martedì 9 febbraio 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 44

Capitolo n. 44 – nakama

The last kiss


Laurie si massaggiò ai lati del naso, prendendo un lungo respiro, con il gomito sinistro, appoggiato alla scrivania, dove Lula stava scrivendo “… il tema sulle vacanze natalizie”.

“Bene!” – e picchiò il bastone, sul parquet della suite di Geffen, in un gesto a lui abituale – “Che racconti di bello, su quelle pagine?” – chiese incuriosito.

“Te l’ho detto” – soldino rise, mordendo l’estremità della matita e facendo roteare gli occhi, grandi e luminosi.

Hugh controllò l’orologio.

“Tom arriverà tra poco” – aggiunse, più serio, il bimbo, riprendendo il suo compito.

“Questa non ci voleva … Tu sai tutto, vero?”

“Non proprio doc”

L’analista sbuffò.

Le anticipazioni, fornitegli da Glam, non erano state rassicuranti.

Hiddleston l’aveva chiamato immediatamente, appena il compagno era uscito per andarsene al lavoro, come se nulla fosse.

Luna era con lui, in quel viaggio silenzioso, verso Aspen, scortati da Vas, rientrato apposta a Los Angeles per prelevarli e portarli via.

Da un incubo, secondo il racconto di Tom.

Geffen non aveva esitato, provando una rabbia smodata, al solo pensiero che Chris avesse fatto del male a quello che, non solo l’avvocato, considerava un angelo caduto sulla terra.

Mai come ora, vulnerabile e bisognoso del suo prezioso aiuto.




Sembrava una giostra.
Di sentimenti.
Di lacrime.

Louis rimase stretto a Vincent, per cinque, interminabili minuti, mentre anche Harry si aggregava, più timido, a quell’abbraccio.

Le spiegazioni di Lux, erano state stringate ed esaustive, ma, adesso, c’era una novità, che l’uomo non esitò a mostrare loro, non senza un malcelato entusiasmo.

“Lei si chiama Sarita ed ha due figlie, ecco, vedete, in questa secondo foto, ecco” – ed arrise, mentre passava delle Polaroid ai due ragazzi, un modo così obsoleto di fissare i sorrisi, di quelle sconosciute, ma così romantico.

Struggente.
Come la sua versione dei fatti.

“Le ho detto chi sono, unicamente quando Glam mi ha chiamato … Ci siamo conosciuti in un bar, lei è cuoca, io mi sono arrangiato a fare il cameriere, per capire se gli affari giravano o meno …”

“Ed è così? Il locale funziona?” – chiese brusco Tomlinson, fissandolo.

Styles tossì – “Devo andare a prendere Petra … Vi lascio soli, ti ritrovo quanto torno, vero Vincent?”

Il francese annuì – “Questa notte mi fermo qui, di sicuro” – e deglutì a vuoto, sentendosi i cieli di Louis puntati addosso.

All’altezza del cuore.

Rimasti soli, il silenzio divenne imbarazzante.

“Sì, funziona, mon petit”

“Ok …” – Louis inspirò greve, andando al davanzale,dove ebbe un'incertezza, prima di accomodarsi, così distante da lui, in ogni senso.

“E’ la vita che voglio, lei mi vuole bene ed anche le piccole”

“Sì lo immagino! E di noi? Che cosa ne sarà, Vincent?” – domandò severo, stritolando il bordo sottostante, in legno massiccio.

“Boo ascolta … Noi ci abbiamo provato e”

“E funzionava!”

Lux sorrise paterno, avvicinandosi – “Tu vuoi davvero che le cose, tra noi, rimangano in quella maniera? Che io ritorni e riprenda le consuetudini di prima?”

“Credevo fossi felice …” – i suoi fanali si accesero di lacrime – “… come lo ero io … e anche Haz e Petra” – quasi singhiozzò.

Lux lo riprese a sé, più saldamente di prima.

“Io non ti dimenticherò mai Louis!” – e lo guardò, intenso – “Il problema, qui, siamo tu ed io, vero? Harry non centra nulla e tanto meno Petra”

“Noi siamo … eravamo la tua famiglia”

“E lo siete ancora e lo sarete per sempre! Potrete venirci a trovare quando vorrete”

“Ma allora perché non le porti qui, Sarita, le bambine?” – propose accorato e sconvolto, mentre si aggrappava a lui e a un’ultima speranza.

“E’ un mondo così diverso, questo … Un ambiente, che io non amo più, capisci?” – replicò calmo, senza lasciarlo andare.

“Vincent io”

“Tu ed io, amore, ci apparterremo per sempre, ma qualcosa o qualcuno, lassù o da qualche parte, nell’universo, non l’ha reso possibile, tanto meno noi” – e un pianto, dignitoso, accompagnò la sua affermazione triste e realistica.

Boo rimase zitto, mentre Lux gli segnò gli zigomi.
E poi un bacio, a sigillare quell’addio, a renderlo più tangibile, più doloroso ed incontrovertibile.




Hemsworth masticò l’ennesimo seme di zucca, per poi sputarlo dal finestrino dell’auto civetta, sulla quale si era appostato, insieme a Reedus, in un quartiere noto per lo spaccio di droghe pesanti.

Norman sbuffò, tamburellando sul volante – “Ma la vuoi finire, mi sembri un Lama!” – ringhiò, guardandolo di sguincio.

Il collega scoppiò a ridere – “Che palle, mi ricordi Tom, sempre a lagnarsi”

“A proposito come sta? Sarà felice del tuo ritorno”

“Oh ci siamo divertiti un sacco stanotte, la cucciola è andata in montagna, possiamo fare i fidanzatini” – e ridacchiò, mentre l’altro si sentiva ribollire di gelosia.

“E come mai non vi siete aggregati? Gli altri anni mi sembra che”

“Sì, sì, certo, invitati da sua maestà Glam Geffen!” – sbottò ironico.

“Credevo ti piacesse, Mr. so tutto io”

“La vuoi sapere la verità, eh Norman? A me quello, starà in eterno sul cazzo” – gli bisbigliò nel collo, azzerando la distanza all’improvviso e facendo saltare il cuore in gola a Reedus, intossicato dal suo dopobarba.

“Stento a”

“Zitto, eccoli!”

I sospetti erano appena usciti in strada, in dolce compagnia.

“Tu pensi alle puttane ed io mi occupo dei magnaccia, d’accordo?” – esclamò il biondo, impugnando un revolver, non d’ordinanza, preso chissà dove, mentre apriva lo sportello, rapido e disinvolto.

“Ma dove diavolo vai, dobbiamo chiamare i rinforzi e … Chris!!”

Le sue proteste furono inutili.

Ciò che ne seguì, fu una sparatoria, grida, le tipe in minigonna e tacchi a spillo in fuga, a ripararsi dietro a bidoni traboccanti di spazzatura, il più grosso degli spacciatori a terra, ferito e lo smilzo già ad un isolato di distanza, nel tentativo di dileguarsi.

Reedus si attaccò alla radio, mentre Hemsworth si lanciò all’inseguimento.

Una corsa forsennata.

Norman pensò che gli sarebbe venuto un infarto, per come divorava l’asfalto, ma, nonostante l’altro avesse un certo margine di vantaggio, Chris lo annullò in pochi secondi.

Di fiato, quel delinquente, sembrava averne parecchio, così che Norman mise in moto, provando a non perderli di vista.

L’andatura dell’amico non accusava cedimenti, anzi, sembrò incrementarsi, spietatamente, finché non arrivò abbastanza vicino, per compiere un balzo ed atterrare quel bastardo.

Reedus era scioccato.

Chris non sembrava neppure avere il fiatone, mentre malmenava quel tizio.

“Cristo smettila, così lo ammazzerai!!” – ruggì, provando a dividerli.

Hemsworth era una furia – “E tutti i ragazzini che ha fatto fuori lui, cosa mi dici di loro?! Non fare lo stronzo Norman!” – ruggì, ma poi si arrese, lasciando che l’altro lo ammanettasse.

Degli studenti, annoiati a ciondolare su di un muretto, avevano ripreso tutto.

Vendere online, a L.A. news, quella chicca, fu uno scherzo: l’edizione delle otto di sera, sarebbe stata l’ideale, per trasmettere quell’operazione di polizia, così poco ortodossa, ma efficace.

A totale insaputa dei dirigenti, giù al distretto, dove Chris e Norman, decisero di non rientrare; non subito, almeno.




“Smettila di tremare Tommy …”

Le ali di Geffen, la sua voce calda e rassicurante, in uno sforzo estremo, per non divampare nella foga, che il legale stava provando, per quanto accaduto al terapista, sembrarono a quest’ultimo, un’oasi di pace insperata.

“Do dov’è Luna?” – balbettò smarrito, tamponandosi le gote spigolose, mentre con la sciarpa ed i polsini, tentava, invano, di coprire i segni del passaggio di Hemsworth.

Glam strizzò le palpebre – “Tesoro, cosa ti ha fatto, esattamente?” – e gli sfiorò le spalle magre, accompagnandolo a sedersi su di un divano.

Erano nella camera di Jared e Colin, entrambi al piano di sotto, per il rientro della ciurma, dalle piste.

“Te l’ho detto … e l’ho anche scritto a Jay, mentre ero in viaggio, perché mi stava tartassando di messaggi”

“Dovevo avvisarlo, perché si occupasse di Luna, ok?” – disse con dolcezza, il più anziano.

“Hai … hai fatto la cosa giusta … Io voglio bene a Jared e … e anche a te … a tutti” – e si piegò nuovamente, vinto dalle lacrime e dall’esasperazione.

“E noi ne vogliamo a te”

“Jay …?”

Leto era appena entrato e si precipitò a confortarlo, con premura adorabile.




“Sembravi avere il diavolo in corpo, Chris”

Reedus esordì brusco, dopo avere parcheggiato sotto ad un viadotto.
Cominciò a piovere, uno stillicidio, di luce e piombo, stagliato contro alla luce dei lampioni circostanti, in quella zona deserta.

“Mi sento un leone, sai?”

“Eri … eri spaventoso, mentre correvi in quel modo, mi hai ricordato quel film, quello, come si chiamava, Terminator, il T1000 o roba simile!”

“Ma non sparare cazzate, Norman: ho un cuore nuovo di zecca, mi sono ripreso alla grande! Tutto qui” – e gli diede un buffetto sul mento.

“Sei … sei odioso” – e fu lui, questa volta, a scendere rapido, dalla vettura di servizio.

Hemsworth gli andò appresso.

“E dacci un taglio! Dovremmo essere da Sally, a berci una birra e poi andare a casa, a scoparci nostra moglie!” – e rise sguaiato, mentre Norman si era addossato, con le spalle al pilone di cemento armato, le mani in tasca, lo sguardo interdetto.

“Quel trapianto ti ha mandato in corto il cervello, sembri un esaltato” – affermò schietto, ma inquieto nel profondo, davanti all’atteggiamento del suo socio.

Chris fece una smorfia sfacciata, poi si piantò, con i palmi aperti, ai lati del volto di Norman, che perse un battito.

“Non vorrei sembrarti ripetitivo, ma sembri davvero una femminuccia isterica” – sibilò, ad un centimetro dalla bocca di Reedus, che percepì le proprie pulsazioni, crepitargli al centro dello sterno.

“Anch’io non vorrei ribadire il concetto, Chris, ma falla finita subito, ok?”

“Altrimenti …?” – e rise, quasi simpatico, come a distrarlo.

Un attimo dopo, il suo volto, ispido e teso, finì tra le mani di Hemsworth, che lo travolse con un bacio, al quale sembrò impossibile sottrarsi.

In crisi di ossigeno, una volta distaccatisi, sempre per volere di Chris, si guardarono – “So che ti piace … L’ho sempre saputo” – disse acre, poi lo voltò, spingendolo contro una balaustra, esposta al temporale, sempre più roboante, come il suo tono, nella testa di Norman, bloccato in una morsa, incapace di ribellarsi.

Di sfuggirgli.

Con gesti brutali, Hemsworth gli slacciò i jeans, calandoglieli all’unisono con i boxer, mentre per lui fu più semplice denudarsi, quanto bastava, per fare ciò che voleva, indossando i pantaloni di una tuta.

Reedus era come paralizzato, dallo stupore e dalla vergogna.

Sentiva male alle braccia, costrette dietro al suo busto ansimante, alla nuca, dove Chris gli aveva posato un bacio e poi un morso, alle gambe, infreddolite ed intrappolate dai polpacci in giù, dai suoi Lewis sbiaditi.

“Chris … ti prego … non farlo, non così” – mormorò stranito, come se stesse accadendo ad un altro, in una dimensione parallela.

Come se fosse un brutto sogno.

Reedus pensò a Tom.
Il suo sorriso, il suo aspetto solare, nella mente, gli sembrarono andare in frantumi, ad ogni spinta ricevuta, ad ogni fitta lancinante, che lo stavano spaccando a metà.

I grugniti di Hemsworth, cadenzarono quella danza violenta e sadica.

Nessun amore.
Nessun rimorso.








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