Capitolo n. 44 – nakama
The last kiss
Laurie si massaggiò ai
lati del naso, prendendo un lungo respiro, con il gomito sinistro, appoggiato
alla scrivania, dove Lula stava scrivendo “… il tema sulle vacanze natalizie”.
“Bene!” – e picchiò il
bastone, sul parquet della suite di Geffen, in un gesto a lui abituale – “Che
racconti di bello, su quelle pagine?” – chiese incuriosito.
“Te l’ho detto” – soldino
rise, mordendo l’estremità della matita e facendo roteare gli occhi, grandi e
luminosi.
Hugh controllò l’orologio.
“Tom arriverà tra poco”
– aggiunse, più serio, il bimbo, riprendendo il suo compito.
“Questa non ci voleva …
Tu sai tutto, vero?”
“Non proprio doc”
L’analista sbuffò.
Le anticipazioni,
fornitegli da Glam, non erano state rassicuranti.
Hiddleston l’aveva
chiamato immediatamente, appena il compagno era uscito per andarsene al lavoro,
come se nulla fosse.
Luna era con lui, in
quel viaggio silenzioso, verso Aspen, scortati da Vas, rientrato apposta a Los
Angeles per prelevarli e portarli via.
Da un incubo, secondo
il racconto di Tom.
Geffen non aveva
esitato, provando una rabbia smodata, al solo pensiero che Chris avesse fatto
del male a quello che, non solo l’avvocato, considerava un angelo caduto sulla
terra.
Mai come ora,
vulnerabile e bisognoso del suo prezioso aiuto.
Sembrava una giostra.
Di sentimenti.
Di lacrime.
Louis rimase stretto a
Vincent, per cinque, interminabili minuti, mentre anche Harry si aggregava, più
timido, a quell’abbraccio.
Le spiegazioni di Lux,
erano state stringate ed esaustive, ma, adesso, c’era una novità, che l’uomo
non esitò a mostrare loro, non senza un malcelato entusiasmo.
“Lei si chiama Sarita
ed ha due figlie, ecco, vedete, in questa secondo foto, ecco” – ed arrise,
mentre passava delle Polaroid ai due ragazzi, un modo così obsoleto di fissare
i sorrisi, di quelle sconosciute, ma così romantico.
Struggente.
Come la sua versione
dei fatti.
“Le ho detto chi sono,
unicamente quando Glam mi ha chiamato … Ci siamo conosciuti in un bar, lei è
cuoca, io mi sono arrangiato a fare il cameriere, per capire se gli affari
giravano o meno …”
“Ed è così? Il locale
funziona?” – chiese brusco Tomlinson, fissandolo.
Styles tossì – “Devo
andare a prendere Petra … Vi lascio soli, ti ritrovo quanto torno, vero
Vincent?”
Il francese annuì – “Questa
notte mi fermo qui, di sicuro” – e deglutì a vuoto, sentendosi i cieli di Louis
puntati addosso.
All’altezza del cuore.
Rimasti soli, il
silenzio divenne imbarazzante.
“Sì, funziona, mon
petit”
“Ok …” – Louis inspirò
greve, andando al davanzale,dove ebbe un'incertezza, prima di accomodarsi, così distante da lui, in ogni senso.
“E’ la vita che voglio,
lei mi vuole bene ed anche le piccole”
“Sì lo immagino! E di
noi? Che cosa ne sarà, Vincent?” – domandò severo, stritolando il bordo
sottostante, in legno massiccio.
“Boo ascolta … Noi ci
abbiamo provato e”
“E funzionava!”
Lux sorrise paterno,
avvicinandosi – “Tu vuoi davvero che le cose, tra noi, rimangano in quella
maniera? Che io ritorni e riprenda le consuetudini di prima?”
“Credevo fossi felice …”
– i suoi fanali si accesero di lacrime – “… come lo ero io … e anche Haz e
Petra” – quasi singhiozzò.
Lux lo riprese a sé,
più saldamente di prima.
“Io non ti dimenticherò
mai Louis!” – e lo guardò, intenso – “Il problema, qui, siamo tu ed io, vero?
Harry non centra nulla e tanto meno Petra”
“Noi siamo … eravamo la
tua famiglia”
“E lo siete ancora e lo
sarete per sempre! Potrete venirci a trovare quando vorrete”
“Ma allora perché non
le porti qui, Sarita, le bambine?” – propose accorato e sconvolto, mentre si
aggrappava a lui e a un’ultima speranza.
“E’ un mondo così
diverso, questo … Un ambiente, che io non amo più, capisci?” – replicò calmo,
senza lasciarlo andare.
“Vincent io”
“Tu ed io, amore, ci
apparterremo per sempre, ma qualcosa o qualcuno, lassù o da qualche parte, nell’universo,
non l’ha reso possibile, tanto meno noi” – e un pianto, dignitoso, accompagnò
la sua affermazione triste e realistica.
Boo rimase zitto,
mentre Lux gli segnò gli zigomi.
E poi un bacio, a
sigillare quell’addio, a renderlo più tangibile, più doloroso ed
incontrovertibile.
Hemsworth masticò l’ennesimo
seme di zucca, per poi sputarlo dal finestrino dell’auto civetta, sulla quale
si era appostato, insieme a Reedus, in un quartiere noto per lo spaccio di
droghe pesanti.
Norman sbuffò,
tamburellando sul volante – “Ma la vuoi finire, mi sembri un Lama!” – ringhiò,
guardandolo di sguincio.
Il collega scoppiò a
ridere – “Che palle, mi ricordi Tom, sempre a lagnarsi”
“A proposito come sta?
Sarà felice del tuo ritorno”
“Oh ci siamo divertiti
un sacco stanotte, la cucciola è andata in montagna, possiamo fare i
fidanzatini” – e ridacchiò, mentre l’altro si sentiva ribollire di gelosia.
“E come mai non vi siete
aggregati? Gli altri anni mi sembra che”
“Sì, sì, certo,
invitati da sua maestà Glam Geffen!” – sbottò ironico.
“Credevo ti piacesse,
Mr. so tutto io”
“La vuoi sapere la
verità, eh Norman? A me quello, starà in eterno sul cazzo” – gli bisbigliò nel
collo, azzerando la distanza all’improvviso e facendo saltare il cuore in gola
a Reedus, intossicato dal suo dopobarba.
“Stento a”
“Zitto, eccoli!”
I sospetti erano appena
usciti in strada, in dolce compagnia.
“Tu pensi alle puttane
ed io mi occupo dei magnaccia, d’accordo?” – esclamò il biondo, impugnando un
revolver, non d’ordinanza, preso chissà dove, mentre apriva lo sportello,
rapido e disinvolto.
“Ma dove diavolo vai,
dobbiamo chiamare i rinforzi e … Chris!!”
Le sue proteste furono inutili.
Ciò che ne seguì, fu
una sparatoria, grida, le tipe in minigonna e tacchi a spillo in fuga, a
ripararsi dietro a bidoni traboccanti di spazzatura, il più grosso degli
spacciatori a terra, ferito e lo smilzo già ad un isolato di distanza, nel
tentativo di dileguarsi.
Reedus si attaccò alla
radio, mentre Hemsworth si lanciò all’inseguimento.
Una corsa forsennata.
Norman pensò che gli
sarebbe venuto un infarto, per come divorava l’asfalto, ma, nonostante l’altro
avesse un certo margine di vantaggio, Chris lo annullò in pochi secondi.
Di fiato, quel
delinquente, sembrava averne parecchio, così che Norman mise in moto, provando
a non perderli di vista.
L’andatura dell’amico
non accusava cedimenti, anzi, sembrò incrementarsi, spietatamente, finché non
arrivò abbastanza vicino, per compiere un balzo ed atterrare quel bastardo.
Reedus era scioccato.
Chris non sembrava
neppure avere il fiatone, mentre malmenava quel tizio.
“Cristo smettila, così
lo ammazzerai!!” – ruggì, provando a dividerli.
Hemsworth era una furia
– “E tutti i ragazzini che ha fatto fuori lui, cosa mi dici di loro?! Non fare
lo stronzo Norman!” – ruggì, ma poi si arrese, lasciando che l’altro lo
ammanettasse.
Degli studenti,
annoiati a ciondolare su di un muretto, avevano ripreso tutto.
Vendere online, a L.A.
news, quella chicca, fu uno scherzo: l’edizione delle otto di sera, sarebbe
stata l’ideale, per trasmettere quell’operazione di polizia, così poco
ortodossa, ma efficace.
A totale insaputa dei
dirigenti, giù al distretto, dove Chris e Norman, decisero di non rientrare;
non subito, almeno.
“Smettila di tremare
Tommy …”
Le ali di Geffen, la
sua voce calda e rassicurante, in uno sforzo estremo, per non divampare nella
foga, che il legale stava provando, per quanto accaduto al terapista,
sembrarono a quest’ultimo, un’oasi di pace insperata.
“Do dov’è Luna?” –
balbettò smarrito, tamponandosi le gote spigolose, mentre con la sciarpa ed i
polsini, tentava, invano, di coprire i segni del passaggio di Hemsworth.
Glam strizzò le
palpebre – “Tesoro, cosa ti ha fatto, esattamente?” – e gli sfiorò le spalle
magre, accompagnandolo a sedersi su di un divano.
Erano nella camera di
Jared e Colin, entrambi al piano di sotto, per il rientro della ciurma, dalle
piste.
“Te l’ho detto … e l’ho
anche scritto a Jay, mentre ero in viaggio, perché mi stava tartassando di
messaggi”
“Dovevo avvisarlo, perché
si occupasse di Luna, ok?” – disse con dolcezza, il più anziano.
“Hai … hai fatto la
cosa giusta … Io voglio bene a Jared e … e anche a te … a tutti” – e si piegò
nuovamente, vinto dalle lacrime e dall’esasperazione.
“E noi ne vogliamo a te”
“Jay …?”
Leto era appena entrato
e si precipitò a confortarlo, con premura adorabile.
“Sembravi avere il
diavolo in corpo, Chris”
Reedus esordì brusco,
dopo avere parcheggiato sotto ad un viadotto.
Cominciò a piovere, uno
stillicidio, di luce e piombo, stagliato contro alla luce dei lampioni
circostanti, in quella zona deserta.
“Mi sento un leone,
sai?”
“Eri … eri spaventoso,
mentre correvi in quel modo, mi hai ricordato quel film, quello, come si
chiamava, Terminator, il T1000 o roba simile!”
“Ma non sparare
cazzate, Norman: ho un cuore nuovo di zecca, mi sono ripreso alla grande! Tutto
qui” – e gli diede un buffetto sul mento.
“Sei … sei odioso” – e fu
lui, questa volta, a scendere rapido, dalla vettura di servizio.
Hemsworth gli andò
appresso.
“E dacci un taglio!
Dovremmo essere da Sally, a berci una birra e poi andare a casa, a scoparci
nostra moglie!” – e rise sguaiato, mentre Norman si era addossato, con le
spalle al pilone di cemento armato, le mani in tasca, lo sguardo interdetto.
“Quel trapianto ti ha
mandato in corto il cervello, sembri un esaltato” – affermò schietto, ma
inquieto nel profondo, davanti all’atteggiamento del suo socio.
Chris fece una smorfia
sfacciata, poi si piantò, con i palmi aperti, ai lati del volto di Norman, che
perse un battito.
“Non vorrei sembrarti
ripetitivo, ma sembri davvero una femminuccia isterica” – sibilò, ad un
centimetro dalla bocca di Reedus, che percepì le proprie pulsazioni,
crepitargli al centro dello sterno.
“Anch’io non vorrei
ribadire il concetto, Chris, ma falla finita subito, ok?”
“Altrimenti …?” – e rise,
quasi simpatico, come a distrarlo.
Un attimo dopo, il suo
volto, ispido e teso, finì tra le mani di Hemsworth, che lo travolse con un
bacio, al quale sembrò impossibile sottrarsi.
In crisi di ossigeno,
una volta distaccatisi, sempre per volere di Chris, si guardarono – “So che ti
piace … L’ho sempre saputo” – disse acre, poi lo voltò, spingendolo contro una
balaustra, esposta al temporale, sempre più roboante, come il suo tono, nella
testa di Norman, bloccato in una morsa, incapace di ribellarsi.
Di
sfuggirgli.
Con gesti brutali,
Hemsworth gli slacciò i jeans, calandoglieli all’unisono con i boxer, mentre
per lui fu più semplice denudarsi, quanto bastava, per fare ciò che voleva,
indossando i pantaloni di una tuta.
Reedus era come
paralizzato, dallo stupore e dalla vergogna.
Sentiva male alle
braccia, costrette dietro al suo busto ansimante, alla nuca, dove Chris gli
aveva posato un bacio e poi un morso, alle gambe, infreddolite ed intrappolate
dai polpacci in giù, dai suoi Lewis sbiaditi.
“Chris … ti prego … non
farlo, non così” – mormorò stranito, come se stesse accadendo ad un altro, in
una dimensione parallela.
Come
se fosse un brutto sogno.
Reedus pensò a Tom.
Il suo sorriso, il suo
aspetto solare, nella mente, gli sembrarono andare in frantumi, ad ogni spinta
ricevuta, ad ogni fitta lancinante, che lo stavano spaccando a metà.
I grugniti di
Hemsworth, cadenzarono quella danza violenta e sadica.
Nessun
amore.
Nessun
rimorso.
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