lunedì 18 agosto 2014

LIFE - CAPITOLO N. 2

Capitolo n. 2 – life



Jared staccò con delicatezza, la sua bocca dalla propria.

Kevin tremò.

Si erano chiusi in auto, nel parcheggio della pizzeria ormai deserta.

Avevano persino cantato un paio di pezzi, per fare una cortesia al ristoratore, amico di vecchia data, scroccando così la cena vegana, ma innaffiata da un ottimo vino bianco di Sicilia.

“E’ … è sbagliato, non … Non cadiamo in questa cosa, ti prego” – disse debole il cantante, come mortificato.

“Scusami Jay …” – a fiato corto, Kevin si separò del tutto da lui, tornandosene in ordine al posto del passeggero, rivalicando il pomello del cambio e la leva del freno.



Geffen, in piedi nel mezzo di quella stanza dai colori finti, la scostò da sé bruscamente, facendola barcollare sulle ginocchia, che un po’ le dolevano da alcuni minuti.

“Non sei capace di fare neppure un lavoretto decente” – sbottò scostante l’uomo, tornando verso il giaciglio a baldacchino, dove un giovane, che chiamava lei Candy, non senza ridere per la battuta volgare di Glam, se ne stava a pancia in giù, nudo come gli altri due.

“Spostati”

“Ok boss, non incazzarti anche con me, se la scema oggi è una frana” – replicò il ragazzino con aria sfacciata, cominciando a massaggiare l’ampia schiena dell’avvocato, sempre più cupo negli sguardi.

Candy li mandò al diavolo, non senza mettersi quasi a piangere.

“Oh Cristo che lagna” – sbuffò Geffen, in crisi di noia perenne, almeno all’apparenza.

Tutto lo stancava.
E tutti.

“Se vuoi ci penso io a te ed a quell’affare, che ti ritrovi tra le gambe, Mr. La legge sono io”

“Randy o come cazzo ti chiami, dacci un taglio, ok?”

“Ok Glam, scusami … Sei nervoso per il tuo divorzio? L’ho letto su Twitter” – e rise ancora.

“I social sono solo merda” – mormorò assorto, pensando a tutte le foto che spiava nel profilo di Jared e non solo.

I selfie del leader dei Mars erano sempre interessanti e confermavano una ritrovata serenità insieme al compagno di una vita.



Colin Farrell accostò, non senza strisciare la ruota anteriore sinistra, contro il marciapiede del viale centrale, alla End House.

“Oh miseria”

“Ehi, il solito capogiro?” – domandò Law premuroso, passandogli una bottiglietta di Evian.

“Grazie … Sì, non riesco a risolvere questa cosa, dopo l’influenza della settimana scorsa”

“Ora bevi e scendi a prendere una boccata d’aria” – replicò l’inglese, sorridendo, mentre apriva la portiera.

“Andiamo pure in casa Jude, voglio rivedere il girato sul tablet”

“Sei diventato un perfezionista irish buddy” – puntualizzò il consorte di Downey, prendendo sotto braccio l’amico del cuore, con cui aveva registrato un episodio all’interno di un nuovo film di avventura.

Un progetto, che li aveva coinvolti dal febbraio, impegnandoli non senza qualche intoppo, per la salute un po’ cagionevole di Farrell.

Jared corse loro incontro, stringendo a sé il consorte, baciandolo intenso.

“Come è andata oggi amore?” – chiese dolce, allacciandosi a lui, mentre Jude si metteva da parte.

“Abbastanza bene … Ed i bimbi?”

“Sparsi ovunque, a giocare” – Leto sorrise.

“Ok entriamo, ho bisogno di mangiare qualcosa …”

“Miss Wong ha preparato dieci tipi di riso …”

“Ed io che volevo la pasta” – Colin rise, finalmente.



Geffen si rialzò brusco – “Devo andare, toglietevi di torno”

Randy e Candy, come soldatini ubbidienti, svanirono alle sue spalle, mentre Glam si stava rivestendo veloce.

Pensò che non sarebbe più tornato in quel posto, frequentato da mesi.

La porta si riaprì e lui alzò gli occhi al soffitto – “Cosa non vi è chiaro nella frase toglietevi di torno, eh?!” – ruggì, voltandosi.

Robert si appoggiò all’uscio, dopo averlo richiuso, con un colpo secco.

“Non saprei Glam, chiedilo a loro”


Era da un pezzo che non si incontravano.

Era dal ritorno da Haiti.

Geffen inclinò la testa, come spesso accadeva, quando scrutava Downey.

“Questa sì che è una sorpresa … Tu che bazzichi questo bordello di lusso, Rob” – e si sfilò nuovamente la camicia, indossando un pullover di cotone chiaro, direttamente sulle pelle abbronzata.

Il suo busto era allenato, massiccio, come il resto, che non poteva non impressionare in un certo modo Robert, ora muto a fissarlo.

“Il titolare è un mio vecchio conoscente, faceva il produttore negli anni ottanta” – spiegò il moro, senza scomporsi, almeno in superficie.

Le pulsazioni gli stavano crepitando nella nuca, dove Geffen posò le sue dita, una volta azzerata la distanza.

“Holmes ha indagato e mi ha scovato, ottimo lavoro detective” – sibilò, segnandogli gli zigomi con i pollici, profumati di fresco.

“Piantala Glam ed andiamocene da qui” – deglutì a vuoto, ma senza muoversi.

Avrebbe voluto abbracciarlo, dirgli quanto gli volesse ancora bene e di smetterla di comportarsi da stronzo, anche se Downey non poteva che giustificarlo.

“Andarcene dove, esattamente, Rob?” – e tornò verso il divano, accomodandosi, per calzare i costosi mocassini.

“Facciamo un giro, parliamo un po’ …” – propose incerto.

“Di cosa?”

“Di come questa situazione ci sia sfuggita di mano, di come recuperarla!” – ribatté come esasperato dalla tensione.

Geffen gli incuteva timore, perché divenuto indecifrabile, per lui che lo conosceva come nessuno.

“Ora che mi sono liberato di voi, credi davvero che voglia ricascarci?”

“Tu non lo puoi pensare davvero Glam …”

“TU invece non sai più niente di ME!” – bissò acre.

“So che stai soffrendo … almeno quanto il sottoscritto” – affermò dignitoso, ma a mezza voce.

“E se ti dicessi che il mio unico pensiero, adesso, è quello di sbatterti su quel letto e scoparti sino a farti piangere, Rob?” – sorrise beffardo.

Downey si ammutolì.
Tutto gli faceva male, dai turchesi di Geffen, che lo stavano giudicando, per averlo abbandonato quanto gli altri, alle sue pause accusatorie e feroci, dove il silenzio sembrava attendere l’ennesimo affondo o la definitiva resa.

“Io non esisto più Robert: fattene una ragione” – e se ne andò.



“Come sta Kevin …?”
Coin lo chiese rimestando le verdure nel piatto.

Jared aveva notato questa sua inappetenza, attribuendola agli effetti collaterali della recente cura a base di antibiotici.

“Abbiamo mangiato una pizza, dopo averlo trascinato via dalla camera di Lula”

“Non gli passerà mai” – disse sconsolato, allontanando gli intingoli di Miss Wong, da sotto il naso.

“Hai la nausea Cole?”

“Un po’ … E’ l’emicrania”

“Devi fare la tac periodica”

Jude non spiaccicava una sillaba, altrettanto in ansia per Farrell.

Ricordare l’ictus, che lo aveva colpito anni prima, lo spaventava a morte.

“Sì, certo, ci andiamo domani giusto?”

“No, lunedì, domani c’è il saggio di danza di Violet” – Leto sorrise.

“La nostra cucciola si è ripresa dopo la scomparsa di soldino, dice che Lula veglia su di lei …”

“Come un angelo custode?” – domandò Law.

Jared annuì, commuovendosi.



Il loft era deserto.

Pamela se n’era andata sul serio.

Geffen diede di stomaco, poi crollò davanti al camino spento: quella casa, dove si era trasferito con la ormai ex moglie, era all’ultimo piano di un grattacielo moderno, vista oceano.

Un luogo nuovo, dove non avevano trovato alcuna gioia.

Le foto erano come proibite, qualsiasi ricordo od immagine del passato.

Tranne che in una stanza.



“Ci si chiudeva dentro quasi ogni sera, in principio almeno …”

Pam lo rivelò non senza adombrarsi.

Brendan l’ascoltava attento, così il resto del gruppo.

Si riunivano nel suo studio al giovedì, dopo cena.

Laurie non si faceva problemi a riceverli fuori orario, mentre Brent era al ristorante, sino verso mezzanotte.

Lo psicologo andava a prenderlo alla chiusura, mangiando qualcosa insieme a lui, nonostante fosse tardi: un’abitudine che Brendan adorava, come il suo acerbo sposo.


“Una volta Glam si è scordato di girare la chiave a doppia mandata” – Pam sorrise mesta – “E così l’ho spiato, come una ladra … Accasciato in un angolo, con un video di Lula sul monitor del pc, centinaia di sue istantanee ovunque … Le pareti insonorizzate mi hanno sempre impedito di ascoltare il suo dolore … E’ stato atroce, come se gli strappassero il cuore dal petto …”

Downey impallidì e Jared si rannicchiò in poltrona, mangiandosi nervosamente le unghie.

Colin non si era unito a loro, perché troppo stanco.

Jude aveva accompagnato Leto, dopo avere incontrato Robert nel parcheggio sottostante le finestre, alle quali Kevin rimaneva affacciato, dall’inizio della seduta.

“Sei pasti al giorno, il personal trainer che andava e veniva, alternandosi a Scott: vederlo come rinascere, tornando il bellimbusto di un tempo” – la donna sembrò diventare malinconica, ma non triste.

Lo amava ancora, era così evidente.

“Ha un demone in corpo” – la interruppe flebile Kevin.

“E’ disperato quanto noi!” – Robert sembrò affrontarlo, con quel sottile intento di dargli la colpa, per ciò che era avvenuto: erano rimasti tutti dalla parte del bassista, per poi pentirsene, senza il coraggio di ammetterlo.

“Tu sei il solito cane, che elemosinerebbe una carezza da Glam, anche dopo avere ricevuto uno sputo in faccia, Robert!!” – gli urlò il musicista.

Law si pose tra loro – “Smettetela … Vi prego”

“Io me ne vado, non ho bisogno di queste riunioni del cazzo per riavvicinarmi a Glam! Perché è questo che vorremmo, ma nessuno tira fuori le palle e prova a chiedergli scusa!” – sbraitò Downey, infilando il corridoio, per fuggire via.

Forse anche da Jude, che mai lo aveva esortato a riportare Geffen nelle loro esistenze, per ovvie ragioni.














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