva nell’abitacolo, ad un volume da galera, come avrebbe detto
lui, ridendo, a Jared.
Come gli diceva sempre, quando l’ex si scatenava, quasi urlando i testi,
dei brani che amava e che condivideva con lui, anche se da dinosauri.
“Che dinosauri, però …” – disse in un soffio Glam, accostando.
La terrazza naturale sulla scogliera, era uno dei luoghi che più amava.
Quello in cui fermarsi, anche a piangere, senza più trattenere oltre le
lacrime.
Con le portiere spalancate, perché quel pezzo non si spegnesse, anzi,
dirompesse, nel suo stomaco, facendogli persino scoppiare il cuore, in un grido
assordante, ma unicamente per lui.
Per lui.
Farrell chiuse la telefonata con Antonio, ringraziandolo.
Quindi chiuse gli occhi e poi il trolley.
“Se vuoi veramente qualcosa, vai a prenderla,
non esitare, non perdere il tuo tempo a compiangerti, perché il destino non
aspetta: ride di te, della tua insicurezza, se rimarrai fermo, in quel punto,
dove sprofonderai, di vergogna e solitudine!”
Le parole di Jared, racchiuse in un giorno lontano da quella serata
particolare, un giorno in cui Colin si stava arrendendo, alle proprie
debolezze, superate come d’incanto, grazie all’aiuto di quell’amico così
speciale, quando ancora non stavano insieme, ora sembrarono divampare nella sua
testa.
L’irlandese osservò la propria immagine, nelle vetrate del corridoio
principale della End House.
Quello era il rifugio, che lui e Jared avevano acquistato per realizzare
ogni loro sogno.
Nessuno e niente poteva spazzare via quel disegno.
Lui lo avrebbe ricomposto, gli avrebbe ridato un senso.
Un domani.
Oggi, invece, era tempo di andarsi a riprendere, ciò che gli
apparteneva.
Per amore.
Solo per amore.
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