venerdì 6 novembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 30

Capitolo n. 30 – nakama



Norman si concentrò mentalmente, sul tocco di Chris, da sempre senza secondi fini, ma interpretabile in molti modi, se uno lo desiderava davvero e per Reedus era così, almeno quanto lo era diventato il mezzo, per fare ancora l’amore con la moglie.

Pensare al collega ed amico più caro lui avesse.

Si detestava per questo.
Nei confronti di Sara non era giusto, ma nemmeno il destino ci era andato leggero con lui, ci rifletteva spesso.

Rendersi conto di amare Hemsworth, era stato uno scherzo beffardo e c’erano momenti in cui Norman si vergognava di guardare in faccia Tom, come se nulla fosse, anche se proprio nulla era mai degenerato tra lui ed il compagno di quest’ultimo.

Una spirale di emozioni, che lo stava soffocando, mentre fumava una sigaretta sul balcone di casa.

“Prenderai un malanno, rientra dai” – lo aveva esortato la consorte, ma lui nemmeno le dava retta, così immerso in sensazioni contrastanti.

Lei svanì, per andare a controllare le bimbe.

Quell’alba aveva un gusto amaro.




Mikkelsen si precipitò ad aprire: la scorta di Will era in orario, così lui, ammanettato, ma con i polsi nascosti da una coperta.

Appena giunti nell’ingresso, un sergente liberò immediato il medico, provando imbarazzo per quella procedura.

Graham non aveva mai dato segni di ribellione e tanto meno Mads creava problemi, anzi.
Era gentile, faceva preparare dei pasti eccellenti per tutti e si impegnava con abnegazione, coadiuvato da Will, nel mettere a punto il cuore, che avrebbe salvato Chris.

Era come un filo rosso, che univa quelle situazioni drammatiche.

Purtroppo non erano emerse prove, che potessero scagionare Graham a pieno.
Certo c’erano dei vuoti.

Geffen ci stava lavorando alacremente, con i suoi investigatori.

Il processo era ormai prossimo, così l’intervento di Hemsworth.

“Il software andrebbe perfezionato Mads …” – brontolò il più giovane, versando dell’altro caffè.

Mikkelsen lo avvolse alle spalle, mentre Will se ne restava seduto su di uno sgabello, al tavolo da lavoro, ricoperto di carte, tablet e grafici.

“Di cosa ti lamenti adesso?” – chiese tenero, posando un bacio caldo nel collo del fidanzato.

“Ehi …” – sorrise felice – “… siamo qui per il nostro progetto”

“Infatti, dobbiamo sposarci ed io anticiperei la prima notte di nozze” – rise, dandogli poi un lungo bacio.

Rimasero come in apnea, per un minuto, forse di più.

Era difficile non toccarsi, anzi, era impossibile.

“Sei bagnato … amore” – gli respirò nella bocca Mads, sentendosi un tutt’uno con lui.

Era una vibrazione magnifica.

“Passo le notti ad accarezzarmi, mi manchi così tanto … per fortuna che sono in isolamento” – Will provò ad alleggerire la tensione erotica, ma avrebbe dato un braccio per chiudere la porta a chiave.

Restava un’unica soluzione, nell’ambiente, dove gli era dovuta una certa privacy.




“Grazie papi Jude!”

Il sorriso di Pepe era contagioso, quel mattino a colazione.

I futuri e rinnovati coniugi Law – Downey, si erano fermati a Palm Springs, dando la buona notizia alla loro comitiva.

Geffen si illuminò, appena saputo che Robert sarebbe rimasto a Los Angeles ed avrebbe voluto sollevare Jude, facendolo roteare per la stanza, così come aveva appena fatto con Peter, prima di passarlo al mitico Watson.

“No, ma non ho alcun merito Pepe …” – si schernì l’inglese.

“Naaa me l’ha detto Lula, quindi io so come sono andate le cose!” – affermò adorabile il piccolo, schiccandogli un bacio sulla guancia destra, in segno di smisurato affetto, anche nel chiamarlo “papi Jude”.

A Glam faceva piacere, come del resto sentirsi indicare in quel modo da Isotta, che gli mancava parecchio.

Si sentivano spesso al telefono e lei stava diventando un’autentica signorina in miniatura.
Spesso facevano compere insieme e Geffen le comprava qualsiasi cosa volesse, anche se non era capricciosa, ma “semplicemente entusiasta di ogni diavoleria glitterata!”, come il legale soleva giustificarsi con Jared, appena questi rimproverava i due, al rientro da spese folli nei negozi più esclusivi del centro.

Chissà Leto cosa avrebbe detto di quella novità.




“Me l’aspettavo sai Cole?”

Jared masticò la frase, con una fetta biscottata, spalmata di marmellata biologica al lampone.

Farrell era oltre modo entusiasta, per la decisione presa dal suo UK buddy, tanto da non esitare a comunicarla al compagno, mentre consumavano anche caffè e biscotti.

“Lo dicevo che sarebbero rimasti e poi qui vivono Pepe e gli altri figli di Robert” – esordì Colin.

“E Glam” – il cantante ridacchiò, un po’ molesto alle orecchie dell’irlandese.

“Senti chi parla” – lo provocò, senza cattiveria.

“Per me ci sei tu e sono qui con te, se non sbaglio” – bissò asciutto, ma colpevole nello sguardo.

“Ok scusami” – sospirò l’attore – “… non voglio rovinare questo momento e ti sarò sempre grato per essere tornato alla End House”

“Non parliamone più” – chiuse secco Leto, alzandosi, per andare a sbrigare alcune commissioni.

“Ehi Jared aspetta”

Farrell lo raggiunse risoluto, nell’intento di avvolgerlo e baciarlo, ma la reazione di Jared, seppure non di palese rifiuto, fu un po’ fredda.

“Devo passare in università, per Yari …” – mormorò, distaccandosi piano.

“Sì, certo, vorrei accompagnarti, ma Claudine ed il regista mi ammazzano se salto nuovamente le riprese”

Leto sorrise – “Sei venuto a New York, li hai fatti incazzare, vero?”

“Ovvio, ma per te, Jay, qualsiasi cosa non è mai abbastanza” – e gli aggiustò i capelli, intorno al viso ancora bellissimo.

“Tu credi?”




Ruffalo stava percorrendo i corridoi trafelato, stranamente in ritardo quella mattina.

Si era addormentato, non sentendo la sveglia.
Era come crollato in un sonno profondo, la sera precedente, un sonno abitato da sogni, di cui non ricordava i particolari, ma che gli avevano lasciato un sentore sgradevole.

Un capannello di studenti lo salutò cordiale.
Tra loro c’era anche Niall.

Mark evitò di guardarlo, accennando un frettoloso “salve”, mentre tirava dritto come un treno, per raggiungere il proprio studio.

Qualcuno lo stava aspettando e si era accomodato.

“Jared …?”

“Ciao prof!” – Leto si alzò di scatto, facendo cadere una rivista, che il texano raccolse al volo.

“Qual buon vento?” – ed andò a sedersi, accaldato dalla corsa e non solo.

“Perdonami se sono entrato, ma era aperto e”

“Hai fatto bene, anzi potresti chiudere la”

I fanali celesti di Horan apparvero sulla soglia, all’improvviso.

“Niall …”

Il tono di Ruffalo sembrò un sussurro ai presenti, ma il leader dei Mars reagì scioltamente.

“Ciao Niall, quanto tempo”

“Buongiorno Jared”

“Come stanno Tim ed i bimbi?”

Horan lo scrutò, pensando che non gli importava niente della sua nuova famiglia e che c’era un filo di ipocrisia nel suo atteggiamento, ma abbozzò, forse più maturo di quei due adulti, saturi di problemi personali.

“Molto bene ed i tuoi? Colin?”

“Sta girando e la nostra truppa gode di ottima salute”

“Anche tu sei in forma, torni in studio di registrazione? Ho sentito delle voci, eri a New York, giusto?”

“Ho avuto dei … contatti …” – replicò leggermente spiazzato, percependo una certa ostilità nei suoi confronti, da parte dell’ex di Mark, che se ne stava ammutolito in poltrona.

“Tu non dici nulla?” – lo investì Niall, provocatorio ed arrabbiato.

“Cosa dovrei dire?” – gli rispose serio.
Gelido.

“Una qualsiasi cazzo di cosa Mark” – e rise nervoso, allargando le braccia muscolose e rivelate da una t-shirt attillata, che gli stava alla perfezione.

“Anche se non sono un tuo docente, Niall, vorrei mantenessi una certa educazione nell’interagire con me: peraltro credevo di essere stato chiaro”

Leto strinse i pugni, frapponendosi tra loro – “Non è il caso di comportarsi così” – provò ad intervenire, ma fu inutile.

“Parli di educazione a me …” – le iridi di Horan avvamparono lucide, mentre lo stomaco di Ruffalo si stava contorcendo – “… sei davvero un buffone, tornatene a Dallas o da dove sei venuto, stronzo!” – e scappò via, in lacrime.

Jared sigillò l’uscita.
Finalmente, pensò il suo interlocutore, con le pulsazioni a mille.

“Perché questo trattamento, potrei saperlo Mark?”

“Non ti riguarda” – ribatté asciutto, riordinando dei fascicoli.

“Niall è il ragazzino più dolce che io conosca e ti vuole bene”

“Sbaglio o non avevi questa opinione di lui, appena ci hai visti insieme sul pianerottolo di casa mia?”

“Francamente non ne avevo alcun diritto, così come tu, ora, non penso ne abbia nel trattarlo da schifo, come hai appena dimostrato, qualunque cosa sia capitata tra voi, dopo quel giorno”

“Ma cosa stai facendo Jared, eh? L’avvocato difensore di Niall Horan? Correggimi se sbaglio, ma a me sembra che abbiate entrambi i vostri impegni sentimentali e, ciò nonostante, continuate a venirmi a rompere i coglioni!”

Leto deglutì a vuoto – “Avrei voluto esclusivamente pranzare con te e forse Niall voleva chiederti un consiglio, non ne ho idea, ma ne sto maturando una precisa, su di te, con estremo rammarico Mark”

“E quale sarebbe?” – ringhiò livido.

“Non riesci a vederci come semplici amici, come se noi avessimo un secondo fine e volessimo prenderti in giro, usandoti, per poi buttarti via, senza rimorsi”

Ruffalo si ossigenò, calmandosi senza apparente difficoltà – “Lo avete fatto: mi avete usato” – disse lucido, dignitoso.

“Ti sbagli”

“Temo che dovrai accodarti a Niall e farti da parte, rinunciando a vedermi, perché con voi io non trovo soluzioni alternative, ne va del mio equilibrio, persino della mia salute, Jared”

Leto si congedò – “Se è questo che vuoi … Io comunque non ti butto fuori dalla mia vita, come stai facendo tu, sappilo: se avrai bisogno di me, sai dove trovarmi; ciao Mark” – e non si girò più indietro.

“Addio …” – pronunciò flebile l’ex infermiere, chiudendo le palpebre, su di un oceano, che stava per straripare.




Harry non andò in ufficio, lamentando un’emicrania feroce, una delle sue.

Boo lo accudì finché gli fu possibile, ma era di turno al ristorante, doveva andare ad aprire e gestire i rifornimenti e le prenotazioni.

Il Dark Blue andava a gonfie vele.

“Ti lascio alle cure di Vincent, lui è un ottimo infermiere!” – quasi gli gridò già lungo le scale, scese quanto un fulmine, per non fare aspettare nessuno al locale.

Lux gli fece un cenno dal divano, sistemando lo zaino di Petra, che corse via con Tomlinson, vivaci come dei folletti, in quell’immagine solare ed unica, che solo son petit riusciva a materializzare, qualsiasi azione compisse.

L’uomo salì a controllare Styles, in pena per la sua cefalea, che lo tormentava da quando si ammazzava sui libri di Giurisprudenza, fin da adolescente.

“Harry ti preparo qualcosa?”

“No grazie, sto benissimo” – ed uscì da sotto le coperte, in boxer, cominciando a vestirsi.

Lux aggrottò la fronte – “Ma io credevo che”

“Sono stato bravo a farvelo credere, a te ed a Boo: è di lui che devo parlarti, ok?” – e lo affrontò, ancora scalzo ed a torso nudo.

“D’accordo, ti ascolto” – Vincent divenne serio, le mani in tasca, la camicia bianca fuori dai jeans sbiaditi e le infradito nere, considerato che in quelle stanze sembrava di stare ai Tropici.

“Ti chiedo, con fermezza, di non sfiorarlo più, nemmeno con un dito”

L’affarista si massaggiò la nuca, rimandando la sua replica, ma di poco.

“Ne parli come se io imponessi a mon petit di fare sesso con me”

“E smettila di chiamarlo in quel modo, cazzo!”

“Tu sei geloso Harry, questo è il problema, ma non di lui, di me!”

“Sei un arrogante ed io non avrei mai dovuto accondiscendere a questa farsa!”

“Ma non si tratta di questo, anzi, noi abbiamo raggiunto una perfetta armonia!”

“Facendo a turno nel fare l’amore con Louis?!” – sbottò più acre, a pochi centimetri dal volto di Vincent, che non indietreggiò.

“L’hai detto, ci facciamo l’amore e lui sta bene, se non lo avessi notato! E non è una gara, mi pare ovvio o non sei ancora cresciuto abbastanza per apprezzare il nostro nuovo percorso?!”

Styles si tirò indietro i riccioli fluenti, paonazzo – “Questa storia ci porterà alla rovina, ci getterà nell’abisso …”

“Oh miseria, sembri un predicatore!”

“No, sono una persona normale che rivuole un matrimonio regolare con il suo sposo!” – tuonò adirato.

Lux sorrise triste, afferrandogli poi il viso contratto, attirandolo alla propria bocca, per un bacio mozzafiato.

Harry fremeva e scalpitava, catturato ora dai bicipiti allenati dell’altro, che lo trascinò sul parquet, senza estremi riguardi.

“No … non vo voglio” – ansimò il più debole, anche se avrebbe potuto contrastare Vincent e sopraffarlo, senza alcuna difficoltà.

Bastava volerlo.
Ed Harry, a quel punto non sapevo più, ciò che voleva veramente.

La barba di Lux lo stava pungendo e graffiando, così il suo corpo dominava quel che restava delle proteste di Styles, ruggendogli dentro con spinte oscene e brutali.

Lux si ritrovò a piangere, com’era successo tra le gambe di Louis.

“Mi dispiace … Harry …”

Si guardarono, baciandosi per mutare quel dolore in passione pura.

Era già accaduto, di appartenersi così, con disperazione.

Tutto divenne più dolce, come d’incanto.

Come se esistessero unicamente loro.
In un mondo che non c’è.












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