Capitolo n. 33 – nakama
La copertina di L.A.
news inneggiava al nuovo sceriffo arrivato in città, grazie ad un fake ben
riuscito di Geffen, con tanto di pistole in pugno e cappello alla John Wayne.
Un’immagine un po’
estrema, che stava facendo ridere Downey da qualche minuto, all’interno dello
studio del noto avvocato, pronto a recarsi in aula, per il caso Graham.
Glam aggrottò la
fronte, aggiustandosi la cravatta, mentre si specchiava.
“Ehi, Rob, la vuoi
smettere?” – e sorrise a propria volta.
“Space cowboy, dovevano
titolare, altro che!”
Geffen lo scrutò,
notando una vena di isteria nel tono dell’attore, nonché i suoi occhi lucidi.
“Robert …”
“Quel che è capitato a
Colin è terribile”
Il registro delle sue
esternazioni, mutò di colpo, divenendo angosciato.
Downey scoppiò a
piangere, memore delle aggressioni subite in passato, ma, soprattutto, degli
abusi in carcere.
Era trascorso un secolo
da allora, ma non sarebbe stato mai abbastanza.
Glam lo abbracciò con
delicatezza – “Ehi Rob … Calmati … Tesoro guardami” – e gli sollevò il viso,
ponendo l’indice sinistro, sotto al mento dell’artista.
“Scusami è che questa
storia poteva finire male e”
“Ma non è andata così,
ok?” – il suo sorriso era rassicurante e benevolo, come al solito.
“Grazie a te” – mormorò
Downey, rifugiandosi nel suo petto.
“Mi sono trovato al
posto giusto, nel momento giusto” – provò a scherzare, ma Robert stava ancora
tremando.
“Scusami … ti ho
macchiato la camicia e”
“Le stoffa asciugherà,
non temere, ma le tue lacrime riescono a lasciarmi sempre segni indelebili: la
tua sensibilità mi colpisce ogni volta, Rob” – e gli diede un bacio sulla
tempia destra.
Jared vomitò anche
l’anima, un secondo dopo essersi rifugiato nei bagni del reparto, dove Colin
stava riposando.
Avevano fatto colazione
insieme, ma il cantante aveva accumulato una tensione tale, da non lasciargli
scampo.
“Ehi come va?”
La voce di HIddleston
gli arrivò nitida, nonostante la porta chiusa.
“Tom, sei tu?” –
ansimò, ancora accovacciato sul water.
“Hai bisogno di aiuto?
Aprimi per favore”
“No … Sì, ok, ma non
sono un bello spettacolo” – e tirò lo sciacquone, risollevandosi lento, mentre
toglieva il chiavistello, con le dita tremanti.
Il sorriso di Tom
illuminò l’ambiente circostante e Jared sembrò cadere tra le sue braccia,
altrettanto stanche e snervate, per la situazione dei rispettivi compagni.
“Coraggio Jay, questo
periodo passerà” – provò a consolarlo il terapista, con aria triste.
L’arrivo di Reedus,
sembrò spezzare qualcosa.
“Ehi ciao Norman” – lo
salutò Tom, un po’ spiazzato, senza lasciare comunque andare via Jared dalle
sue ali.
“Non volevo disturbarvi
… Ciao Tom, c’è Chris che chiede di te ecco” – replicò in imbarazzo il
poliziotto.
“Jared non si è sentito
bene, ora vado”
Leto rimase zitto, poi
si appoggiò ai lavabo – “Me la posso cavare, ti telefono più tardi Tom, vorrei
parlare un po’ insieme a te, se puoi”
“Andiamo a pranzo al
Dark Blue, così prendo qualcosa a Chris, prima che inizi il dosaggio pre –
operatorio: sarà una tortura per lui mangiare ancora più sano e liquido” –
spiegò in lieve agitazione.
“Ci troviamo
da Brent e Louis all’una, ok?”
“Ok, a dopo … Ciao
Norman, ci si vede”
“Sì, certo, arrivederci
…”
Reedus e Leto rimasero
da soli.
Senza guardarsi.
“Ho saputo di tuo
marito” – esordì lo sbirro, stranamente impacciato, davanti ai fanali di
zaffiro, riflessi nello specchio davanti a Jared.
“Non lo è … Lo diverrà
di nuovo, alla vigilia di Natale” – e gli mostrò la fede, che Farrell gli aveva
donato il giorno prima.
“Ok …” – Norman
sorrise, prendendo una salvietta e porgendola al leader dei Mars.
“Grazie … Tu stai
indagando su Mikkelsen e su Will?”
“Più o meno … Non posso
parlare dei casi che sto seguendo”
“Non è il tipo di
conversazioni che amo di più, in effetti, non temere” – anche Jared sorrise,
più rilassato – “Torno da Cole, ti saluto”
“Sì, salve” – e si fece
da parte, lasciandolo passare.
Mads si stava chiedendo
se a Will, qualcuno, un giorno, in prigione, avrebbe imposto ciò che il suo
compagno, adesso, gli stava invece donando con tanto amore.
Inginocchiato ai suoi
piedi, rinchiusi in uno dei bagni padronali, al sicuro, per quindici minuti di
intimità assoluta
Prima una doccia
insieme, più intima nei gesti, di qualsiasi rapporto sessuale, anche se a farlo
venire con la bocca, Graham era indescrivibile, per passione e bravura, subito
dopo, sistemato su di un tappeto di spugna soffice e vaporosa.
Le dita del chirurgo,
assicurate per milioni di dollari, mescolavano i suoi capelli corvini e Will si
impegnava ancora di più, sentendosi al sicuro, accudito, amato, da Mikkelsen,
in piena estasi, ma roso da quel dubbio orribile.
Il suo futuro consorte
non doveva finire in prigione a vita o, peggio, a percorrere il miglio verde,
per poi essere giustiziato, in qualche penitenziario californiano.
Lui non poteva
permetterlo.
Assolutamente.
“Te tesoro … asp
aspetta Will”
Un respiro più profondo
e Mads lo sollevò, brandendogli le spalle magre per poi baciarlo.
“Vienimi dentro” –
ansimò Will, collidendo con i loro visi, in una carezza madida e prolungata.
Ricaddero, stendendosi,
per poi ricongiungersi.
All’infinito.
Jared sparse i crostini
nella zuppa di verdure, che Louis gli aveva appena portato sorridendo, mentre
per Tom aveva preparato un’insalata ricca di germogli di soia e gherigli di
noci, associati a pomodori, lattuga, rucola, cetrioli, carote e mais, in un
tripudio di tonalità, che mettevano allegria, nonostante il pessimo periodo.
“Stavano pestando Colin
ed io ero in clinica, con Glam, capisci?”
Leto riprese il
discorso, a tono basso, ma inquieto, guardando di tanto in tanto il suo interlocutore,
che gli stava bucando l’anima con le proprie iridi celeste cielo ed il
silenzio, della sua attenzione.
“Abbiamo …” – Jared tossì
– “… abbiamo concepito la bambina, ecco”
“Avete raccolto il seme
di Glam, per Stella, giusto?”
“Infatti, ma non è
stato corretto, non è stato come doveva essere, Glam poteva pensarci da solo
invece io ho avuto una delle mie brillanti idee!”
Hiddleston rise, masticando
– “So che non dovrei, con quello che è capitato a Colin, ma sei così buffo, in
queste tue esternazioni, Jay”
“Sono assurdo nelle mie
azioni” – obiettò, passandosi le mani tra i capelli.
Tom inspirò – “Tu lo
ami ancora così tanto”
“Non riesco a gestire
un distacco definitivo”
“Da entrambi, direi,
però loro non rinunciano a te, non danno un taglio netto al legame, che vi
unisce, Colin vuole impalmarti per l’ennesima volta e”
“Nel senso che non c’è
limite al peggio, Tom?” – bissò secco ed un po’ risentito.
“Mai detto questo” – il
fisiatra sorrise mesto.
“Posso allora
considerarlo un concorso di colpa: dovrei rinfrancarmi perché ho dei complici?”
“Tu sei amato, ma
questa cosa, negli anni, sembra che ti abbia soffocato, anziché rinvigorirti e
spronarti a dare il meglio di te, come essere umano Jared, non trovi?”
Leto inarcò un
sopracciglio.
“Non sei il primo a
dirmelo”
“Forse non esisteranno
mai emozioni sufficienti a colmarti un vuoto interiore, che nessuno è stato in
grado di superare, come ostacolo in ogni legame, che sei in grado di creare,
con chiunque, facendo capitolare uomini come Geffen”
“Tu e lui avete un’amicizia
speciale, vero Tommy?”
Hiddleston rise – “In
principio è stata una burrasca, perché come paziente, Glam, si è rivelato un’autentica
sfida, per me: rimetterlo in piedi, esortarlo a non mollare, con quel
caratteraccio impaziente, è stata dura, credimi”
“E poi?” – la voce di
Leto si fece dolce, contemplativa.
“Poi … Poi lui mi ha
sempre un po’ corteggiato, non so spiegarti, non ha mai trasceso o detto frasi
inopportune, ma ha sempre esternato una certa ammirazione, nei miei riguardi, è
un tipo galante” – ed arrossì adorabile – “… Chris lo ha detestato parecchio,
prima di cambiare idea e temo non l’abbia mai cambiata completamente!”
“Chris ucciderebbe per
te e Luna, farebbe qualsiasi cosa”
“Anche Glam, per te,
non ho dubbi”
L’artista si ammutolì,
rivisitando mentalmente episodi ormai inghiottiti dal tempo.
“Forse tu e lui,
sareste stati una coppia perfetta, Tom …”
“No, impossibile” –
replicò netto.
“Credi?”
“Nessuno invaderà il
suo cuore, come hai fatto tu Jared: peccato non riuscire ad apprezzarlo o
semplicemente viverlo, questo amore, così intenso, così assoluto … Ora avrete
questa bimba insieme? La riconoscerai anche tu? E a Colin come lo spiegherai?
Non pensi di pretendere troppo, da lui?”
https://www.youtube.com/watch?v=Les39aIKbzE
Reedus passò alla
residenza di Mikkelsen, per porre sia a lui che a Graham alcune domande di
rito, prima dell’udienza, alla quale Will non avrebbe comunque partecipato.
Si trattava di un
passaggio più che altro burocratico, con la revisione delle prove e la scelta
della giuria, in un meccanismo in parte rinnovato dalla legge statunitense.
Per lui, fu quasi
penoso vedere come Mads si stava congedando dal fidanzato, intento a coccolare
i loro randagi, nel salone della villa, dove anche il resto degli agenti, ci
rimaneva sempre più male, nel separare la coppia.
Certo potevano
nascondere anche l’essenza di un mostro, dietro a quella patina di tenerezza,
di sincero altruismo, di educazione innata, però era complicato non credere
alla rispettiva buona fede e spontaneità.
“Tesoro è tardi, la
squadra deve rientrare, avranno i loro impegni” – disse composto il più
anziano, mentre Will si rialzava dal tappeto, dove quel rimescolio di zampe e
code, lo stava ancora reclamando, come il cuore dell’uomo, che un tempo Graham
disprezzava, seppure amandolo.
Un poliziotto gli si
avvicinò, per ammanettarlo, come di consueto, ma il suo superiore lo bloccò – “No,
lascia stare, il dottor Graham non farà sciocchezze, vero?”
“Assolutamente no …
Ciao Mads, ci vediamo domani, ok?”
Si abbracciarono,
castamente, ma qualcosa, nei loro occhi, spezzava l’anima a chi li stava osservando.
A Norman soprattutto.
Mark non sapeva dove
mettere le mani, si sentiva impacciato come non mai, nell’attendere Niall, nell’androne
di ingresso al planetario.
Intorno a sé, c’erano
sculture particolari, teche con reperti lunari, video a rotazione sulle
missioni, anche quelle recenti, verso Marte.
E
poi la musica.
Era Mahler.
Scivolava lieve tra le
pieghe dei suoi ricordi.
Quelli che lui avrebbe
conservato, di Niall, per l’eternità.
L’atmosfera aveva un
che di indefinibile, le sue pulsazioni sembravano galleggiare, mentre Horan
stava tardando.
Forse non sarebbe
arrivato mai, Pensò Ruffalo.
Sbagliando.
Quei passi leggeri, il
suo profumo vibrante di note primaverili, in quel cammino verso l’inverno, lo
destarono da una sorta di trance ad occhi aperti.
Quelli di Niall,
adesso, erano puntati su di lui e si avvicinarono in un battito di ciglia,
bagnate, tremolanti.
Mark le percepì nel
proprio collo, stringendolo forte a sé.
§
Amore … §
No, non poteva
dirglielo.
Non poteva con tante
cose.
“Ciao piccolo” – gli uscì
dalla gola, in un suono strozzato.
Quei maledetti violini,
quei meravigliosi suoni, a colorare l’aria, dove non c’era più abbastanza
ossigeno per respirare.
“Ciao Mark”
Il suo candore, era
immutato.
Niall un angelo, per il
quale nulla era mai stato semplice.
“Grazie per essere qui …”
“La tua lettera era
bellissima … Mi ha colpito”
“Erano solo poche
frasi, forse confuse” – balbettò il professore, tenendolo per le mani, mentre
se ne stavano in piedi, speculari, davanti alla cartina delle galassie.
“No, anzi … Anch’io,
comunque, ti vorrò bene per sempre Mark e, come per te, non riesco a farne a
meno”
“Sono stato severo e”
“Ed io no?” – Horan sorrise,
frammenti di stelle nei suoi occhi irrequieti – “… Non ti ho dato nemmeno una
possibilità e tu sai di cosa parlo, vero?”
Ruffalo fece un cenno,
poi lo avvolse, intorno alle spalle, portandolo ad accomodarsi sopra ad una
panchina appartata.
“E se ricominciassimo
da oggi, Niall? In un modo nuovo, senza cose non dette, a viso aperto, ecco”
“Sono d’accordo … Hai
compreso le mie scelte, le hai metabolizzate a fatica, ma ci sei riuscito”
“L’ho messo nero su
bianco, Niall, sono in terapia anche per questo, ma ne ho piena consapevolezza,
credimi”
“In terapia? Mi
dispiace se ti ho creato dei problemi”
“No, tu mi hai
innescato dei dubbi, delle riflessioni, tesoro, non sentirti in colpa per
questo, non devi” – replicò con tenerezza, dandogli un buffetto e poi un bacio
fugace sulla guancia sinistra.
“Ti voglio bene Mark”
“Anch’io … così tanto,
che neppure immagini”
Si riabbracciarono,
commossi.
Se
fosse stato possibile, forse avrebbero portato indietro le lancette di quell’orologio
immaginario, che incede, sullo sfondo di ogni esistenza.
Forse.
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