giovedì 28 agosto 2014

LIFE - CAPITOLO N. 5

Capitolo n 5 – life



Malik le aveva gettate in un tombino, quando si lasciarono, mentre Tomlinson le conservava, quasi gelosamente.

Le chiavi della residenza di Lux.

Clotilde, la governante, li accolse benevola, ricordandoli sempre e comunque, come i signorini Louis e Zayn.

I due salirono per una doccia, dopo la quale si infilarono tra le lenzuola candite, griffate con le iniziali del milionario, assente da Los Angeles, dal Natale precedente.

C’era nell’aria un buon profumo, derivante dai potpourri sparsi ovunque, in ciotole d’argento e porcellana, alcune delle quali acquistate da Vincent, proprio con i suoi acerbi ex, ora avvinghiati a scrutarsi.

Malik abbassò le difese, attaccando per primo, con un nuovo bacio, più profondo di quello scambiato poche ore prima, dopo una nuotata nell’oceano, spiati da Jamie e Kurt, ormai rientrati a casa.

Le rispettive erezioni bagnate, si scontrarono, più torbide delle loro lingue.

Cominciarono ad accarezzarsi, vicendevolmente e sempre più avidi, di respirarsi, senza più congiungere le bocche, che da socchiuse si spalancarono, appena raggiunsero l’orgasmo.
Insieme.

Addormentarsi, tra quelle mura dov’erano stati felici, sembrò la cosa più naturale del mondo.
Un mondo, che cominciava ad andare in varie direzioni, in quel luglio sempre più rovente.



Robert piombò nel living di Palm Springs, dopo avere scoperto che i codici di sicurezza all’entrata, non erano mai stati cambiati da Glam.

Glam che stava arrivando dal corridoio, ancora non visto, in boxer e t-shirt neri, con un bicchiere di latte e un piatto in plastica decorata con l’effige di Tom e Jerry, colmo di biscotti.

Appena Downey lo scorse, la sua voce crepitò in un silenzio ovattato, nella penombra creata dall’avvocato stesso, per riposarsi accanto a Peter, in quel tardo pomeriggio, nelle camere al piano terreno.

“Ok, dopo che ti avrò detto ciò che penso Glam potrai sbattermi fuori oppure su di un letto, fino a farmi piang” – esordì, paonazzo e tremante, prima che l’altro lo zittisse, tamponandogli le labbra turgide con il palmo destro ed un’espressione strana.

“Rob taci, Peter sta dormendo!” – gli ringhiò, ad un palmo dal naso.

Downey disse qualcosa di incomprensibile, mentre Geffen inarcava il sopracciglio sinistro – “Che stai dicendo, Rob?”

Il moro gli afferrò il polso, senza però liberarsi da quel tocco caldo e speziato di buono.

Geffen rise piano – “Perdonami”

“Peter chi?!” – bisbigliò l’artista, stranito.

“Il mio …” – Geffen esitò, spiazzato dalla sorpresa di averlo lì.

“Papi chi è …?”

La vocina di Pepe pigolò alle sue spalle, mentre il bimbo si strofinava le guance pienotte, con le dita fuori per metà, dalle maniche di un pigiamino troppo comodo per la sua figura ancora esile.

“E’ zio Robert … E’ … E’ Robert, tesoro, non preoccuparti …” – glielo presentò con un moto di tenerezza, raggiungendolo insieme a Downey, tenendo questi per mano.

“Ciao … Non volevo disturbarti … Peter” – e gli sorrise amorevole.

“Sei un amico del mio papà?” – domandò lui simpatico.

“Sì … Volevo sapere come stava” – disse come seguendo un istinto, arrendendosi a quell’amore a prima vista, nell’osservare Peter e la sua spiccata devozione per Geffen.

“Dormi con noi anche tu, zio? Facevamo un riposino, perché io non riesco ad imparare le doppie” – e rise.

Così Geffen.

“Vedrai che faremo progressi con l’alfabeto e la grammatica” – lo confortò.

Downey scrutò entrambi, non senza celare la sua emozione, mai venuta meno verso quei sogni, rimasti irrealizzati.

“Rimango finché non ti addormenti, ok Peter?”

“Se mi chiami Pepe, mi piace di più! Ok per la nanna!” – esclamò vispo, prendendo anche lui per mano, mettendosi nel mezzo, mentre con l’altra afferrava quella di Glam.

I tre camminarono quasi sincroni verso il giaciglio ancora disfatto e carico di peluche di ogni sorta, allungandosi, mantenendo la stessa disposizione.

Peter si rannicchiò verso Glam, mentre Rob provvedeva a raccogliergli i piedini in un pile, un tempo usato da Lula e riposto nel medesimo cassetto, dal quale lo prese, non senza una minima incertezza, sentendosi osservato.

I turchesi di Geffen, erano comunque affettuosi, così la carezza, che, commosso, diede a Downey, appena tornarono a stendersi.

“Grazie Robert …”

Fu un sussurro, carico d’amore ed appartenenza, come se nulla fosse mutato tra loro, in uno scambio profondo, a cui nessuno poteva accedere.

Tranne loro.



Hopper rincasò prima, trovando Jam a combattere con carote, azuki rossi e lattuga fresca, con l’intenzione di preparare un piatto vegan, suggeritogli da Jared, durante una cena, mesi prima alla End House.

“Ehi tesoro, che combini?”

“Niente” – lo tagliò secco, ridandogli le spalle, per lavare le verdure e scolare cereali e legumi, a completare quel miscuglio “per capre”, come lo definì Marc, ridacchiando, mentre si versava un Martini.

“E allora non mangiarlo”

“Che ti prende Jamie, giornata storta?” – domandò perplesso il legale, togliendosi giacca e cravatta, il che fece pensare al compagno, che Hopper si fosse cambiato di nuovo per tornare in tribunale, dopo l’incontro con Jimmy.

“Puoi dirlo forte!” – e lo affrontò, senza più rimandare.

I figli erano da Antonio, come il resto dei cuginetti, per la prima festa nel parco, che il nonno organizzava ad ogni luglio.

“Ok Jam … parliamone …” – bissò cauto ed ignaro della tempesta, che gli stava per piombare addosso.

“Non ci girerò intorno, Marc, puoi giurarci! Da quanto tempo te lo scopi?!”

Le sue iridi azzurro ghiaccio si imperlarono di lacrime: la tensione lo stava come soffocando.

Hopper posò il bicchiere, tamburellando l’indice ed il medio sul ripiano della penisola in cucina: “Chi dovrei scoparmi, Jam, escludendo i presenti?”

“Non mi intorti con le tue battute, non prendermi per il culo, più di quanto TU non abbia già fatto, pavoneggiandoti intorno a Jimmy!!” – gli urlò letteralmente a muso duro.

Ed a pochi centimetri dal naso.

“Jimmy?!”

Marc rise di gusto.

“Sì, il fidanzato di Scott!” – e strinse i pugni.

Hopper lo afferrò per le spalle magre, baciandolo veemente.

Jamie provò a divincolarsi ed a resistere, ma, ormai in lacrime, si arrese all’energia del consorte, lasciandosi avvolgere, mentre precipitavano fluidi verso il parquet, dove Marc iniziò a spogliarlo.

“Non … io non voglio …” – gli gemette nel collo il ballerino, sentendosi toccare dappertutto.

Ancora un sussulto, tra le sue gambe asciutte ed allenate, mentre ogni fibra in Jam si stava come dissolvendo, in umori e spasmi, acuiti dal passaggio delle falangi di Hopper, al suo sesso turgido ed esagerato, da un’eccitazione incontenibile.

Al contrario del suo piccolo, Hopper si calò appena i pantaloni, facendo tintinnare la fibbia della cintura, sul pavimento lucido, cadenzando un ritmo sinergico a quello che anche Jam ritrovò presto, così simbiotico con quello del suo uomo, prestante e bellissimo, con la casacca aperta sul suo busto, già madido di sudore.

Una visione estatica, a cui Jamie non avrebbe rinunciato mai.

“Co come hai potuto credere che io …” – quasi balbettò Hopper, pronto a svuotarsi in lui – “Che io mi scopassi Jimmy?” – gli ruggì nell’orecchio sinistro, bagnandolo dentro e fuori.

“Mioddioo Marc …!”

“Stai zitto …! Taci … taci altrimenti” – e lo baciò prepotente ed adorabile, al cuore di Jamie.

I loro respiri si accavallarono.

“Jimmy e Scott vogliono adottare un bambino” – ansimò – “Ed io ho preparato il dossier, senza intoppi … Sono pronti al grande passo” – e sorrise, baciando sul naso il marito, paonazzo e non solo per l’orgasmo appena raggiunto.

“Marc io …”

Hopper gli scompigliò i capelli fradici, come il resto – “E poi dove ci hai visti, in spiaggia forse? Con chi eri, cosa ci facevi TU lì?” – e finse un’incazzatura improbabile.

“Io … io ero”

“Con Kurt?!” – e trattenne a stento una risata.

“Ci andiamo di rado, per abbronzarci, è un posticino tranquillo” – si affrettò a precisare Jamie.

“Ed appartato, tra gli scogli, vero?” – e cominciò a fargli il solletico.

“Marc non resisto, lo sai, miseria!!” – e si azzuffarono.

Innamorati più che mai.



“Devo andare Glam … Peter è nel mondo dei sogni …”

“Lo vedo …” – Geffen sorrise, a tono basso, come quello di Downey.

Le loro dita erano ancora intrecciate, sopra la testolina del bimbo.

“Ha … ha gli occhi come quelli di Jay”

“Ed i tuoi capelli, lo so Robert” – e si sollevò, portandosi con sé l’attore, per poi accoglierlo in un abbraccio dolce e premuroso.

Rimasero fermi, per un istante interminabile.

“Lui … lui poteva essere il nostro …” – Downey non trovava il coraggio di dirlo.

Glam lo fissò, poi gli diede un bacio.

Dei suoi.

Totali, destabilizzanti.

Capaci di fermare il tempo.
E la ragione.



 MARC AND JAMIE
 GLAM

ROBERT





Nessun commento:

Posta un commento