lunedì 26 settembre 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 75

Capitolo n. 75 – nakama



L’Audi sportiva, versione cabrio, tinta blu notte, era come un pugno in un occhio, parcheggiata quasi sul marciapiede, in quel quartiere così distante dalle loro residenze faraoniche.

Colin si guardò in giro, mentre Jude ispezionava l’auto, alla ricerca di chissà cosa.

Poche ore prima, sul sedile, lato passeggero, Jesse si era goduto l’ultima brezza tiepida di settembre, correndo verso un’alba, dove si sarebbe ritrovato tra le braccia di Robert, come se il sogno, si materializzasse, dopo avergli dormito profondamente sul petto, sino a quell’istante, in cui, adesso, si stavano scrutando, ignari di quanto avvenisse fuori il cottage di Pinkman.

Downey si stiracchiò, dandogli un bacio sul naso e poi sui capezzoli, con un ardore, che stupì lui, per primo.

Il giovane, si sarebbe lasciato fare di tutto.
C’era abituato.
In fondo.
Per altre ragioni.

Il bussare vigoroso di Law, li interruppe bruscamente.

“Aspetti qualcuno?” – chiese l’attore, con uno strano presentimento, nel cuore ferito.

“No, affatto” – e anche lo studente si erse, stranito – “Qui non viene mai nessuno” – ma non era del tutto vero.

Robert indossò boxer e t-shirt, così Jesse, prendendo in prestito, per coprirsi il busto, la camicia dell’altro.

“Vado a vedere chi è, tu resta qui, ok?” – disse con un sorriso simpatico, prima di uscire dalla stanza, attraversare il corridoio stretto e il salotto, sino alla porta, che Jude aveva voglia di sfondare.

Quando se lo ritrovò davanti, l’inglese ebbe un sussulto: i suoi opali caddero sulle iniziali ricamate sul taschino, RDJ, per poi puntare i fanali liquidi del ragazzo, che poteva essere suo figlio.

Così di Robert.

Law deglutì, mentre Colin non sapeva più dove guardare, presagendo la conclusione di quella ricerca.

“Salve …” – li salutò teso Jesse.

“Buongiorno, noi stiamo cercando un nostro amico” – replicò Farrell, in imbarazzo.

“Mio marito, stiamo, STO cercando MIO MARITO!” – il più noto metrosexual del grande schermo, esplose.

Pinkman annuì – “Vi … vi ho riconosciuti, certo, cavoli, come non potrei farlo, ecco” – balbettò, senza muoversi.

Downey si palesò, ormai quasi rivestito, tranne che per quella casacca, dono del consorte.

“Ciao Jude”

“Robert …”

“Stai svegliando tutto il vicinato, non fare scenate” – gli intimò, ma senza alzare la voce.

Colin sbuffò, scambiando un’occhiata veloce con Jesse, ormai paonazzo.

“Dovresti metterti qualcosa addosso o prenderai freddo” – gli mormorò paterno Downey, dopo avergli sfiorato il fianco sinistro, da dietro, con una carezza, che uccise Law, come mai prima.

La sua reazione fu istintiva e inadeguata: con uno strattone, gettò di lato il giovane, per poi afferrare Robert per le spalle.
Infantile.
Disperato.

“Ora tu vieni a casa con me, dai nostri figli, hai capito?!” – urlò al vento.

“Scordatelo!” – tuonò il moro, divincolandosi, mentre l’irlandese, provava a separarli.

Inutilmente.

Jesse provò ad aiutare Robert, ricevendo un sonoro pugno sul naso, dal compagno di quest’ultimo, che non esitò a soccorrerlo.

“Vattene Jude, vattene subito, se non vuoi che chiami la polizia!”

“Robert …”

“Glam …?!”

La comparsa di Geffen, sembrò calmare gli animi, forse intimorendoli, con la sua presenza inattesa.

L’avvocato si inginocchiò, tamponando il naso di Pinkman con un fazzoletto candido – “Non è nulla” – sorrise bonario – “… in compenso, voi due” – e guardò entrambi, fermandosi sul viso stravolto di Law – “dovete avere perso la testa sul serio, per ridurvi così”

“Non sono affari tuoi, cerca di stare da parte, una volta tanto!” – lo zittì il britannico.

Colin prese dell’acqua, porgendola a Jesse, che non si sarebbe mai aspettato quelle gentilezze, da parte di Farrell e Geffen.

Questi, dopo essersi rialzato, compose un numero sul cellulare – “Chiamo Vas, così vi porta a casa tutti, sani e salvi”

“No” – affermò asciutto Downey, aiutando Pinkman a sollevarsi – “Io rimango qui e voi sì, andatevene pure tutti, ok?” – e fissò Glam, sorpreso sgradevolmente, da quella sua reazione.

Quindi l’uomo li seguì, mentre l’ex scortava quel ragazzino in cucina, per preparargli qualcosa di caldo, per colazione.
Furono i suoi laghi di pece, colmi di tenerezza, per quella creatura spaventata, a colpire Geffen.

In silenzio, tolse il disturbo.

Jude e Colin, fecero altrettanto, a testa bassa.

“Hai la coda di paglia?” – chiese Irish buddy, mettendo in moto il suv, con il quale erano arrivati lì.

“Co cosa?” – esitò nei toni, il suo interlocutore, mentre con le maniche lunghe del pullover, si tamponava gli zigomi accesi, di lacrime e vergogna.

“Chi ti sei scopato stavolta, Jude?” – insistette più aspro il suo migliore amico, fermandosi ad un semaforo.

“Taylor” – ammise, stremato, appoggiando la tempia destra al finestrino gelido.

Farrell inspirò greve, ripartendo – “Bene … Bella mossa, davvero” – e aveva voglia unicamente di tornare da Jared, ma il cantante era in viaggio verso Palm Springs, per prendere Syria e portarla da loro per il fine settimana.

Sarebbe tornato per ora di pranzo, giusto in tempo per affrontare, accanto al coniuge, un’altra grana familiare, sulla quale Colin stava rimuginando da ore.




La culla era di quelle acquistate in Africa, durante uno degli ultimi viaggi dei coniugi Farrell Leto; era stata intrecciata da una tribù, alla quale gli artisti donarono un ospedale da campo e una scuola elementare.

In che modo finì alla villa sull’oceano, nessuno lo ricordava, ma a Syria, dormirci dentro, sembrava piacere un sacco, osservò il leader dei Mars, seduto a gambe incrociate, in fondo al letto di Geffen, che si stava rilassando, dopo una lunga doccia, avvolto in un telo bianco, dal bacino in giù, sino alle caviglie, che il secondo papà della bimba, stava massaggiando, divertito.

“Riflessologia plantare, ho fatto un corso, sai Glam, perché mi annoiavo” – e rise solare.

Era bellissimo, come sempre.

“Sei bravo … Diplomato a pieni voti, scommetto” – bissò spento il legale dei vip.

“Ehi che ti prende? Forse dovrei farti il solletico”

“No, non servirebbe … Ho fatto un viaggio a vuoto in periferia”

“Problemi con la sede di raccolta fondi?” – domandò partecipe Leto.

“Assolutamente no Jay, si tratta di … Ma lasciamo perdere” – sbuffò, tornando a posizionare i massicci bicipiti sotto al cuscino, serrando le palpebre, sul volto abbronzato.

“Mi hai incuriosito … Anche Cole è sparito poco dopo l’alba, per andare in soccorso a Jude: è di Robert, che stiamo parlando?”

Geffen riaprì gli occhi, cercando le parole adatte.

Ancora si preoccupava delle reazioni di Jared, su certi argomenti.

“Temo che Watson si sia lasciato andare con il fidanzato di Richard, in pratica il mio futuro genero, Taylor, capisci?”

“Oh miseria”

“Ma non è finita: Rob ha pagato con la stessa moneta, questo tradimento, rimorchiando un poppante chissà dove, ieri sera, dopo la cena dei cretini a villa Meliti, concludendo la sua notte brava, tra le gambe striminzite di quell’adolescente!”

Leto inarcò il sopracciglio destro, gli zaffiri vividi e puntati su Geffen, che provò a ironizzare sulla vicenda.

“E tu come fai a sapere che sono striminzite?” – tanto valeva stare al gioco, alleggerendo l’atmosfera tra loro.

“Lo so perché sono piombato sulla scena del delitto, come un perfetto idiota, dopo avere dato le coordinate satellitari, ai due novelli Gianni e Pinotto, sulle tracce di Holmes”

“Ti ricordo che o Gianni o Pinotto, io l’ho sposato, per la decima volta!” – e scoppiò a ridere.

Glam azzerò la distanza, investendo con il suo buon profumo, i sensi di Leto, che perse un battito.

“Quello che mi ha turbato, è stato come Robert guardava quel tizio … Che poi è carino, quasi buffo, mentre Jude provava a gonfiarlo di botte …”

“Spero non sia accaduto niente di ciò!” – ribatté più serio il front man.

“Ma no, una baruffa innocua, giusto un’ammaccatura al setto nasale”

“Dovevi fermarli Glam” – quasi lo rimproverò.

I vagiti di Syria posero fine alla conversazione – “E’ l’ora della pappa, ci penso io, tu riposati e lascia Robert al suo destino insieme a Jude: è un consiglio affettuoso il mio, sia chiaro, ok?”

“Come vuoi …”




“E’ tuo padre?”

La foto, sulla quale si soffermò l’attenzione di Downey, era sbiadita dal tempo, nonostante fosse stata incorniciata.

“No”

“In effetti non ti somiglia, Jesse” – e sorrise, gustando un brodoso caffè, che Pinkman si era impegnato a fargli, dimostrando una certa goffaggine.

“E’ il mio prof di Chimica” – rivelò con noncuranza.

Strano, pensò Robert, mai fatto scatti con un docente.

“Sembra burbero”

“Sì lo è, però sa anche essere comprensivo … Persino dolce” – rise vago – “… sforzandosi, certo”

“Come si chiama?”

“Perché ti interessa, Rob?”

“Curiosità”

“Walt … Walter White.”




Alicja ticchettava i minuti di ritardo, con le suole delle scarpe a    suola bassa, sopra al parquet della biblioteca al secondo piano della End House, in attesa di Colin.

In ballo c’era la ridicola, secondo lei, idea di Henry, di andare a convivere con una tipa, una neo punk, genere tornato di gran moda, in un loft a Malibu.

La ragazza aveva persino cinque anni più del loro “erede”, un prezioso veicolo per una carriera, quella della Curus, mai decollata e rovinosamente finita, dopo un matrimonio fallito e la nascita di due gemelli, che le avevano devastato il fisico, con chili mai persi, nonostante diete drastiche e ginnastica da sfinimento.

Farrell sopraggiunse trafelato, salutandola appena, mentre controllava i messaggi sul palmare.

“Eccomi, si può sapere il motivo di tanta urgenza?”

“Ciao Colin” – il suo sorriso, accomodante, non lasciò presagire nulla di buono.

“E’ per nostro figlio, te l’ho scritto nell’e-mail, visto che non rispondi alle mie chiamate” – precisò lei, più acida, adesso.

“Ti riferisci a Henry?” – Farrell non nascose il suo sarcasmo, non ce n’era bisogno.

“Ok, forse l’ho trascurato un minimo in questi anni, però è pure sempre nostro figlio, accidenti!”

Il suo inveire bloccò Jared oltre la soglia, frantumando il suo buon umore, per farlo poi precipitare in odiose memorie.

All’epoca dell’infanzia di Henry, fu estremamente complicato, per lui, entrare nel mondo del piccolo.

Ogni volta che il bimbo tornava dalle visite ad Alicja o dalle vacanze con i nonni materni, era come se Henry si sentisse in colpa, nel volere bene al partner del padre.

Jared doveva ricominciare tutto daccapo, faticosamente.

Era stato umiliante sapere, ben prima, della gravidanza di lei, del tradimento di Colin, del suo estremo tentativo di rinnegare la propria sessualità e l’amore per Leto.

Un periodo, che questi avrebbe voluto farsi cancellare dal cervello, definitivamente.


“Tu sei la mamma biologica, di Henry, su questo non c’è dubbio, Alicja, però siamo Jay ed io, i suoi genitori, ad ogni effetto, anzi, è Jared ad esserlo, più di noi, per ogni volta, che si è sacrificato per ognuno dei NOSTRI figli, SUOI E MIEI! Hai capito?” – ruggì l’ex bad boy di Dublino, con fermezza.

A Leto sembrò di avere il cuore in fiamme.
Dalla gioia.

La Curus gli passò davanti, senza neppure guardarlo, talmente era acciecata dal diverbio appena avuto con Farrell, che, senza darsi troppa pena per questo, si appoggiò alla scrivania, prendendo un lungo respiro.

“Cole”

“Amore … Ehi, non sapevo fossi già arrivato” – e si illuminò, nella maniera, in cui, esclusivamente Jared rendeva possibile.

Jared che si appese al suo collo, iniziando a piangere sommessamente.

Senza mai smettere di sorridere.







Bryan Cranston è Walter White 










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