Capitolo n. 34 – nakama
Vederli correre nel
parco di villa Meliti, sorridenti ed uniti più che mai, fu per Geffen il
migliore dei buongiorno.
“Papà!!” – Lula gli
corse incontro – “Papake è tornato!” – esultò il figlio, volando sul suo petto.
Kevin fece un cenno
simpatico e solare, verso l’ex, raggiungendolo.
Era smagrito, sempre in
forma, abbronzato e con qualche tatuaggio nuovo.
“Ciao daddy, come
stai?”
L’avvocato lo strinse a
sé, notando anche l’arrivo di Pepe, in braccio a Jude.
“Bene grazie, anche tu
vedo” – e gli diede un bacio tra i capelli ancora biondi, mentre tutti
salutavano l’arrivo dell’inglese e di Peter.
“Mi sono ritirato in
convento per tre settimane, ho mollato il tour”
“Ma dai” – Geffen rise
di gusto.
“No, non scherzo!” –
anche Kevin rise, guardando i presenti con aria allegra.
Law gli passò Pepe –
“Anch’io e Robert ci andammo, un secolo fa direi, fu un’esperienza illuminante:
vedo che per te è stato lo stesso” – osservò, fissandolo.
L’attore già si
chiedeva mentalmente, quali potessero essere le conseguenze di quel ritorno,
senza preavviso, del bassista a Los Angeles.
“Sì, avevo preso una
brutta piega, insomma non mi piacevo granché e, quel che è peggio, non mi facevo
più domande” – ammise, tornando poi con lo sguardo ai turchesi di Geffen, che
mai si erano abbassati.
“Magari ne parliamo più
tardi” – intervenne calmo il legale, lasciando che i bambini tornassero a
giocare.
“Sì daddy … Pranziamo
insieme o sarai in tribunale?”
“Non oggi, ho già
risolto per il caso Graham, lunedì prossimo si fa sul serio e voglio rilassarmi
questo week end: che ne dici se andassimo a Santa Barbara, Kevin? Tu, io e i
monelli? Volete unirvi a noi?” – e guardò Jude, che aggrottò la fronte perplesso.
“Ne parlo a Rob, penso
di sì, per me va bene … Oh guarda, arriva Jared, vado a chiedergli di Colin,
oggi lo dimettevano e volevo andare a prenderlo io” – e si dileguò, in
direzione del cantante, che stava scrutando la scena, in lontananza, dal suo
arrivo alla residenza di Antonio.
“Come mai Santa Barbara
daddy?”
Continuava a chiamarlo
in quel modo ed a Geffen faceva piacere, inutile negarlo.
“Ho ereditato una casa,
da uno zio materno: sarebbe l’occasione per fare un sopralluogo e metterla in
vendita”
Kevin accettò
sorridente – “Allora non disfo la valigia, mi porterò anche il basso, vorrei
comporre qualcosa e rimettermi in contatto con Christopher e magari anche con
Jay …”
Leto era ormai ad un passo,
che venne subito polverizzato da Kevin, per saldarsi in un abbraccio caloroso.
“Bentornato … Cosa mi
racconti?”
Jared era scosso, per
svariate ragioni e non trovava la forza di guardare Glam, rimasto in silenzio a
studiare i gesti di entrambi.
“Dicevo a daddy che ho
delle idee, per dei nuovi pezzi, sei interessato?” – propose disinvolto.
Il leader dei Mars fece
un passo indietro – “Certo, perché no? Vieni a Malibu, domani, così ne
discutiamo un po’”
“No, non posso, ho
appena preso un impegno con Glam ed i ragazzi …”
“Per una puntata a
Santa Barbara, se volete aggregarvi, con Colin, siete i benvenuti: ho una
proprietà da acquisire e rimarremo lì, Jared”
Il tono di Geffen
sembrò dominare la scena, come se decidesse sempre lui, su tutto, senza mai
ottenere, in compenso, ciò che desiderava realmente.
Leto abbozzò un sorriso
di circostanza – “Non ho idea di come si senta Cole, ecco”
“Ieri l’ho trovato
bene: ci saranno probabilmente anche Jude e Robert”
“Una riunione di
famiglia, dunque Glam?”
“Possiamo anche
definirla così, se ti piace Jay” – e rise.
Kevin rispose ad una
telefonata, allontanandosi.
Leto sbuffò, le mani in
tasca, l’aria tesa – “Ricompatti il tuo harem, quindi?”
Geffen si lisciò le
gote rasate – “Cosa ti prende Jared? Sei forse incazzato con me?”
“No, esclusivamente con
me stesso, dovresti saperlo!” – sibilò acre.
Robert si palesò, a
distanza di sicurezza, ma per poco.
“Tu non hai
responsabilità con ciò che è accaduto a Colin, se è questo che ti turba, ok?” –
bissò severo.
“Io ce ne ho sempre, di
responsabilità … Da quando sono al mondo” – affermò sfinito, rinforcando i
Ray-Ban, per andarsene nella direzione opposta a Downey, che non fece in tempo
a dirgli anche una sola parola.
“Ciao Glam, cos’ha Jay?
Problemi con Colin?”
“Jude ti ha detto della
gita, che ho appena organizzato?”
Robert rise complice –
“Rispondi con una domanda ad una mia domanda: bene, sei nei guai space cowboy,
vero?”
“Con i miei ex, sempre,
come vedi”
Downey accolse poi
Kevin, gentile ed affabile, distraendosi da Geffen, quanto bastò per perderlo
di vista.
“Ma dove diavolo è
andato?” – bisbigliò poi, parlando al vuoto.
Kevin rise – “Dovunque
sia, spero non si cacci nei soliti guai: me lo offri un caffè, Rob?”
“Sicuro, dai andiamo a
raccontami le tue avventure messicane” – e si avviarono verso casa, senza più
curarsi di chi stava loro intorno.
Antonio si accese un
sigaro, selezionando un brano, che la filodiffusione rimandò nell’aria, come
una carezza malinconica.
I bei vecchi tempi
andati, Meliti sorrise, assottigliando le palpebre, mentre scrutava il giardino
sottostante, dal suo studio privato.
Rise, anche un po’
divertito da quel rimescolio di sentimenti, a pochi passi da lui, che non
sarebbe mutato mai.
Xavier che legava i
palloncini, appena gonfiati da Derado, comandato a bacchetta da Drake, mentre
Pam e Carmela ridevano, coinvolgendo anche Stella, rilassata su di un lettino
prendisole, sotto ad un gazebo, dopo essere stata in clinica, per
l’inseminazione la sera prima.
Glam le aveva fatto
compagnia, seguendo le varie fasi, affettuoso e presente.
Tutto era andato a
meraviglia ed ora non restava che attendere il buon esito dell’intervento.
Glam, che adesso,
andava a caccia di farfalle, con un retino bucato, pensò Meliti, sogghignando,
nel seguire i movimenti di Geffen e quelli, poco avanti a questi, di Jared.
Il front man entrò nel
giardino d’inverno, in quella particolare appendice architettonica dell’ala
sud, semicircolare, sovrastata da una cupola in ferro battuto bianco, a spicchi
di vetro, nelle tinte alternate del verde e del celeste.
La luce del mattino
filtrava, in una sfumatura suggestiva.
“Jay aspetta”
Leto si voltò,
accogliendolo con un sorriso: i suoi occhi erano grandi, esigenti, perché lui,
da Glam, aveva preteso sempre troppo ed entrambi lo sapevano.
“Questa musica ti si
addice, Glam” – esordì lui, un’emozione vivida nei toni, che raccontava
un’altra storia, non certo quell’apparente ostilità, bensì l’urgenza di essere
abbracciato dall’altro, senza dirsi nulla, senza scavarsi dentro.
Faceva
così male.
“In un certo senso sì …
Vuoi da bere?” – e si diresse ad un mobile di liquori e cristalli pregiati.
“Non dovresti”
“Non farmi prediche Jay
… Un buon cognac è perfetto anche a colazione” – e sorrise, affabile.
“Tom ha ragione” – Leto
continuò a parlare alla sua schiena larga e solida.
“Su cosa?” – chiese
Geffen, restando immobile, a sorseggiare il liquido ambrato, mentre osservava
la magnifica collezione di orchidee, nella serra antistante la loro postazione.
“Sai essere galante e
seduttivo, ma giochi bene le tue carte, gestisci i limiti, quando vuoi, in base
ad una strategia precisa, come quella di questo breve viaggio: una gara di
resistenza, vero Glam? L’ennesima direi, tra noi, tutti noi”
“Resistere a chi, a
cosa?” – e si girò, puntandolo, ma con serenità contemplativa.
Adorava giocare con
lui.
Pure sapendo che non
era affatto un gioco, ma una danza di emozioni.
“Colin mi ha dato
questa … Ci sposiamo alla vigilia di Natale” – e gli mostrò la vera luccicante.
“Come Robert e Jude,
non eccellete in fantasia” – e rise, sinceramente compiaciuto.
“Comunque, tornando al
tuo quesito, con Robert, ma anche Kevin, dovremo lottare per resistere al
ricordo di te, Glam, è scontato”
“E non ricadere negli
stessi sbagli?”
“Tu non sei mai stato
uno sbaglio … Al contrario di me, che combino solo casini e mi rovino, con le
mie stesse mani”
Geffen posò il
bicchiere su di una mensola, lì accanto ed avanzò di poco, quindi bruciò quella
distanza minima, brandendo il volto di Jared, con i palmi caldi e speziati
d’arancio e tabacco.
“Glam …”
Leto percepì i pollici
dell’altro, delineare i suoi zigomi, in una scia di brividi.
“Tu sei un dono Jay … E
ti dai al mondo, con così tanto amore, da frantumare ogni certezza, in chiunque
si innamori di te, perdutamente, sai? Nessuno così potrà averti, io mi sono
rassegnato all’idea, lo ammetto, però non posso fare a meno di sbirciare
sempre, oltre quella porta, che tu lasci aperta, colpevole o meno di qualcosa,
ostinandomi a passarci davanti, senza cambiare strada … Ne morirei, te lo
assicuro, su quanto ho di più caro” – e lo avvolse.
Jared sciolse in
lacrime, la sua gratitudine, perché Geffen non l’avrebbe abbandonato mai ed in
mezzo a tanti fallimenti emotivi, quella rimaneva la sua unica certezza.
Per
sua immensa fortuna.
Law gli allacciò la
casacca di jeans, mentre Colin, sorridente, se ne stava seduto sul bordo del
letto in boxer.
“Potevo farlo anche da
solo Jude … Così, però, è più divertente”
“Lo credo bene, sono un
esperto in vestizioni di imperatori”
“Decaduti direi” –
Farrell rise leggero, dandogli una carezza sul fianco destro, mentre l’amico
recuperava un paio di pantaloni e delle calze dal comodino.
“Cosa ne pensi
dell’escursione a Santa Barbara, proposta da Glam?”
“Se Jared è d’accordo …
Cambiare aria ci farà bene, credo”
“Sei ancora debole …”
“No, mi sento meglio e
poi seguirei Glam in capo all’universo, gli devo la vita o di essere quanto
meno intero e non su di una sedia a rotelle oppure ridotto ad un vegetale” –
affermò assorto.
Jude lo guardò attento
– “Tu parli di lui in un modo nuovo …”
“No, non credo, sai?
Glam rimarrà sempre il mio più grande avversario in amore ed il mio migliore
amico, non potrei vivere senza, temo ahahahha”
La camera si incendiò
del suo buon umore: era tempo di andare a casa.
Harry e Louis si erano
accucciolati, poltrendo sino a tardi, sotto al piumone, a scacchi arancio e
viola.
Lux entrò in punta di
piedi, sedendosi sul bordo.
Boo si accorse per
primo di lui, gattonando sino al suo abbraccio gradevole.
“Tesoro non volevo
svegliarti” – disse piano il francese, mentre Styles mugugnava nel cuscino,
cercando con le mani il consorte.
“Dove stai andando?” –
domandò assonnato ed un po’ infantile Tomlinson, senza guardarlo ancora nella
penombra dorata dell’ambiente circostante.
“A Parigi … Jerome ha
avuto un malore, mentre tagliava la legna, quello stupido” – brontolò, dandogli
un bacio sulle tempie, cullandolo appena.
Anche Harry li
raggiunse – “Ehi che succede?” – chiese intontito e debole, dopo una notte a
fare l’amore con Louis, che lo aggiornò tempestivo su quell’improvvisa e
spiacevole novità.
“Ma quando torni?
Presto vero?” – Boo si rivolse nuovamente a Vincent.
“Sì mon petit … Presto,
certo” – replicò commosso l’affarista, rialzandosi, dopo avere posato un bacio
anche tra i capelli del ricciolo.
“Ma non ha nessuno,
devi per forza andarci tu?” – “Sì Harry, Jerome è solo come un cane, non è
fortunato quanto il sottoscritto: ora tornate a nanna, vi telefono appena
arrivo in Francia … Vi porterò dei regali, anche a Petra, salutatemela voi, ok?”
“Ok …” – disse mogio
Louis, riguadagnando il corpo caldo di Styles, tra le lenzuola stropicciate dai
loro prolungati amplessi.
Lux li guardò per
un’ultima volta e poi uscì.
Mikkelsen aprì la
blindata, dopo avere controllato il videocitofono, inspirando profondamente.
Quella visita era stata
preceduta da una strana telefonata.
Il chirurgo ne fu
incuriosito, non senza qualche timore.
“Salve …” – disse rigido
– “… E’ mio dovere informarla che abbiamo poco tempo, tra venti minuti la
polizia sarà qui, con Will, come ogni giorno”
Il suo interlocutore
annuì, mostrandogli un dvd.
Mads si morse le labbra
– “Allora non scherzava … Prego, si accomodi” – e gli fece strada, pregando
mentalmente che non si trattasse di una trappola.
Una
dannata trappola.
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