Capitolo n. 46 – nakama
La sua bocca cercava
ossigeno, ad ogni spinta di Mads, che lo toccava ovunque, il suo corpo
riuscisse a collimare, con quello di Will.
Will che cominciava a
provare un leggero indolenzimento alle braccia, bloccate per i polsi alla
testata del letto, dalla cintura dell’altro, che gli aveva ubbidito, come
sempre, quando il più giovane avanzava quelle richieste, rivangando un passato,
dal quale l’eminente chirurgo, avrebbe voluto distaccarsi una volta per tutte.
Graham glielo impediva,
con trasporto e limpidezza assoluti, perché quello era il suo modo per farlo
sentire accettato e non un mostro.
Il mostro dormiva,
mentre Mikkelsen fingeva.
Fingeva di non essere
mai stato quell’uomo, che soggiogava le proprie vittime, inermi, pagando i
relativi protettori, all’interno di bordelli di lusso, dove si consumavano atti
di pura lussuria.
Will desiderava
lambire, quel mondo oscuro, per capire a fondo, l’indole di chi avrebbe ben
presto sposato: un gioco pericoloso, che, se sfuggito al suo controllo, avrebbe
potuto provocare danni irreversibili.
Imperdonabili.
Robert
si accese una sigaretta.
“Se
ti dà noia, la spengo Glam” – e tornò a sedersi, sul divano, accanto a lui, che
sorrise.
“E
da quando fumi?”
“Una
ogni tanto, quando sono nervoso e adesso lo sono parecchio, sai?” – e ridacchiò
tirato e teso in volto.
“Era
meglio uno dei miei sigari cubani, magari in onore delle tue nozze imminenti
con Jude: bis, tris …?” – scherzò, senza alcuna malignità.
Downey
lo fissò.
“Stiamo
facendo la cosa giusta, secondo te, Jared e il sottoscritto?” – chiese brusco,
buttando fuori una nuvola biancastra, da quelle labbra perfette, che Geffen
stava ammirando.
“No,
la cosa giusta sarebbe venire a letto con me, magari insieme”
L’attore
strabuzzò i suoi quarzi liquidi e l’ex scoppiò a ridere.
“Ma
che cavolo Glam …” – il moro inspirò, schiacciando la Camel nel posacenere
d’argento massiccio, quasi nascosto, sul tavolino davanti a loro, dove c’erano
appunti, giocattoli, disegni, di Pepe e Lula, già al ristorante da almeno un
quarto d’ora.
Robert
ne prese un paio, scrutandoli, con dolcezza – “Sono bellissimi … I nostri
figli, i loro sogni … Questi siamo Jude ed io, sull’altare”
“L’ha
fatto Pepe, lui adora il tuo consorte storico … Il ragazzo inglese, che ami,
Rob”
La
voce di Geffen era delicata, come ogni suo gesto, verso l’ex.
Dal
principio.
“Non
smetterò mai di amarvi, entrambi e non so se, con questo presupposto, io possa
davvero rinnovare le mie promesse Glam”
“Jude
ne morirebbe …” – bissò sorpreso.
“Ti
sto solo chiedendo se è giusto, non sto dicendo che non lo farò!” – obiettò
schietto e vivace.
Il
legale scosse la testa – “Le cose che ho ritenuto sbagliate, in passato, sono
quelle che, alla fine, mi hanno divertito di più, Rob …” – e sospirò – “… come
impalmarvi, a te e a quello sciagurato di Jared, che Dio lo benedica … E vale
anche per te, amore, te lo assicuro” – e gli diede una lunga carezza, sullo
zigomo sinistro – “Ora torna da Jude e conta le ore, che vi separano dal vostro
appuntamento più importante, ok?” – e si alzò, portandosi dietro Downey, per
poi abbracciarlo forte.
Il profumo di Robert,
gli era rimasto sulla stoffa della camicia, che Glam indossò anche quel
mattino, osservando l’alba, investire il profilo delle montagne.
Amava alzarsi presto,
perché le giornate andavano vissute il più possibile.
Geffen controllò l’orologio.
E poi l’orizzonte.
Stella sorrise
emozionata.
Colin fece altrettanto.
Il battito del feto era
regolare.
La dottoressa ripose il
joystick dell’ecografo, stampando foto e risultati di quell’esame periodico, al
quale la ragazza si sottopose, scortata da un inatteso Farrell.
Una volta in macchina,
lei si aggiustò i lunghi capelli biondi, sotto alla cuffia multicolore, un dono
di Lula.
“Sei stato così gentile
Colin ad accompagnarmi stamattina” – esordì lei, simpatica ed arrossata, per l’aria
frizzante di Aspen.
“Per me è stato un
piacere, te lo assicuro: la tua bimba sarà riconosciuta da Jared, ma, a
prescindere da questo, farà parte di questa famiglia, così tu, Stella” –
replicò sereno l’irlandese.
“Mi trovo bene dal
signor Antonio … ehm, dal nonno” – rise solare, guardando i primi sciatori,
avviarsi verso gli skilift.
“Vuoi laurearti quest’anno,
giusto?”
“Bebè permettendo …”
“Vedrai che la nostra
masnada ti aiuterà e poi la tua presenza, è … è una cosa bella, ecco”
“Sì, un utero in
affitto un po’ … strano, no?”
“Noi non amiamo essere
tradizionalisti” – Colin rise.
“E Jared? Impegnato con
Robert?”
“Sì, per organizzare la
festa, anche Jude, mentre Glam si sta occupando di Tom” – bissò più serio.
“Tom mi sembra così
fragile …” – osservò triste.
“Sarà un Natale
complicato per lui e Luna … Anche per Chris, ovvio … Ah ecco Glam, è al
parcheggio” – e lo indicò con un cenno, mentre accostava, seguito, con
discrezione, da Vas, sul secondo suv.
“Eccovi qui, come è
andata piccola?”
Geffen accolse
premuroso Stella, che andò subito da lui, salutando Lula e Pepe, in
avvicinamento, con Peter.
“Oh arrivano i monelli”
– Glam rise, prendendo anche loro tra le braccia grandi – “Ti ringrazio Colin”
“Per così poco … Ora
vado da Jay, così vedo quanto sta facendo sclerare Jude, senza contare il
supporto di Rob: un’autentica associazione a delinquere!” – e allegro si
congedò dal gruppo di amici, risalendo in auto.
“Bene … Vas ti porta in
hotel, ok? Peter viene con noi …” – disse assorto Geffen, mentre Pepe
saltellava – “Ho dimenticato i pattini papi!”
“Va bene, allora vai
anche tu con Stella e Vas, poi ci raggiungete alla pista, d’accordo ciurma?” –
disse bonario l’avvocato.
Tutti approvarono.
Lula era stranamente
silenzioso.
“Che succede, soldino?”
“Forse è meglio
andarcene papà …” – rispose lui, gli occhi fissi su di un punto, poco distante,
dove la strada principale, si ramificava in diverse direzioni, tra cui la loro.
“Ci sono problemi?” –
chiese il bodyguard, facendogli immediatamente da scudo.
“Non saprei Peter, ma
se Lula dice così … aspetta … Eccolo, è arrivato: avevi ragione tesoro, Chris
non è da solo” – ed anche lui gli si pose davanti, ma Lula superò quella sorta
di protezione, ponendosi davanti ai due adulti, intenti ad osservare la manovra
di Hemsworth.
Norman scese dal
veicolo all’unisono con lui ed entrambi azzerarono quella distanza con poche
falcate, ma con espressioni facciali totalmente differenti.
Reedus era scosso e
proteso ad impedire che il collega facesse qualche sciocchezza.
Chris era risoluto, fin
dalla sua prima richiesta: “Dove sono Tom e Luna?!”
I pugni chiusi, un
metro tra lui e Glam.
Anzi, tra lui e
soldino.
“Buongiorno tenente” –
lo accolse gelido Geffen.
“Non sono in vena di
convenevoli: voglio sapere dove sono i miei cari?!” – sbottò più veemente.
“Hai usato un termine
assai poco consono alla situazione: i tuoi cari; se lo fossero, non ti saresti
comportato, come Tom ci ha raccontato, non solo a me, te lo voglio specificare
per bene!”
“Tu non sei nessuno
Glam Geffen … Tu parli, parli, seduci il prossimo con i tuoi giochetti, con il
tuo sporco denaro, ma sei feccia, FECCIA HAI CAPITO!?”
Norman fece per
trattenerlo, mentre Chris stava come per balzare in avanti, ma anche Lula
reagì, spingendo indietro il padre.
“Non andare oltre zio
Chris!” – esclamò deciso.
Hemsworth strizzò le
palpebre, vermiglio sulle gote frementi – “Ti nascondi dietro a un bambino,
Geffen, sei patetico!” – ringhiò.
“Non toccare il mio
papà …” – disse lui piano, fissandolo, senza alcun timore.
“Lula togliti … amore
non devi”
La sua frase, pronunciata
con pacatezza e apprensione, morì sul gesto successivo di soldino.
Una luce, una vampata,
viola, arancio, una scia di fuoco, che divenne un anello, intorno a Chris e
Norman.
“Cos’è questa
diavoleria?!” – urlò il biondo, guardandosi intorno.
“Lula!!”
“Non toccare il mio papà
…” – disse più forte e poi tutti lo videro.
Lula adulto.
Quel bellissimo
ragazzo, che Geffen si ritrovò vicino, nel momento della malattia, in una
visione particolare, la stessa, che molto tempo dopo, capitò a Jared, in piena
crisi con lui, sposato dopo gli eventi di Parigi, ma non meritevole, secondo
Lula, di averlo accanto.
“Non toccare mio padre”
– il suo tono divenne cupo, ridondante, oltre che minaccioso.
L’anello di fuoco si
alzò.
Divenne una sorta di
cilindro: una trappola mortale, per quanto il calore salì a un livello
insopportabile.
Hemsworth perse i
sensi, Reedus si inginocchiò in lacrime, su di lui, provando a farlo rinvenire.
Il cuore di Chris si
era fermato.
Ora spirava un vento
gelido.
Lula era di nuovo
bambino, i palmi ustionati, riverso sulla neve, quanto il suo avversario.
Gli astanti, increduli,
chiamarono i soccorsi, mentre Glam invocava il suo nome e Norman faceva
altrettanto, con quello dell’uomo che amava.
Senza
che nessuno lo sapesse davvero.
Kevin divorò gli
scalini, accedendo dal retro dell’ospedale, praticamente inseguito da Tim, che
aveva lasciato i bimbi a Stella e Pam.
“Dov’è?!” – domandò senza
più fiato a Glam, che lo raggiunse, stringendolo forte a sé.
“Calmati, è meno grave
di quanto sembrava, ok?”
“Ma … Ma stanno girando
dei video assurdi in rete, non si vede molto, però prima c’è Lula e poi quell’incendio”
– replicò senza tranquillizzarsi affatto.
Tim rimase in silenzio,
poi si spostò verso la camera di soldino, vedendo che era sveglio.
Lula gli sorrise e lui
si precipitò ad abbracciarlo.
“Amore, stai bene?”
“Ciao papi Tim, che
bello vederti …”
“Cosa mi combini?” –
chiese commosso il giovane, accarezzandogli quel cespuglio riccioluto, che
soldino aveva al posto dei capelli.
“Non mi ricordo niente”
– disse lui imbronciandosi.
Kevin si unì a loro – “Papake!”
– Lula rise entusiasta.
“Angelo mio … ti voglio
così bene” – e il bassista scoppiò a piangere.
Geffen se ne andò,
senza fare rumore.
Tom lo stava aspettando
nel reparto di rianimazione, dove Chris era mantenuto in coma farmacologico,
dopo che lo staff di cardiologia, coadiuvato da Mikkelsen e Graham, lo aveva
riportato in vita.
Quasi miracolosamente.
Per la seconda volta.
Mark ripose un pesante
manuale nella libreria, sussultando poi, al suono del campanello.
Prese un respiro, si
guardò allo specchio, in corridoio, quindi aprì al sorriso di Niall.
“Ciao …”
“Ciao tesoro … vieni,
accomodati”
“Scusa il ritardo … Ho
portato del vino, spero di avere scelto bene, io sono una frana in queste cose,
lo sai”
Horan sciorinava le
parole, mascherando la propria emozione, senza riuscirvi a pieno, così Ruffalo,
che lo condusse in cucina, dove stava condendo l’insalata.
La tavola era
apparecchiata in maniera perfetta.
Bianco, argento, rosso.
Sullo sfondo, l’albero
addobbato, con le decorazioni, che insieme avevano acquistato l’anno prima da
Gelson’s.
Niall ebbe un tremito,
ma poi tornò a scrutare il professore, intento a leggere l’etichetta di quel
Barolo italiano.
“Temo che il menu non
sia adatto a questo capolavoro” – Mark sorrise, estraendo dal frigo una
bottiglia di bianco – “Ho fatto del pesce, quello che ti piaceva Niall,
ricordi?”
Il ragazzino si sfilò
il giubbotto, scendendo nel living – “Sì, certo …” – disse piano, notando
diverse foto, di lui e il texano, in diverse occasioni, sopra a una mensola.
Tutte
felici.
“I tuoi bimbi sono in
montagna?”
Horan si voltò di
scatto, rabbuiandosi – “Sì, con Tim e Kevin”
“Quando li raggiungi?” –
chiese educatamente il più anziano, posizionando gli antipasti e le bevande.
“Ho fatto una promessa
a Thomas e Layla … E loro hanno fatto questi, per te Mark” – e gli porse un
album.
All’interno c’erano dei
collage, di foglie e petali di fiori, poi una serie di prati e, sull’ultimo di
questi, una coppia, che si teneva per mano.
“Loro ce l’hanno messa
tutta … Forse non somigliamo molto a quei due” – Niall sorrise, ma i suoi
fanali si incresparono di commozione.
Ruffalo incrociò le
braccia muscolose, schiacciando sopra al cuore quel disegno infantile.
Adorabile.
Faceva fatica a
trattenere le lacrime.
“Sull’adozione da
single, non ho cambiato idea … Volevo lo sapessi Niall”
“Ce certo” – balbettò lo
studente, sentendosi avvampare.
“Se tornassi sulle mie
decisioni, deluderei me stesso, come”
“Come ho fatto io …” –
replicò mesto Horan, abbassando lo sguardo gocciolante ormai.
Con un fremito, si
strofinò il viso incantevole, tirando su dal naso, in crisi di ossigeno – “Ho
preteso troppo, vero Mark? Ho sognato l’impossibile e tu hai ragione, ok? Hai
ragione” – e fuggì verso la porta, elegante nella sua camicia aderente bianca,
sui jeans strappati e le Nike sbiadite.
Come gli apparve il
loro amore, all’improvviso e spietatamente.
Sbagliava.
Ruffalo gli impedì di
andarsene, bloccandolo contro la blindata, baciandolo intenso, prendendolo sul
petto, con quell’acquarello nel mezzo.
A
saldare i loro cuori.
Per
sempre.
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