One shot - Lecter
“Potresti ravvivare il fuoco, Will?”
“Certo …”
Graham gli sorride, alzandosi dal tappeto, dove se ne stava accovacciato, tra le sue gambe, ancora imprigionate in fasciature, sotto i
pantaloni eleganti.
Will ama tutte le case di Lecter, sparse per il pianeta.
Ora sono veramente a casa, dello psichiatra, in Lituania.
Un castello semi abbandonato, abitabile unicamente nell’ala
ovest, dove si trovano in questo preciso momento, distanti da un mondo, che
Will voleva lasciare, abbracciato a lui, sul fondo di un oceano impetuoso,
almeno quanto il loro legame.
Will si sente in colpa, in fondo, perché quel volo l’ha
voluto e deciso lui, ma Lecter non gliene ha mai fatto una colpa.
Forse perché più giovane, Will è quasi guarito da mille
ferite.
Tranne una.
Quella che li lega, indissolubilmente, dal primo sguardo.
“Torna qui subito, però”
Anche Lecter sorride.
I rispettivi caratteri si sono smussati, come fa l’acqua con
le pietre, dagli spigoli più aguzzi, destinati a divenire lisci e smarriti, su qualche
spiaggia sperduta.
La fedele guardia del corpo di Hannibal, quella giapponese spiritosa, che butta avvenenti quarantenni dal treno, li aveva portati in
salvo.
Prima in una clinica, di un amico di Lecter.
Un tizio subdolo, che a Will non piaceva affatto, soprattutto
quando lo medicava: c’era qualcosa di viscido in lui ed ucciderlo, prima di
trasferirsi a Parigi, per qualche tempo, fu quasi divertente.
Lecter per gelosia, Graham per insofferenza ed un capriccio,
così vivace ed intrigante, agli occhi del primo, che togliere il respiro a quel
parassita, fu un gioco semplice ed efficace.
Certo non lo avrebbero né cucinato e tanto meno mangiato.
Pensare di servirlo per cena, alla mensa del personale, però,
fu una storiella, sulla quale fantasticare e divertirsi, durante il
trasferimento da Baltimora alla Francia.
Di nuovo sul persiano, tinta ocra e topazio, come le iridi di
Graham, puntate in quelle di Lecter, assorto ed emozionato, nell’accarezzargli
i capelli.
“Quindi se mi rimetto” – esordisce il più anziano, lucido
nello sguardo.
“E’ ovvio Hannibal”
“Non so come potrò riuscirci a breve, sono sincero”
“Lo sei sempre stato … Quasi sempre, con me”
Ridono.
Nessun rancore.
Tutto è ripartito da zero.
Quel risultato, ottenuto dal loro gioco, dall’enigma,
intrecciato, tra le loro vite, collise in un amore impossibile, reso possibile.
“Mi chiedo spesso, se è la decisione migliore, per noi”
“In che senso, Hannibal?”
“Nel senso che fare l’amore, ci fonderebbe, magari soffocando
altre sensazioni”
“Quali, ad esempio?”
Will aveva sempre una domanda, una d’avanzo, una che non ti
fa andare via, quando già hai indossato il cappotto e magari persino il
cappello.
Rimani sulla soglia, vorresti tagliare corto o svicolare, ma
Lecter adora quelle partite a scacchi, tra due cervelli troppo svegli e che non
conoscono mai la mezzanotte delle cose.
Restano sospesi, sempre con qualche dubbio da colmare.
“E’ il prima, ciò che comporta, Will, le aspettative”
“Sì, ma diverrebbe spasmodico, ad un certo punto, se non si concretizza
un epilogo, se non si taglia il traguardo: magari ci si siede, sfiniti, su di
una panchina, si rinuncia all’agognata meta, non trovi?”
Le sue mani, le braccia, persino i gomiti, avvinghiati a lui,
gli stanno scaldando le gambe, più della coperta, in raffinato cachemire colore
porpora: Lecter ride.
“Nemmeno mia nonna, se ne stava davanti al camino, così”
“Con un ragazzo rannicchiato e fedele, ai suoi piedi?”
Lecter si umetta le labbra, poi si sporge, cercando quelle
generose di Will.
La sua bocca, così morbida, accogliente, andrà presto per
altre vie.
Gli darà piacere, prodigandosi, come quasi ogni sera, senza
staccarsi, ondeggiando quanto un’alta marea, trattenendosi, sino alla fine,
quando le onde si infrangono sugli scogli e tutto implode ed esplode intorno.
Hannibal pregusta l’attimo, il cuore in gola.
Will lo accontenta.
Senza più dirsi niente.
Baciarsi è più che sufficiente.
The End
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