lunedì 23 gennaio 2017

NAKAMA - CAPITOLO N. 89

Capitolo n. 89 – nakama



Infilarsi da Gelson’s, il market dei vip, forse non era stata la più scaltra delle idee, però in quel posto c’era il cibo migliore della città e JD voleva fare bella figura con Philip e Lukas.

A come l’avrebbe detto a Norman, era un qualcosa da rimandare: un problema alla volta, pensò l’uomo, mentre selezionava pasta e sughi pronti, con marchio italiano.

Il reparto gastronomia era uno spettacolo di colori e aromi: un arrosto sarebbe stato perfetto, con verdure grigliate, anche se non aveva idea di come si alimentassero quei due stecchini, ma Phil, di certo, doveva seguire una dieta mirata.

Per una volta, avrebbe fatto uno strappo alla regola, era Natale, in fondo.

I prezzi folli, non spaventarono Morgan: il denaro, del resto, non gli mancava.
Una parte di quello preteso da Rovia, per sparire dalla città, era ancora al sicuro nell’alloggio condiviso con Reedus.

Per un attimo, JD pensò di rendere tutto a Paul, lavorando e risparmiando, ma la cifra da ripristinare era cospicua e forse l’impresa impossibile.

Si sentì marcio dentro, per quello che gli aveva fatto ed era la prima volta, che razionalizzava in quel modo le proprie azioni.

Tutto stava mutando velocemente e lui non si meritava di essere così felice, dopo avere inflitto tanto dolore e delusione, a chiunque lo incontrasse.

Nonostante le circostanze.
Nonostante la motivazione nobile, che lo aveva spinto a diventare un delinquente, per salvare Philip: il dopo, l’abisso, in cui era caduto, risalendone con la cattiveria di un demone, però, aveva cancellato ogni suo buon proposito.

E con questo, JD Morgan, avrebbe dovuto fare i conti a vita.

Stava tardando, ma a casa nessuno lo aspettava: Norman era dalle bimbe, sarebbe arrivato dopo mezzanotte.
Questi gli accordi.

E forse anche il poliziotto era passato in quel negozio di lusso, per comprare un dono speciale alle sue principesse: la risata di Reedus, il vecchio JD, l’avrebbe riconosciuta ovunque, anche a tre reparti di distanza.

L’ex galeotto volle controllare, guardingo, anche se, in mezzo ai numerosi clienti dell’ultimo minuto, lui si stava confondendo e rimescolando bene.

Era Norman e non era da solo.

Chris Hemsworth stava scherzando con lui, estremamente espansivo, guascone a dire il vero, ma per una persona innamorata, le altrui dimostrazioni di affetto potevano essere fraintese.

Inevitabilmente.




“E qui c’è la piscina coperta” – Paul rise, indicando un enorme ovale, al piano sottostante, rispetto alla balconata, dalla quale lui e Jesse, si erano appena affacciati.

“Questo posto è pazzesco” – mormorò Pinkman, osservando chi era a mollo, tra risa e dispetti.

“Quelli chi sono?” – chiese sorseggiando il suo secondo punch “alla Shannon Leto”.

“Il tipo, che sta emergendo, in tutto il suo splendore, è Richard Geffen, il primogenito di Glam e l’altro è il suo fidanzato, Taylor Kitsh”

“L’attore?”

“Sì, qui ce ne sono parecchi, in circolazione” – Rovia sorrise, preferendo assaggiare il cocktail di frutti tropicali, a quella brodaglia altamente alcolica, che al suo amico non dispiaceva assolutamente.

“Lo dicevo a Walt, sai? Se qui non sei da copertina, non entri, strano che io sia stato ammesso a corte” – e rise anche lui.

“Hai detto al signor White del mio invito?” – domandò Rovia perplesso, mentre si spostavano nel corridoio successivo.

“No, anzi … E tra poco devo scappare, mi dispiace, ma non voglio lasciarlo da solo più del necessario”

Paul si fermò di nuovo, fissandolo – “Tu lo ami davvero tanto”

Jesse annuì, sgranando i fanali su Rovia, che si sentì il cuore in gola.

“Ti auguro di trovare presto qualcuno da amare nello stesso modo, Paul”

“Ti ringrazio …”

Poi un silenzio imbarazzante.

“Oh guarda, c’è Glam …” – Pinkman ne uscì, notando l’arrivo del legale, con a braccetto Sveva e Pam.

“Sì, con le madri dei suoi figli … Alcune, perché ha avuto anche tre mogli, la prima è la mamma di Ricky, ma nessuna di loro verrà in visita, credo abitino altrove, ormai”

“Che vita deve avere avuto …”

“A essere sinceri, non ne basterebbe una, per contenerle tutte, quelle di Glam intendo … Ciao zio”

“Ehi, chi si vede, Jesse e Paul, i miei monelli preferiti” – li salutò l’uomo, congedandosi dalle splendide ex, che si defilarono nei salotti, dove i rispettivi bimbi, stavano giocando a tombola e a nascondino.

“Buonasera Glam, Paul mi ha chiesto di passare per gli auguri” – puntualizzò lo studente di Chimica.

“Sì, certo … Paul dovrei parlarti di alcune questioni, quando avrai un attimo di tempo, ok?” – disse Geffen, con quel tono paterno, che mal celava le sue autentiche sensazioni.

“A che proposito? Il mio fondo fiduciario?”

“La tenuta di Malibu”

“La detesto e lo sai, ma potresti affittarla, no?”

“In effetti è agibile, un miracolo” – Glam sorrise, pensando al ben diverso argomento, che avrebbe voluto affrontare con Paul ovvero le sue recenti frequentazioni pericolose.

“Granitica, come il mio vecchio, giusto?” – e con un gesto veloce e teso, Rovia quasi strappò la tazza dalle dita di Jesse, per buttare giù, ciò che restava del mix alcolico, assemblato dal batterista dei Mars.

Geffen se ne andò – “Affronteremo la cosa quando ti sentirai, ok Paul?” – concluse pacato.

“Non sono malato, non mi trattare anche tu come Scott!” – protestò il ragazzo, prendendo poi per un polso Pinkman, trascinandolo via.




Fu casuale, immediato e drastico.

Norman gli passò davanti, solo, per recarsi alle toilette.
Lì, Morgan, lo seguì, quasi con un guizzo, tenendo d’occhio Hemsworth, già alle casse e pronto ad uscire, per attendere Reedus nel parcheggio.

Chris distratto anche dalla telefonata di Tom, non notò quella manovra di JD, che difficilmente avrebbe riconosciuto, con il volto nascosto dal cappuccio della felpa, alzato da Morgan, solo in quell’istante.

Voleva sentirsi come gli altri e, in una frazione di secondo, realizzò, che mai sarebbe stato possibile.

Mai avrebbe potuto uscire a fare la spesa con Norman, come stava facendo quel bastardo di sbirro biondo e statuario, per il quale il compagno aveva di sicuro preso una sbandata: una deduzione logica, senza alcuna conferma, perché non ne avevano mai parlato.

Così di Sara o di Paul, persino Dana.

Gli altri, tra loro, non esistevano.

I bagni erano stranamente deserti, ma a JD non importava, era determinato a prendersi qualcosa, a sfogare la propria afflizione, sull’unico essere umano, che si era fidato di lui, proteggendolo, come mai nessuno aveva fatto.

Afferrarlo e spingerlo in un cesso, dalle maioliche selezionate, la filodiffusione con tediose melodie natalizie, ciotole di pot-pourri, dislocate strategicamente ovunque, fu semplice e spietato.

“JD?! … Ma”

“Taci!” – e gli tappò la bocca, con il palmo destro, che sapeva di buono.

Premeva così forte, da togliere il respiro all’amante, che protestò, con frasi incomprensibili, finché Morgan non lo costrinse in ginocchio, liberandolo da quell’oppressione, ma imponendogliene una peggiore.

Volgare.

“E’ questo che fai, quando vai al lavoro, eh?! Passi del tempo con quello stronzo?! E magari ci scopi, vero?!”

Sembrava una furia e assecondarlo, forse, era l’unico modo per farlo calmare, pensò Norman, lacerato da quella reazione smodata, che nulla aveva di complice e sensuale.

La loro confidenza, le maniere di JD, in realtà a lui erano piaciute da subito e il poliziotto si era posto tanti quesiti, sulla propria indole più vera, torbida e profonda.

Come le spinte, con cui il più anziano, adesso, gli arrivava alle tonsille, riempiendogli le gote in fiamme e umide di pianto, che Reedus inghiottiva, tra singulti e drammatica frustrazione.

Le dita dell’altro affondavano nella sua nuca, tra quei capelli, che Morgan aveva accarezzato e baciato, traboccante di dolcezza, solo poche ore prima.

Era assurdo.
Era terribile.

E sembrò non finire mai.




“Così tu gli piaci?” – chiese Jesse, sistemandosi su di un davanzale pieno zeppo di cuscini.

“A Scott? Sì … Lo conosco da quando ero un ragazzino, lui è sempre stato uno scapolo d’oro, ma nessuna donna è mai riuscito ad accalappiarlo, nemmeno nessun uomo se è per questo” – e sorrise – “… in compenso lui ha una cotta cronica per Glam”

“Hanno avuto una storia?”

“Credo di sì … Penserai che io sia una pettegola, con tutti questi gossip”

Risero.

Rovia deglutì’ a vuoto, un paio di volte, le mani in tasca, lo sguardo sfuggente.

“A me … A me piaci tu, Jesse”

Lo aveva detto per davvero?

Decisamente sì, dal viso di Pinkman, sceso da quel marmo, probabilmente per fuggire.

Da White, che lo stava chiamando da circa dieci minuti, senza avere risposta.

Il cellulare del giovane era rimasto in auto.

“Ne sono lusingato Paul”

“Accidenti, che risposta formale”

Jesse si lisciò la nuca, con entrambe le mani, restando senza difese, fisicamente.

Rovia così lo avvolse, frapponendo tra loro e il corridoio, un tendaggio pesante, in damasco verde e oro.

“Paul, io devo andare e”

Un bacio.
Poi un respiro e poi ancora un bacio.
Infine l’apice di quell’assalto, le t-shirt sollevate, i corpi nudi e caldi in pieno contatto.

Un gesto sfacciato e tenero, come gli opali di Paul, ficcati in quelli di Jesse.

“Mi … Mi stai facendo venire, la lasciami” – balbettò Pinkman, incapace di resistergli.

Finché non reagì, mettendo di nuovo della distanza tra loro.

“Io amo Walt e … E non l’ho mai tradito! Non così …” – e si spense, nella sua protesta, scrutando la costernazione di Rovia.

“Ho rovinato tutto, vero Jesse?”

Pinkman non replicò, sparendo da quell’angolo di mondo, dove si era sentito confuso e in balia di emozioni ingestibili.

E maledettamente rischiose.




Il turno doveva finire in anticipo e Chris si lamentò per quanto Norman ci avesse messo a “sistemarsi il trucco”, canzonandolo come un sedicenne.

Reedus inforcò i Ray-Ban, bofonchiando qualcosa, mentre il collega ripartiva, per poi lasciarlo dalla ex moglie.

“Dai un bacio alle bimbe, ok?”

Uno anche da parte sua.
Uno solo da parte sua; quello da parte di JD, era così sporco.
Ora.

“E tu a Luna e a Tom, fagli gli auguri, ok?”

“Ok … Ma stai bene?”

“Non è semplice”

“Sì, capisco … Ehi, non mi dai il tuo indirizzo, Norman?”

“La prossima volta, ok?” – e lo salutò in fretta.




Mezzanotte e trenta minuti.
Interminabili.


Nel buio della loro stanza, dove JD era ancora da solo.

Alcuni rumori lo fecero sobbalzare.
Si stava contorcendo, tra quelle lenzuola, da ore, da quando era rientrato, dopo una doccia e un urlo liberatorio.

Che non lo aveva liberato da un bel cazzo di niente.
Dal rimorso.
Dal dolore.
Dal senso di inadeguatezza.

Altri rumori, più sommessi.

Norman aveva recuperato cuscino e coperta dall’armadio a muro, sistemandosi poi sul divano, andando a tentoni, nel riverbero delle insegne esterne, del drugstore, lì davanti, sempre aperto.

Era rimasto in boxer e maglietta, null’altro, stava soffocando, per un’angoscia insopportabile, per essere voluto tornare lì, scelta che poteva evitare o rimandare o cancellare.

Dalla propria vita.
Per sempre.

Se solo avesse voluto.

JD non ne poteva più, ugualmente devastato da quella situazione, in cui sembravano essere precipitati entrambi; ma solo per colpa sua.

Si decise a raggiungerlo, nell’oscurità.
Per la vergogna.

Si inginocchiò, dando una carezza al fianco sinistro di Norman, raggomitolatosi, abbracciato al guanciale, come un cucciolo spaventato.

Ma non lo era affatto.

“Mi dispiace”

Morgan riuscì a dire solo questo.

Reedus si mise seduto, rigido, mentre lo puntava, come un bersaglio.

“Credevo ti fidassi di me”

JD rimase zitto, il fiato spezzato, le iridi lucide.

Un fascio di luce azzurrognola, si era bloccato, in quel neon malandato, concentrandosi sulla sua figura, come un riflettore, orchestrato da un regista impietoso.

“Io … Io non pretendo che tu mi capisca, Norman, però mi sono sentito senza scampo, senza alcun futuro, accanto a te, alla luce del sole, come se fossi tornato in quella gabbia, dove l’unico modo per sopravvivere era fare del male al prossimo, prima che”

“Che lui lo facesse a te?” – lo interruppe brusco – “E io quale male ti avrei fatto?”

JD abbassò la testa.

“Tu … Tu non centri, con i miei incubi, le mie insicurezze, tu, un’esistenza normale, là fuori, ce l’hai”

“Ma stai scherzando?!” – ruggì il tenente, scattando in piedi – “Io vivo nella menzogna, ma che dico?! Anche peggio, io ometto le cose, per costruire ogni fottuto giorno, questa bolla, dove tenerti al sicuro!” – esplose.

Morgan rimase immobile.

Norman ricrollò sul sofà tinta moka.

“E per te … Per noi, io ho fatto del male a Paul”

JD si sollevò lento.
Prese il giubbotto dalla sedia e si avvicinò alla blindata, posando le dita mancine sul pomello gelido in ottone.

“Oggi ho rivisto Philip, da Jacob … Era con Lukas, il suo amore più grande e Phil ci aveva persino invitati, a pranzo, per domani, da loro … E’ stato così bello … Come un sogno, che io non avrò mai alcun diritto di realizzare” – e se ne andò.

Senza voltarsi indietro.
















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