giovedì 28 maggio 2015

LIFE - CAPITOLO N. 124

Capitolo n. 124 – life



Ruffalo si schiarì la voce, prima di entrare, al seguito di Geffen, nel locale mansarda, dove Kevin stava strimpellando svogliato alcune note, alla chitarra acustica.

Appena si avvide di lui, il bassista tremò, spostando lo strumento alle sue spalle, per sollevarsi dal parquet, dove Lula aveva sistemato cuscini e bibite, oltre ai propri giochi.

Il bimbo sorrise, prendendo poi per un polso Glam, per condurlo nuovamente in corridoio – “Noi siamo di troppo papi, ciao zio Mark” – e gli fece un cenno simpatico.

“Ciao tesoro” – replicò lui, fissando, però, Kevin.

“Che sorpresa …” – mormorò il più giovane, andando poi a chiudere la porta – “… potevi telefonarmi e risparmiarti questo viaggio” – aggiunse più rigido, parandosi davanti all’ex infermiere.

“Ci ho provato, ma la cavalleria si è messa di mezzo” – bissò pacato e con un sorriso.

“Hai l’aria stanca …”

“Ho preso tre voli e detesto i cambi in aeroporto, troppa confusione … Come nella tua testa, ora, Kevin o sbaglio?”

“Può darsi, ma non sono affari tuoi, non più, dopo quello che ho visto in università”

“Il nostro passato non si può e, a mio parere, non si deve cancellare: tu, con Glam, non puoi dire di avere un legame distaccato ed innocuo, ad esempio”

“Noi abbiamo un figlio, un matrimonio finito, una lunga convivenza e così tanto da raccontare e probabilmente dimenticare, che mi posso permettere di avere un rapporto ancora importante con il mio ex, non credi?”

Kevin teneva duro, non voleva sciogliersi in alcun ulteriore pianto e tanto meno cadere tra le braccia di Mark, così tenero e presente, quando amava qualcuno.

Purtroppo, però, il musicista si sentiva al secondo posto, per l’ennesima volta, nel cuore e nella vita di un nuovo compagno.

“Niall ed io dovevamo sposarci: a questo punto non vorrei mettermi in gara con i tuoi trascorsi, ma, a mia volta, ho abbastanza argomenti per motivare il mio attaccamento a lui, che, comunque, non ha nulla di morboso e qui Geffen fa la differenza”

Kevin rise amaro – “Lui la fa sempre … E’ il suo marchio di fabbrica, ma non credermi già arreso alla sua corte oppure ai suoi progetti, non sono così idiota e sprovveduto” – precisò secco, andando a versare qualcosa da bere per entrambi.

“Quindi ne ha, su di te, intendo”

“Certo, vorrebbe tornare  a casa, ma è debole di memoria oppure vergognosamente ottimista”

“No, lui è un perfetto stratega e conosce l’avversario o meglio … la vittima, dei suoi giochi, dei suoi piani”

“Pensala come vuoi, su di me, su di lui, ma io avevo delle aspettative, su di TE! Le vedi queste?!” – ed afferrò il cofanetto delle vere, rimasto su di una mensola.

“Mio Dio …” – mormorò Ruffalo, esterrefatto.

“No, Dio non centra nulla! Eravamo noi a dovere fare andare bene le cose Mark! Corro da te, dopo essere stato dal gioielliere, certo forse un po’ avventato, me lo sono ripetuto per ogni metro di quel dannato percorso, ma poi mi sono concentrato sulle ultime ore, su quello che mi avevi detto, su un mare di stramaledette cose e mi sono precipitato, per chiederti di impegnarti seriamente con me! E cosa mi ritrovo?! Niall! SEMPRE NIALL!” – ruggì livido.

“Kevin …”

“No, non esiste modo di blandirmi! Tu ce l’hai mescolato nel sangue quel ragazzino! E correrai ogni volta dovesse cercarti ed avere bisogno di te! E’ una tua priorità il suo benessere e ti sbrodoli, appena lui ti fa un complimento, una carezza!”

“Tu sei sconvolto e … e così severo con me, neppure consideri il mio essere qui, il mio amore per te … Non te ne frega niente” – ribatté senza alzare i toni, come arresosi all’evidenza di quella durezza inattesa.

L’artista strinse i pugni, andando poi al davanzale, per osservare il buio oltre ai vetri.

“Torna da lui … Volevi riconquistarlo, vero Mark? Così io Tim, ma adesso, credimi, mi date tutti, OGNUNO DI VOI, un senso di nausea, Glam incluso, non temere.”




“Ho sentito dei rumori, delle voci …”

La voce di Downey gli trafisse un punto preciso, tra le scapole, facendolo sussultare.

“Robert …”

“Che succede di sopra?”

Geffen si era fermato al piano intermedio dello chalet, in un salottino appartato, dove di solito sbrigava pratiche di lavoro o semplicemente si rilassava, ammirando il panorama esterno, ora inghiottito da un’oscurità umida di pioggia e vento primaverile.

“Mark si è materializzato questa sera, ma temo sia ormai un fantasma, agli occhi di Kevin” – rispose composto, rimanendo seduto sopra un divano dalle tinte vivaci.

L’attore gli si affiancò, massaggiandosi la nuca.

“Stai bene Robert?” – ed il suo palmo sinistro si posò su quella schiena un po’ ricurva, mentre l’addome del moro si contraeva per quel contatto così delicato ed amorevole.

“Sì!” – uno scatto tradì le sue emozioni.

“Sì Glam … Sto bene … Insomma” – e sorrise tirato.

“Jude?”

“Ha preso l’antidolorifico, ora dorme … Si è lamentato parecchio, non ha mangiato granché e sono in ansia per domani”

“Scott ci aveva preparati a queste crisi, risolvibili vorrei ricordartelo” – replicò sereno.

“Tu la fai semplice” – e si rialzò nervoso, per poi inginocchiarsi ai piedi di Geffen, scusandosi – “… non ragiono più, a vederlo così e”

“Tesoro ehi … Ma cosa fai?” – gli domandò con tenerezza l’avvocato, portandoselo sul petto, mentre si stava sollevando anche lui – “Ti ho promesso che andrà tutto bene, ok?”

“Glam tu non perdi mai le speranze?”

“Una volta è successo … Ma Lula mi ha smentito … Clamorosamente” – rise, con gli occhi lucidi al solo pensiero di soldino, che apparve come un folletto, interrompendoli.

“La cena è pronta! Ci sono minestrone e polpette!” – affermò entusiasta il bimbo, andando poi a stringersi a quell’abbraccio.

Pepe arrivò un secondo dopo, sporco di cioccolato sul mento – “Io ho già assaggiato la torta! Non resistevo, ops …” – e sgranò i fanali blu cobalto, davanti alle espressioni buffe dei suoi genitori, che lo avvolsero senza esitare.

Ruffalo vide la scena, un attimo prima di imboccare le scale, per uscire dal retro della residenza.

Senza fare rumore.




“Mi dispiace Mark …”

La voce di Leto era distante e disturbata da un fastidioso ronzio.

“Tu come stai Jared?” – chiese il docente, tirando su dal naso, incurante che gli astanti lo stessero spiando, in quella sua telefonata con il leader dei Mars.

“Ho avuto una brutta discussione con Colin, gli ho detto di Glam, però ora siamo a casa, lui mi ha … mi ha perdonato, spero” – ed inspirò, rannicchiandosi meglio sulla poltrona della biblioteca, dove di solito era Farrell a sistemarsi, per leggere copioni e lettere dei fans.

“Non ne sei certo?” – Ruffalo sorrise, tamponandosi le guance nel ricomporsi come meglio poteva, rintanato in un angolo della sala di aspetto, in attesa del volo di ritorno.

Per fortuna ne aveva trovato uno diretto per Los Angeles senza scali intermedi.

“Con lui a volte è così, non si … verbalizza per filo e per segno, magari si fa l’amore, ma non stavolta … Forse non gli piaccio più ed a guardarmi allo specchio, sinceramente, lo capisco: sono uno straccio”

“E’ solo un pessimo periodo, dovreste fare una vacanza, riprendere il controllo e l’equilibrio, ecco”

“Qui è lo psichiatra che parla” – Leto sorrise, più rilassato.

Gli piaceva parlare con Mark.

“No, anzi … E’ quello che avrei fatto io con Kevin, se solo …” – poi sbuffò greve – “… lasciamo perdere”

“No sfogati, se ti va”

“Magari lo farò di presenza, ti invito a pranzo, che ne pensi Jared? Così ti stresso ancora un po’ con i miei disastri sentimentali” – provò a scherzare.

“Volentieri … Ma niente locali, a me va bena anche un’insalata, a casa tua, se non ti disturbo, non voglio invadere la tua privacy oppure vieni tu al mio loft di Malibu, così ti faccio ascoltare le mie nuove canzoni, prima di tutti, non ne sei onorato?” – rise più giocoso.

“Prima di Colin ed addirittura di Shannon? Accidenti sì” – Mark resse il gioco, distraendosi un minimo da quel dolore, che gli attanagliava lo stomaco.

“Veramente ne ho finito solo una … Ma è carina … Temo il giudizio di Colin ed anche di quell’animale di mio fratello … Di solito è a Tomo, che riservo l’anteprima … E’ una ballata romantica, una cosa strana per me” – spiegò più assorto.

“Ispirata dal momento? Sei ancora così innamorato di lui …”

“Non voglio neppure chiederti di … lui

“Diventa così odioso quanto ti si mette contro, ma avresti dovuto vederlo, con i suoi bambini … Dio, sembra trasformarsi … Si … Si illumina di una dolcezza incredibile” – rivelò, evitando cautamente di inserire Robert in quel commento, visto quanto l’ex lo trattasse come un essere prezioso ed adorato.

“Glam è fatto così … Per questo o lo ami o lo detesti …” – replicò tranquillo il cantante, con una nota di malinconia nell’esprimersi.

“Non farò mai parte del suo harem!” – ironizzò Ruffalo, sentendo chiamare il proprio volo.

Finalmente.

“Jay devo andare, ti telefono appena arrivo, posso?” – chiese fiducioso.

“Assolutamente sì, tu sarai sempre il benvenuto: buon viaggio Mark.”




Dimitri gli si svuotò dentro, con scarsa delicatezza.

Grugnì qualcosa in russo e poi crollò sul busto di Matt, in crisi di ossigeno, per l’orgasmo ed il peso dell’altro, sul proprio corpo più esile, anche se palestrato.

“Ehi che modi Dim” – ansimò, scocciato dalla sua rudezza.

“Stai zitto … Non ho voglia di sentirti frignare o lamentare” – bofonchiò il mercenario, l’alito appestato di alcol.

Miller provò a dominarsi – “Perché continui a bere, eh? A cosa ti serve?”

Dimitri lo lasciò lì, scostandosi brusco – “Mi serve a non pensare alla vita del cazzo che stiamo facendo, ecco a cosa mi serve alzare il gomito ogni tanto, miseria schifosa!”

Le sue reazioni erano sempre più rabbiose, da alcuni giorni.

“Dirò a Meliti di non rifornire più il nostro mobile bar, così almeno eviterai di ridurti così! Anch’io ho il diritto di vivere meglio che posso questa situazione, non credi?!”

L’ex militare lo scrutò, con aria sarcastica – “Tu fallo e ti rispedisco alla tua amata clinica, ok Matt? Mi basta dire al vecchio che hai ricominciato a dare fuori di matto, anche se non è vero, quindi sei avvisato!” – ringhiò minaccioso.

Miller si rivestì, senza agitarsi.

“Sei un coglione Dim … Un vero coglione” – e se ne andò, uscendo nel parco, mentre stava albeggiando.

Antonio era in veranda, a bersi il primo caffè della giornata, un’abitudine a lui molto cara.

Gli piaceva viversi quel paradiso, alle prime luci del sole, quando tutti erano ancora nel mondo dei sogni.

Quasi tutti.

“Buongiorno signor Meliti …” – Matt gli sorrise, avvicinandosi.

“Signor Meliti? Quanta formalità …” – ridacchiò, accendendosi un sigaro.

“Non dovrebbe, se la vedesse Carmela …”

“Non accadrà e conto sulla tua riservatezza figliolo … Hai una faccia, cosa ti prende stamane?”

“Ho … Ho dei problemi con Dimitri e … E mi chiedevo se ci fosse una stanza per me, da qualche parte nella tua reggia nonno, per starmene un po’ lontano da lui”

“Tu passi da un estremo all’altro, chiamami Antonio e la chiudiamo qui, ok?”

“Ok … Anche per un nuovo alloggio, solo per me?”

“Ci sono quelli sopra le scuderie, se proprio ci tieni ragazzo …”

“Dim potrebbe raccontarle delle sciocchezze, su di me, ma sono tutte falsità, ok?” – esternò teso.

“Tipo?”

“Tipo che ho sbroccato, per farmi internare!”

“Non dire cavolate, quel somaro della steppa ti ama” – e rise gioviale.

Matt avvampò.

“Ed anche tu …” – sospirò il patriarca – “… Discuterò la faccenda con Geffen, dobbiamo trovarla una soluzione, non siete in ostaggio … A dire il vero non so più nemmeno perché siete finiti qui”

Miller rise, in imbarazzo – “Vi abbiamo creato qualche problema” – sussurrò timido, le mani in tasca.

“Puoi ben dirlo, però, da quel che so, non è davvero colpa tua Matt” – disse paterno.

Miller lo abbracciò, con spontaneità e candore.

Si sentì al sicuro, come raramente gli accadeva.








 RDJ






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