Capitolo n. 89 – nakama
Infilarsi da Gelson’s,
il market dei vip, forse non era stata la più scaltra delle idee, però in quel
posto c’era il cibo migliore della città e JD voleva fare bella figura con
Philip e Lukas.
A come l’avrebbe detto
a Norman, era un qualcosa da rimandare: un problema alla volta, pensò l’uomo,
mentre selezionava pasta e sughi pronti, con marchio italiano.
Il reparto gastronomia
era uno spettacolo di colori e aromi: un arrosto sarebbe stato perfetto, con
verdure grigliate, anche se non aveva idea di come si alimentassero quei due
stecchini, ma Phil, di certo, doveva seguire una dieta mirata.
Per una volta, avrebbe
fatto uno strappo alla regola, era Natale, in fondo.
I prezzi folli, non
spaventarono Morgan: il denaro, del resto, non gli mancava.
Una parte di quello
preteso da Rovia, per sparire dalla città, era ancora al sicuro nell’alloggio
condiviso con Reedus.
Per un attimo, JD pensò
di rendere tutto a Paul, lavorando e risparmiando, ma la cifra da ripristinare
era cospicua e forse l’impresa impossibile.
Si sentì marcio dentro,
per quello che gli aveva fatto ed era la prima volta, che razionalizzava in
quel modo le proprie azioni.
Tutto stava mutando
velocemente e lui non si meritava di essere così felice, dopo avere inflitto
tanto dolore e delusione, a chiunque lo incontrasse.
Nonostante le
circostanze.
Nonostante la
motivazione nobile, che lo aveva spinto a diventare un delinquente, per salvare
Philip: il dopo, l’abisso, in cui era caduto, risalendone con la cattiveria di un
demone, però, aveva cancellato ogni suo buon proposito.
E con questo, JD
Morgan, avrebbe dovuto fare i conti a vita.
Stava tardando, ma a casa
nessuno lo aspettava: Norman era dalle bimbe, sarebbe arrivato dopo mezzanotte.
Questi gli accordi.
E forse anche il
poliziotto era passato in quel negozio di lusso, per comprare un dono speciale
alle sue principesse: la risata di Reedus, il vecchio JD, l’avrebbe
riconosciuta ovunque, anche a tre reparti di distanza.
L’ex galeotto volle
controllare, guardingo, anche se, in mezzo ai numerosi clienti dell’ultimo
minuto, lui si stava confondendo e rimescolando bene.
Era Norman e non era da
solo.
Chris Hemsworth stava
scherzando con lui, estremamente espansivo, guascone a dire il vero, ma per una
persona innamorata, le altrui dimostrazioni di affetto potevano essere
fraintese.
Inevitabilmente.
“E qui c’è la piscina
coperta” – Paul rise, indicando un enorme ovale, al piano sottostante, rispetto
alla balconata, dalla quale lui e Jesse, si erano appena affacciati.
“Questo posto è
pazzesco” – mormorò Pinkman, osservando chi era a mollo, tra risa e dispetti.
“Quelli chi sono?” –
chiese sorseggiando il suo secondo punch “alla Shannon Leto”.
“Il tipo, che sta
emergendo, in tutto il suo splendore, è Richard Geffen, il primogenito di Glam
e l’altro è il suo fidanzato, Taylor Kitsh”
“L’attore?”
“Sì, qui ce ne sono
parecchi, in circolazione” – Rovia sorrise, preferendo assaggiare il cocktail
di frutti tropicali, a quella brodaglia altamente alcolica, che al suo amico
non dispiaceva assolutamente.
“Lo dicevo a Walt, sai?
Se qui non sei da copertina, non entri, strano che io sia stato ammesso a
corte” – e rise anche lui.
“Hai detto al signor
White del mio invito?” – domandò Rovia perplesso, mentre si spostavano nel
corridoio successivo.
“No, anzi … E tra poco
devo scappare, mi dispiace, ma non voglio lasciarlo da solo più del necessario”
Paul si fermò di nuovo,
fissandolo – “Tu lo ami davvero tanto”
Jesse annuì, sgranando
i fanali su Rovia, che si sentì il cuore in gola.
“Ti auguro di trovare
presto qualcuno da amare nello stesso modo, Paul”
“Ti ringrazio …”
Poi un silenzio
imbarazzante.
“Oh guarda, c’è Glam …”
– Pinkman ne uscì, notando l’arrivo del legale, con a braccetto Sveva e Pam.
“Sì, con le madri dei
suoi figli … Alcune, perché ha avuto anche tre mogli, la prima è la mamma di
Ricky, ma nessuna di loro verrà in visita, credo abitino altrove, ormai”
“Che vita deve avere
avuto …”
“A essere sinceri, non
ne basterebbe una, per contenerle tutte, quelle di Glam intendo … Ciao zio”
“Ehi, chi si vede,
Jesse e Paul, i miei monelli preferiti” – li salutò l’uomo, congedandosi dalle
splendide ex, che si defilarono nei salotti, dove i rispettivi bimbi, stavano
giocando a tombola e a nascondino.
“Buonasera Glam, Paul
mi ha chiesto di passare per gli auguri” – puntualizzò lo studente di Chimica.
“Sì, certo … Paul
dovrei parlarti di alcune questioni, quando avrai un attimo di tempo, ok?” –
disse Geffen, con quel tono paterno, che mal celava le sue autentiche
sensazioni.
“A che proposito? Il
mio fondo fiduciario?”
“La tenuta di Malibu”
“La detesto e lo sai,
ma potresti affittarla, no?”
“In effetti è agibile,
un miracolo” – Glam sorrise, pensando al ben diverso argomento, che avrebbe
voluto affrontare con Paul ovvero le sue recenti frequentazioni pericolose.
“Granitica, come il mio
vecchio, giusto?” – e con un gesto veloce e teso, Rovia quasi strappò la tazza
dalle dita di Jesse, per buttare giù, ciò che restava del mix alcolico,
assemblato dal batterista dei Mars.
Geffen se ne andò – “Affronteremo
la cosa quando ti sentirai, ok Paul?” – concluse pacato.
“Non sono malato, non
mi trattare anche tu come Scott!” – protestò il ragazzo, prendendo poi per un
polso Pinkman, trascinandolo via.
Fu casuale, immediato e
drastico.
Norman gli passò
davanti, solo, per recarsi alle toilette.
Lì, Morgan, lo seguì,
quasi con un guizzo, tenendo d’occhio Hemsworth, già alle casse e pronto ad
uscire, per attendere Reedus nel parcheggio.
Chris distratto anche
dalla telefonata di Tom, non notò quella manovra di JD, che difficilmente
avrebbe riconosciuto, con il volto nascosto dal cappuccio della felpa, alzato
da Morgan, solo in quell’istante.
Voleva sentirsi come
gli altri e, in una frazione di secondo, realizzò, che mai sarebbe stato
possibile.
Mai avrebbe potuto
uscire a fare la spesa con Norman, come stava facendo quel bastardo di sbirro
biondo e statuario, per il quale il compagno aveva di sicuro preso una
sbandata: una deduzione logica, senza alcuna conferma, perché non ne avevano
mai parlato.
Così di Sara o di Paul,
persino Dana.
Gli
altri, tra loro, non esistevano.
I bagni erano
stranamente deserti, ma a JD non importava, era determinato a prendersi
qualcosa, a sfogare la propria afflizione, sull’unico essere umano, che si era
fidato di lui, proteggendolo, come mai nessuno aveva fatto.
Afferrarlo e spingerlo
in un cesso, dalle maioliche selezionate, la filodiffusione con tediose melodie
natalizie, ciotole di pot-pourri, dislocate strategicamente ovunque, fu
semplice e spietato.
“JD?! … Ma”
“Taci!” – e gli tappò
la bocca, con il palmo destro, che sapeva di buono.
Premeva così forte, da
togliere il respiro all’amante, che protestò, con frasi incomprensibili, finché
Morgan non lo costrinse in ginocchio, liberandolo da quell’oppressione, ma
imponendogliene una peggiore.
Volgare.
“E’ questo che fai,
quando vai al lavoro, eh?! Passi del tempo con quello stronzo?! E magari ci
scopi, vero?!”
Sembrava una furia e
assecondarlo, forse, era l’unico modo per farlo calmare, pensò Norman, lacerato
da quella reazione smodata, che nulla aveva di complice e sensuale.
La loro confidenza, le
maniere di JD, in realtà a lui erano piaciute da subito e il poliziotto si era
posto tanti quesiti, sulla propria indole più vera, torbida e profonda.
Come le spinte, con cui
il più anziano, adesso, gli arrivava alle tonsille, riempiendogli le gote in
fiamme e umide di pianto, che Reedus inghiottiva, tra singulti e drammatica
frustrazione.
Le dita dell’altro
affondavano nella sua nuca, tra quei capelli, che Morgan aveva accarezzato e
baciato, traboccante di dolcezza, solo poche ore prima.
Era assurdo.
Era terribile.
E
sembrò non finire mai.
“Così tu gli piaci?” –
chiese Jesse, sistemandosi su di un davanzale pieno zeppo di cuscini.
“A Scott? Sì … Lo
conosco da quando ero un ragazzino, lui è sempre stato uno scapolo d’oro, ma
nessuna donna è mai riuscito ad accalappiarlo, nemmeno nessun uomo se è per
questo” – e sorrise – “… in compenso lui ha una cotta cronica per Glam”
“Hanno avuto una
storia?”
“Credo di sì … Penserai
che io sia una pettegola, con tutti questi gossip”
Risero.
Rovia deglutì’ a vuoto,
un paio di volte, le mani in tasca, lo sguardo sfuggente.
“A me … A me piaci tu,
Jesse”
Lo
aveva detto per davvero?
Decisamente sì, dal
viso di Pinkman, sceso da quel marmo, probabilmente per fuggire.
Da White, che lo stava
chiamando da circa dieci minuti, senza avere risposta.
Il cellulare del
giovane era rimasto in auto.
“Ne sono lusingato Paul”
“Accidenti, che
risposta formale”
Jesse si lisciò la
nuca, con entrambe le mani, restando senza difese, fisicamente.
Rovia così lo avvolse,
frapponendo tra loro e il corridoio, un tendaggio pesante, in damasco verde e
oro.
“Paul, io devo andare e”
Un
bacio.
Poi
un respiro e poi ancora un bacio.
Infine
l’apice di quell’assalto, le t-shirt sollevate, i corpi nudi e caldi in pieno
contatto.
Un gesto sfacciato e
tenero, come gli opali di Paul, ficcati in quelli di Jesse.
“Mi … Mi stai facendo
venire, la lasciami” – balbettò Pinkman, incapace di resistergli.
Finché non reagì,
mettendo di nuovo della distanza tra loro.
“Io amo Walt e … E non
l’ho mai tradito! Non così …” – e si spense, nella sua protesta, scrutando la
costernazione di Rovia.
“Ho rovinato tutto, vero
Jesse?”
Pinkman non replicò,
sparendo da quell’angolo di mondo, dove si era sentito confuso e in balia di
emozioni ingestibili.
E
maledettamente rischiose.
Il turno doveva finire
in anticipo e Chris si lamentò per quanto Norman ci avesse messo a “sistemarsi
il trucco”, canzonandolo come un sedicenne.
Reedus inforcò i
Ray-Ban, bofonchiando qualcosa, mentre il collega ripartiva, per poi lasciarlo
dalla ex moglie.
“Dai un bacio alle
bimbe, ok?”
Uno
anche da parte sua.
Uno
solo da parte sua; quello da parte di JD, era così sporco.
Ora.
“E tu a Luna e a Tom,
fagli gli auguri, ok?”
“Ok … Ma stai bene?”
“Non è semplice”
“Sì, capisco … Ehi, non
mi dai il tuo indirizzo, Norman?”
“La prossima volta, ok?”
– e lo salutò in fretta.
Mezzanotte
e trenta minuti.
Interminabili.
Nel buio della loro
stanza, dove JD era ancora da solo.
Alcuni rumori lo fecero
sobbalzare.
Si stava contorcendo,
tra quelle lenzuola, da ore, da quando era rientrato, dopo una doccia e un urlo
liberatorio.
Che non lo aveva
liberato da un bel cazzo di niente.
Dal rimorso.
Dal dolore.
Dal senso di inadeguatezza.
Altri rumori, più
sommessi.
Norman aveva recuperato
cuscino e coperta dall’armadio a muro, sistemandosi poi sul divano, andando a tentoni,
nel riverbero delle insegne esterne, del drugstore, lì davanti, sempre aperto.
Era rimasto in boxer e
maglietta, null’altro, stava soffocando, per un’angoscia insopportabile, per
essere voluto tornare lì, scelta che poteva evitare o rimandare o cancellare.
Dalla propria vita.
Per sempre.
Se solo avesse voluto.
JD non ne poteva più,
ugualmente devastato da quella situazione, in cui sembravano essere precipitati
entrambi; ma solo per colpa sua.
Si decise a
raggiungerlo, nell’oscurità.
Per la vergogna.
Si inginocchiò, dando
una carezza al fianco sinistro di Norman, raggomitolatosi, abbracciato al
guanciale, come un cucciolo spaventato.
Ma
non lo era affatto.
“Mi dispiace”
Morgan riuscì a dire
solo questo.
Reedus si mise seduto,
rigido, mentre lo puntava, come un bersaglio.
“Credevo ti fidassi di
me”
JD rimase zitto, il
fiato spezzato, le iridi lucide.
Un fascio di luce azzurrognola,
si era bloccato, in quel neon malandato, concentrandosi sulla sua figura, come
un riflettore, orchestrato da un regista impietoso.
“Io … Io non pretendo
che tu mi capisca, Norman, però mi sono sentito senza scampo, senza alcun
futuro, accanto a te, alla luce del sole, come se fossi tornato in quella
gabbia, dove l’unico modo per sopravvivere era fare del male al prossimo, prima
che”
“Che lui lo facesse a
te?” – lo interruppe brusco – “E io quale male ti avrei fatto?”
JD abbassò la testa.
“Tu … Tu non centri,
con i miei incubi, le mie insicurezze, tu, un’esistenza normale, là fuori, ce l’hai”
“Ma stai scherzando?!” –
ruggì il tenente, scattando in piedi – “Io vivo nella menzogna, ma che dico?! Anche
peggio, io ometto le cose, per costruire ogni fottuto giorno, questa bolla,
dove tenerti al sicuro!” – esplose.
Morgan rimase immobile.
Norman ricrollò sul
sofà tinta moka.
“E per te … Per noi, io
ho fatto del male a Paul”
JD si sollevò lento.
Prese il giubbotto
dalla sedia e si avvicinò alla blindata, posando le dita mancine sul pomello
gelido in ottone.
“Oggi ho rivisto
Philip, da Jacob … Era con Lukas, il suo amore più grande e Phil ci aveva
persino invitati, a pranzo, per domani, da loro … E’ stato così bello … Come un
sogno, che io non avrò mai alcun diritto di realizzare” – e se ne andò.
Senza
voltarsi indietro.
Nessun commento:
Posta un commento