Capitolo n. 76 – nakama
“Papi Rob!”
La vocina di Pepe
echeggiò dai cancelli della scuola.
Geffen lo lasciò
andare, affinché raggiungesse il genitore, in fondo al viale, dopo che Downey
era sceso dall’Audi, parcheggiata decentemente, questa volta.
L’attore si
inginocchiò, arridendo all’abbraccio del piccolo, molto eccitato per il suo
primo giorno da scolaro, in un istituto nuovo di zecca, dopo che quello
tradizionale, frequentato dai bimbi della famiglia, era andato distrutto, a
seguito del terremoto.
Insieme a lui, Downey
si avvicinò all’ex, con aria serena – “Buongiorno Glam”
“Ciao Robert, tutto
bene?” – chiese guardandosi in giro.
“Sì, certo”
“Temevo non arrivassi”
– e lo fissò.
“Non sarei mancato per
nulla al mondo e lo sai” – replicò senza perdere il suo buon umore.
Pepe si aggregò, nel
cortile, agli amichetti di Lula, mentre questi non badava alla loro
conversazione.
Geffen prese un lungo
respiro – “Manca poco alla campanella, devo andare in studio, rimani tu?”
“Nessun problema”
“Potremmo vederci più
tardi, ti porto a pranzo Rob, che ne pensi?” – propose, ritrovando il sorriso.
Downey lo guardò,
intenso, facendogli così tremare il cuore.
“Tu ed io, Glam,
dovremmo smetterla di dirci quanto ci amiamo e”
“Succede perché è vero,
almeno per me!” – lo interruppe brusco.
“Non ha molto senso,
visto che mi sono risposato con Jude”
“Ciò non toglie, che tu
avrai sempre un posto speciale nella mia vita, non solo per nostro figlio” –
argomentò deciso.
Robert gli diede una
carezza sul volto.
“Perché ti senti ferito
dai miei sbagli?”
“Ti riferisci a quel
ragazzino?” – bissò aspro.
“Anche tu hai avuto un
debole per Louis e non solo, quindi non rimproverarmi a vanvera, ok?” – obiettò
più serio.
“Ma certo, io sono
quello sbagliato, Robert, con tutti ed ogni volta che mi permetto di fare
un’osservazione o un rimprovero, come dici tu, passo sempre per il da che pulpito! della situazione!”
Downey abbassò lo
sguardo, compostamente – “Ti ringrazio per l’invito, ma devo vedere Jude …”
“Tu non mi devi niente,
hai ragione: né spiegazioni, né scuse, anche se mi ha offeso, vederti così
prodigo di attenzioni e così rammaricato, nei riguardi di quel poppante”
“Ha 22 anni”
“Potresti essere suo
nonno! E questa è una battuta riciclata, una delle tue, sul sottoscritto!” –
ringhiò ferito.
“Ci stanno guardando
Glam” – disse sotto voce l’artista.
“Oh sai che mi
importa?! Un benemerito cazzo!” – e se ne andò, non senza passare a salutare i
figli, abbozzando una disinvoltura davvero forzata.
Era faticoso e scomodo.
Faceva male, per
giunta, in molti punti, del corpo e dell’anima di Jesse, lasciarsi impalare in
quel modo, dalla virilità invadente di Walter White.
Il giovane arpionò,
gemendo, la testata del letto, una semplice sbarra in ottone lucido, liscia, come
la sua pelle, che il professore, egoisticamente, brandendone una porzione
abbondante all’altezza dei fianchi, non esitava a fare ondeggiare su di sé,
elevando il corpo esile di Pinkman, per poi farlo precipitare.
In ogni senso.
Lo teneva in pugno, con
delle anfetamine, che a Jesse servivano per stare sveglio, rendendo più che
poteva, per arrivare alla laurea, assicurandosi quel master, tanto agognato, ma
inaccessibile economicamente, per lui.
Quindi, doveva ottenere
il massimo dei voti, ad ogni costo.
White era un
insospettabile spacciatore, ma, anche peggio.
Lui, quella merda la
fabbricava nello scantinato del villino, dove adesso stava scopando Jesse
Pinkman.
In fondo, pensava ogni
dannata volta White, il caro Jesse era solo un drogato, non certo uno studente
modello, trasformandosi, così, nella nemesi di sé stesso.
Per
non pensare ad altro, riguardo a Pinkman.
La vibrazione avvisò
dell’arrivo di un sms.
Paul dimenticava il
cellulare ovunque.
Un’abitudine, che, quel
mattino, divenne portatrice di guai, a sua insaputa.
Norman rise,
accorgendosi che il Samsung del compagno, era finito, questa volta, sotto ai
cuscini, in fondo ai piedi dell’ex sbirro.
Invadere la sua privacy
non era corretto, Reedus lo sapeva bene, però la curiosità, lo fece cadere.
§
I soldi li ho presi, ma vediamoci un’ultima volta, non ti chiedo altro, giuro …
JDM §
Norman aggrottò la
fronte, sentendosi rabbrividire.
Doveva scoprire chi
fosse questo tizio, perché di sicuro era un uomo, su ciò non aveva dubbi.
§
E dove, sentiamo? § - scrisse velocemente, il cuore in
gola, mentre Paul faceva la doccia.
§
Me ne sono andato dal motel, non pensavo di … Tu non hai un posto, Rovia? §
§
No §
§
Ok, allora al Finning Inn, sulla quattordicesima, è qui davanti a me, ora prendo
una stanza, ok? Ti mando il numero e tu vieni qui, da zio Morgan § -
e tante faccine sorridenti, alcune con l’effige del diavolo, a seguire.
Reedus si ossigenò, le
palpitazioni, che lo stavano soffocando.
§
Ok, esco adesso, mandami il fottuto numero … arrivo, ciao §
§
Bravo il mio teppistello, allora ti manco un po’? § - ancora
emoticons, linguacciute e non.
Norman non scrisse più
nulla.
Era già in sella alla
sua HD, dopo avere urlato a Paul, che doveva correre a portare le bimbe a
lezione.
In realtà se ne sarebbe
occupata Sara, ma Rovia non poteva saperlo.
Di lei, il giovane,
voleva sapere il meno possibile.
Le ante della cabina
armadio stavano cigolando da almeno dieci minuti.
L’assalto di Farrell,
tra le gambe muscolose e magre di Jared, sbattuto contro quei legni avorio
dorato, aveva avuto pieno successo.
Colin non aveva mai
smesso di baciarlo, durante l’intero amplesso e ora, che l’orgasmo li stava
travolgendo entrambi, non sapeva se ridere o piangere.
Percepiva il compagno
di nuovo in simbiosi completa, assoluta; non accadeva da tempo.
“Ti amo Jay, ti amo
come un pazzo” – gli ringhiò nel collo madido, quanto il resto di loro, sulle
ultime spinte.
Il leader dei Mars lo
guardò, improvviso – “Ti amo Cole”
Infine crollarono sulla
moquette, tinta miele, aggrovigliati e sazi.
Farrell gli sussurrò
qualche complimento sconcio, così, per farlo ridere, poi divenne più serio.
“Facciamo un viaggio
Jay” – gli accarezzò il ventre – “… facciamo ancora tanti bambini” – e rise
gioioso.
Jared arricciò il naso,
dandogli un bacio leggero – “Credo sia l’unica cosa, che io non sono mai stato
in grado di darti” – mormorò assorto in pensieri legati, forse, alla recente visita
della Curus, di sicuro tristi.
L’irlandese scosse il
capo spettinato – “Tu hai fatto molto di più e lo sai”
“No, non lo so, Cole,
dimmelo” – e sorrise limpido.
“Tu mi hai donato la
presenza, la certezza, la volontà, di non arrenderci, uniti, durante il
percorso di ognuno di loro: da solo non ce l’avrei fatta ed è la pura verità”
Leto si commosse,
tappandosi la bocca con la mano sinistra, appendendosi, poi, con uno slancio,
alla metà del suo cielo: in altro modo, Jared, non avrebbe saputo definire
Colin, che lo stava cullando, al suono dolce dei loro respiri – “E sono
cresciuti benissimo, i nostri angeli, tesoro”
“Lo sono per davvero e
ci hanno salvati in così tante occasioni, vero?”
“Vero” – e Farrell sancì
la sua convinzione, con un bacio, dei suoi.
Profondo e toccante.
“Ne dai una anche a me,
Jude?”
Law si voltò di scatto,
dopo essere stato, sino a quel momento, appoggiato alla balaustra in acciaio,
in un tratto semideserto, lungo l’oceano.
“Certo” – e gli porse
una sigaretta, provvedendo ad accendergliela.
Downey custodì per un
attimo, la sua mano tremante, tra i palmi caldi, senza guardarlo.
“Grazie … E’ tanto che
aspetti?” – chiese il moro, scrutando l’orizzonte, denso di nubi.
“Ti ho aspettato una
vita, Robert, minuto più, minuto meno, cosa cambia?” – e sorrise, provando a
smaltire la tensione.
Il più anziano rise,
schiacciando la Camel sotto la suola delle scarpe italiane – “Hai la battuta
sempre pronta, sei un vero attore, non potrò mai rinnegarlo” – e lo puntò,
severo.
Law deglutì a vuoto – “Come
sta quel … Quel, come si chiama?”
“Si chiama Jesse”
“Ecco, appunto, Jesse,
come sta il suo naso?” – provò persino a scherzare, ma l’altro non ne aveva
alcuna intenzione.
“Riuscirà a
sopravvivere … Un po’ come noi, no?”
“A cosa, Rob?”
“Ai nostri casini, al
nostro prenderci in giro, a quanto pare, anzi, perdona la franchezza, al modo
in cui tu, lo fai, con me, da sempre” – affermò rigido.
“Ho avuto una debolezza
e tu mi hai ripagato con la stessa moneta, ok? Possiamo voltare pagina e andare
avanti?” – reagì con disperazione.
“No … NO, Jude, non
funziona così, perché è squallido e finiremo per peggiorare!”
“Cosa intendi?”
“Intendo dire che
diverremo ridicoli, presto o tardi, nelle nostre fragilità, in cerca di conferme,
di rivalsa, finendo per carpire l’innocenza, di chi non ci merita affatto!”
“Come quel Jesse?” –
domandò quasi con stupore.
“Vale anche per Taylor,
senza contare che lui aveva dei progetti con Richard e tu li hai quasi mandati
a puttane, con il tuo comportamento inscusabile!” – ribatté affranto.
“Non è successo niente
a patto che tu e Glam”
“Glam e io cosa?! Ricky
è suo figlio!”
“Ok Robert, d’accordo,
non dovevo tirare in ballo Glam” – e provò ad avvicinarsi, inutilmente.
“Non toccarmi”
L’inglese inspirò,
sconvolto – “Per una cosa. a Glam, devo dare ragione: come abbiamo fatto a
ridurci così?”
White lo aveva girato e
ripreso, fatto rinascere e ucciso, a scoparlo in quella maniera, quasi
rabbiosa.
Per quale motivo,
Jesse, non riuscì a capirlo; non subito.
Infine, Walt, gli
crollò sopra, esausto, il fiato spezzato.
Pinkman, timidamente,
lo avvolse, con le sue braccia scarne, ma toniche.
White sollevò il capo,
guardandolo.
Jesse gli diede un
bacio.
“Ma cosa diavolo fai,
smettila con queste stronzate!” – e si ritrasse, disincastrandosi da lui, che,
con un gemito estremo, si rannicchiò in posizione fetale, sul fianco destro;
non voleva più nemmeno guardarlo.
Il prof, odiosamente,
lo aveva umiliato così tante volte, che Jesse aveva perso il conto.
“Eccoti la tua merda e
poi non sono un cretino, sai?!” – sbottò l’insegnante, gettando tra le lenzuola
un blister, mentre si infilava una vestaglia piuttosto ridicola eppure a lui
stava bene, pensava sempre il ragazzino, dagli occhi di ghiaccio.
“Cosa cazzo vuoi
adesso?!” – e fu come ribellarsi, per Jesse.
Finalmente.
“Da chi ti sei fatto
scopare, prima di me? Ti vendi anche per pagarti l’affitto o cosa? Hai forse un
fidanzato?” – e ridacchiò, stranito – “Poveraccio, dovresti dirgli che ti fai
sbattere da chiunque!”
Pinkman balzò in piedi,
rivestendosi alla svelta, infuriato, come non mai.
“Esistono uomini
fantastici, là fuori e uno si è accorto di me, se proprio vuoi saperlo White!” –
esplose – “In suo confronto, tu sei lo schifo puro, hai capito?!”
Gli arrivò un ceffone.
Jesse,
si ripromise, che, da Walter White, sarebbe stato l’ultimo.
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