giovedì 19 gennaio 2017

NAKAMA - CAPITOLO N. 88

Capitolo n. 88 – nakama



Le dita affusolate di Lukas, scesero dai capezzoli di Philip, sino al suo inguine, ancora intrappolato nei jeans semi aperti.
Quel divano era davvero troppo ridotto, per i loro fisici alti e atletici, ma non avevano abbastanza soldi per cambiarlo.

Del resto erano stati fortunati a ottenere un alloggio nel nuovo quartiere, costruito a tempo di record, dopo il terremoto.

Il tutto grazie alla malattia invalidante del giovane Morgan, ovviamente.
Quei palazzi, dalle tinte vivaci, a pochi passi dall’oceano, erano brulicanti di famiglie di ogni razza, colore e orientamento sessuale: nessuna discriminazione, li accomunava unicamente il basso reddito e quelli della commissione Loyd-Geffen erano stati molto oculati nel selezionare i destinatari dei bilocali già arredati e completi di ogni confort.

Glam conosceva Philip, archivista all’università frequentata dalle sue gemelle: lo aveva incontrato nella biblioteca, insieme a loro, dove il ragazzo si muoveva sicuro ed educato, pressoché timido, ma sorridente con tutti.

Anche all’inaugurazione di quegli alveari multicolore, si erano incontrati per caso, ma Geffen mai lo avrebbe collegato a JD Morgan.
Soprattutto perché il ragazzo aveva usato per le pratiche, il cognome materno.

Philip, infine, somigliava a Dana, ma, dopo il suo abbandono e l’arresto del padre, i servizi sociali lo avevano seguito, aiutandolo negli studi e nel trovargli quell’impiego più che dignitoso e tranquillo.

Di questo, lui, aveva bisogno, in maniera quasi ossessiva: di tranquillità.

Di assoluta monotonia, a dire il vero.


Quel bacio sembrava non finire mai: erano entrambi in apnea, bellissimi, avvinghiati come un’unica persona.

“Ehi …” – Lukas gli sorrise, vedendolo avvampare.

Poi si soffiò via il ciuffo biondo, con una smorfia buffa, lui che era sempre così schivo, anche dopo ogni vittoria, con la sua moto.

Aveva vinto parecchio, ma guadagnato poco, con la sua passione per il motocross.

Il sisma aveva mandato all’aria il campionato, ma in primavera tutto sarebbe ricominciato, con un nuovo sponsor e Lukas poteva farcela, finalmente, a portarsi a casa quel benedetto trofeo.

Aveva tanti sogni.
Anche quello di sposare Philip, ma non ne avevano mai parlato.

Tutto ruotava intorno al suo cuore, letteralmente.

“Non … Non voglio Lukas” – e si scostò brusco, alzandosi – “lo sai” – riallacciandosi infine i pantaloni e recuperando la t-shirt, abbandonata su una sedia, in cucina.

“Cavoli … Ma cosa c’è che non va, ancora?! Hai cambiato terapia o sbaglio? Hai fatto progressi …” – e riabbassò la voce, sapendo quanto l’altro si sarebbe agitato maggiormente, spalancando quegli occhi da cerbiatto, che lo facevano impazzire d’amore, da anni, dai banchi di scuola.

Era Lukas a difenderlo sempre, dai bulli, essendo ripetente e un po’ più grande di Philip, che lo aiutava nei compiti e nelle ricerche.

“Sì, ma potrei avere una crisi comunque e dopo mi sento uno schifo … E sai anche questo” – concluse triste, aprendosi una coca cola.

“Ok … Mi lavo ed esco, tanto qui non si combina nulla” – e si chiuse in bagno, per una doccia e per dare sfogo ai propri impulsi, deprimendosi come ogni volta, che finiva in quel modo.

Philip si incollò alla porta, bussando lieve – “Scusami … Non litighiamo la vigilia di Natale … Posso?” – ed entrò, spogliandosi veloce, per raggiungere Lukas sotto ai getti bollenti.

Come le loro carezze e i loro baci, un attimo dopo.




“Ciao Jay”

La voce di Kevin, gli arrivò alle spalle, all’improvviso.

“Ciao”

“Ti disturbo? Mi sembravi indaffarato” – il bassista sorrise, varcando la soglia, della camera di Rebecca e Violet.

“No, anzi, le ragazze sono sparite” – disse con un mezzo sorriso il cantante, avvicinandosi a lui – “… a volte si corre molto per qualcuno, ma questi se ne è già andato via”

“Vero, però spesso ci accaniamo nell’inseguirlo” – Kevin rise leggero, senza alcun rancore, verso nessuno.

Leto si morse il labbro inferiore, annuendo, in quel gesto un po’ infantile, sgranando i propri zaffiri, in un’espressione di sé, che niente era riuscito a sbiadire nel tempo.

“Ogni riferimento ai presenti e agli assenti è puramente casuale, giusto?” – scherzò, mentre spostava con un piede, sotto ad un mobile, alcune scarpe, lasciate in giro dalle figlie, come al solito indecise nella vasta scelta.

“Giusto Jared … Io comunque non mi sono mai stancato, neppure delle bugie di Glam, questo era il problema, però ci ho messo una pietra sopra e ora fila tutto liscio, con lui, finalmente”

“Ne sono felice, davvero”

“E tu hai risolto?”

“Cosa Kevin?” – domandò imbarazzato.

“I tuoi casini, perché a me sembri un po’ sconvolto oggi e mi dispiace, credimi” – affermò serio.

Leto riprese un minimo di distanza, andando verso le finestre, affacciate sul parco della End House.

“Non sarei io, senza il mio caos emotivo, le mie stronzate” – replicò amaro, guardando fuori.

Nei giardini c’era un via vai di invitati, clown e giocolieri, chiamati apposta per i bimbi del sempre più vasto clan.

“Io vorrei solo aiutarti, Jay”

Il suo ex antagonista sentimentale sorrise, tornando a fissarlo – “Nessuno ci è mai riuscito e poi la mia vita è come quella là fuori, vedi? Un circo, con sempre meno spettatori.”




JD gli spostò quell’onda di capelli ribelli dalla fronte, utili a nascondere una vecchia cicatrice, che Norman si procurò con un incidente in moto, poco più che ventenne.

Era uno sciagurato, secondo i genitori, che mai avrebbero creduto al suo ingresso in polizia, quando Reedus uscì dall’ospedale, risoluto a cambiare, a dare loro qualche minima soddisfazione.

E ci riuscì.
Prima che morissero in un incidente ferroviario, l’anno successivo alla sua ammissione al distretto.

Morgan posò un bacio, su quel segno, un marchio del destino, forse.

Norman stava ancora dormendo, ma non abbastanza per non percepire il suo profumo caldo e quello delle ciambelle, che l’uomo gli aveva scaldato e messo sul comodino.

“Devo andare” – mormorò il più anziano.

“Ci vediamo dopo la mezzanotte, allora?” – sussurrò lo sbirro, dandogli una carezza sulla barba ben definita.

Jacob aveva preteso uno staff in ordine, per quel giorno speciale, ma Melody lo avrebbe deluso di certo, con le rinnovate chiome, tinte rosso rubino, per l’occasione natalizia, un segreto rivelato solo a JD, favoreggiatore simpatico di ogni sua iniziativa stravagante.

Jacob era un rompicoglioni, come tanti padri, in fondo, ma pagava bene e, almeno a Morgan, non obiettava mai nulla.

“Sì, dai un bacio alle tue principesse da parte mia, ok?”

“Ok”

“Lo farai davvero, Norman?” – chiese un po’ dubbioso.

Reedus lo baciò intenso.

“Prometto che lo farò. A più tardi, JD.”




“Un penny per i tuoi pensieri”

Scott esordì in quel modo, old style, palesandosi in una saletta, dove Paul se ne stava rannicchiato in poltrona, davanti ad un caminetto quasi spento.

Il medico lo ravvivò, inginocchiandosi, per aggiungere un po’ di legna sul fuoco scoppiettante d’arancio e oro.

Era informale, nella sua innata eleganza e bellezza, matura, ma inossidabile.

Rovia inclinò la testa, seguendo i ricami, che le rughe avevano disegnato sul volto dell’ennesimo “zio” acquisito, ai tempi in cui, Scott e Glam frequentavano assiduamente villa Nelson.

“Sono una pessima compagnia e i miei pensieri non valgono neppure quel penny, temo” – e sorrise mesto, innocente e seduttivo, anche senza volerlo.

“Non lo credo affatto, sai Paul?” – e si rialzò, avvicinando una sedia, per accomodarsi lì, accanto a lui e alla sua malinconia.

“In fondo sai poco di me e forse anche di te stesso”

“Sì, può darsi … Ho ancora la moto, avrebbe bisogno di una marmitta più moderna”

“Il negozio lo riapro dopo le feste, voglio lavorare sodo, non pensare al resto” – rivelò composto.

“Non hai speranze con Norman, quindi?” – chiese senza variazioni nel tono, mentre il cuore gli pulsava al centro del petto muscoloso e malcelato, sotto la camicia aperta quanto bastava per sbirciarci dentro.

“Lui è il mio passato”

“Ok … E del tuo futuro, cosa mi racconti?” – quasi lo incalzò, cercando nella testa le parole giuste, per proporgli di uscire insieme, magari a cena o per un gelato, anche subito, se fosse dipeso da lui.

Rovia scattò in piedi, armeggiando con il cellulare – “Quando ne avrò, di argomenti, ne riparleremo, forse” – risolse sbrigativo, mandando un sms, a chi era fermo ai cancelli.

Jesse Pinkman, su suo invito, dopo avere chiesto il permesso a Jared e Colin, era arrivato, per un punch e lo scambio di auguri.

All’insaputa di White. Ovviamente.




Philip stava lottando con la cannuccia, cercando di aspirare le ultime gocce di frullato alla vaniglia, in fondo ad un bicchiere ormai vuoto.

“Te ne ordino un altro, smetti di fare tanto rumore” – disse ridendo Lukas.

“No, non posso superare il limite di zuccheri giornaliero, meglio non esagerare”

“Che palle” – sibilò il compagno, guardandosi in giro.

Il locale di Jacob era stato rinnovato parecchio, dall’ultima volta.

Certo il Dark Blue era una bomba, al confronto, con tutti quei tipi carini, che spesso lo abbordavano sfacciati, sotto allo sguardo mortificato di Philip, con la scusa di chiedere un autografo al “campione”.

Grazie ai social, Lukas era molto conosciuto nell’ambiente sportivo e non solo.

Da Jacob, però, la coppia aveva iniziato a frequentarsi, a dichiararsi e quel posto aveva un’atmosfera speciale per entrambi.

JD si affacciò, prima di uscire sotto al patio, per la pausa sigaretta.

Appena li vide, trasalì di gioia e stupore.

“Phil … Philip!” – Morgan avrebbe voluto trattenersi, per un sacco di ragioni, ma non ci riuscì.

Con un paio di falcate, guadagnò il centro della sala affollata, facendosi notare dal figlio, che azzerò la distanza, per abbracciarlo.

Forte.

Era un miracolo di Natale, pensò JD.

Le frasi di disprezzo e scoramento, che Phil gli urlò in faccia, dopo il processo per rapina a mano armata e concorso in omicidio, sembrarono rimbombargli nel cervello, quasi come un monito.

Seppure Morgan avesse agito per pagargli quell’operazione, mai eseguita purtroppo, il senso di colpa nei riguardi di Philip gli risultò scomodo e ingombrante, anche durante quell’insperato incontro.

“Papà! Ma cosa è successo? Sei fuori?!” – domandò esterrefatto.

“Sì, libertà vigilata, per buona condotta” – continuò a mentirgli, perché non sapeva fare di meglio, pensò JD.

“Fantastico …”

“Ti trovo una meraviglia, sai?”

“Anche tu, cavoli … Ti ricordi di Lukas?” – e lo portò al loro tavolo.

Il biondino non si dimostrò altrettanto entusiasta nel vederselo lì.

“Certo … Più o meno … Ciao, come stai?” – e gli allungò la mano destra, che l’altro sfiorò debole.

“Tutto ok … Beve qualcosa con noi, signor Morgan?” – propose incolore.

“No, no grazie … Io qui ci lavoro”

Solo allora, Philip notò il grembiule logato ed una spilla ridicola, che Melody aveva appuntato sul cuore di JD, in perfetto stile natalizio.

“Quindi ti hanno trovato anche un’occupazione?”

“Sì, devo rigare dritto, sai com’è”

“E dove abiti?”

“Sto con … Con un amico, lui è divorziato, non ha i miei stessi … problemi, capisci?”

“Certo … Sì, bene, ma lavori anche stasera?”

“Sì, devo salutarvi” – disse a malincuore.

Chissà quando si sarebbero rivisti, pensò Morgan.

“Ma domani è Natale, che programmi hai?”

Cosa gli fosse capitato, a quel cucciolo adorabile, per il quale JD sarebbe morto, questi non riuscì a spiegarselo.

“Niente di che, penso che andremo a berci una birra, con il mio coinquilino, ecco” – abbozzò, senza osare oltre.

A questo pensò Philip.

“Allora potete venire a pranzo da noi, il frigo è mezzo vuoto, ma ci arrangeremo”

“Ti faccio spesa io, è il minimo!” – obiettò subito, felice come non mai.

Si scambiarono indirizzi e numeri di telefono.
Facevano sul serio.

Lukas se ne stava seduto, le braccia incrociate, mordendosi la lingua, per non rovinare quel riavvicinamento, che non gli piaceva assolutamente, anzi, quasi lo stava scioccando.

“Ok papà …” – e gli si riappese al collo – “… così parliamo, ci raccontiamo delle cose … Io lavoro, all’UCLA” – gli bisbigliò complice.

“Sono contento per te Phil … Vado, se no Jacob mi lincia” – e rise solare, per poi sparire.

Solo fino al giorno dopo.










Omaggio alla serie "Eyewitness" con l'arrivo di Lukas e Philip 




Scott


1 commento:

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