Capitolo n. 79 – nakama
Fecero l’amore tutta la
notte.
Come agli inizi di
loro, quando non riuscivano a bastarsi mai.
Jude tentò un accenno
su Taylor, vedendosi, però, tappare la bocca da Robert, prima con la sua mano
destra, aperta, su quelle labbra carnose, che un attimo dopo collisero, con le
sue, avide di lui e di quel tempo, dono inatteso.
Il mattino seguente, ad
ogni passo, l’americano percepì dentro di sé il compagno, ma, in modo
altrettanto tangibile, il sapore di Jesse, addosso, nelle narici, nel cervello.
A Downey risultò
complicato decifrare quei continui dejà vu: l’esigenza di comprendere, cosa
fosse accaduto in realtà, iniziò a tormentarlo da subito.
Doveva ritrovare Jesse.
Al più presto.
Con una scusa uscì,
lasciando senza risposte Law, incuriosito da quel suo atteggiamento, dalla sua
agitazione malcelata.
L’inglese pensò bene di
rivolgersi all’unica persona, in grado di aiutarlo e capirlo.
Senza perdere un minuto
di tempo.
White posò un lamento
caldo, sulla porzione di pelle tatuata di Jesse, tra il cuore e lo sterno,
mentre gli veniva dentro, ormai a scatti, sempre più ravvicinati e profondi.
“Wa Walt …” – balbettò
Pinkman, inarcandosi, per poi ricomporsi, sotto di lui, che lo teneva stretto,
riposando, ora, sul suo petto glabro e disegnato.
“Che c’è …?” –
sussurrò, a corto di ossigeno l’uomo, senza guardarlo ancora.
“Avrei dei nuovi
clienti”
“E ne vuoi
parlare adesso?” – sbottò a mezza voce, infastidito, mentre si sedeva sul
bordo, per accendersi una sigaretta.
Jesse gliela tolse,
con un gesto ed uno sguardo, carichi di tenerezza.
“Non
ricominciare, ti prego …”
Il suo cancro,
debellato miracolosamente ad Albuquerque, poteva tornare in qualsiasi momento,
anche se il prof di Chimica, non ne parlava mai.
Con una fedina
penale ripulita, grazie ad un accordo con l’FBI, la coppia si era trasferita in
California, dove, però, rinunciare a produrre anfetamine, si era rivelato
piuttosto arduo.
Il loro
trafficante di riferimento, era stato arrestato, grazie ad una misteriosa
soffiata: Walter e Jesse, lo avevano venduto al Bureau, senza alcuno scrupolo,
come del resto il caro vecchio Gus, trattava i propri sporchi affari.
Pinkman lo baciò
tra le scapole, procurandogli brividi e sensazioni piacevoli all’addome e anche
più in basso: il ragazzo era la sua medicina, la sua gioia, il suo miracolo,
dagli occhi azzurro cielo.
“Ok, che novità
ci sono? Hai agganciato qualcuno nuovo, in università?”
“E’ il figlio
del rettore, anzi, c’è anche suo cugino, interessato alla nostra merce … Sono
molto ricchi, entreremmo in un giro giusto e poco controllato, capisci?” – e
sorrise, convincente nei toni.
“D’accordo, se
ti ispirano fiducia, tu hai buon fiuto”
“E così potremmo
comprarci un posto nuovo, più spazioso”
White si alzò,
coprendosi con un asciugamano, dimenticato sulla poltrona lì accanto.
“Qui va
benissimo” – replicò burbero, dirigendosi poi in cucina, per preparare la
colazione.
Per costruirsi
un’immagine di rispettabilità, Walt faceva volontariato, in un centro per il
recupero di diversamente abili, termini che non condivideva, ricordandosi,
dolorosamente, di avere un figlio affetto da una paralisi celebrale dalla
nascita.
Gli mancavano, c’era
anche una sorellina, c’erano e ci sono, ma distanti, affidati alla madre, l’ex
moglie di White, Skiler, che, per sicurezza personale, venne sistemata a
New York dal servizio protezione: un bell’appartamento, nuove identità per
tutti e tre, giusto per stare tranquilli e, soprattutto, perché preteso da
Walt.
Lui e Jesse, al
contrario, non vollero cambiare nomi e cognomi: avevano già perso tanto e poi a
nessuno, dei loro “amici”, conveniva cercarli o vendicarsi.
In eredità, quei
delinquenti, ottennero le formule speciali, elaborate da White, per cui il
conto era stato saldato.
Senza ulteriori
spargimenti di sangue.
Jared era in
auto con Geffen, quando questi passò a prendere Jude.
Law prese posto
sui sedili posteriori dell’Hummer, accanto a Syria, pronta a trascorrere il
week end alla End House.
Leto raccontava
di nuovi progetti con la band, pronta a riunirsi, per un evento speciale,
mentre Glam sembrò sovrappensiero.
“Ok, arrivati
principessa” – il legale prese un lungo respiro, guardando dallo specchietto la
piccola, ma Law quasi rise, pensando che Geffen poteva rivolgersi anche a
Jared, con quel termine così congeniale al front man.
Glam aiutò l’ex
a prendere la bimba, sistemandola su di un comodo passeggino; gli diede poi un
bacio tra i capelli, arridendo alla sua serenità, come se non si fossero
lasciati mai.
Law lo pensò,
guardandoli.
Quindi passò
davanti, ritrovandosi Geffen al fianco, dopo pochi secondi.
“Non ci ho
capito molto, Jude, potresti ripetermi cosa diavolo sta succedendo con Robert?”
– chiese nervoso, riavviandosi verso il boulevard.
“Te l’ho detto,
è strano, da quando l’ho recuperato al Dark Blue ieri sera”
“Ti sei fatto
comunque perdonare”
“Ok, non voglio
discutere con te, tanto verresti a saperlo comunque Glam! Sono finito a letto
con Taylor, ma guai a te se ti intrometti, tra lui e Richard: è stata una
sbandata, una cosa senza alcun peso” – l’inglese vuotò il sacco, sapendo di non
stupire il suo interlocutore.
“Ma certo, le
vostre sono sempre sbandate, mentre le mie, errori fatali … Ma lasciamo
perdere” – obiettò scuro in volto.
“Rob ha preso la
carretta di Rosita”
“Rosita? La baby
sitter?”
“Certo, ma non
ne capisco il motivo!” – ricominciò ad agitarsi, come al telefono, poche ore
prima.
“L’unico
plausibile, è che non voglia farsi rintracciare, tramite il localizzatore, che
abbiamo installato tutti, non ricordi?”
“Sì … E’ vero,
non ci avevo pensato … Ok, ma a quale scopo? Se volesse andare da Taylor, per
parlargli, mica gli servirebbe un espediente del genere, non credi?”
“Per me ha in
mente dell’altro … Ora faccio un paio di chiamate, dammi la targa dell’auto di
Rosita: proviamo a chiedere a Chris, lui di certo sa come rintracciarla, meglio
e prima di noi, te lo assicuro.”
Downey ebbe un fremito
di ansia, all’ennesimo semaforo rosso.
Si era portato
il navigatore dell’Audi, sul quale l’ultima destinazione, a lui sconosciuta,
era stata memorizzata, in un orario, in cui l’attore era già a casa con il
consorte e non in giro per Los Angeles, come testimoniava quell’aggeggio.
Una moto, quasi gli
tagliò la strada, allo scattare del verde.
Era Reedus e
sembrava avere una fretta del diavolo.
Almeno quanto
lui.
JD si accese una
Camel, poi la spense rapido, per afferrare una mazza da baseball, appena
intravide l’HD di Norman, varcare i cancelli del motel.
Gli aveva
mandato, via sms, il numero del villino, al quale l’ex poliziotto doveva
incontrarsi con lui: peccato che questi, credeva di avere scritto a Rovia,
ignaro di quanto stava accadendo.
Morgan realizzò
velocemente come agire, anche se sarebbe stato più semplice andarsene.
Rivedere Reedus,
però, lo fece avvampare.
Jeffrey
fantasticò a lungo, su di lui, dopo che il tenente lo ingabbiò, anni prima.
Fu sufficiente
il breve trasferimento in centrale, seduto accanto a quel poliziotto sempre in
incognito, per memorizzarne il profilo, gli occhi scheggiati di celeste e
argento o almeno così, gli erano sembrati, a JD, dopo insulti, spinte e calci,
per convincerlo, con le buone, a non opporsi all’arresto.
Ed eccolo lì, il
suo sogno proibito, che scende dalla sua belva su due ruote, con un teschio
dipinto ai lati del serbatoio e fiamme porpora ed oro sugli scarichi.
Come se fosse
stato un cattivo ragazzo.
Quanto lui,
pronto a tramortirlo, appena Norman percorse alcuni passi, sotto al porticato del
cottage, scelto da JD, per il suo ultimo giorno nella città degli angeli.
E, forse, a
questo punto, non sarebbe stato più tale.
Aveva l’aria di
un ragazzino, tutto casa e scuola, con quei libri tra le braccia ed uno
zainetto nero mono spalla, dal quale penzolava un portachiavi degli AC/DC.
Downey lo rivide
così, appena Pinkman uscì di casa, a passo svelto, dirigendosi alla fermata del
bus, deserta a quell’ora.
Robert lo seguì
in auto, a breve distanza, infine accostò, abbassando il finestrino.
“Ehi ciao Jesse,
vuoi un passaggio?” – domandò scanzonato, come se fosse la cosa più normale del
mondo, che uno degli artisti più ricchi del pianeta, volesse fare da taxi ad un
emerito sconosciuto.
“Robert …?
Robert Downey Jr?” – lo studente rimase senza parole, solo un sorriso ebete.
RDJ era il suo
mito, anche se quell’autografo mancato, al locale dei Tomlinson, ancora gli
dispiaceva.
“Sì, in carne ed
ossa!” – e, ridendo, Rob scese dall’utilitaria di Rosita.
Veicolo
insolito, per uno tanto benestante, pensò Jesse.
“Ti devo una
firma su una maglietta, una palla, una mano!” – continuò con disinvoltura
Downey, mentre l’altro era ancora sbigottito.
“Ma … Ma come ha
fatto a trovarmi?”
“Pura casualità,
ero in giro per commissioni e …” – quindi lo fissò bene, decidendo che era
inutile prenderlo in giro – “,,, ok, senti, mi prenderai per pazzo, ma io devo
chiederti delle cose”
“Quali cose?” –
Pinkman si mise subito sulla difensiva.
Del resto, con
la sua losca attività insieme a White, aveva una coda di paglia lunga
chilometri.
“Cose su di me e
su di te, ecco”
“Ma … Ma di che
tipo, scusi?”
“Puoi darmi del
tu e … E rilassarti, non voglio crearti problemi Jesse, ok?” – affermò più
pacato, per rassicurarlo.
Inutilmente.
Il 505 arrivò
puntuale, aprendo le ante del lato salita, proprio alle spalle di Pinkman, che
non esitò a salire – “Magari un’altra volta, tanto sa dove trovarmi, io ho
fretta Mr. Downey!”
“E hai anche uno
scorpione tatuato sotto al capezzolo sinistro!” – Robert alzò la voce, parlando
alla sua schiena, che si bloccò.
Jesse riscese,
facendo un cenno all’autista di ripartire, senza di lui.
Il suo viso
trasudava stupore e incredulità.
Downey fece un
mezzo sorriso, in pieno imbarazzo: “Se mi concedi un’ora del tuo tempo, Jesse,
proverò a spiegarti questa cosa … Ok?”
In quell’istante,
Walter transitò a bordo della propria carretta, anche se, con il bottino del
New Mexico e i nuovi guadagni, avrebbe potuto permettersi una limousine con chauffeur.
Pinkman non se
ne avvide, troppo preso dalla conversazione con Robert, trafitto da un’occhiata
fulminea a torva, del docente, che quasi stritolò il volante, alla vista di
quella scena inconsueta.
La gelosia di
White era quanto meno morbosa, verso Jesse, oltre che totalmente ricambiata.
In tanti anni,
si era creata come una simbiosi, fino a rendersi conto che entrambi, non
avevano altro al mondo che loro stessi.
Tanto speculari.
Quanto pericolosi.
Prosegue e, spero sia gradito, il mio personale omaggio alla serie Breaking Bad e ai suoi protagonisti, a sx Aaron Paul (Jesse Pinkman) e a dx Bryan Cranston (Walter White), che hanno vinto praticamente tutto, grazie a questo telefilm, davvero coinvolgente e scioccante, per contenuti e trama. Da vedere.
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