martedì 17 novembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 33

Capitolo n. 33 – nakama



La copertina di L.A. news inneggiava al nuovo sceriffo arrivato in città, grazie ad un fake ben riuscito di Geffen, con tanto di pistole in pugno e cappello alla John Wayne.

Un’immagine un po’ estrema, che stava facendo ridere Downey da qualche minuto, all’interno dello studio del noto avvocato, pronto a recarsi in aula, per il caso Graham.

Glam aggrottò la fronte, aggiustandosi la cravatta, mentre si specchiava.

“Ehi, Rob, la vuoi smettere?” – e sorrise a propria volta.

“Space cowboy, dovevano titolare, altro che!”

Geffen lo scrutò, notando una vena di isteria nel tono dell’attore, nonché i suoi occhi lucidi.

“Robert …”

“Quel che è capitato a Colin è terribile”

Il registro delle sue esternazioni, mutò di colpo, divenendo angosciato.

Downey scoppiò a piangere, memore delle aggressioni subite in passato, ma, soprattutto, degli abusi in carcere.

Era trascorso un secolo da allora, ma non sarebbe stato mai abbastanza.

Glam lo abbracciò con delicatezza – “Ehi Rob … Calmati … Tesoro guardami” – e gli sollevò il viso, ponendo l’indice sinistro, sotto al mento dell’artista.

“Scusami è che questa storia poteva finire male e”

“Ma non è andata così, ok?” – il suo sorriso era rassicurante e benevolo, come al solito.

“Grazie a te” – mormorò Downey, rifugiandosi nel suo petto.

“Mi sono trovato al posto giusto, nel momento giusto” – provò a scherzare, ma Robert stava ancora tremando.

“Scusami … ti ho macchiato la camicia e”

“Le stoffa asciugherà, non temere, ma le tue lacrime riescono a lasciarmi sempre segni indelebili: la tua sensibilità mi colpisce ogni volta, Rob” – e gli diede un bacio sulla tempia destra.




Jared vomitò anche l’anima, un secondo dopo essersi rifugiato nei bagni del reparto, dove Colin stava riposando.

Avevano fatto colazione insieme, ma il cantante aveva accumulato una tensione tale, da non lasciargli scampo.

“Ehi come va?”

La voce di HIddleston gli arrivò nitida, nonostante la porta chiusa.

“Tom, sei tu?” – ansimò, ancora accovacciato sul water.

“Hai bisogno di aiuto? Aprimi per favore”

“No … Sì, ok, ma non sono un bello spettacolo” – e tirò lo sciacquone, risollevandosi lento, mentre toglieva il chiavistello, con le dita tremanti.

Il sorriso di Tom illuminò l’ambiente circostante e Jared sembrò cadere tra le sue braccia, altrettanto stanche e snervate, per la situazione dei rispettivi compagni.

“Coraggio Jay, questo periodo passerà” – provò a consolarlo il terapista, con aria triste.

L’arrivo di Reedus, sembrò spezzare qualcosa.

“Ehi ciao Norman” – lo salutò Tom, un po’ spiazzato, senza lasciare comunque andare via Jared dalle sue ali.

“Non volevo disturbarvi … Ciao Tom, c’è Chris che chiede di te ecco” – replicò in imbarazzo il poliziotto.

“Jared non si è sentito bene, ora vado”

Leto rimase zitto, poi si appoggiò ai lavabo – “Me la posso cavare, ti telefono più tardi Tom, vorrei parlare un po’ insieme a te, se puoi”

“Andiamo a pranzo al Dark Blue, così prendo qualcosa a Chris, prima che inizi il dosaggio pre – operatorio: sarà una tortura per lui mangiare ancora più sano e liquido” – spiegò in lieve agitazione.

“Ci troviamo da Brent e Louis all’una, ok?”

“Ok, a dopo … Ciao Norman, ci si vede”

“Sì, certo, arrivederci …”

Reedus e Leto rimasero da soli.

Senza guardarsi.

“Ho saputo di tuo marito” – esordì lo sbirro, stranamente impacciato, davanti ai fanali di zaffiro, riflessi nello specchio davanti a Jared.

“Non lo è … Lo diverrà di nuovo, alla vigilia di Natale” – e gli mostrò la fede, che Farrell gli aveva donato il giorno prima.

“Ok …” – Norman sorrise, prendendo una salvietta e porgendola al leader dei Mars.

“Grazie … Tu stai indagando su Mikkelsen e su Will?”

“Più o meno … Non posso parlare dei casi che sto seguendo”

“Non è il tipo di conversazioni che amo di più, in effetti, non temere” – anche Jared sorrise, più rilassato – “Torno da Cole, ti saluto”

“Sì, salve” – e si fece da parte, lasciandolo passare.




Mads si stava chiedendo se a Will, qualcuno, un giorno, in prigione, avrebbe imposto ciò che il suo compagno, adesso, gli stava invece donando con tanto amore.

Inginocchiato ai suoi piedi, rinchiusi in uno dei bagni padronali, al sicuro, per quindici minuti di intimità assoluta

Prima una doccia insieme, più intima nei gesti, di qualsiasi rapporto sessuale, anche se a farlo venire con la bocca, Graham era indescrivibile, per passione e bravura, subito dopo, sistemato su di un tappeto di spugna soffice e vaporosa.

Le dita del chirurgo, assicurate per milioni di dollari, mescolavano i suoi capelli corvini e Will si impegnava ancora di più, sentendosi al sicuro, accudito, amato, da Mikkelsen, in piena estasi, ma roso da quel dubbio orribile.

Il suo futuro consorte non doveva finire in prigione a vita o, peggio, a percorrere il miglio verde, per poi essere giustiziato, in qualche penitenziario californiano.
Lui non poteva permetterlo.
Assolutamente.

“Te tesoro … asp aspetta Will”

Un respiro più profondo e Mads lo sollevò, brandendogli le spalle magre per poi baciarlo.

“Vienimi dentro” – ansimò Will, collidendo con i loro visi, in una carezza madida e prolungata.

Ricaddero, stendendosi, per poi ricongiungersi.
All’infinito.




Jared sparse i crostini nella zuppa di verdure, che Louis gli aveva appena portato sorridendo, mentre per Tom aveva preparato un’insalata ricca di germogli di soia e gherigli di noci, associati a pomodori, lattuga, rucola, cetrioli, carote e mais, in un tripudio di tonalità, che mettevano allegria, nonostante il pessimo periodo.

“Stavano pestando Colin ed io ero in clinica, con Glam, capisci?”

Leto riprese il discorso, a tono basso, ma inquieto, guardando di tanto in tanto il suo interlocutore, che gli stava bucando l’anima con le proprie iridi celeste cielo ed il silenzio, della sua attenzione.

“Abbiamo …” – Jared tossì – “… abbiamo concepito la bambina, ecco”

“Avete raccolto il seme di Glam, per Stella, giusto?”

“Infatti, ma non è stato corretto, non è stato come doveva essere, Glam poteva pensarci da solo invece io ho avuto una delle mie brillanti idee!”

Hiddleston rise, masticando – “So che non dovrei, con quello che è capitato a Colin, ma sei così buffo, in queste tue esternazioni, Jay”

“Sono assurdo nelle mie azioni” – obiettò, passandosi le mani tra i capelli.

Tom inspirò – “Tu lo ami ancora così tanto”

“Non riesco a gestire un distacco definitivo”

“Da entrambi, direi, però loro non rinunciano a te, non danno un taglio netto al legame, che vi unisce, Colin vuole impalmarti per l’ennesima volta e”

“Nel senso che non c’è limite al peggio, Tom?” – bissò secco ed un po’ risentito.

“Mai detto questo” – il fisiatra sorrise mesto.

“Posso allora considerarlo un concorso di colpa: dovrei rinfrancarmi perché ho dei complici?”

“Tu sei amato, ma questa cosa, negli anni, sembra che ti abbia soffocato, anziché rinvigorirti e spronarti a dare il meglio di te, come essere umano Jared, non trovi?”

Leto inarcò un sopracciglio.

“Non sei il primo a dirmelo”

“Forse non esisteranno mai emozioni sufficienti a colmarti un vuoto interiore, che nessuno è stato in grado di superare, come ostacolo in ogni legame, che sei in grado di creare, con chiunque, facendo capitolare uomini come Geffen”

“Tu e lui avete un’amicizia speciale, vero Tommy?”

Hiddleston rise – “In principio è stata una burrasca, perché come paziente, Glam, si è rivelato un’autentica sfida, per me: rimetterlo in piedi, esortarlo a non mollare, con quel caratteraccio impaziente, è stata dura, credimi”

“E poi?” – la voce di Leto si fece dolce, contemplativa.

“Poi … Poi lui mi ha sempre un po’ corteggiato, non so spiegarti, non ha mai trasceso o detto frasi inopportune, ma ha sempre esternato una certa ammirazione, nei miei riguardi, è un tipo galante” – ed arrossì adorabile – “… Chris lo ha detestato parecchio, prima di cambiare idea e temo non l’abbia mai cambiata completamente!”

“Chris ucciderebbe per te e Luna, farebbe qualsiasi cosa”

“Anche Glam, per te, non ho dubbi”

L’artista si ammutolì, rivisitando mentalmente episodi ormai inghiottiti dal tempo.

“Forse tu e lui, sareste stati una coppia perfetta, Tom …”

“No, impossibile” – replicò netto.

“Credi?”

“Nessuno invaderà il suo cuore, come hai fatto tu Jared: peccato non riuscire ad apprezzarlo o semplicemente viverlo, questo amore, così intenso, così assoluto … Ora avrete questa bimba insieme? La riconoscerai anche tu? E a Colin come lo spiegherai? Non pensi di pretendere troppo, da lui?”


https://www.youtube.com/watch?v=Les39aIKbzE



Reedus passò alla residenza di Mikkelsen, per porre sia a lui che a Graham alcune domande di rito, prima dell’udienza, alla quale Will non avrebbe comunque partecipato.

Si trattava di un passaggio più che altro burocratico, con la revisione delle prove e la scelta della giuria, in un meccanismo in parte rinnovato dalla legge statunitense.

Per lui, fu quasi penoso vedere come Mads si stava congedando dal fidanzato, intento a coccolare i loro randagi, nel salone della villa, dove anche il resto degli agenti, ci rimaneva sempre più male, nel separare la coppia.

Certo potevano nascondere anche l’essenza di un mostro, dietro a quella patina di tenerezza, di sincero altruismo, di educazione innata, però era complicato non credere alla rispettiva buona fede e spontaneità.

“Tesoro è tardi, la squadra deve rientrare, avranno i loro impegni” – disse composto il più anziano, mentre Will si rialzava dal tappeto, dove quel rimescolio di zampe e code, lo stava ancora reclamando, come il cuore dell’uomo, che un tempo Graham disprezzava, seppure amandolo.

Un poliziotto gli si avvicinò, per ammanettarlo, come di consueto, ma il suo superiore lo bloccò – “No, lascia stare, il dottor Graham non farà sciocchezze, vero?”

“Assolutamente no … Ciao Mads, ci vediamo domani, ok?”

Si abbracciarono, castamente, ma qualcosa, nei loro occhi, spezzava l’anima a chi li stava osservando.
A Norman soprattutto.




Mark non sapeva dove mettere le mani, si sentiva impacciato come non mai, nell’attendere Niall, nell’androne di ingresso al planetario.

Intorno a sé, c’erano sculture particolari, teche con reperti lunari, video a rotazione sulle missioni, anche quelle recenti, verso Marte.

E poi la musica.
Era Mahler.

Scivolava lieve tra le pieghe dei suoi ricordi.
Quelli che lui avrebbe conservato, di Niall, per l’eternità.

L’atmosfera aveva un che di indefinibile, le sue pulsazioni sembravano galleggiare, mentre Horan stava tardando.
Forse non sarebbe arrivato mai, Pensò Ruffalo.

Sbagliando.

Quei passi leggeri, il suo profumo vibrante di note primaverili, in quel cammino verso l’inverno, lo destarono da una sorta di trance ad occhi aperti.

Quelli di Niall, adesso, erano puntati su di lui e si avvicinarono in un battito di ciglia, bagnate, tremolanti.

Mark le percepì nel proprio collo, stringendolo forte a sé.

§ Amore … §

No, non poteva dirglielo.
Non poteva con tante cose.

“Ciao piccolo” – gli uscì dalla gola, in un suono strozzato.

Quei maledetti violini, quei meravigliosi suoni, a colorare l’aria, dove non c’era più abbastanza ossigeno per respirare.

“Ciao Mark”

Il suo candore, era immutato.
Niall un angelo, per il quale nulla era mai stato semplice.

“Grazie per essere qui …”

“La tua lettera era bellissima … Mi ha colpito”

“Erano solo poche frasi, forse confuse” – balbettò il professore, tenendolo per le mani, mentre se ne stavano in piedi, speculari, davanti alla cartina delle galassie.

“No, anzi … Anch’io, comunque, ti vorrò bene per sempre Mark e, come per te, non riesco a farne a meno”

“Sono stato severo e”

“Ed io no?” – Horan sorrise, frammenti di stelle nei suoi occhi irrequieti – “… Non ti ho dato nemmeno una possibilità e tu sai di cosa parlo, vero?”

Ruffalo fece un cenno, poi lo avvolse, intorno alle spalle, portandolo ad accomodarsi sopra ad una panchina appartata.

“E se ricominciassimo da oggi, Niall? In un modo nuovo, senza cose non dette, a viso aperto, ecco”

“Sono d’accordo … Hai compreso le mie scelte, le hai metabolizzate a fatica, ma ci sei riuscito”

“L’ho messo nero su bianco, Niall, sono in terapia anche per questo, ma ne ho piena consapevolezza, credimi”

“In terapia? Mi dispiace se ti ho creato dei problemi”

“No, tu mi hai innescato dei dubbi, delle riflessioni, tesoro, non sentirti in colpa per questo, non devi” – replicò con tenerezza, dandogli un buffetto e poi un bacio fugace sulla guancia sinistra.

“Ti voglio bene Mark”

“Anch’io … così tanto, che neppure immagini”

Si riabbracciarono, commossi.

Se fosse stato possibile, forse avrebbero portato indietro le lancette di quell’orologio immaginario, che incede, sullo sfondo di ogni esistenza.
Forse.














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