lunedì 3 ottobre 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 76

Capitolo n. 76 – nakama



“Papi Rob!”
La vocina di Pepe echeggiò dai cancelli della scuola.
Geffen lo lasciò andare, affinché raggiungesse il genitore, in fondo al viale, dopo che Downey era sceso dall’Audi, parcheggiata decentemente, questa volta.

L’attore si inginocchiò, arridendo all’abbraccio del piccolo, molto eccitato per il suo primo giorno da scolaro, in un istituto nuovo di zecca, dopo che quello tradizionale, frequentato dai bimbi della famiglia, era andato distrutto, a seguito del terremoto.

Insieme a lui, Downey si avvicinò all’ex, con aria serena – “Buongiorno Glam”

“Ciao Robert, tutto bene?” – chiese guardandosi in giro.

“Sì, certo”

“Temevo non arrivassi” – e lo fissò.

“Non sarei mancato per nulla al mondo e lo sai” – replicò senza perdere il suo buon umore.

Pepe si aggregò, nel cortile, agli amichetti di Lula, mentre questi non badava alla loro conversazione.

Geffen prese un lungo respiro – “Manca poco alla campanella, devo andare in studio, rimani tu?”

“Nessun problema”

“Potremmo vederci più tardi, ti porto a pranzo Rob, che ne pensi?” – propose, ritrovando il sorriso.

Downey lo guardò, intenso, facendogli così tremare il cuore.

“Tu ed io, Glam, dovremmo smetterla di dirci quanto ci amiamo e”

“Succede perché è vero, almeno per me!” – lo interruppe brusco.

“Non ha molto senso, visto che mi sono risposato con Jude”

“Ciò non toglie, che tu avrai sempre un posto speciale nella mia vita, non solo per nostro figlio” – argomentò deciso.

Robert gli diede una carezza sul volto.

“Perché ti senti ferito dai miei sbagli?”

“Ti riferisci a quel ragazzino?” – bissò aspro.

“Anche tu hai avuto un debole per Louis e non solo, quindi non rimproverarmi a vanvera, ok?” – obiettò più serio.

“Ma certo, io sono quello sbagliato, Robert, con tutti ed ogni volta che mi permetto di fare un’osservazione o un rimprovero, come dici tu, passo sempre per il da che pulpito! della situazione!”

Downey abbassò lo sguardo, compostamente – “Ti ringrazio per l’invito, ma devo vedere Jude …”

“Tu non mi devi niente, hai ragione: né spiegazioni, né scuse, anche se mi ha offeso, vederti così prodigo di attenzioni e così rammaricato, nei riguardi di quel poppante”

“Ha 22 anni”

“Potresti essere suo nonno! E questa è una battuta riciclata, una delle tue, sul sottoscritto!” – ringhiò ferito.

“Ci stanno guardando Glam” – disse sotto voce l’artista.

“Oh sai che mi importa?! Un benemerito cazzo!” – e se ne andò, non senza passare a salutare i figli, abbozzando una disinvoltura davvero forzata.




Era faticoso e scomodo.
Faceva male, per giunta, in molti punti, del corpo e dell’anima di Jesse, lasciarsi impalare in quel modo, dalla virilità invadente di Walter White.

Il giovane arpionò, gemendo, la testata del letto, una semplice sbarra in ottone lucido, liscia, come la sua pelle, che il professore, egoisticamente, brandendone una porzione abbondante all’altezza dei fianchi, non esitava a fare ondeggiare su di sé, elevando il corpo esile di Pinkman, per poi farlo precipitare.

In ogni senso.

Lo teneva in pugno, con delle anfetamine, che a Jesse servivano per stare sveglio, rendendo più che poteva, per arrivare alla laurea, assicurandosi quel master, tanto agognato, ma inaccessibile economicamente, per lui.
Quindi, doveva ottenere il massimo dei voti, ad ogni costo.

White era un insospettabile spacciatore, ma, anche peggio.

Lui, quella merda la fabbricava nello scantinato del villino, dove adesso stava scopando Jesse Pinkman.

In fondo, pensava ogni dannata volta White, il caro Jesse era solo un drogato, non certo uno studente modello, trasformandosi, così, nella nemesi di sé stesso.

Per non pensare ad altro, riguardo a Pinkman.





La vibrazione avvisò dell’arrivo di un sms.
Paul dimenticava il cellulare ovunque.
Un’abitudine, che, quel mattino, divenne portatrice di guai, a sua insaputa.


Norman rise, accorgendosi che il Samsung del compagno, era finito, questa volta, sotto ai cuscini, in fondo ai piedi dell’ex sbirro.

Invadere la sua privacy non era corretto, Reedus lo sapeva bene, però la curiosità, lo fece cadere.

§ I soldi li ho presi, ma vediamoci un’ultima volta, non ti chiedo altro, giuro … JDM §

Norman aggrottò la fronte, sentendosi rabbrividire.
Doveva scoprire chi fosse questo tizio, perché di sicuro era un uomo, su ciò non aveva dubbi.

§ E dove, sentiamo? § - scrisse velocemente, il cuore in gola, mentre Paul faceva la doccia.

§ Me ne sono andato dal motel, non pensavo di … Tu non hai un posto, Rovia? §

§ No §

§ Ok, allora al Finning Inn, sulla quattordicesima, è qui davanti a me, ora prendo una stanza, ok? Ti mando il numero e tu vieni qui, da zio Morgan § - e tante faccine sorridenti, alcune con l’effige del diavolo, a seguire.

Reedus si ossigenò, le palpitazioni, che lo stavano soffocando.

§ Ok, esco adesso, mandami il fottuto numero … arrivo, ciao §

§ Bravo il mio teppistello, allora ti manco un po’? § - ancora emoticons, linguacciute e non.

Norman non scrisse più nulla.
Era già in sella alla sua HD, dopo avere urlato a Paul, che doveva correre a portare le bimbe a lezione.
In realtà se ne sarebbe occupata Sara, ma Rovia non poteva saperlo.
Di lei, il giovane, voleva sapere il meno possibile.




Le ante della cabina armadio stavano cigolando da almeno dieci minuti.
L’assalto di Farrell, tra le gambe muscolose e magre di Jared, sbattuto contro quei legni avorio dorato, aveva avuto pieno successo.

Colin non aveva mai smesso di baciarlo, durante l’intero amplesso e ora, che l’orgasmo li stava travolgendo entrambi, non sapeva se ridere o piangere.
Percepiva il compagno di nuovo in simbiosi completa, assoluta; non accadeva da tempo.

“Ti amo Jay, ti amo come un pazzo” – gli ringhiò nel collo madido, quanto il resto di loro, sulle ultime spinte.

Il leader dei Mars lo guardò, improvviso – “Ti amo Cole”
Infine crollarono sulla moquette, tinta miele, aggrovigliati e sazi.

Farrell gli sussurrò qualche complimento sconcio, così, per farlo ridere, poi divenne più serio.

“Facciamo un viaggio Jay” – gli accarezzò il ventre – “… facciamo ancora tanti bambini” – e rise gioioso.

Jared arricciò il naso, dandogli un bacio leggero – “Credo sia l’unica cosa, che io non sono mai stato in grado di darti” – mormorò assorto in pensieri legati, forse, alla recente visita della Curus, di sicuro tristi.

L’irlandese scosse il capo spettinato – “Tu hai fatto molto di più e lo sai”

“No, non lo so, Cole, dimmelo” – e sorrise limpido.

“Tu mi hai donato la presenza, la certezza, la volontà, di non arrenderci, uniti, durante il percorso di ognuno di loro: da solo non ce l’avrei fatta ed è la pura verità”

Leto si commosse, tappandosi la bocca con la mano sinistra, appendendosi, poi, con uno slancio, alla metà del suo cielo: in altro modo, Jared, non avrebbe saputo definire Colin, che lo stava cullando, al suono dolce dei loro respiri – “E sono cresciuti benissimo, i nostri angeli, tesoro”

“Lo sono per davvero e ci hanno salvati in così tante occasioni, vero?”

“Vero” – e Farrell sancì la sua convinzione, con un bacio, dei suoi.
Profondo e toccante.




“Ne dai una anche a me, Jude?”

Law si voltò di scatto, dopo essere stato, sino a quel momento, appoggiato alla balaustra in acciaio, in un tratto semideserto, lungo l’oceano.

“Certo” – e gli porse una sigaretta, provvedendo ad accendergliela.
Downey custodì per un attimo, la sua mano tremante, tra i palmi caldi, senza guardarlo.

“Grazie … E’ tanto che aspetti?” – chiese il moro, scrutando l’orizzonte, denso di nubi.

“Ti ho aspettato una vita, Robert, minuto più, minuto meno, cosa cambia?” – e sorrise, provando a smaltire la tensione.

Il più anziano rise, schiacciando la Camel sotto la suola delle scarpe italiane – “Hai la battuta sempre pronta, sei un vero attore, non potrò mai rinnegarlo” – e lo puntò, severo.

Law deglutì a vuoto – “Come sta quel … Quel, come si chiama?”

“Si chiama Jesse”

“Ecco, appunto, Jesse, come sta il suo naso?” – provò persino a scherzare, ma l’altro non ne aveva alcuna intenzione.

“Riuscirà a sopravvivere … Un po’ come noi, no?”

“A cosa, Rob?”

“Ai nostri casini, al nostro prenderci in giro, a quanto pare, anzi, perdona la franchezza, al modo in cui tu, lo fai, con me, da sempre” – affermò rigido.

“Ho avuto una debolezza e tu mi hai ripagato con la stessa moneta, ok? Possiamo voltare pagina e andare avanti?” – reagì con disperazione.

“No … NO, Jude, non funziona così, perché è squallido e finiremo per peggiorare!”

“Cosa intendi?”

“Intendo dire che diverremo ridicoli, presto o tardi, nelle nostre fragilità, in cerca di conferme, di rivalsa, finendo per carpire l’innocenza, di chi non ci merita affatto!”

“Come quel Jesse?” – domandò quasi con stupore.

“Vale anche per Taylor, senza contare che lui aveva dei progetti con Richard e tu li hai quasi mandati a puttane, con il tuo comportamento inscusabile!” – ribatté affranto.

“Non è successo niente a patto che tu e Glam”

“Glam e io cosa?! Ricky è suo figlio!”

“Ok Robert, d’accordo, non dovevo tirare in ballo Glam” – e provò ad avvicinarsi, inutilmente.

“Non toccarmi”

L’inglese inspirò, sconvolto – “Per una cosa. a Glam, devo dare ragione: come abbiamo fatto a ridurci così?”




White lo aveva girato e ripreso, fatto rinascere e ucciso, a scoparlo in quella maniera, quasi rabbiosa.
Per quale motivo, Jesse, non riuscì a capirlo; non subito.

Infine, Walt, gli crollò sopra, esausto, il fiato spezzato.

Pinkman, timidamente, lo avvolse, con le sue braccia scarne, ma toniche.

White sollevò il capo, guardandolo.
Jesse gli diede un bacio.

“Ma cosa diavolo fai, smettila con queste stronzate!” – e si ritrasse, disincastrandosi da lui, che, con un gemito estremo, si rannicchiò in posizione fetale, sul fianco destro; non voleva più nemmeno guardarlo.
Il prof, odiosamente, lo aveva umiliato così tante volte, che Jesse aveva perso il conto.

“Eccoti la tua merda e poi non sono un cretino, sai?!” – sbottò l’insegnante, gettando tra le lenzuola un blister, mentre si infilava una vestaglia piuttosto ridicola eppure a lui stava bene, pensava sempre il ragazzino, dagli occhi di ghiaccio.

“Cosa cazzo vuoi adesso?!” – e fu come ribellarsi, per Jesse.
Finalmente.

“Da chi ti sei fatto scopare, prima di me? Ti vendi anche per pagarti l’affitto o cosa? Hai forse un fidanzato?” – e ridacchiò, stranito – “Poveraccio, dovresti dirgli che ti fai sbattere da chiunque!”

Pinkman balzò in piedi, rivestendosi alla svelta, infuriato, come non mai.

“Esistono uomini fantastici, là fuori e uno si è accorto di me, se proprio vuoi saperlo White!” – esplose – “In suo confronto, tu sei lo schifo puro, hai capito?!”

Gli arrivò un ceffone.

Jesse, si ripromise, che, da Walter White, sarebbe stato l’ultimo.



















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