Capitolo n. 30 – nakama
Norman si concentrò mentalmente,
sul tocco di Chris, da sempre senza secondi fini, ma interpretabile in molti
modi, se uno lo desiderava davvero e per Reedus era così, almeno quanto lo era
diventato il mezzo, per fare ancora l’amore con la moglie.
Pensare al collega ed
amico più caro lui avesse.
Si detestava per
questo.
Nei confronti di Sara
non era giusto, ma nemmeno il destino ci era andato leggero con lui, ci
rifletteva spesso.
Rendersi conto di amare
Hemsworth, era stato uno scherzo beffardo e c’erano momenti in cui Norman si
vergognava di guardare in faccia Tom, come se nulla fosse, anche se proprio
nulla era mai degenerato tra lui ed il compagno di quest’ultimo.
Una spirale di
emozioni, che lo stava soffocando, mentre fumava una sigaretta sul balcone di
casa.
“Prenderai un malanno,
rientra dai” – lo aveva esortato la consorte, ma lui nemmeno le dava retta,
così immerso in sensazioni contrastanti.
Lei svanì, per andare a
controllare le bimbe.
Quell’alba aveva un
gusto amaro.
Mikkelsen si precipitò
ad aprire: la scorta di Will era in orario, così lui, ammanettato, ma con i
polsi nascosti da una coperta.
Appena giunti
nell’ingresso, un sergente liberò immediato il medico, provando imbarazzo per
quella procedura.
Graham non aveva mai
dato segni di ribellione e tanto meno Mads creava problemi, anzi.
Era gentile, faceva
preparare dei pasti eccellenti per tutti e si impegnava con abnegazione,
coadiuvato da Will, nel mettere a punto il cuore, che avrebbe salvato Chris.
Era come un filo rosso,
che univa quelle situazioni drammatiche.
Purtroppo non erano
emerse prove, che potessero scagionare Graham a pieno.
Certo c’erano dei
vuoti.
Geffen ci stava
lavorando alacremente, con i suoi investigatori.
Il processo era ormai
prossimo, così l’intervento di Hemsworth.
“Il software andrebbe
perfezionato Mads …” – brontolò il più giovane, versando dell’altro caffè.
Mikkelsen lo avvolse
alle spalle, mentre Will se ne restava seduto su di uno sgabello, al tavolo da
lavoro, ricoperto di carte, tablet e grafici.
“Di cosa ti lamenti
adesso?” – chiese tenero, posando un bacio caldo nel collo del fidanzato.
“Ehi …” – sorrise
felice – “… siamo qui per il nostro progetto”
“Infatti, dobbiamo
sposarci ed io anticiperei la prima notte di nozze” – rise, dandogli poi un
lungo bacio.
Rimasero come in apnea,
per un minuto, forse di più.
Era difficile non
toccarsi, anzi, era impossibile.
“Sei bagnato … amore” –
gli respirò nella bocca Mads, sentendosi un tutt’uno con lui.
Era una vibrazione
magnifica.
“Passo le notti ad
accarezzarmi, mi manchi così tanto … per fortuna che sono in isolamento” – Will
provò ad alleggerire la tensione erotica, ma avrebbe dato un braccio per
chiudere la porta a chiave.
Restava un’unica
soluzione, nell’ambiente, dove gli era dovuta una certa privacy.
“Grazie papi Jude!”
Il sorriso di Pepe era
contagioso, quel mattino a colazione.
I futuri e rinnovati
coniugi Law – Downey, si erano fermati a Palm Springs, dando la buona notizia
alla loro comitiva.
Geffen si illuminò,
appena saputo che Robert sarebbe rimasto a Los Angeles ed avrebbe voluto
sollevare Jude, facendolo roteare per la stanza, così come aveva appena fatto
con Peter, prima di passarlo al mitico Watson.
“No, ma non ho alcun
merito Pepe …” – si schernì l’inglese.
“Naaa me l’ha detto
Lula, quindi io so come sono andate le cose!” – affermò adorabile il piccolo,
schiccandogli un bacio sulla guancia destra, in segno di smisurato affetto,
anche nel chiamarlo “papi Jude”.
A Glam faceva piacere,
come del resto sentirsi indicare in quel modo da Isotta, che gli mancava
parecchio.
Si sentivano spesso al
telefono e lei stava diventando un’autentica signorina in miniatura.
Spesso facevano compere
insieme e Geffen le comprava qualsiasi cosa volesse, anche se non era
capricciosa, ma “semplicemente entusiasta di ogni diavoleria glitterata!”, come
il legale soleva giustificarsi con Jared, appena questi rimproverava i due, al
rientro da spese folli nei negozi più esclusivi del centro.
Chissà Leto cosa
avrebbe detto di quella novità.
“Me l’aspettavo sai
Cole?”
Jared masticò la frase,
con una fetta biscottata, spalmata di marmellata biologica al lampone.
Farrell era oltre modo
entusiasta, per la decisione presa dal suo UK buddy, tanto da non esitare a comunicarla
al compagno, mentre consumavano anche caffè e biscotti.
“Lo dicevo che
sarebbero rimasti e poi qui vivono Pepe e gli altri figli di Robert” – esordì Colin.
“E Glam” – il cantante
ridacchiò, un po’ molesto alle orecchie dell’irlandese.
“Senti chi parla” – lo
provocò, senza cattiveria.
“Per me ci sei tu e
sono qui con te, se non sbaglio” – bissò asciutto, ma colpevole nello sguardo.
“Ok scusami” – sospirò
l’attore – “… non voglio rovinare questo momento e ti sarò sempre grato per
essere tornato alla End House”
“Non parliamone più” –
chiuse secco Leto, alzandosi, per andare a sbrigare alcune commissioni.
“Ehi Jared aspetta”
Farrell lo raggiunse
risoluto, nell’intento di avvolgerlo e baciarlo, ma la reazione di Jared,
seppure non di palese rifiuto, fu un po’ fredda.
“Devo passare in
università, per Yari …” – mormorò, distaccandosi piano.
“Sì, certo, vorrei
accompagnarti, ma Claudine ed il regista mi ammazzano se salto nuovamente le
riprese”
Leto sorrise – “Sei
venuto a New York, li hai fatti incazzare, vero?”
“Ovvio, ma per te, Jay,
qualsiasi cosa non è mai abbastanza” – e gli aggiustò i capelli, intorno al
viso ancora bellissimo.
“Tu credi?”
Ruffalo stava
percorrendo i corridoi trafelato, stranamente in ritardo quella mattina.
Si era addormentato,
non sentendo la sveglia.
Era come crollato in un
sonno profondo, la sera precedente, un sonno abitato da sogni, di cui non
ricordava i particolari, ma che gli avevano lasciato un sentore sgradevole.
Un capannello di
studenti lo salutò cordiale.
Tra loro c’era anche
Niall.
Mark evitò di
guardarlo, accennando un frettoloso “salve”, mentre tirava dritto come un
treno, per raggiungere il proprio studio.
Qualcuno lo stava
aspettando e si era accomodato.
“Jared …?”
“Ciao prof!” – Leto si
alzò di scatto, facendo cadere una rivista, che il texano raccolse al volo.
“Qual buon vento?” – ed
andò a sedersi, accaldato dalla corsa e non solo.
“Perdonami se sono
entrato, ma era aperto e”
“Hai fatto bene, anzi
potresti chiudere la”
I fanali celesti di
Horan apparvero sulla soglia, all’improvviso.
“Niall …”
Il tono di Ruffalo
sembrò un sussurro ai presenti, ma il leader dei Mars reagì scioltamente.
“Ciao Niall, quanto
tempo”
“Buongiorno Jared”
“Come stanno Tim ed i
bimbi?”
Horan lo scrutò,
pensando che non gli importava niente della sua nuova famiglia e che c’era un
filo di ipocrisia nel suo atteggiamento, ma abbozzò, forse più maturo di quei
due adulti, saturi di problemi personali.
“Molto bene ed i tuoi?
Colin?”
“Sta girando e la
nostra truppa gode di ottima salute”
“Anche tu sei in forma,
torni in studio di registrazione? Ho sentito delle voci, eri a New York,
giusto?”
“Ho avuto dei …
contatti …” – replicò leggermente spiazzato, percependo una certa ostilità nei
suoi confronti, da parte dell’ex di Mark, che se ne stava ammutolito in
poltrona.
“Tu non dici nulla?” –
lo investì Niall, provocatorio ed arrabbiato.
“Cosa dovrei dire?” –
gli rispose serio.
Gelido.
“Una qualsiasi cazzo di
cosa Mark” – e rise nervoso, allargando le braccia muscolose e rivelate da una
t-shirt attillata, che gli stava alla perfezione.
“Anche se non sono un
tuo docente, Niall, vorrei mantenessi una certa educazione nell’interagire con
me: peraltro credevo di essere stato chiaro”
Leto strinse i pugni,
frapponendosi tra loro – “Non è il caso di comportarsi così” – provò ad
intervenire, ma fu inutile.
“Parli di educazione a
me …” – le iridi di Horan avvamparono lucide, mentre lo stomaco di Ruffalo si
stava contorcendo – “… sei davvero un buffone, tornatene a Dallas o da dove sei
venuto, stronzo!” – e scappò via, in lacrime.
Jared sigillò l’uscita.
Finalmente, pensò il
suo interlocutore, con le pulsazioni a mille.
“Perché questo
trattamento, potrei saperlo Mark?”
“Non ti riguarda” –
ribatté asciutto, riordinando dei fascicoli.
“Niall è il ragazzino
più dolce che io conosca e ti vuole bene”
“Sbaglio o non avevi
questa opinione di lui, appena ci hai visti insieme sul pianerottolo di casa
mia?”
“Francamente non ne
avevo alcun diritto, così come tu, ora, non penso ne abbia nel trattarlo da
schifo, come hai appena dimostrato, qualunque cosa sia capitata tra voi, dopo
quel giorno”
“Ma cosa stai facendo
Jared, eh? L’avvocato difensore di Niall Horan? Correggimi se sbaglio, ma a me
sembra che abbiate entrambi i vostri impegni sentimentali e, ciò nonostante,
continuate a venirmi a rompere i coglioni!”
Leto deglutì a vuoto –
“Avrei voluto esclusivamente pranzare con te e forse Niall voleva chiederti un
consiglio, non ne ho idea, ma ne sto maturando una precisa, su di te, con
estremo rammarico Mark”
“E quale sarebbe?” –
ringhiò livido.
“Non riesci a vederci
come semplici amici, come se noi avessimo un secondo fine e volessimo prenderti
in giro, usandoti, per poi buttarti via, senza rimorsi”
Ruffalo si ossigenò,
calmandosi senza apparente difficoltà – “Lo avete fatto: mi avete usato” –
disse lucido, dignitoso.
“Ti sbagli”
“Temo che dovrai
accodarti a Niall e farti da parte, rinunciando a vedermi, perché con voi io
non trovo soluzioni alternative, ne va del mio equilibrio, persino della mia
salute, Jared”
Leto si congedò – “Se è
questo che vuoi … Io comunque non ti butto fuori dalla mia vita, come stai
facendo tu, sappilo: se avrai bisogno di me, sai dove trovarmi; ciao Mark” – e
non si girò più indietro.
“Addio …” – pronunciò
flebile l’ex infermiere, chiudendo le palpebre, su di un oceano, che stava per
straripare.
Harry non andò in
ufficio, lamentando un’emicrania feroce, una delle sue.
Boo lo accudì finché
gli fu possibile, ma era di turno al ristorante, doveva andare ad aprire e
gestire i rifornimenti e le prenotazioni.
Il Dark Blue andava a
gonfie vele.
“Ti lascio alle cure di
Vincent, lui è un ottimo infermiere!” – quasi gli gridò già lungo le scale,
scese quanto un fulmine, per non fare aspettare nessuno al locale.
Lux gli fece un cenno
dal divano, sistemando lo zaino di Petra, che corse via con Tomlinson, vivaci come
dei folletti, in quell’immagine solare ed unica, che solo son petit riusciva a
materializzare, qualsiasi azione compisse.
L’uomo salì a
controllare Styles, in pena per la sua cefalea, che lo tormentava da quando si
ammazzava sui libri di Giurisprudenza, fin da adolescente.
“Harry ti preparo
qualcosa?”
“No grazie, sto
benissimo” – ed uscì da sotto le coperte, in boxer, cominciando a vestirsi.
Lux aggrottò la fronte
– “Ma io credevo che”
“Sono stato bravo a
farvelo credere, a te ed a Boo: è di lui che devo parlarti, ok?” – e lo
affrontò, ancora scalzo ed a torso nudo.
“D’accordo, ti ascolto”
– Vincent divenne serio, le mani in tasca, la camicia bianca fuori dai jeans
sbiaditi e le infradito nere, considerato che in quelle stanze sembrava di
stare ai Tropici.
“Ti chiedo, con
fermezza, di non sfiorarlo più, nemmeno con un dito”
L’affarista si massaggiò
la nuca, rimandando la sua replica, ma di poco.
“Ne parli come se io
imponessi a mon petit di fare sesso con me”
“E smettila di
chiamarlo in quel modo, cazzo!”
“Tu sei geloso Harry,
questo è il problema, ma non di lui, di me!”
“Sei un arrogante ed io
non avrei mai dovuto accondiscendere a questa farsa!”
“Ma non si tratta di
questo, anzi, noi abbiamo raggiunto una perfetta armonia!”
“Facendo a turno nel
fare l’amore con Louis?!” – sbottò più acre, a pochi centimetri dal volto di
Vincent, che non indietreggiò.
“L’hai detto, ci
facciamo l’amore e lui sta bene, se non lo avessi notato! E non è una gara, mi
pare ovvio o non sei ancora cresciuto abbastanza per apprezzare il nostro nuovo
percorso?!”
Styles si tirò indietro
i riccioli fluenti, paonazzo – “Questa storia ci porterà alla rovina, ci
getterà nell’abisso …”
“Oh miseria, sembri un
predicatore!”
“No, sono una persona
normale che rivuole un matrimonio regolare con il suo sposo!” – tuonò adirato.
Lux sorrise triste,
afferrandogli poi il viso contratto, attirandolo alla propria bocca, per un
bacio mozzafiato.
Harry fremeva e
scalpitava, catturato ora dai bicipiti allenati dell’altro, che lo trascinò sul
parquet, senza estremi riguardi.
“No … non vo voglio” –
ansimò il più debole, anche se avrebbe potuto contrastare Vincent e
sopraffarlo, senza alcuna difficoltà.
Bastava volerlo.
Ed Harry, a quel punto
non sapevo più, ciò che voleva veramente.
La barba di Lux lo
stava pungendo e graffiando, così il suo corpo dominava quel che restava delle
proteste di Styles, ruggendogli dentro con spinte oscene e brutali.
Lux si ritrovò a
piangere, com’era successo tra le gambe di Louis.
“Mi dispiace … Harry …”
Si guardarono,
baciandosi per mutare quel dolore in passione pura.
Era già accaduto, di
appartenersi così, con disperazione.
Tutto divenne più
dolce, come d’incanto.
Come se esistessero
unicamente loro.
In
un mondo che non c’è.
Nessun commento:
Posta un commento