mercoledì 4 gennaio 2017

NAKAMA - CAPITOLO N. 87

Capitolo n. 87 – nakama



JD si spogliò lentamente, una volta varcata la soglia del bagno, contemplando il corpo nudo di Norman, all’interno del box, accarezzato da zampilli dorati di acqua e luce, in un riverbero seducente di sé, che stava mandando in tilt i sensi del compagno.

Alla tavola calda e sui documenti, Morgan era diventato Jeffrey Duncan, sempre e comunque JD, per comodità, per non confondersi e fare gaffe, per non tradirsi.

Era perfetto.

Come il profilo di Reedus, ora, mentre il galeotto lo premeva contro le maioliche gocciolanti di vapore, restando alle sue spalle, aderendo a lui, mentre gli baciava la nuca, le scapole, la bocca, in un incastro bollente, fatto unicamente di loro.

A Norman piaceva appartenergli, essere suo, di un uomo controverso e pericoloso, ma che lo amava, senza incertezze.

Da tutta una vita, Reedus cercava di sottrarsi ad una serie di sbagli, come l’avere messa incinta Sara, quando erano ancora troppo giovani per avere responsabilità.
Queste ultime gli erano cadute addosso come macigni.

Così nel lavoro, ma lì era stato più semplice, una sorta di via di fuga dal menage coniugale, arricchitosi con l’arrivo della secondogenita Sandra, dopo Beatrice, entrambe amate da subito, senza riserve, da parte sua, padre comunque assente e spesso indecifrabile.

Tutto era dovuto e lui doveva risponderne, senza scuse.

Mentre invece avrebbe voluto rannicchiarsi nell’abbraccio di qualcuno, capace di difenderlo, di togliergli i pensieri, sui conti, l’arrancare sino a fine mese, da una paga all’altra, con una moglie impiegata part time in un market, sempre in difficoltà a fare quadrare bilanci e orari.

Le liti si erano intensificate, al pari dell’amore di Norman nei confronti di Chris, divenuto suo partner e BFF, a viso aperto, senza segreti, su Tom e su ogni casino possibile, potessero combinare, per poi confidarsi complici.
L’unico dettaglio, taciuto da Norman, riguardava i propri sentimenti, ovviamente.

Una dimensione parallela, dove Reedus non avrebbe mai avuto spazio o chance con Hemsworth.

Con JD, però, era finito il tempo del rimuginarci sopra, cosa che Paul era riuscito ad arginare, solo in parte.

Paul Rovia, riportato sull’orlo dell’abisso, per le scelte di Norman, per la sua volontà di non rinunciare a Morgan, epicentro di quel disastro, anche se ormai ritenuto lontano da Los Angeles e dalle esistenze, distrutte dalla sua improvvisa comparsa.

“Che tu sia maledetto JD …” – mormorò il giovane, inginocchiato davanti ad un tavolino, al centro della camera, dove lui e Norman avevano sempre dormito e fatto l’amore.

Ogni notte.


La scatola di latta rossa, era aperta sotto ai suoi occhi stanchi e segnati.

Tre siringhe allineate e piene di un liquido giallastro, sigillato in quei tubi sottili e graduati: una droga di sintesi piuttosto costosa.
Una bustina di coca.
Una pipetta per il crack e due dosi di questo veleno, già pronte all’uso.

Un kit di lusso, mai gettato da Rovia, ma custodito in un vano segreto dello scrittoio, sul quale il ragazzo aveva provato a scrivere una lettera all’ex, senza successo.

Il suono del campanello lo fece sobbalzare.

Paul nascose subito quel contenitore di morte e poi scese di corsa, sperando di trovarsi davanti Reedus, pronto ad un’insperata riconciliazione.

Sbagliava.

“Glam … Ciao” – il suo sorriso tiepido, lo accolse senza entusiasmi.

“Ciao, ti disturbo?”

“No, anzi, accomodati …”

“Veramente volevo rapirti” – Geffen rise – “domani c’è la festa alla End House, non voglio tu rimanga solo per la vigilia e tanto meno questa sera: ci vieni con me?”

Quella frase aveva un sapore lontano, di quando il legale lo andava a prendere, per portare Rovia a vedere le partite di baseball, per le quali il giudice Nelson non era mai disponibile.

“Sì Glam … Ok, tanto non ho impegni, sono sincero”

“Perfetto”

Paul scosse il capo: nulla lo sarebbe stato mai più per davvero.





I polsi iniziarono a dolergli, ma Norman non se ne sarebbe mai lamentato, così aperto, accogliente, vinto dall’invasione dell’altro.

JD lo baciava, spingendosi in lui, alternando foga e passione, a occhi aperti sui suoi cieli senza nubi, lucidi ed estasiati, da ciò che leggeva nei quarzi liquidi di Morgan.

La stessa appartenenza totale.

Le sue dita, poi, segnavano gli zigomi di Reedus, scendendo a tratti, febbrili e invadenti, a dilatarlo maggiormente, facendogli schiudere la bocca dal disegno incantevole, in cerca di ossigeno, perché era troppo, era così bello, dal non dovere finire mai, se solo fosse stato possibile.

L’acqua fece scivolare via umori e sudore, rimescolatisi in un’esplosione orgasmica da togliere il fiato a entrambi.

Sfiniti, si tamponarono a vicenda, arrivando al letto, ancora disfatto dalla sera prima.

Si stesero, senza verbalizzare nulla, per una sorta di timidezza e pudore, perché il terreno aspro, dei rispettivi caratteri, sembrava non permetterlo; non ancora, almeno.

Restarono abbracciati, respirandosi, senza mai smettere di scrutarsi, in ogni espressione, in ogni ansito, in ogni lacrima trattenuta a stento.

Di pura gioia.





Il sacchetto di popcorn era ormai vuoto, ma Jesse pescava sul fondo, le iridi spalancate sul programma in tv, rannicchiato contro al sembiante incerto di White, sopra al divano del loro nuovo living.

“Sei scomodo Walt?”

“Sì, un po’, ho la schiena indolenzita” – si lamentò, senza accentuare i toni, anche se era incazzato nero.

Quel pomeriggio senza Pinkman intorno, era stato pesante, ma lui per primo aveva preteso che il ragazzo uscisse, per sbrigare commissioni, sulle quali Jesse era stato poi piuttosto vago.

La sua amicizia con Paul, avrebbe di sicuro infastidito l’ex professore, meglio tralasciare certi particolari, pensò lo studente.

“Il fisiatra viene domani, ho qui i moduli, li ho compilati prima che ti dimettessero” – spiegò con un sorriso incantevole, su quel faccino da eterno adolescente – “… mmm dunque si chiama … Tom, Tom Hiddleston, pare sia il migliore, sai?” – provò a confortarlo.

Nonostante i continui brontolii di Walt, Pinkman non avrebbe mai mollato, anzi, ci aveva fatto il callo ai suoi malumori.

“Avrei preferito una bella indonesiana” – scherzò il più anziano, urtandolo.

La reciproca gelosia era sempre vivida e radicata in ognuno di loro.

“Questo passa il convento e pare sia il marito di Chris Hemsworth, il tenente che mi ha torchiato”

White lo fissò, spegnendo il plasma – “E tu come le sai queste cose?”

“Voci di redazione” – e rise nervoso, ora era lui che provava a fare dell’ironia poco credibile.

“Vorrei non ripetermi Jesse, ma sai bene che non gradisco affatto certe novità, ok?”

“Tipo?” – e deglutì a vuoto.

“Tipo la confidenza che hai dato a certi personaggi, come quel Geffen: ma ti sembrava il caso di andare a parlarci, come hai fatto?” – gli rimbrottò severo.

“Ho solo pensato a noi, a tutelarci, non voglio grane, l’ho detto anche a lui! E’ pericoloso, è invadente, tiene le fila di tanti burattini, almeno così mi è sembrato, ecco!” – si difese, con un’aria da cucciolo, che stava facendo impazzire White, in una maniera, che a nessuno era concessa.

Il chimico prese un lungo respiro – “Finiamola di litigare per colpa di questi stronzi … Vieni qui”

Jesse non se lo fece ripetere, lasciandosi avvolgere dalle sue ali solide – “Ti danno noia le gambe, Walt?” – chiese con apprensione, guardandolo dal basso verso l’alto.

White lo baciò, con passione e tenerezza.

Lo amava così tanto.





“Domani devo stare con le bimbe”

Si erano messi a cucchiaio e la voce roca di Reedus tagliò l’aria, senza preavviso.

“Certo” – si limitò a replicare Morgan, assorto in mille pensieri, mentre lo teneva a sé, cinturandolo intorno alla vita sottile, le labbra perse tra le scapole del poliziotto, che lo aveva arrestato diversi anni prima.

In un’altra vita.

“Ho … Ho un figlio anch’io, sai?” – rivelò con un velo di inquietudine nel tono della voce, bassa e calda.

Norman si girò, guardandolo – “E come si chiama? Dov’è adesso?” – domandò stranito.

“Si chiama Philip … Non ne ho idea di dove sia, cioè non proprio”

“E sua madre?”

“La mia ex è fuggita a Las Vegas, non voleva più saperne di me e anche di lui, in fondo”

“Philip vive qui?”

JD annuì, mettendosi seduto, cercando una sigaretta.

“Quindi sai dove si trova, ma non vi parlate?”

“Abbiamo avuto problemi, non puoi immaginare quali, Norman” – rise amaro.

Era bello come pronunciava il suo nome.

“Problemi di che genere?”

“Phil è malato, ha una malformazione cardiaca piuttosto rara e debilitante, i medici ci hanno sconvolto, dopo il primo ricovero, quando lui aveva quattordici anni: giocava a baseball, con quelli della sua classe, era in gamba …”

Reedus si sollevò, attento al suo racconto.

“E poi cosa è successo?”

“Io non ero come tu pensi … Ero una persona normale, con un impiego dignitoso, lavoravo in banca e Dana faceva la commessa in una ferramenta: non andavamo granché d’accordo, questo è vero”

“Perché aveva scoperto che eri omosessuale?”

Sentirselo dire, fu così strano per Morgan.

“Quello accadde dopo … Dopo che mi ero messo in un giro sbagliato, per racimolare denaro in fretta: Phil aveva bisogno di un’operazione, che non fece mai”

“Tu spacciavi, ti beccai con quelli della banda di West, ma come ci eri finito con loro?” – domandò interdetto.

“Era cliente della mia agenzia” – rise più forte – “o meglio la sorella aveva aperto un conto, incensurata e pulita, lei riciclava i soldi sporchi di West”

“E poi, cosa ti è capitato?”

“Mi rilasciarono, West pagò un bravo avvocato, ma serviva qualcosa di più sostanzioso, perché ormai ero bruciato, quindi pensai ad una rapina, del resto persi l’impiego, così mi ripresentai in sede con un bel passamontagna e un mitra”

“Sembra una barzelletta JD …”

“Sì, lo immagino … Avrei fatto qualsiasi cosa per salvare Philip, anche se ormai mi odiava, per quello che ero diventato”

“Non c’era un sistema per risolvere, senza ridursi in quel modo?”

“No, non c’era Norman, ok?” – sbottò acre, spegnendo la Camel, per poi alzarsi e andare al davanzale.

“Una guardia venne uccisa, i miei soci fuggirono: ero stato ferito, mi mollarono lì, ma io non rivelai mai i loro nomi; entrare in galera da spia, non era il massimo … La condanna incluse anche il concorso in omicidio, peggio di così … Dovevo marcirci in quella cella, così mi adattai … Mi trasformai, in ciò che di peggio si potesse pensare, per pararmi il culo, in tutti i sensi” – sorrise quasi buffo.

“Nessuno ti propose un accordo?”

“Certo, ma avevo paura di rimanere fregato, capisci?”

Reedus si alzò, per raggiungerlo – “Che fine ha fatto Philip?”

“Lui aveva un tipo, perché Phil è … E’ come me” – quasi si schernì nell’affermarlo.

“Come noi” – Norman sorrise, abbracciandolo.

Si baciarono, stringendosi forte.

“Domani fai quello che devi fare, ok Norman?” – disse piano, separandosi malvolentieri da lui, anche se di pochi centimetri.

“Ma poi arrivo, dopo la mezzanotte … Metto a nanna Bea e Baby e torno qui, d’accordo?”

“Chissà se mai me le farai conoscere” – bissò serio l’ex galeotto.

“Perché no? Se tu mi farai incontrare Philip, magari”

“Magari … Si vergogna di me, almeno quanto Dana si vergognava di noi: ci insultò e poi ci mollò, certo esasperata dai miei casini con West”

“Ma non le importava di vostro figlio, del suo handicap?” – chiese con stupore Reedus.

“Andò in paranoia … Poi le alzai le mani, lo ammetto, ci fu una lite furibonda, Dana si spaventò a morte … Ero diventato un mostro”

“Io di te non ho paura … Non sei come sembri”

“Forse … Forse, Norman.”







New entry . Philip 


JD

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