martedì 25 ottobre 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 79

Capitolo n. 79 – nakama



Fecero l’amore tutta la notte.
Come agli inizi di loro, quando non riuscivano a bastarsi mai.

Jude tentò un accenno su Taylor, vedendosi, però, tappare la bocca da Robert, prima con la sua mano destra, aperta, su quelle labbra carnose, che un attimo dopo collisero, con le sue, avide di lui e di quel tempo, dono inatteso.

Il mattino seguente, ad ogni passo, l’americano percepì dentro di sé il compagno, ma, in modo altrettanto tangibile, il sapore di Jesse, addosso, nelle narici, nel cervello.

A Downey risultò complicato decifrare quei continui dejà vu: l’esigenza di comprendere, cosa fosse accaduto in realtà, iniziò a tormentarlo da subito.

Doveva ritrovare Jesse.
Al più presto.

Con una scusa uscì, lasciando senza risposte Law, incuriosito da quel suo atteggiamento, dalla sua agitazione malcelata.

L’inglese pensò bene di rivolgersi all’unica persona, in grado di aiutarlo e capirlo.
Senza perdere un minuto di tempo.




White posò un lamento caldo, sulla porzione di pelle tatuata di Jesse, tra il cuore e lo sterno, mentre gli veniva dentro, ormai a scatti, sempre più ravvicinati e profondi.

“Wa Walt …” – balbettò Pinkman, inarcandosi, per poi ricomporsi, sotto di lui, che lo teneva stretto, riposando, ora, sul suo petto glabro e disegnato.

“Che c’è …?” – sussurrò, a corto di ossigeno l’uomo, senza guardarlo ancora.

“Avrei dei nuovi clienti”

“E ne vuoi parlare adesso?” – sbottò a mezza voce, infastidito, mentre si sedeva sul bordo, per accendersi una sigaretta.

Jesse gliela tolse, con un gesto ed uno sguardo, carichi di tenerezza.

“Non ricominciare, ti prego …”

Il suo cancro, debellato miracolosamente ad Albuquerque, poteva tornare in qualsiasi momento, anche se il prof di Chimica, non ne parlava mai.

Con una fedina penale ripulita, grazie ad un accordo con l’FBI, la coppia si era trasferita in California, dove, però, rinunciare a produrre anfetamine, si era rivelato piuttosto arduo.

Il loro trafficante di riferimento, era stato arrestato, grazie ad una misteriosa soffiata: Walter e Jesse, lo avevano venduto al Bureau, senza alcuno scrupolo, come del resto il caro vecchio Gus, trattava i propri sporchi affari.

Pinkman lo baciò tra le scapole, procurandogli brividi e sensazioni piacevoli all’addome e anche più in basso: il ragazzo era la sua medicina, la sua gioia, il suo miracolo, dagli occhi azzurro cielo.

“Ok, che novità ci sono? Hai agganciato qualcuno nuovo, in università?”

“E’ il figlio del rettore, anzi, c’è anche suo cugino, interessato alla nostra merce … Sono molto ricchi, entreremmo in un giro giusto e poco controllato, capisci?” – e sorrise, convincente nei toni.

“D’accordo, se ti ispirano fiducia, tu hai buon fiuto”

“E così potremmo comprarci un posto nuovo, più spazioso”

White si alzò, coprendosi con un asciugamano, dimenticato sulla poltrona lì accanto.

“Qui va benissimo” – replicò burbero, dirigendosi poi in cucina, per preparare la colazione.

Per costruirsi un’immagine di rispettabilità, Walt faceva volontariato, in un centro per il recupero di diversamente abili, termini che non condivideva, ricordandosi, dolorosamente, di avere un figlio affetto da una paralisi celebrale dalla nascita.

Gli mancavano, c’era anche una sorellina, c’erano e ci sono, ma distanti, affidati alla madre, l’ex moglie di White, Skiler, che, per sicurezza personale, venne sistemata a New York dal servizio protezione: un bell’appartamento, nuove identità per tutti e tre, giusto per stare tranquilli e, soprattutto, perché preteso da Walt.

Lui e Jesse, al contrario, non vollero cambiare nomi e cognomi: avevano già perso tanto e poi a nessuno, dei loro “amici”, conveniva cercarli o vendicarsi.
In eredità, quei delinquenti, ottennero le formule speciali, elaborate da White, per cui il conto era stato saldato.
Senza ulteriori spargimenti di sangue.





Jared era in auto con Geffen, quando questi passò a prendere Jude.
Law prese posto sui sedili posteriori dell’Hummer, accanto a Syria, pronta a trascorrere il week end alla End House.

Leto raccontava di nuovi progetti con la band, pronta a riunirsi, per un evento speciale, mentre Glam sembrò sovrappensiero.

“Ok, arrivati principessa” – il legale prese un lungo respiro, guardando dallo specchietto la piccola, ma Law quasi rise, pensando che Geffen poteva rivolgersi anche a Jared, con quel termine così congeniale al front man.

Glam aiutò l’ex a prendere la bimba, sistemandola su di un comodo passeggino; gli diede poi un bacio tra i capelli, arridendo alla sua serenità, come se non si fossero lasciati mai.
Law lo pensò, guardandoli.
Quindi passò davanti, ritrovandosi Geffen al fianco, dopo pochi secondi.

“Non ci ho capito molto, Jude, potresti ripetermi cosa diavolo sta succedendo con Robert?” – chiese nervoso, riavviandosi verso il boulevard.

“Te l’ho detto, è strano, da quando l’ho recuperato al Dark Blue ieri sera”

“Ti sei fatto comunque perdonare”

“Ok, non voglio discutere con te, tanto verresti a saperlo comunque Glam! Sono finito a letto con Taylor, ma guai a te se ti intrometti, tra lui e Richard: è stata una sbandata, una cosa senza alcun peso” – l’inglese vuotò il sacco, sapendo di non stupire il suo interlocutore.

“Ma certo, le vostre sono sempre sbandate, mentre le mie, errori fatali … Ma lasciamo perdere” – obiettò scuro in volto.

“Rob ha preso la carretta di Rosita”

“Rosita? La baby sitter?”

“Certo, ma non ne capisco il motivo!” – ricominciò ad agitarsi, come al telefono, poche ore prima.

“L’unico plausibile, è che non voglia farsi rintracciare, tramite il localizzatore, che abbiamo installato tutti, non ricordi?”

“Sì … E’ vero, non ci avevo pensato … Ok, ma a quale scopo? Se volesse andare da Taylor, per parlargli, mica gli servirebbe un espediente del genere, non credi?”

“Per me ha in mente dell’altro … Ora faccio un paio di chiamate, dammi la targa dell’auto di Rosita: proviamo a chiedere a Chris, lui di certo sa come rintracciarla, meglio e prima di noi, te lo assicuro.”




Downey ebbe un fremito di ansia, all’ennesimo semaforo rosso.
Si era portato il navigatore dell’Audi, sul quale l’ultima destinazione, a lui sconosciuta, era stata memorizzata, in un orario, in cui l’attore era già a casa con il consorte e non in giro per Los Angeles, come testimoniava quell’aggeggio.

Una moto, quasi gli tagliò la strada, allo scattare del verde.
Era Reedus e sembrava avere una fretta del diavolo.

Almeno quanto lui.




JD si accese una Camel, poi la spense rapido, per afferrare una mazza da baseball, appena intravide l’HD di Norman, varcare i cancelli del motel.
Gli aveva mandato, via sms, il numero del villino, al quale l’ex poliziotto doveva incontrarsi con lui: peccato che questi, credeva di avere scritto a Rovia, ignaro di quanto stava accadendo.

Morgan realizzò velocemente come agire, anche se sarebbe stato più semplice andarsene.

Rivedere Reedus, però, lo fece avvampare.
Jeffrey fantasticò a lungo, su di lui, dopo che il tenente lo ingabbiò, anni prima.
Fu sufficiente il breve trasferimento in centrale, seduto accanto a quel poliziotto sempre in incognito, per memorizzarne il profilo, gli occhi scheggiati di celeste e argento o almeno così, gli erano sembrati, a JD, dopo insulti, spinte e calci, per convincerlo, con le buone, a non opporsi all’arresto.

Ed eccolo lì, il suo sogno proibito, che scende dalla sua belva su due ruote, con un teschio dipinto ai lati del serbatoio e fiamme porpora ed oro sugli scarichi.
Come se fosse stato un cattivo ragazzo.
Quanto lui, pronto a tramortirlo, appena Norman percorse alcuni passi, sotto al porticato del cottage, scelto da JD, per il suo ultimo giorno nella città degli angeli.
E, forse, a questo punto, non sarebbe stato più tale.




Aveva l’aria di un ragazzino, tutto casa e scuola, con quei libri tra le braccia ed uno zainetto nero mono spalla, dal quale penzolava un portachiavi degli AC/DC.

Downey lo rivide così, appena Pinkman uscì di casa, a passo svelto, dirigendosi alla fermata del bus, deserta a quell’ora.

Robert lo seguì in auto, a breve distanza, infine accostò, abbassando il finestrino.

“Ehi ciao Jesse, vuoi un passaggio?” – domandò scanzonato, come se fosse la cosa più normale del mondo, che uno degli artisti più ricchi del pianeta, volesse fare da taxi ad un emerito sconosciuto.

“Robert …? Robert Downey Jr?” – lo studente rimase senza parole, solo un sorriso ebete.

RDJ era il suo mito, anche se quell’autografo mancato, al locale dei Tomlinson, ancora gli dispiaceva.

“Sì, in carne ed ossa!” – e, ridendo, Rob scese dall’utilitaria di Rosita.

Veicolo insolito, per uno tanto benestante, pensò Jesse.

“Ti devo una firma su una maglietta, una palla, una mano!” – continuò con disinvoltura Downey, mentre l’altro era ancora sbigottito.

“Ma … Ma come ha fatto a trovarmi?”

“Pura casualità, ero in giro per commissioni e …” – quindi lo fissò bene, decidendo che era inutile prenderlo in giro – “,,, ok, senti, mi prenderai per pazzo, ma io devo chiederti delle cose”

“Quali cose?” – Pinkman si mise subito sulla difensiva.
Del resto, con la sua losca attività insieme a White, aveva una coda di paglia lunga chilometri.

“Cose su di me e su di te, ecco”

“Ma … Ma di che tipo, scusi?”

“Puoi darmi del tu e … E rilassarti, non voglio crearti problemi Jesse, ok?” – affermò più pacato, per rassicurarlo.

Inutilmente.

Il 505 arrivò puntuale, aprendo le ante del lato salita, proprio alle spalle di Pinkman, che non esitò a salire – “Magari un’altra volta, tanto sa dove trovarmi, io ho fretta Mr. Downey!”

“E hai anche uno scorpione tatuato sotto al capezzolo sinistro!” – Robert alzò la voce, parlando alla sua schiena, che si bloccò.

Jesse riscese, facendo un cenno all’autista di ripartire, senza di lui.

Il suo viso trasudava stupore e incredulità.

Downey fece un mezzo sorriso, in pieno imbarazzo: “Se mi concedi un’ora del tuo tempo, Jesse, proverò a spiegarti questa cosa … Ok?”

In quell’istante, Walter transitò a bordo della propria carretta, anche se, con il bottino del New Mexico e i nuovi guadagni, avrebbe potuto permettersi una limousine con chauffeur.

Pinkman non se ne avvide, troppo preso dalla conversazione con Robert, trafitto da un’occhiata fulminea a torva, del docente, che quasi stritolò il volante, alla vista di quella scena inconsueta.

La gelosia di White era quanto meno morbosa, verso Jesse, oltre che totalmente ricambiata.


In tanti anni, si era creata come una simbiosi, fino a rendersi conto che entrambi, non avevano altro al mondo che loro stessi.

Tanto speculari.

Quanto pericolosi.






 Prosegue e, spero sia gradito, il mio personale omaggio alla serie Breaking Bad e ai suoi protagonisti, a sx Aaron Paul (Jesse Pinkman) e a dx Bryan Cranston (Walter White), che hanno vinto praticamente tutto, grazie a questo telefilm, davvero coinvolgente e scioccante, per contenuti e trama. Da vedere.






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