giovedì 6 ottobre 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 78

Capitolo n. 78 – nakama



Quel pomeriggio, sembrò cristallizzarsi nella notizia, che stava rimbalzando da un capo all’altro del mondo, anche grazie ai social, sui quali molti utenti non riuscirono a credere, al reportage di alcune agenzie di stampa.

§ Non sono chiari i motivi del decesso: i paramedici hanno tentato di rianimarlo, sia sul luogo del ritrovamento, sia nel vicino ospedale, dove Robert Downey Jr è arrivato ormai senza vita. Nessuno si è arreso all’evidenza, ma ogni manovra è risultata inutile. Pare sia stato un suo collaboratore a chiamare i soccorsi: i due erano in un alloggio di Santa Monica, di proprietà di Downey, per questioni di lavoro. L’ufficio dell’artista, inoltre, aveva da poco ricevuto una sua chiamata, come testimoniato dalla storica segretaria, Miss. Denise Duncan. E’ nell'appartamento di Santa Monica, che RDJ, come amano chiamarlo i suoi fans, ha avuto un malore improvviso ed una devastante emorragia. Forse un ictus, forse un’ischemia. Il compagno, Jude Law, con molti dei familiari e amici della coppia, è giunto al pronto soccorso, accompagnato dall’ex marito di Downey, Glam Geffen. Entrambi sono sotto shock, così i numerosi figli … Presto vi forniremo aggiornamenti, anche sui dettagli delle esequie, che già si preannunciano in forma strettamente privata. Per ora è tutto, qui Josh Hilton, per L.A. News, a voi studio. §

Mikkelsen spense il tablet, guardando oltre i vetri della saletta di attesa.
Will stava parlando con Geffen, che non si dava pace.

Mads li raggiunse – “Mi dispiace Glam, i nostri colleghi hanno fatto il possibile, devi credermi”

L’avvocato annuì, gli occhi senza più lacrime, in pieno affanno – “Ha … Ha sofferto, secondo te, secondo voi?” – e puntò Graham, ugualmente mortificato.

“No, dal referto, che ho letto, assolutamente no … Direi che neppure se ne è reso conto, ecco …” – e prese sotto l’ala sinistra il partner, come a rassicurarlo.

“Grazie Mads … Vi ringrazio, anche a te Will, per essere qui … Temo che dovrete aiutare Jared … Ha avuto una crisi, così Jude, che non riesce a staccarsi da Robert, là, in quella camera …”

Tra teli imbrattati del sangue di Downey, guanti gettati a terra, confezioni di ferri sterili, aperte e buttate sul pavimento, tutto intorno alla lettiga, dove il suo corpo esanime, diventava sempre più gelido.
Law aveva preso una coperta, da un carrello, avvolgendolo, stringendolo a sé, cullandolo, in un atto di dolore assoluto, che, forse, l’avrebbe fatto morire, di lì a poco, qualcuno arrivò persino a pensarlo concretamente.

Vas quasi irruppe, in quel corridoio, tenendo in braccio Pepe, mentre Peter scortava Lula e Petra, rimasta dal nonno, per l’assenza di Louis e Harry in Messico, per una breve vacanza.

Geffen corse loro incontro, soprattutto per impedire a Pepe di vedere Robert in quello stato.
Così Jude, che il bimbo considerava il suo terzo papà.

Fu inutile.




Colin lo stava abbracciando da dietro, provando a calmarlo.

“Vo volevo farci pace … noi, noi dovevamo parlare, chiarirci, io … io dovevo chiedergli scusa!!” – Leto lo urlò al muro, contro il quale si era appoggiato, in preda ad un’afflizione devastante.

“Tesoro, io credo che Robert sapesse … Lui sa, ci starà ascoltando e” – l’irlandese scoppiò a piangere.
Aveva resistito sino a quel momento.

Jared si voltò, stringendosi a lui, per poi scivolare, singhiozzanti, su quelle mattonelle gelide.

Oltre le finestre, il temporale non aveva ancora abbandonato Los Angeles.




“Lula …”

La voce di Glam era un soffio, senza più forze.

Il figlio, in piedi al capezzale di Robert, diede una carezza alla fronte rilassata di questi, che, sul viso, aveva un’espressione serena.

“Mi dispiace papà … A volte noi dobbiamo avere la forza di lasciare andare chi amiamo …”

Geffen annuì, mentre Jude, fatto sedere da Scott, preoccupato per entrambi, continuava a pregare, alienato e come mai aveva fatto in vita sua, a palpebre serrate.
Per non vedere più, il suo amore, fatto persona, che non respirava più; che non viveva più.

“Io … Noi due, ci siamo lasciati quasi discutendo, Lula …” – rivelò Glam, assorto in mille pensieri, rivolti alle ultime ore.

Pepe, che aveva ripreso a camminare abbastanza bene, si affiancò al fratello maggiore, tenendo per mano Petra, che non aveva proferito parola, quanto il piccolo, dagli zaffiri grandi, come Jared, dai riccioli scuri, come Robert.

“E’ ancora qui …” – disse quel cucciolo, che Downey aveva adorato da subito, prendendo la mano di Lula, che intrecciò infine, con quella rimasta libera, le dita di Petra.

Riunendosi in un triangolo.

Per poi chiudere gli occhi.






Quel tocco sopra la sua spalla destra, lo destò, da un apparente dormiveglia.

Forse non dovrei, ma se solo potesse farmi un autografo, Mr. Downey”

Il suo volto era come in ombra, con alle spalle la luce di un faretto, poi il giovane si scostò e Robert riuscì a vederlo.

“Jesse …” – mormorò quasi impercettibile.

“Mi perdoni, non volevo disturbarla” – replicò lui, in imbarazzo, senza avere capito cosa il divo avesse appena detto.

Intorno il brulicare dei clienti del Dark Blue, la musica dal vivo, la voce di una cantante, un’esordiente molto brava, il sorriso di Brent, poco distante, che sembrava sorvegliarlo.

Downey si strofinò la faccia, aveva bevuto troppo.
Forse.

Qualcuno si affiancò al ragazzo – “Tesoro forse non è il caso di”

“Sì Walt hai ragione” – Jesse si illuminò, dando un bacio a White, incurante di chiunque.
E di Robert.

“Scusatemi …” – tra la folla, ora plaudente, si fece spazio Geffen, accomodandosi – “… ehi Rob, ci riproviamo con questo caffè?” – e ne porse una tazza fumante a Downey, che la sorseggiò, senza smettere di fissare la coppia, impalata davanti a lui.

“Pinkman andiamo, domani ho lezione e anche tu, dai” – un bel sorriso, accompagnò l’esortazione del professor White.

“Ok …” – Jesse sorrise felice.

Era felice.

Se ne andarono, incrociando Law, portato sino a lì da Lula, così come esordì l’inglese, appena ebbe Robert a tiro – “Ho dovuto chiedere a soldino, dov’eri” – ed era teso, in pena.

Glam si sollevò, come un sole all’alba, pensò Downey, guardandolo.

Per un attimo, tutto sembrò andare al rallentatore, finché Robert si ritrovò sul petto di Jude.
L’amore di una vita, stava piangendo.

Di una vita, che aveva appena fatto un passo indietro.


Geffen prese posto alla guida dell’Hummer, mentre Lula salì dal lato passeggero, quando ormai aveva smesso di piovere.

Il legale si guardò intorno: era buio e le luci del parcheggio gli sembrarono per un secondo, quelle dell’ospedale.
Come in un effetto stroboscopico, il riverbero di giallo si rimescolò al blu, dell’insegna del ristorante dei Tomlinson.

L’orologio digitale lampeggiò.

“Avrei giurato segnasse il dieci settembre …” – disse piano, con stupore.

“No papà è l’otto, non vedi?” – soldino sorrise.

“Già …”

Lula si mise l’indice sul nasino e fece una smorfia simpatica – “Non facciamo casino, papi, se no Petra e Pepe si sveglieranno, ok?”

Geffen notò dallo specchietto, che, in effetti, i due bambini stavano dormendo sul sedile posteriore.

“Ma loro, cosa ci fanno qui?”

“Questo è un segreto papà” – rise – “… Andiamo a casa, vuoi?”

“Certo amore … Certo.”




Downey chiese a Jude si alzare la capotta della loro vecchia fuoriserie, quindi, a metà del percorso, verso il loft di Malibu, si sollevò, arpionando il bordo del parabrezza, l’aria ancora intrisa di schegge di pioggia a tempestargli gli zigomi e la fronte, di acqua e sale, ma non importava.

“Ti buscherai un raffreddore Rob, accidenti!” – lo rimproverò Law, ma una strana euforia, gli stava gonfiando il cuore di gioia.

“Non ne morirò, non questa notte!” – esclamò l’americano, poi tornò ad aggrovigliarsi a lui, grazie al divano anteriore.

“Ti amo Robert” – disse intenso il biondo.

“Ti amo anch’io Judsie …” – sorrise, baciandolo sulla stempiatura, adorandola ancora di più.



Se mai fosse stato possibile.



 Pepe



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