Capitolo n. 43 – nakama
Tre giorni prima di
Natale
“Questa è una
decorazione, l’unica che ho tenuto per me, tanto cara a mia madre”
Mikkelsen lo rivelò
assorto, tenendo tra le dita un fiocco di neve stilizzato, in prezioso
cristallo di Boemia.
“E’ fragile Mads …”
“Lo so amore, cosa non
lo è, al mondo?” – e lo guardò con tenerezza, mentre se ne stavano seduti, a
gambe incrociate, ai piedi di quell’enorme albero, acquistato da Gelson’s, il
market dei divi di Hollywood.
“Dove la mettiamo?” –
Will sorrise.
“Qui, un po’ nascosta,
come le emozioni, che ci aiutano a vivere, ma che, spesso, non riusciamo a
esternare” – anche il chirurgo sorrise, guardandolo.
“Ogni riferimento al
sottoscritto è puramente casuale”
Risero.
Complici.
Pepe rovistò in fondo
allo scatolone, stampato di orsi e babbi Natale, trovando il puntale giallo oro
ed esultò, mentre lo sventolava sotto al naso di Glam e Robert.
Geffen lo prese sulle
spalle, esortato anche dagli altri bimbi, tutti impegnati a decorare l’abete,
nel salone di villa Meliti.
“Ok campione, compi il
tuo dovere!” – disse allegro l’avvocato, senza sapere di essere spiato da
Jared, fermo, quasi nascosto, sulla soglia di quell’ambiente vasto e lussuoso.
Peter non se lo fece
ripetere e fissò l’estremo addobbo, su quel capolavoro di colori e luci.
Jude cinse da dietro il
futuro marito, baciando Downey nel collo – “Ti amo tesoro” – gli disse piano ed
amava ogni cosa di lui.
Robert quasi si
commosse, mentre Glam faceva tornare sulla terra ferma il pestifero di casa,
applaudito da Lula e dal resto dei familiari, riuniti per preparare una cena
leggera, prima di mettersi in viaggio verso Aspen, alle prime luci dell’alba
successiva.
“Glam sa aiutarti,
senza deludere, perché tu sia felice”
La voce di Colin, lo
investì in mezzo alle scapole: Leto si girò di scatto, incontrando il tono ed i
quarzi sereni di Farrell, che lo strinse a sé, senza aggiungere altro, se non
un bacio, caldo, assoluto.
Hemsworth spalancò la
blindata, tenendo Tom in braccio, come se fosse una sposa.
Ciò gli sembrò persino
bello.
Quanto avvenne poco
dopo, assolutamente no.
La veemenza, con cui
Chris lo spogliò, cambiò il ritmo delle sue pulsazioni e della sua esistenza,
da quel preciso momento.
I suoi baci, voraci, il
suo respiro, affannoso e bollente, lo avrebbero inebriato in altri tempi, anche se la rudezza del poliziotto non l’aveva mai del tutto conquistato.
I polsi di Tom
cominciarono a dolere da subito, mentre il resto si frantumava, sotto le spinte
e l’invasione di un uomo, che nulla più aveva di quel che Hiddleston avrebbe
voluto sposare, di quel genitore, premuroso ed attento, che, forse, avrebbe
reagito bruscamente ai capricci di Luna, alla prima occasione.
Al ritorno della figlia,
ora al sicuro, tra le mura della residenza di Antonio.
“Chris ti … ti prego
fermati … smettila”
Gli sembrò di svenire,
faccia a faccia con lui, adesso, che lo aveva rigirato, come si fa voltando la
pagina di un libro.
Dove non c’è più
scritto nulla di buono.
Di amorevole.
“Che … che ti salta in
mente … è un pezzo che non scopiamo” – quasi ringhiò, forte di un sovraccarico
di energia e veemenza.
“Tu sei mio Tommy …
Mio, accidenti!” – ed un singulto lo portò via, da quella stanza, mentre Tom
perdeva i sensi e la stima di sé stesso.
“Io prima … Colin, vedi”
Farrell sorrise,
sfiorandogli gli zigomi, mentre si erano appartati sopra ad un davanzale, nella
biblioteca dell’ala ovest.
I colori del tramonto
li stavano investendo, inevitabili e bellissimi.
Come
Jared.
“Questo padre, che tu
ancora cerchi …” – quasi un sussurro, la riflessione dell’irlandese, mentre il
cantante lo stava fissando o semplicemente ammirando – “… posso capirti Jay e
non è più una guerra, tra Glam e me … Lui è parte dei nostri giorni, del … del
nostro amore, sai?”
“Hai detto una cosa così
speciale Cole” – e si appese a lui, come un cucciolo impaurito.
La sua età, l’esperienza,
la caparbietà, che Jared aveva messo in tante cose, durante il suo cammino,
spesso complicato ed impervio, crollavano e si arrendevano ai sentimenti, che
Farrell gli ispirava.
Da
sempre.
Il suo slancio, sincero
e presente, fece tremare Colin, che lo cullò.
A lungo.
Poi le sue mani,
scivolarono sino all’addome di Leto, sotto al suo maglione intrecciato, nei
colori dell’arancio e del viola, i suoi palmi, spalancati sul domani e sui
rispettivi sogni, realizzati ogni volta, tra il sudore, le lacrime, per un
legame, in grado di rinascere, anche dal peggiore degli incendi.
“Vuoi sposarmi, Jared
Joseph Leto?” – chiese improvviso.
Efestione
annuì.
Quella
scena, girata per gioco, sarebbe finita in coda, alle decine di riprese, che
Oliver Stone aveva realizzato esclusivamente per il suo diletto personale.
La
troupe fece un applauso.
Colin
James Farrell, l’Alessandro Magno preteso dal regista più controverso del
ventunesimo secolo, stava baciando il suo partner lavorativo.
O
di letto, come i più acidi, rumoreggiavano, da quando si erano spostati in
Marocco.
Un
contatto a stampo, che Colin avrebbe voluto trasformare in qualcosa di più
intimo.
E
bagnato, come il suo inguine.
Peccato
che Jared gli fosse sfuggito, come una piuma nel vento torrido, di quel
pomeriggio, ormai volto al termine.
Farrell
lo rincorse.
Ostinato.
E
soffocante nei modi.
Era
di nuovo ubriaco.
“Ma
dove scappi?!” – esclamò ridacchiando, mentre gli afferrava la vita sottile.
“Lasciami
andare, cazzo!”
Leto
era nervoso, probabilmente incazzato, pensò Colin, per la sera prima.
L’ennesimo
litigio.
Perché
la cocaina non era sparita, dal mobile nel bagno del “coglione di Dublino”,
come lo aveva ribattezzato Shannon, nelle e-mail, che si scambiava con il
fratello.
“Io … io non ti lascerò
più andare via, da me, Jay” – disse, estatico, come rapito da quel ricordo.
Jared lo baciò, non
senza avergli detto l’ultimo “sì”.
La colonna di suv
giunse verso l’ora di pranzo, nel piazzale del resort, che Geffen aveva
prenotato quasi completamente.
Lui, però, non c’era.
“Ma dove cavolo è finito
Glam?” – domandò Tim, cercando con lo sguardo anche Niall.
“Arriverà nel
pomeriggio: un impegno di lavoro imprevisto” – replicò Kevin, facendo scendere con
cura, Lula, Pepe, Thomas e Layla.
Horan era rimasto a Los
Angeles, promettendo ai figli di raggiungerli per la vigilia.
Il bassista lo aggiornò
anche su questo dettaglio.
“Niall non l’ha detto a
me, ma a Glam” – spiegò sottovoce, per evitare i quesiti scomodi dei più
piccoli.
Mads aveva parcheggiato
dietro di loro.
Will si guardò intorno:
era un luogo incantevole.
“Dio che freddo!” –
brontolò il più anziano, andando a calargli sul volto arrossato, un berretto
con tanto di pon pon in cima.
Buffo e simpatico, come
l’espressione di Graham.
Poi la fronte di
Mikkelsen si aggrottò, in direzione dell’ingresso a porte scorrevoli: ne erano
appena usciti un giovane ed un signore più maturo.
Il ragazzo lo puntò,
come se si conoscessero; in effetti era così.
“Da non credere … L’imperatore
del bisturi: hanno forse aperto dei bordelli ad alta quota? I miei amici non mi
hanno avvisato” – esordì, avvicinandosi, mentre il suo accompagnatore e
presunto cliente, stava prenotando delle motoslitte, poco lontano da loro.
Mads deglutì a vuoto,
mentre Will si era cristallizzato, tra bagagli e snow board.
“Ci conosciamo?” –
bissò gelido l’uomo, reggendo la sua occhiata, tra la sfida e lo spregio.
“Amore qualcosa non va?”
– Graham si fece coraggio ed azzerò la distanza, con fare comunque garbato.
Anche Vas si palesò,
con la sua stazza imponente e qualche pessima intenzione, ritenne quello
sfrontato, che si allontanò, togliendo Mikkelsen da quell’odioso imbarazzo.
“Vieni Will, andiamo!” –
sbottò, prendendo il fidanzato per mano, senza più voltarsi indietro.
Boo era stato taciturno
per l’intero pranzo.
Ora, aggrovigliati
sotto al piumone, lui e Harry si stavano studiando, senza decidersi a chi
dovesse parlarne per primo.
Styles prese fiato,
anche se avrebbe voluto approfittare dell’assenza di Petra, già alla pista di
pattinaggio con il resto della ciurma, in ben diversa maniera, facendo l’amore
con Boo il più possibile.
“Lo so che ti manca,
ok?” – disse sommesso il ricciolo.
Tomlinson si morse le
labbra, adorabile e puro.
“Sono già rimasto
orfano, ci sono abituato”
“Ma stanno tutti bene e
ti vogliono bene, Lou, da tuo padre, a tua madre … a Vincent” – e sorrise,
assecondando quel suo periodo di afflizione, che sembrava non volere finire
mai.
“Pensi davvero che stia
bene?”
Spezzava il cuore, con
quei suoi cieli limpidi, verso i quali, le farfalle, che Harry percepiva nello
stomaco, potevano librarsi in ogni attimo di loro.
Qualcuno bussò.
“Io non ho voglia di
scendere, di andare a sciare, scusami Hazza”
“Idem, ma vado io ad
aprire, tu rimani qui, ok?”
Oltre quell’ambiente, c’era
un salottino, che Styles attraversò veloce, per poi rimanere fermo, immobile,
dopo avere aperto la porta.
Senza
parole.
“Mads …”
“Non adesso ok?”
La sua reazione era
prevedibile.
Graham aveva capito
tutto.
“Ecco vedi Will, questo
è il tipico esempio, di come un certo passato mi tormenterà senza soluzione di
sorta!” – esplose, al centro del living.
Avevano mangiato senza
muoversi dalla suite, in un silenzio greve, doloroso.
“Se te la prendi con
me, per queste cose, non risolverai mai niente, Mads” – bissò serio e composto.
Mikkelsen si passò le
mani tra i capelli lisci e dai riflessi dorati – “Mio Dio … Io non volevo
tesoro … Io non so più quello che dico, perdonami” – e quasi scoppiò in lacrime,
abbracciandolo, con disperazione.
“Sfogati … e non avere
paura di piangere, Mads” – disse con dolcezza, massaggiandogli la schiena ampia
e virile.
Si diedero un bacio.
Sentendosi,
finalmente, un po’ meno soli.
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