Capitolo n 5 – life
Malik le aveva
gettate in un tombino, quando si lasciarono, mentre Tomlinson le conservava,
quasi gelosamente.
Le chiavi della
residenza di Lux.
Clotilde, la
governante, li accolse benevola, ricordandoli sempre e comunque, come i signorini Louis e Zayn.
I due salirono per
una doccia, dopo la quale si infilarono tra le lenzuola candite, griffate con
le iniziali del milionario, assente da Los Angeles, dal Natale precedente.
C’era nell’aria un
buon profumo, derivante dai potpourri sparsi ovunque, in ciotole d’argento e
porcellana, alcune delle quali acquistate da Vincent, proprio con i suoi acerbi
ex, ora avvinghiati a scrutarsi.
Malik abbassò le
difese, attaccando per primo, con un nuovo bacio, più profondo di quello
scambiato poche ore prima, dopo una nuotata nell’oceano, spiati da Jamie e
Kurt, ormai rientrati a casa.
Le rispettive
erezioni bagnate, si scontrarono, più torbide delle loro lingue.
Cominciarono ad
accarezzarsi, vicendevolmente e sempre più avidi, di respirarsi, senza più
congiungere le bocche, che da socchiuse si spalancarono, appena raggiunsero
l’orgasmo.
Insieme.
Addormentarsi, tra
quelle mura dov’erano stati felici, sembrò la cosa più naturale del mondo.
Un mondo, che
cominciava ad andare in varie direzioni, in quel luglio sempre più rovente.
Robert piombò nel
living di Palm Springs, dopo avere scoperto che i codici di sicurezza
all’entrata, non erano mai stati cambiati da Glam.
Glam che stava
arrivando dal corridoio, ancora non visto, in boxer e t-shirt neri, con un
bicchiere di latte e un piatto in plastica decorata con l’effige di Tom e
Jerry, colmo di biscotti.
Appena Downey lo
scorse, la sua voce crepitò in un silenzio ovattato, nella penombra creata
dall’avvocato stesso, per riposarsi accanto a Peter, in quel tardo pomeriggio,
nelle camere al piano terreno.
“Ok, dopo che ti avrò
detto ciò che penso Glam potrai sbattermi fuori oppure su di un letto, fino a
farmi piang” – esordì, paonazzo e tremante, prima che l’altro lo zittisse,
tamponandogli le labbra turgide con il palmo destro ed un’espressione strana.
“Rob taci, Peter sta
dormendo!” – gli ringhiò, ad un palmo dal naso.
Downey disse qualcosa
di incomprensibile, mentre Geffen inarcava il sopracciglio sinistro – “Che stai
dicendo, Rob?”
Il moro gli afferrò
il polso, senza però liberarsi da quel tocco caldo e speziato di buono.
Geffen rise piano –
“Perdonami”
“Peter chi?!” –
bisbigliò l’artista, stranito.
“Il mio …” – Geffen
esitò, spiazzato dalla sorpresa di averlo lì.
“Papi chi è …?”
La vocina di Pepe
pigolò alle sue spalle, mentre il bimbo si strofinava le guance pienotte, con
le dita fuori per metà, dalle maniche di un pigiamino troppo comodo per la sua
figura ancora esile.
“E’ zio Robert … E’ …
E’ Robert, tesoro, non preoccuparti …” – glielo presentò con un moto di
tenerezza, raggiungendolo insieme a Downey, tenendo questi per mano.
“Ciao … Non volevo
disturbarti … Peter” – e gli sorrise amorevole.
“Sei un amico del mio
papà?” – domandò lui simpatico.
“Sì … Volevo sapere
come stava” – disse come seguendo un istinto, arrendendosi a quell’amore a
prima vista, nell’osservare Peter e la sua spiccata devozione per Geffen.
“Dormi con noi anche
tu, zio? Facevamo un riposino, perché io non riesco ad imparare le doppie” – e
rise.
Così Geffen.
“Vedrai che faremo
progressi con l’alfabeto e la grammatica” – lo confortò.
Downey scrutò
entrambi, non senza celare la sua emozione, mai venuta meno verso quei sogni,
rimasti irrealizzati.
“Rimango finché non
ti addormenti, ok Peter?”
“Se mi chiami Pepe,
mi piace di più! Ok per la nanna!” – esclamò vispo, prendendo anche lui per
mano, mettendosi nel mezzo, mentre con l’altra afferrava quella di Glam.
I tre camminarono
quasi sincroni verso il giaciglio ancora disfatto e carico di peluche di ogni sorta,
allungandosi, mantenendo la stessa disposizione.
Peter si rannicchiò
verso Glam, mentre Rob provvedeva a raccogliergli i piedini in un pile, un
tempo usato da Lula e riposto nel medesimo cassetto, dal quale lo prese, non
senza una minima incertezza, sentendosi osservato.
I turchesi di Geffen,
erano comunque affettuosi, così la carezza, che, commosso, diede a Downey,
appena tornarono a stendersi.
“Grazie Robert …”
Fu un sussurro,
carico d’amore ed appartenenza, come se nulla fosse mutato tra loro, in uno
scambio profondo, a cui nessuno poteva accedere.
Tranne loro.
Hopper rincasò prima,
trovando Jam a combattere con carote, azuki rossi e lattuga fresca, con l’intenzione
di preparare un piatto vegan, suggeritogli da Jared, durante una cena, mesi
prima alla End House.
“Ehi tesoro, che
combini?”
“Niente” – lo tagliò
secco, ridandogli le spalle, per lavare le verdure e scolare cereali e legumi,
a completare quel miscuglio “per capre”, come
lo definì Marc, ridacchiando, mentre si versava un Martini.
“E allora non
mangiarlo”
“Che ti prende Jamie,
giornata storta?” – domandò perplesso il legale, togliendosi giacca e cravatta,
il che fece pensare al compagno, che Hopper si fosse cambiato di nuovo per
tornare in tribunale, dopo l’incontro con Jimmy.
“Puoi dirlo forte!” –
e lo affrontò, senza più rimandare.
I figli erano da
Antonio, come il resto dei cuginetti, per la prima festa nel parco, che il
nonno organizzava ad ogni luglio.
“Ok Jam … parliamone …”
– bissò cauto ed ignaro della tempesta, che gli stava per piombare addosso.
“Non ci girerò
intorno, Marc, puoi giurarci! Da quanto tempo te lo scopi?!”
Le sue iridi azzurro
ghiaccio si imperlarono di lacrime: la tensione lo stava come soffocando.
Hopper posò il
bicchiere, tamburellando l’indice ed il medio sul ripiano della penisola in
cucina: “Chi dovrei scoparmi, Jam, escludendo i presenti?”
“Non mi intorti con
le tue battute, non prendermi per il culo, più di quanto TU non abbia già
fatto, pavoneggiandoti intorno a Jimmy!!” – gli urlò letteralmente a muso duro.
Ed a pochi centimetri
dal naso.
“Jimmy?!”
Marc rise di gusto.
“Sì, il fidanzato di
Scott!” – e strinse i pugni.
Hopper lo afferrò per
le spalle magre, baciandolo veemente.
Jamie provò a
divincolarsi ed a resistere, ma, ormai in lacrime, si arrese all’energia del
consorte, lasciandosi avvolgere, mentre precipitavano fluidi verso il parquet,
dove Marc iniziò a spogliarlo.
“Non … io non voglio …”
– gli gemette nel collo il ballerino, sentendosi toccare dappertutto.
Ancora un sussulto,
tra le sue gambe asciutte ed allenate, mentre ogni fibra in Jam si stava come
dissolvendo, in umori e spasmi, acuiti dal passaggio delle falangi di Hopper,
al suo sesso turgido ed esagerato, da un’eccitazione incontenibile.
Al contrario del suo piccolo, Hopper si calò appena i
pantaloni, facendo tintinnare la fibbia della cintura, sul pavimento lucido,
cadenzando un ritmo sinergico a quello che anche Jam ritrovò presto, così
simbiotico con quello del suo uomo, prestante e bellissimo, con la casacca
aperta sul suo busto, già madido di sudore.
Una visione estatica,
a cui Jamie non avrebbe rinunciato mai.
“Co come hai potuto
credere che io …” – quasi balbettò Hopper, pronto a svuotarsi in lui – “Che io
mi scopassi Jimmy?” – gli ruggì nell’orecchio sinistro, bagnandolo dentro e
fuori.
“Mioddioo Marc …!”
“Stai zitto …! Taci …
taci altrimenti” – e lo baciò prepotente ed adorabile, al cuore di Jamie.
I loro respiri si
accavallarono.
“Jimmy e Scott
vogliono adottare un bambino” – ansimò – “Ed io ho preparato il dossier, senza
intoppi … Sono pronti al grande passo” – e sorrise, baciando sul naso il
marito, paonazzo e non solo per l’orgasmo appena raggiunto.
“Marc io …”
Hopper gli scompigliò
i capelli fradici, come il resto – “E poi dove ci hai visti, in spiaggia forse?
Con chi eri, cosa ci facevi TU lì?” – e finse un’incazzatura improbabile.
“Io … io ero”
“Con Kurt?!” – e trattenne
a stento una risata.
“Ci andiamo di rado,
per abbronzarci, è un posticino tranquillo” – si affrettò a precisare Jamie.
“Ed appartato, tra
gli scogli, vero?” – e cominciò a fargli il solletico.
“Marc non resisto, lo
sai, miseria!!” – e si azzuffarono.
Innamorati più che
mai.
“Devo andare Glam …
Peter è nel mondo dei sogni …”
“Lo vedo …” – Geffen sorrise,
a tono basso, come quello di Downey.
Le loro dita erano
ancora intrecciate, sopra la testolina del bimbo.
“Ha … ha gli occhi
come quelli di Jay”
“Ed i tuoi capelli,
lo so Robert” – e si sollevò, portandosi con sé l’attore, per poi accoglierlo
in un abbraccio dolce e premuroso.
Rimasero fermi, per
un istante interminabile.
“Lui … lui poteva
essere il nostro …” – Downey non trovava il coraggio di dirlo.
Glam lo fissò, poi
gli diede un bacio.
Dei
suoi.
Totali,
destabilizzanti.
Capaci di fermare il
tempo.
E la ragione.
GLAM
ROBERT
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