giovedì 25 febbraio 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 46

Capitolo n. 46 – nakama



La sua bocca cercava ossigeno, ad ogni spinta di Mads, che lo toccava ovunque, il suo corpo riuscisse a collimare, con quello di Will.

Will che cominciava a provare un leggero indolenzimento alle braccia, bloccate per i polsi alla testata del letto, dalla cintura dell’altro, che gli aveva ubbidito, come sempre, quando il più giovane avanzava quelle richieste, rivangando un passato, dal quale l’eminente chirurgo, avrebbe voluto distaccarsi una volta per tutte.

Graham glielo impediva, con trasporto e limpidezza assoluti, perché quello era il suo modo per farlo sentire accettato e non un mostro.

Il mostro dormiva, mentre Mikkelsen fingeva.
Fingeva di non essere mai stato quell’uomo, che soggiogava le proprie vittime, inermi, pagando i relativi protettori, all’interno di bordelli di lusso, dove si consumavano atti di pura lussuria.

Will desiderava lambire, quel mondo oscuro, per capire a fondo, l’indole di chi avrebbe ben presto sposato: un gioco pericoloso, che, se sfuggito al suo controllo, avrebbe potuto provocare danni irreversibili.

Imperdonabili.




Robert si accese una sigaretta.

“Se ti dà noia, la spengo Glam” – e tornò a sedersi, sul divano, accanto a lui, che sorrise.

“E da quando fumi?”

“Una ogni tanto, quando sono nervoso e adesso lo sono parecchio, sai?” – e ridacchiò tirato e teso in volto.

“Era meglio uno dei miei sigari cubani, magari in onore delle tue nozze imminenti con Jude: bis, tris …?” – scherzò, senza alcuna malignità.

Downey lo fissò.

“Stiamo facendo la cosa giusta, secondo te, Jared e il sottoscritto?” – chiese brusco, buttando fuori una nuvola biancastra, da quelle labbra perfette, che Geffen stava ammirando.

“No, la cosa giusta sarebbe venire a letto con me, magari insieme”

L’attore strabuzzò i suoi quarzi liquidi e l’ex scoppiò a ridere.

“Ma che cavolo Glam …” – il moro inspirò, schiacciando la Camel nel posacenere d’argento massiccio, quasi nascosto, sul tavolino davanti a loro, dove c’erano appunti, giocattoli, disegni, di Pepe e Lula, già al ristorante da almeno un quarto d’ora.

Robert ne prese un paio, scrutandoli, con dolcezza – “Sono bellissimi … I nostri figli, i loro sogni … Questi siamo Jude ed io, sull’altare”

“L’ha fatto Pepe, lui adora il tuo consorte storico … Il ragazzo inglese, che ami, Rob”

La voce di Geffen era delicata, come ogni suo gesto, verso l’ex.
Dal principio.

“Non smetterò mai di amarvi, entrambi e non so se, con questo presupposto, io possa davvero rinnovare le mie promesse Glam”

“Jude ne morirebbe …” – bissò sorpreso.

“Ti sto solo chiedendo se è giusto, non sto dicendo che non lo farò!” – obiettò schietto e vivace.

Il legale scosse la testa – “Le cose che ho ritenuto sbagliate, in passato, sono quelle che, alla fine, mi hanno divertito di più, Rob …” – e sospirò – “… come impalmarvi, a te e a quello sciagurato di Jared, che Dio lo benedica … E vale anche per te, amore, te lo assicuro” – e gli diede una lunga carezza, sullo zigomo sinistro – “Ora torna da Jude e conta le ore, che vi separano dal vostro appuntamento più importante, ok?” – e si alzò, portandosi dietro Downey, per poi abbracciarlo forte.


Il profumo di Robert, gli era rimasto sulla stoffa della camicia, che Glam indossò anche quel mattino, osservando l’alba, investire il profilo delle montagne.

Amava alzarsi presto, perché le giornate andavano vissute il più possibile.

Geffen controllò l’orologio.
E poi l’orizzonte.




Stella sorrise emozionata.
Colin fece altrettanto.

Il battito del feto era regolare.
La dottoressa ripose il joystick dell’ecografo, stampando foto e risultati di quell’esame periodico, al quale la ragazza si sottopose, scortata da un inatteso Farrell.

Una volta in macchina, lei si aggiustò i lunghi capelli biondi, sotto alla cuffia multicolore, un dono di Lula.

“Sei stato così gentile Colin ad accompagnarmi stamattina” – esordì lei, simpatica ed arrossata, per l’aria frizzante di Aspen.

“Per me è stato un piacere, te lo assicuro: la tua bimba sarà riconosciuta da Jared, ma, a prescindere da questo, farà parte di questa famiglia, così tu, Stella” – replicò sereno l’irlandese.

“Mi trovo bene dal signor Antonio … ehm, dal nonno” – rise solare, guardando i primi sciatori, avviarsi verso gli skilift.

“Vuoi laurearti quest’anno, giusto?”

“Bebè permettendo …”

“Vedrai che la nostra masnada ti aiuterà e poi la tua presenza, è … è una cosa bella, ecco”

“Sì, un utero in affitto un po’ … strano, no?”

“Noi non amiamo essere tradizionalisti” – Colin rise.

“E Jared? Impegnato con Robert?”

“Sì, per organizzare la festa, anche Jude, mentre Glam si sta occupando di Tom” – bissò più serio.

“Tom mi sembra così fragile …” – osservò triste.

“Sarà un Natale complicato per lui e Luna … Anche per Chris, ovvio … Ah ecco Glam, è al parcheggio” – e lo indicò con un cenno, mentre accostava, seguito, con discrezione, da Vas, sul secondo suv.

“Eccovi qui, come è andata piccola?”

Geffen accolse premuroso Stella, che andò subito da lui, salutando Lula e Pepe, in avvicinamento, con Peter.

“Oh arrivano i monelli” – Glam rise, prendendo anche loro tra le braccia grandi – “Ti ringrazio Colin”

“Per così poco … Ora vado da Jay, così vedo quanto sta facendo sclerare Jude, senza contare il supporto di Rob: un’autentica associazione a delinquere!” – e allegro si congedò dal gruppo di amici, risalendo in auto.

“Bene … Vas ti porta in hotel, ok? Peter viene con noi …” – disse assorto Geffen, mentre Pepe saltellava – “Ho dimenticato i pattini papi!”

“Va bene, allora vai anche tu con Stella e Vas, poi ci raggiungete alla pista, d’accordo ciurma?” – disse bonario l’avvocato.

Tutti approvarono.

Lula era stranamente silenzioso.

“Che succede, soldino?”

“Forse è meglio andarcene papà …” – rispose lui, gli occhi fissi su di un punto, poco distante, dove la strada principale, si ramificava in diverse direzioni, tra cui la loro.

“Ci sono problemi?” – chiese il bodyguard, facendogli immediatamente da scudo.

“Non saprei Peter, ma se Lula dice così … aspetta … Eccolo, è arrivato: avevi ragione tesoro, Chris non è da solo” – ed anche lui gli si pose davanti, ma Lula superò quella sorta di protezione, ponendosi davanti ai due adulti, intenti ad osservare la manovra di Hemsworth.

Norman scese dal veicolo all’unisono con lui ed entrambi azzerarono quella distanza con poche falcate, ma con espressioni facciali totalmente differenti.

Reedus era scosso e proteso ad impedire che il collega facesse qualche sciocchezza.

Chris era risoluto, fin dalla sua prima richiesta: “Dove sono Tom e Luna?!”

I pugni chiusi, un metro tra lui e Glam.
Anzi, tra lui e soldino.

“Buongiorno tenente” – lo accolse gelido Geffen.

“Non sono in vena di convenevoli: voglio sapere dove sono i miei cari?!” – sbottò più veemente.

“Hai usato un termine assai poco consono alla situazione: i tuoi cari; se lo fossero, non ti saresti comportato, come Tom ci ha raccontato, non solo a me, te lo voglio specificare per bene!”

“Tu non sei nessuno Glam Geffen … Tu parli, parli, seduci il prossimo con i tuoi giochetti, con il tuo sporco denaro, ma sei feccia, FECCIA HAI CAPITO!?”

Norman fece per trattenerlo, mentre Chris stava come per balzare in avanti, ma anche Lula reagì, spingendo indietro il padre.

“Non andare oltre zio Chris!” – esclamò deciso.

Hemsworth strizzò le palpebre, vermiglio sulle gote frementi – “Ti nascondi dietro a un bambino, Geffen, sei patetico!” – ringhiò.

“Non toccare il mio papà …” – disse lui piano, fissandolo, senza alcun timore.

“Lula togliti … amore non devi”

La sua frase, pronunciata con pacatezza e apprensione, morì sul gesto successivo di soldino.

Una luce, una vampata, viola, arancio, una scia di fuoco, che divenne un anello, intorno a Chris e Norman.

“Cos’è questa diavoleria?!” – urlò il biondo, guardandosi intorno.

“Lula!!”

“Non toccare il mio papà …” – disse più forte e poi tutti lo videro.

Lula adulto.
Quel bellissimo ragazzo, che Geffen si ritrovò vicino, nel momento della malattia, in una visione particolare, la stessa, che molto tempo dopo, capitò a Jared, in piena crisi con lui, sposato dopo gli eventi di Parigi, ma non meritevole, secondo Lula, di averlo accanto.

“Non toccare mio padre” – il suo tono divenne cupo, ridondante, oltre che minaccioso.

L’anello di fuoco si alzò.
Divenne una sorta di cilindro: una trappola mortale, per quanto il calore salì a un livello insopportabile.

Hemsworth perse i sensi, Reedus si inginocchiò in lacrime, su di lui, provando a farlo rinvenire.

Il cuore di Chris si era fermato.
Ora spirava un vento gelido.
Lula era di nuovo bambino, i palmi ustionati, riverso sulla neve, quanto il suo avversario.

Gli astanti, increduli, chiamarono i soccorsi, mentre Glam invocava il suo nome e Norman faceva altrettanto, con quello dell’uomo che amava.

Senza che nessuno lo sapesse davvero.




Kevin divorò gli scalini, accedendo dal retro dell’ospedale, praticamente inseguito da Tim, che aveva lasciato i bimbi a Stella e Pam.

“Dov’è?!” – domandò senza più fiato a Glam, che lo raggiunse, stringendolo forte a sé.

“Calmati, è meno grave di quanto sembrava, ok?”

“Ma … Ma stanno girando dei video assurdi in rete, non si vede molto, però prima c’è Lula e poi quell’incendio” – replicò senza tranquillizzarsi affatto.

Tim rimase in silenzio, poi si spostò verso la camera di soldino, vedendo che era sveglio.
Lula gli sorrise e lui si precipitò ad abbracciarlo.

“Amore, stai bene?”

“Ciao papi Tim, che bello vederti …”

“Cosa mi combini?” – chiese commosso il giovane, accarezzandogli quel cespuglio riccioluto, che soldino aveva al posto dei capelli.

“Non mi ricordo niente” – disse lui imbronciandosi.

Kevin si unì a loro – “Papake!” – Lula rise entusiasta.

“Angelo mio … ti voglio così bene” – e il bassista scoppiò a piangere.

Geffen se ne andò, senza fare rumore.

Tom lo stava aspettando nel reparto di rianimazione, dove Chris era mantenuto in coma farmacologico, dopo che lo staff di cardiologia, coadiuvato da Mikkelsen e Graham, lo aveva riportato in vita.

Quasi miracolosamente.
Per la seconda volta.




Mark ripose un pesante manuale nella libreria, sussultando poi, al suono del campanello.

Prese un respiro, si guardò allo specchio, in corridoio, quindi aprì al sorriso di Niall.

“Ciao …”

“Ciao tesoro … vieni, accomodati”

“Scusa il ritardo … Ho portato del vino, spero di avere scelto bene, io sono una frana in queste cose, lo sai”

Horan sciorinava le parole, mascherando la propria emozione, senza riuscirvi a pieno, così Ruffalo, che lo condusse in cucina, dove stava condendo l’insalata.

La tavola era apparecchiata in maniera perfetta.
Bianco, argento, rosso.

Sullo sfondo, l’albero addobbato, con le decorazioni, che insieme avevano acquistato l’anno prima da Gelson’s.

Niall ebbe un tremito, ma poi tornò a scrutare il professore, intento a leggere l’etichetta di quel Barolo italiano.

“Temo che il menu non sia adatto a questo capolavoro” – Mark sorrise, estraendo dal frigo una bottiglia di bianco – “Ho fatto del pesce, quello che ti piaceva Niall, ricordi?”

Il ragazzino si sfilò il giubbotto, scendendo nel living – “Sì, certo …” – disse piano, notando diverse foto, di lui e il texano, in diverse occasioni, sopra a una mensola.

Tutte felici.

“I tuoi bimbi sono in montagna?”

Horan si voltò di scatto, rabbuiandosi – “Sì, con Tim e Kevin”

“Quando li raggiungi?” – chiese educatamente il più anziano, posizionando gli antipasti e le bevande.

“Ho fatto una promessa a Thomas e Layla … E loro hanno fatto questi, per te Mark” – e gli porse un album.

All’interno c’erano dei collage, di foglie e petali di fiori, poi una serie di prati e, sull’ultimo di questi, una coppia, che si teneva per mano.

“Loro ce l’hanno messa tutta … Forse non somigliamo molto a quei due” – Niall sorrise, ma i suoi fanali si incresparono di commozione.

Ruffalo incrociò le braccia muscolose, schiacciando sopra al cuore quel disegno infantile.
Adorabile.

Faceva fatica a trattenere le lacrime.

“Sull’adozione da single, non ho cambiato idea … Volevo lo sapessi Niall”

“Ce certo” – balbettò lo studente, sentendosi avvampare.

“Se tornassi sulle mie decisioni, deluderei me stesso, come”

“Come ho fatto io …” – replicò mesto Horan, abbassando lo sguardo gocciolante ormai.

Con un fremito, si strofinò il viso incantevole, tirando su dal naso, in crisi di ossigeno – “Ho preteso troppo, vero Mark? Ho sognato l’impossibile e tu hai ragione, ok? Hai ragione” – e fuggì verso la porta, elegante nella sua camicia aderente bianca, sui jeans strappati e le Nike sbiadite.

Come gli apparve il loro amore, all’improvviso e spietatamente.

Sbagliava.

Ruffalo gli impedì di andarsene, bloccandolo contro la blindata, baciandolo intenso, prendendolo sul petto, con quell’acquarello nel mezzo.

A saldare i loro cuori.
Per sempre.











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