Capitolo n. 2 – life
Jared staccò con
delicatezza, la sua bocca dalla propria.
Kevin tremò.
Si erano chiusi in
auto, nel parcheggio della pizzeria ormai deserta.
Avevano persino
cantato un paio di pezzi, per fare una cortesia al ristoratore, amico di
vecchia data, scroccando così la cena vegana, ma innaffiata da un ottimo vino
bianco di Sicilia.
“E’ … è sbagliato,
non … Non cadiamo in questa cosa, ti prego” – disse debole il cantante, come
mortificato.
“Scusami Jay …” – a
fiato corto, Kevin si separò del tutto da lui, tornandosene in ordine al posto
del passeggero, rivalicando il pomello del cambio e la leva del freno.
Geffen, in piedi nel
mezzo di quella stanza dai colori finti, la scostò da sé bruscamente, facendola
barcollare sulle ginocchia, che un po’ le dolevano da alcuni minuti.
“Non sei capace di
fare neppure un lavoretto decente” – sbottò scostante l’uomo, tornando verso il
giaciglio a baldacchino, dove un giovane, che chiamava lei Candy, non senza ridere per la battuta volgare di Glam, se ne
stava a pancia in giù, nudo come gli altri due.
“Spostati”
“Ok boss, non
incazzarti anche con me, se la scema oggi
è una frana” – replicò il ragazzino con aria sfacciata, cominciando a
massaggiare l’ampia schiena dell’avvocato, sempre più cupo negli sguardi.
Candy li mandò al
diavolo, non senza mettersi quasi a piangere.
“Oh Cristo che lagna”
– sbuffò Geffen, in crisi di noia perenne, almeno all’apparenza.
Tutto lo stancava.
E tutti.
“Se vuoi ci penso io
a te ed a quell’affare, che ti ritrovi tra le gambe, Mr. La legge sono io”
“Randy o come cazzo ti
chiami, dacci un taglio, ok?”
“Ok Glam, scusami …
Sei nervoso per il tuo divorzio? L’ho letto su Twitter” – e rise ancora.
“I social sono solo
merda” – mormorò assorto, pensando a tutte le foto che spiava nel profilo di
Jared e non solo.
I selfie del leader
dei Mars erano sempre interessanti e confermavano una ritrovata serenità
insieme al compagno di una vita.
Colin Farrell
accostò, non senza strisciare la ruota anteriore sinistra, contro il
marciapiede del viale centrale, alla End House.
“Oh miseria”
“Ehi, il solito
capogiro?” – domandò Law premuroso, passandogli una bottiglietta di Evian.
“Grazie … Sì, non
riesco a risolvere questa cosa, dopo l’influenza della settimana scorsa”
“Ora bevi e scendi a
prendere una boccata d’aria” – replicò l’inglese, sorridendo, mentre apriva la
portiera.
“Andiamo pure in casa
Jude, voglio rivedere il girato sul tablet”
“Sei diventato un
perfezionista irish buddy” – puntualizzò il consorte di Downey, prendendo sotto
braccio l’amico del cuore, con cui aveva registrato un episodio all’interno di
un nuovo film di avventura.
Un progetto, che li
aveva coinvolti dal febbraio, impegnandoli non senza qualche intoppo, per la
salute un po’ cagionevole di Farrell.
Jared corse loro
incontro, stringendo a sé il consorte, baciandolo intenso.
“Come è andata oggi
amore?” – chiese dolce, allacciandosi a lui, mentre Jude si metteva da parte.
“Abbastanza bene … Ed
i bimbi?”
“Sparsi ovunque, a
giocare” – Leto sorrise.
“Ok entriamo, ho
bisogno di mangiare qualcosa …”
“Miss Wong ha
preparato dieci tipi di riso …”
“Ed io che volevo la
pasta” – Colin rise, finalmente.
Geffen si rialzò
brusco – “Devo andare, toglietevi di torno”
Randy e Candy, come
soldatini ubbidienti, svanirono alle sue spalle, mentre Glam si stava
rivestendo veloce.
Pensò che non sarebbe
più tornato in quel posto, frequentato da mesi.
La porta si riaprì e
lui alzò gli occhi al soffitto – “Cosa non vi è chiaro nella frase toglietevi di torno, eh?!” – ruggì,
voltandosi.
Robert si appoggiò
all’uscio, dopo averlo richiuso, con un colpo secco.
“Non saprei Glam,
chiedilo a loro”
Era da un pezzo che
non si incontravano.
Era dal ritorno da
Haiti.
Geffen inclinò la
testa, come spesso accadeva, quando scrutava Downey.
“Questa sì che è una
sorpresa … Tu che bazzichi questo bordello di lusso, Rob” – e si sfilò
nuovamente la camicia, indossando un pullover di cotone chiaro, direttamente
sulle pelle abbronzata.
Il suo busto era
allenato, massiccio, come il resto, che non poteva non impressionare in un
certo modo Robert, ora muto a fissarlo.
“Il titolare è un mio
vecchio conoscente, faceva il produttore negli anni ottanta” – spiegò il moro,
senza scomporsi, almeno in superficie.
Le pulsazioni gli
stavano crepitando nella nuca, dove Geffen posò le sue dita, una volta azzerata
la distanza.
“Holmes ha indagato e
mi ha scovato, ottimo lavoro detective” – sibilò, segnandogli gli zigomi con i
pollici, profumati di fresco.
“Piantala Glam ed
andiamocene da qui” – deglutì a vuoto, ma senza muoversi.
Avrebbe voluto
abbracciarlo, dirgli quanto gli volesse ancora bene e di smetterla di
comportarsi da stronzo, anche se Downey non poteva che giustificarlo.
“Andarcene dove,
esattamente, Rob?” – e tornò verso il divano, accomodandosi, per calzare i
costosi mocassini.
“Facciamo un giro,
parliamo un po’ …” – propose incerto.
“Di cosa?”
“Di come questa
situazione ci sia sfuggita di mano, di come recuperarla!” – ribatté come
esasperato dalla tensione.
Geffen gli incuteva
timore, perché divenuto indecifrabile, per lui che lo conosceva come nessuno.
“Ora che mi sono
liberato di voi, credi davvero che voglia ricascarci?”
“Tu non lo puoi
pensare davvero Glam …”
“TU invece non sai
più niente di ME!” – bissò acre.
“So che stai
soffrendo … almeno quanto il sottoscritto” – affermò dignitoso, ma a mezza
voce.
“E se ti dicessi che
il mio unico pensiero, adesso, è quello di sbatterti su quel letto e scoparti
sino a farti piangere, Rob?” – sorrise beffardo.
Downey si ammutolì.
Tutto gli faceva
male, dai turchesi di Geffen, che lo stavano giudicando, per averlo abbandonato
quanto gli altri, alle sue pause accusatorie e feroci, dove il silenzio
sembrava attendere l’ennesimo affondo o la definitiva resa.
“Io non esisto più
Robert: fattene una ragione” – e se ne andò.
“Come sta Kevin …?”
Coin lo chiese
rimestando le verdure nel piatto.
Jared aveva notato
questa sua inappetenza, attribuendola agli effetti collaterali della recente
cura a base di antibiotici.
“Abbiamo mangiato una
pizza, dopo averlo trascinato via dalla camera di Lula”
“Non gli passerà mai”
– disse sconsolato, allontanando gli intingoli di Miss Wong, da sotto il naso.
“Hai la nausea Cole?”
“Un po’ … E’ l’emicrania”
“Devi fare la tac
periodica”
Jude non spiaccicava
una sillaba, altrettanto in ansia per Farrell.
Ricordare l’ictus,
che lo aveva colpito anni prima, lo spaventava a morte.
“Sì, certo, ci
andiamo domani giusto?”
“No, lunedì, domani c’è
il saggio di danza di Violet” – Leto sorrise.
“La nostra cucciola
si è ripresa dopo la scomparsa di soldino, dice che Lula veglia su di lei …”
“Come un angelo
custode?” – domandò Law.
Jared annuì,
commuovendosi.
Il loft era deserto.
Pamela se n’era
andata sul serio.
Geffen diede di
stomaco, poi crollò davanti al camino spento: quella casa, dove si era trasferito
con la ormai ex moglie, era all’ultimo piano di un grattacielo moderno, vista
oceano.
Un luogo nuovo, dove
non avevano trovato alcuna gioia.
Le foto erano come
proibite, qualsiasi ricordo od immagine del passato.
Tranne che in una
stanza.
“Ci si chiudeva
dentro quasi ogni sera, in principio almeno …”
Pam lo rivelò non
senza adombrarsi.
Brendan l’ascoltava
attento, così il resto del gruppo.
Si riunivano nel suo
studio al giovedì, dopo cena.
Laurie non si faceva
problemi a riceverli fuori orario, mentre Brent era al ristorante, sino verso
mezzanotte.
Lo psicologo andava a
prenderlo alla chiusura, mangiando qualcosa insieme a lui, nonostante fosse
tardi: un’abitudine che Brendan adorava, come il suo acerbo sposo.
“Una volta Glam si è
scordato di girare la chiave a doppia mandata” – Pam sorrise mesta – “E così l’ho
spiato, come una ladra … Accasciato in un angolo, con un video di Lula sul
monitor del pc, centinaia di sue istantanee ovunque … Le pareti insonorizzate mi
hanno sempre impedito di ascoltare il suo dolore … E’ stato atroce, come se gli
strappassero il cuore dal petto …”
Downey impallidì e
Jared si rannicchiò in poltrona, mangiandosi nervosamente le unghie.
Colin non si era
unito a loro, perché troppo stanco.
Jude aveva
accompagnato Leto, dopo avere incontrato Robert nel parcheggio sottostante le
finestre, alle quali Kevin rimaneva affacciato, dall’inizio della seduta.
“Sei pasti al giorno,
il personal trainer che andava e veniva, alternandosi a Scott: vederlo come
rinascere, tornando il bellimbusto di un tempo” – la donna sembrò diventare
malinconica, ma non triste.
Lo amava ancora, era
così evidente.
“Ha un demone in
corpo” – la interruppe flebile Kevin.
“E’ disperato quanto
noi!” – Robert sembrò affrontarlo, con quel sottile intento di dargli la colpa,
per ciò che era avvenuto: erano rimasti tutti dalla parte del bassista, per poi
pentirsene, senza il coraggio di ammetterlo.
“Tu sei il solito
cane, che elemosinerebbe una carezza da Glam, anche dopo avere ricevuto uno
sputo in faccia, Robert!!” – gli urlò il musicista.
Law si pose tra loro –
“Smettetela … Vi prego”
“Io me ne vado, non
ho bisogno di queste riunioni del cazzo per riavvicinarmi a Glam! Perché è
questo che vorremmo, ma nessuno tira fuori le palle e prova a chiedergli scusa!”
– sbraitò Downey, infilando il corridoio, per fuggire via.
Forse anche da Jude,
che mai lo aveva esortato a riportare Geffen nelle loro esistenze, per ovvie
ragioni.
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