Capitolo n. 124 – life
Ruffalo si schiarì la
voce, prima di entrare, al seguito di Geffen, nel locale mansarda, dove Kevin
stava strimpellando svogliato alcune note, alla chitarra acustica.
Appena si avvide di
lui, il bassista tremò, spostando lo strumento alle sue spalle, per sollevarsi
dal parquet, dove Lula aveva sistemato cuscini e bibite, oltre ai propri
giochi.
Il bimbo sorrise,
prendendo poi per un polso Glam, per condurlo nuovamente in corridoio – “Noi
siamo di troppo papi, ciao zio Mark” – e gli fece un cenno simpatico.
“Ciao tesoro” – replicò
lui, fissando, però, Kevin.
“Che sorpresa …” –
mormorò il più giovane, andando poi a chiudere la porta – “… potevi telefonarmi
e risparmiarti questo viaggio” – aggiunse più rigido, parandosi davanti all’ex
infermiere.
“Ci ho provato, ma la
cavalleria si è messa di mezzo” – bissò pacato e con un sorriso.
“Hai l’aria stanca …”
“Ho preso tre voli e
detesto i cambi in aeroporto, troppa confusione … Come nella tua testa, ora,
Kevin o sbaglio?”
“Può darsi, ma non sono
affari tuoi, non più, dopo quello che ho visto in università”
“Il nostro passato non
si può e, a mio parere, non si deve cancellare: tu, con Glam, non puoi dire di
avere un legame distaccato ed innocuo, ad esempio”
“Noi abbiamo un figlio,
un matrimonio finito, una lunga convivenza e così tanto da raccontare e
probabilmente dimenticare, che mi posso permettere di avere un rapporto ancora
importante con il mio ex, non credi?”
Kevin teneva duro, non
voleva sciogliersi in alcun ulteriore pianto e tanto meno cadere tra le braccia
di Mark, così tenero e presente, quando amava qualcuno.
Purtroppo, però, il
musicista si sentiva al secondo posto, per l’ennesima volta, nel cuore e nella
vita di un nuovo compagno.
“Niall ed io dovevamo
sposarci: a questo punto non vorrei mettermi in gara con i tuoi trascorsi, ma,
a mia volta, ho abbastanza argomenti per motivare il mio attaccamento a lui,
che, comunque, non ha nulla di morboso e qui Geffen fa la differenza”
Kevin rise amaro – “Lui
la fa sempre … E’ il suo marchio di fabbrica, ma non credermi già arreso alla
sua corte oppure ai suoi progetti, non sono così idiota e sprovveduto” –
precisò secco, andando a versare qualcosa da bere per entrambi.
“Quindi ne ha, su di
te, intendo”
“Certo, vorrebbe
tornare a casa, ma è debole di memoria oppure vergognosamente ottimista”
“No, lui è un perfetto
stratega e conosce l’avversario o meglio … la vittima, dei suoi giochi, dei
suoi piani”
“Pensala come vuoi, su
di me, su di lui, ma io avevo delle aspettative, su di TE! Le vedi queste?!” –
ed afferrò il cofanetto delle vere, rimasto su di una mensola.
“Mio Dio …” – mormorò
Ruffalo, esterrefatto.
“No, Dio non centra
nulla! Eravamo noi a dovere fare andare bene le cose Mark! Corro da te, dopo
essere stato dal gioielliere, certo forse un po’ avventato, me lo sono ripetuto
per ogni metro di quel dannato percorso, ma poi mi sono concentrato sulle
ultime ore, su quello che mi avevi detto, su un mare di stramaledette cose e mi
sono precipitato, per chiederti di impegnarti seriamente con me! E cosa mi
ritrovo?! Niall! SEMPRE NIALL!” – ruggì livido.
“Kevin …”
“No, non esiste modo di
blandirmi! Tu ce l’hai mescolato nel sangue quel ragazzino! E correrai ogni
volta dovesse cercarti ed avere bisogno di te! E’ una tua priorità il suo
benessere e ti sbrodoli, appena lui ti fa un complimento, una carezza!”
“Tu sei sconvolto e … e
così severo con me, neppure consideri il mio essere qui, il mio amore per te …
Non te ne frega niente” – ribatté senza alzare i toni, come arresosi
all’evidenza di quella durezza inattesa.
L’artista strinse i
pugni, andando poi al davanzale, per osservare il buio oltre ai vetri.
“Torna da lui … Volevi
riconquistarlo, vero Mark? Così io Tim, ma adesso, credimi, mi date tutti,
OGNUNO DI VOI, un senso di nausea, Glam incluso, non temere.”
“Ho sentito dei rumori,
delle voci …”
La voce di Downey gli
trafisse un punto preciso, tra le scapole, facendolo sussultare.
“Robert …”
“Che succede di sopra?”
Geffen si era fermato
al piano intermedio dello chalet, in un salottino appartato, dove di solito
sbrigava pratiche di lavoro o semplicemente si rilassava, ammirando il panorama
esterno, ora inghiottito da un’oscurità umida di pioggia e vento primaverile.
“Mark si è
materializzato questa sera, ma temo sia ormai un fantasma, agli occhi di Kevin”
– rispose composto, rimanendo seduto sopra un divano dalle tinte vivaci.
L’attore gli si
affiancò, massaggiandosi la nuca.
“Stai bene Robert?” –
ed il suo palmo sinistro si posò su quella schiena un po’ ricurva, mentre
l’addome del moro si contraeva per quel contatto così delicato ed amorevole.
“Sì!” – uno scatto
tradì le sue emozioni.
“Sì Glam … Sto bene …
Insomma” – e sorrise tirato.
“Jude?”
“Ha preso l’antidolorifico,
ora dorme … Si è lamentato parecchio, non ha mangiato granché e sono in ansia
per domani”
“Scott ci aveva
preparati a queste crisi, risolvibili vorrei ricordartelo” – replicò sereno.
“Tu la fai semplice” –
e si rialzò nervoso, per poi inginocchiarsi ai piedi di Geffen, scusandosi – “…
non ragiono più, a vederlo così e”
“Tesoro ehi … Ma cosa
fai?” – gli domandò con tenerezza l’avvocato, portandoselo sul petto, mentre si
stava sollevando anche lui – “Ti ho promesso che andrà tutto bene, ok?”
“Glam tu non perdi mai
le speranze?”
“Una volta è successo …
Ma Lula mi ha smentito … Clamorosamente” – rise, con gli occhi lucidi al solo
pensiero di soldino, che apparve come un folletto, interrompendoli.
“La cena è pronta! Ci
sono minestrone e polpette!” – affermò entusiasta il bimbo, andando poi a
stringersi a quell’abbraccio.
Pepe arrivò un secondo
dopo, sporco di cioccolato sul mento – “Io ho già assaggiato la torta! Non
resistevo, ops …” – e sgranò i fanali blu cobalto, davanti alle espressioni
buffe dei suoi genitori, che lo avvolsero senza esitare.
Ruffalo vide la scena,
un attimo prima di imboccare le scale, per uscire dal retro della residenza.
Senza fare rumore.
“Mi dispiace Mark …”
La voce di Leto era
distante e disturbata da un fastidioso ronzio.
“Tu come stai Jared?” –
chiese il docente, tirando su dal naso, incurante che gli astanti lo stessero
spiando, in quella sua telefonata con il leader dei Mars.
“Ho avuto una brutta discussione
con Colin, gli ho detto di Glam, però ora siamo a casa, lui mi ha … mi ha
perdonato, spero” – ed inspirò, rannicchiandosi meglio sulla poltrona della
biblioteca, dove di solito era Farrell a sistemarsi, per leggere copioni e
lettere dei fans.
“Non ne sei certo?” –
Ruffalo sorrise, tamponandosi le guance nel ricomporsi come meglio poteva,
rintanato in un angolo della sala di aspetto, in attesa del volo di ritorno.
Per fortuna ne aveva
trovato uno diretto per Los Angeles senza scali intermedi.
“Con lui a volte è
così, non si … verbalizza per filo e per segno, magari si fa l’amore, ma non
stavolta … Forse non gli piaccio più ed a guardarmi allo specchio,
sinceramente, lo capisco: sono uno straccio”
“E’ solo un pessimo
periodo, dovreste fare una vacanza, riprendere il controllo e l’equilibrio,
ecco”
“Qui è lo psichiatra
che parla” – Leto sorrise, più rilassato.
Gli piaceva parlare con
Mark.
“No, anzi … E’ quello
che avrei fatto io con Kevin, se solo …” – poi sbuffò greve – “… lasciamo
perdere”
“No sfogati, se ti va”
“Magari lo farò di
presenza, ti invito a pranzo, che ne pensi Jared? Così ti stresso ancora un po’
con i miei disastri sentimentali” – provò a scherzare.
“Volentieri … Ma niente
locali, a me va bena anche un’insalata, a casa tua, se non ti disturbo, non
voglio invadere la tua privacy oppure vieni tu al mio loft di Malibu, così ti
faccio ascoltare le mie nuove canzoni, prima di tutti, non ne sei onorato?” –
rise più giocoso.
“Prima di Colin ed
addirittura di Shannon? Accidenti sì” – Mark resse il gioco, distraendosi un
minimo da quel dolore, che gli attanagliava lo stomaco.
“Veramente ne ho finito
solo una … Ma è carina … Temo il giudizio di Colin ed anche di quell’animale di
mio fratello … Di solito è a Tomo, che riservo l’anteprima … E’ una ballata
romantica, una cosa strana per me” – spiegò più assorto.
“Ispirata dal momento?
Sei ancora così innamorato di lui …”
“Non voglio neppure
chiederti di … lui”
“Diventa così odioso
quanto ti si mette contro, ma avresti dovuto vederlo, con i suoi bambini … Dio,
sembra trasformarsi … Si … Si illumina di una dolcezza incredibile” – rivelò,
evitando cautamente di inserire Robert in quel commento, visto quanto l’ex lo
trattasse come un essere prezioso ed adorato.
“Glam è fatto così …
Per questo o lo ami o lo detesti …” – replicò tranquillo il cantante, con una
nota di malinconia nell’esprimersi.
“Non farò mai parte del
suo harem!” – ironizzò Ruffalo, sentendo chiamare il proprio volo.
Finalmente.
“Jay devo andare, ti
telefono appena arrivo, posso?” – chiese fiducioso.
“Assolutamente sì, tu
sarai sempre il benvenuto: buon viaggio Mark.”
Dimitri gli si svuotò
dentro, con scarsa delicatezza.
Grugnì qualcosa in
russo e poi crollò sul busto di Matt, in crisi di ossigeno, per l’orgasmo ed il
peso dell’altro, sul proprio corpo più esile, anche se palestrato.
“Ehi che modi Dim” –
ansimò, scocciato dalla sua rudezza.
“Stai zitto … Non ho
voglia di sentirti frignare o lamentare” – bofonchiò il mercenario, l’alito
appestato di alcol.
Miller provò a
dominarsi – “Perché continui a bere, eh? A cosa ti serve?”
Dimitri lo lasciò lì,
scostandosi brusco – “Mi serve a non pensare alla vita del cazzo che stiamo
facendo, ecco a cosa mi serve alzare il gomito ogni tanto, miseria schifosa!”
Le sue reazioni erano
sempre più rabbiose, da alcuni giorni.
“Dirò a Meliti di non
rifornire più il nostro mobile bar, così almeno eviterai di ridurti così!
Anch’io ho il diritto di vivere meglio che posso questa situazione, non
credi?!”
L’ex militare lo
scrutò, con aria sarcastica – “Tu fallo e ti rispedisco alla tua amata clinica,
ok Matt? Mi basta dire al vecchio che hai ricominciato a dare fuori di matto,
anche se non è vero, quindi sei avvisato!” – ringhiò minaccioso.
Miller si rivestì,
senza agitarsi.
“Sei un coglione Dim …
Un vero coglione” – e se ne andò, uscendo nel parco, mentre stava albeggiando.
Antonio era in veranda,
a bersi il primo caffè della giornata, un’abitudine a lui molto cara.
Gli piaceva viversi
quel paradiso, alle prime luci del sole, quando tutti erano ancora nel mondo
dei sogni.
Quasi
tutti.
“Buongiorno signor
Meliti …” – Matt gli sorrise, avvicinandosi.
“Signor Meliti? Quanta
formalità …” – ridacchiò, accendendosi un sigaro.
“Non dovrebbe, se la
vedesse Carmela …”
“Non accadrà e conto
sulla tua riservatezza figliolo … Hai una faccia, cosa ti prende stamane?”
“Ho … Ho dei problemi
con Dimitri e … E mi chiedevo se ci fosse una stanza per me, da qualche parte
nella tua reggia nonno, per starmene un po’ lontano da lui”
“Tu passi da un estremo
all’altro, chiamami Antonio e la chiudiamo qui, ok?”
“Ok … Anche per un
nuovo alloggio, solo per me?”
“Ci sono quelli sopra
le scuderie, se proprio ci tieni ragazzo …”
“Dim potrebbe
raccontarle delle sciocchezze, su di me, ma sono tutte falsità, ok?” – esternò
teso.
“Tipo?”
“Tipo che ho sbroccato,
per farmi internare!”
“Non dire cavolate,
quel somaro della steppa ti ama” – e rise gioviale.
Matt avvampò.
“Ed anche tu …” –
sospirò il patriarca – “… Discuterò la faccenda con Geffen, dobbiamo trovarla
una soluzione, non siete in ostaggio … A dire il vero non so più nemmeno perché
siete finiti qui”
Miller rise, in
imbarazzo – “Vi abbiamo creato qualche problema” – sussurrò timido, le mani in
tasca.
“Puoi ben dirlo, però,
da quel che so, non è davvero colpa tua Matt” – disse paterno.
Miller lo abbracciò, con
spontaneità e candore.
Si sentì al sicuro,
come raramente gli accadeva.
RDJ
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