Capitolo n. 78 – nakama
Quel pomeriggio, sembrò
cristallizzarsi nella notizia, che stava rimbalzando da un capo all’altro del
mondo, anche grazie ai social, sui quali molti utenti non riuscirono a credere,
al reportage di alcune agenzie di stampa.
§
Non sono chiari i motivi del decesso: i paramedici hanno tentato di rianimarlo,
sia sul luogo del ritrovamento, sia nel vicino ospedale, dove Robert Downey Jr
è arrivato ormai senza vita. Nessuno si è arreso all’evidenza, ma ogni manovra
è risultata inutile. Pare sia stato un suo collaboratore a chiamare i soccorsi:
i due erano in un alloggio di Santa Monica, di proprietà di Downey, per
questioni di lavoro. L’ufficio dell’artista, inoltre, aveva da poco ricevuto
una sua chiamata, come testimoniato dalla storica segretaria, Miss. Denise
Duncan. E’ nell'appartamento di Santa Monica, che RDJ, come amano chiamarlo i suoi fans,
ha avuto un malore improvviso ed una devastante emorragia. Forse un ictus,
forse un’ischemia. Il compagno, Jude Law, con molti dei familiari e amici della
coppia, è giunto al pronto soccorso, accompagnato dall’ex marito di Downey,
Glam Geffen. Entrambi sono sotto shock, così i numerosi figli … Presto vi
forniremo aggiornamenti, anche sui dettagli delle esequie, che già si
preannunciano in forma strettamente privata. Per ora è tutto, qui Josh Hilton,
per L.A. News, a voi studio. §
Mikkelsen spense il
tablet, guardando oltre i vetri della saletta di attesa.
Will stava parlando con
Geffen, che non si dava pace.
Mads li raggiunse – “Mi
dispiace Glam, i nostri colleghi hanno fatto il possibile, devi credermi”
L’avvocato annuì, gli
occhi senza più lacrime, in pieno affanno – “Ha … Ha sofferto, secondo te,
secondo voi?” – e puntò Graham, ugualmente mortificato.
“No, dal referto, che
ho letto, assolutamente no … Direi che neppure se ne è reso conto, ecco …” – e prese
sotto l’ala sinistra il partner, come a rassicurarlo.
“Grazie Mads … Vi
ringrazio, anche a te Will, per essere qui … Temo che dovrete aiutare Jared …
Ha avuto una crisi, così Jude, che non riesce a staccarsi da Robert, là, in
quella camera …”
Tra teli imbrattati del
sangue di Downey, guanti gettati a terra, confezioni di ferri sterili, aperte e
buttate sul pavimento, tutto intorno alla lettiga, dove il suo corpo esanime,
diventava sempre più gelido.
Law aveva preso una
coperta, da un carrello, avvolgendolo, stringendolo a sé, cullandolo, in un
atto di dolore assoluto, che, forse, l’avrebbe fatto morire, di lì a poco,
qualcuno arrivò persino a pensarlo concretamente.
Vas quasi irruppe, in
quel corridoio, tenendo in braccio Pepe, mentre Peter scortava Lula e Petra,
rimasta dal nonno, per l’assenza di Louis e Harry in Messico, per una breve
vacanza.
Geffen corse loro
incontro, soprattutto per impedire a Pepe di vedere Robert in quello stato.
Così Jude, che il bimbo
considerava il suo terzo papà.
Fu inutile.
Colin lo stava
abbracciando da dietro, provando a calmarlo.
“Vo volevo farci pace …
noi, noi dovevamo parlare, chiarirci, io … io dovevo chiedergli scusa!!” – Leto
lo urlò al muro, contro il quale si era appoggiato, in preda ad un’afflizione
devastante.
“Tesoro, io credo che
Robert sapesse … Lui sa, ci starà ascoltando e” – l’irlandese scoppiò a
piangere.
Aveva resistito sino a
quel momento.
Jared si voltò,
stringendosi a lui, per poi scivolare, singhiozzanti, su quelle mattonelle
gelide.
Oltre le finestre, il
temporale non aveva ancora abbandonato Los Angeles.
“Lula …”
La voce di Glam era un
soffio, senza più forze.
Il figlio, in piedi al
capezzale di Robert, diede una carezza alla fronte rilassata di questi, che,
sul viso, aveva un’espressione serena.
“Mi dispiace papà … A
volte noi dobbiamo avere la forza di lasciare andare chi amiamo …”
Geffen annuì, mentre
Jude, fatto sedere da Scott, preoccupato per entrambi, continuava a pregare, alienato
e come mai aveva fatto in vita sua, a palpebre serrate.
Per non vedere più, il
suo amore, fatto persona, che non respirava più; che non viveva più.
“Io … Noi due, ci siamo
lasciati quasi discutendo, Lula …” – rivelò Glam, assorto in mille pensieri,
rivolti alle ultime ore.
Pepe, che aveva ripreso
a camminare abbastanza bene, si affiancò al fratello maggiore, tenendo per mano
Petra, che non aveva proferito parola, quanto il piccolo, dagli zaffiri grandi,
come Jared, dai riccioli scuri, come Robert.
“E’ ancora qui …” –
disse quel cucciolo, che Downey aveva adorato da subito, prendendo la mano di Lula,
che intrecciò infine, con quella rimasta libera, le dita di Petra.
Riunendosi in un
triangolo.
Per
poi chiudere gli occhi.
Quel tocco sopra la sua
spalla destra, lo destò, da un apparente dormiveglia.
“Forse non dovrei, ma se solo potesse
farmi un autografo, Mr. Downey”
Il suo volto era come
in ombra, con alle spalle la luce di un faretto, poi il giovane si scostò e
Robert riuscì a vederlo.
“Jesse …” – mormorò quasi
impercettibile.
“Mi perdoni, non volevo
disturbarla” – replicò lui, in imbarazzo, senza avere capito cosa il divo
avesse appena detto.
Intorno il brulicare
dei clienti del Dark Blue, la musica dal vivo, la voce di una cantante, un’esordiente
molto brava, il sorriso di Brent, poco distante, che sembrava sorvegliarlo.
Downey si strofinò la
faccia, aveva bevuto troppo.
Forse.
Qualcuno si affiancò al
ragazzo – “Tesoro forse non è il caso di”
“Sì Walt hai ragione” –
Jesse si illuminò, dando un bacio a White, incurante di chiunque.
E di Robert.
“Scusatemi …” – tra la folla,
ora plaudente, si fece spazio Geffen, accomodandosi – “… ehi Rob, ci
riproviamo con questo caffè?” – e ne porse una tazza fumante a Downey, che la
sorseggiò, senza smettere di fissare la coppia, impalata davanti a lui.
“Pinkman andiamo,
domani ho lezione e anche tu, dai” – un bel sorriso, accompagnò l’esortazione
del professor White.
“Ok …” – Jesse sorrise felice.
Era
felice.
Se ne andarono,
incrociando Law, portato sino a lì da Lula, così come esordì l’inglese, appena
ebbe Robert a tiro – “Ho dovuto chiedere a soldino, dov’eri” – ed era teso, in
pena.
Glam si sollevò, come
un sole all’alba, pensò Downey, guardandolo.
Per un attimo, tutto
sembrò andare al rallentatore, finché Robert si ritrovò sul petto di Jude.
L’amore di una vita,
stava piangendo.
Di
una vita, che aveva appena fatto un passo indietro.
Geffen prese posto alla
guida dell’Hummer, mentre Lula salì dal lato passeggero, quando ormai aveva
smesso di piovere.
Il legale si guardò
intorno: era buio e le luci del parcheggio gli sembrarono per un secondo,
quelle dell’ospedale.
Come in un effetto
stroboscopico, il riverbero di giallo si rimescolò al blu, dell’insegna del
ristorante dei Tomlinson.
L’orologio digitale
lampeggiò.
“Avrei giurato segnasse
il dieci settembre …” – disse piano, con stupore.
“No papà è l’otto, non
vedi?” – soldino sorrise.
“Già …”
Lula si mise l’indice
sul nasino e fece una smorfia simpatica – “Non facciamo casino, papi, se no
Petra e Pepe si sveglieranno, ok?”
Geffen notò dallo
specchietto, che, in effetti, i due bambini stavano dormendo sul sedile
posteriore.
“Ma loro, cosa ci fanno
qui?”
“Questo è un segreto
papà” – rise – “… Andiamo a casa, vuoi?”
“Certo amore … Certo.”
Downey chiese a Jude si
alzare la capotta della loro vecchia fuoriserie, quindi, a metà del percorso, verso
il loft di Malibu, si sollevò, arpionando il bordo del parabrezza, l’aria
ancora intrisa di schegge di pioggia a tempestargli gli zigomi e la fronte, di
acqua e sale, ma non importava.
“Ti buscherai un
raffreddore Rob, accidenti!” – lo rimproverò Law, ma una strana euforia, gli
stava gonfiando il cuore di gioia.
“Non ne morirò, non
questa notte!” – esclamò l’americano, poi tornò ad aggrovigliarsi a lui, grazie
al divano anteriore.
“Ti amo Robert” – disse
intenso il biondo.
“Ti amo anch’io Judsie …”
– sorrise, baciandolo sulla stempiatura, adorandola ancora di più.
Se
mai fosse stato possibile.
Pepe
Nessun commento:
Posta un commento