giovedì 22 settembre 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 74

Capitolo n. 74 – nakama



Geffen li vide discutere, a metà del viale, mentre se ne stava affacciato da un balcone, a Villa Meliti.

A cena, la tensione fu palpabile, oltre ad una vaga isteria, nell’interagire di Robert, che continuò a trangugiare vino, mentre Jude fece altrettanto, ma con della semplice acqua.

Il resto degli invitati non ci faceva quasi più caso, ai loro battibecchi, spesso simpatici o alle crisi passeggere, dovute, più che altro, alla semplice paura di perdersi.

Eppure Downey, era apparso, soprattutto agli occhi dell’avvocato, oltre modo stanco, di qualcosa, che non riusciva neppure a esprimere.

Il figlio di Glam, Richard, era, al contrario, in vena di effusioni a tavola, accanto al “suo” Taylor, non così a proprio agio, come in precedenti occasioni.

Geffen non poteva crederci, anche se gli era sorto un legittimo sospetto: ora doveva decidere, se intromettersi o meno.





Il bicchiere, adesso, mezzo vuoto, sapeva di desolazione, oltre che di ottimo brandy.

Downey strizzò le palpebre, brandendo il vetro gelido, mentre se ne stava seduto ad un tavolo appartato, del Dark Blue.

Brent lo stava tenendo d’occhio da un pezzo, non senza dire ad uno dei suoi camerieri di non portare più nulla, al celebre interprete, che non fosse meno di tre gradi alcolici.

Infine, il marito di Brendan Laurie, azzerò la distanza, accomodandosi, con educazione.

“Ehi Rob, ciao …” – gli sorrise, innocente e puro.

“Ehi ciao …” – disse lui, senza alzare i fanali di pece, da quel cristallo prezioso.

“Se vuoi me ne vado”

“No Brent, resta” – e sorrise, guardandolo.

Louis, preso il posto del fratello, al bancone centrale, scambiò con Tomlinson jr un paio di occhiate esaustive.


“Giornata storta?”

“Abbastanza … Tu come stai? E Brendan?”

“Tutto a posto” – si illuminò – “… stiamo pensando ad un’adozione, sai?” – finì per rivelargli.

Downey trattenne come una risatina sfacciata, inspirando, fino a risucchiare narici e labbra.

“Fatelo pure, ma solo se siete certi di donare serenità ai vostri figli: perché poi loro soffrono, se le cose vanno storte, credimi” – affermò serio.

“Lo posso immaginare, Boo ed io ne sappiamo qualcosa, purtroppo” – bissò turbato.

Quindi un’ombra si stagliò sul tavolo, frapponendosi tra loro e una delle lampade del locale.

“Buonasera”

La voce di Glam fu rassicurante e calda, quasi capace, di fargli credere, che tutto potesse risolversi.

Il legale e Brent, quasi si diedero il cambio, nel confortare colui che Geffen, avrebbe definito a oltranza, come una creatura speciale ed unica.

“Chi si vede … Mi hai seguito?” – domandò Robert, finendo il suo liquore ambrato.

“Più o meno … Anzi, ho la presunzione di sapere sempre dove sei, Rob” – replicò pacato.

“Quello è Lula …”

“Hai ragione, in effetti io so sempre come ti senti, ad essere sinceri” – e ordinò del caffè.

“Sincerità … Parola in disuso, anzi, buona maniera perduta” – ridacchiò alienato.

“Bevi questo”

“No, Dio, mi dà la nausea Glam, fallo portare via!” – disse tappandosi il naso, con il palmo sinistro aperto.

Era senza fede nuziale.

Downey si accorse, che Glam lo aveva notato.

“Nove mesi fa abbiamo rinnovato i voti, le promesse, no? Ora abbiamo partorito l’ennesimo schifo” – sbottò, chiedendo una tonica.

“Cosa è successo con Jude?”

“Non lo so, non conosco i particolari, ma so che mi ha tradito, ok?”

“Forse non scherzavi, quando dicevi di essere paranoico” – Geffen sorrise, prendendogli i polsi, con delicatezza.

“Ora ascoltami, Robert, tu dovresti sapere, che per un ex alcolista, è pericoloso anche un unico sorso di questo veleno”

“Cazzo, la predica no, risparmiamela, ok?” – reagì con più cattiveria.

“Senza contare i problemi di salute, che hai avuto in passato” – l’ex provò ad insistere, ma una telefonata li interruppe.

“E” Pam, perdonami, devo rispondere Rob …” – e si allontanò.

“Ma certo che ti perdono” – disse l’altro, in un soffio, come rassegnato, tornando a fissare il ripiano del tavolo.

Un aroma di buono, investì quindi le sue narici, intossicate dal cognac.

Un avventore, aveva preso coraggio, ma lui non poteva saperlo; non ancora.

“Forse non dovrei, ma se solo potesse farmi un autografo, Mr. Downey”

Il tono era acerbo, così il suo aspetto.

Robert lo scrutò, risalendo dal bacino stretto del ragazzo, sino ai suoi occhi puliti.

“Come ti chiami?” – domandò incolore.

“Jesse …”

“Jesse e poi?”

“Jesse Pinkman … La seguo da sempre, conosco a memoria quasi tutti i suoi copioni, ecco”

Downey sorrise, scuotendo un minimo il capo ben pettinato – “Fai l’attore anche tu?”

“No, studio Chimica”

“Siediti, vuoi?”

“Certo, grazie!” – rispose entusiasta, ma attento a non fare qualche pasticcio.

Aveva il terrore di rovinare quel momento.

“Quanti anni hai?”

“Ventidue …” – e gli sembrò inverosimile, che una celebrità del genere, potesse dimostrare un minimo di curiosità verso la sua persona.

Robert, in realtà, si sentì come un lupo, che da un’altura, aveva puntato un agnello.
Eppure, lui, non era così.

Quando Glam tornò a cercarlo, non trovò più nessuno.




Alla fine l’amore lo fecero, dopo che Norman gli tolse quel ridicolo pigiama da ospedale, come, se in realtà, fossero malati entrambi, di un germe insano, fatto di insicurezze e gelosia.

Paul aveva sfebbrato, era marcio di sudore e Reedus lo lavò, lo accudì, riportandolo, tra quelle lenzuola prese al discount, perché, nonostante il figlio del giudice Nelson, fosse ricchissimo, il suo modo di vivere trasandato, gli era rimasto appiccicato addosso.

Idem la voglia di farsi di crack, adesso, che Norman si spingeva in lui, aggrovigliato a quel corpo esile, inerme, passivo.

Come quando era JD a farlo, non senza avergli passato gratuitamente la roba in cella “… ti faccio contento e poi tu farai lo stesso con zio Morgan, ok ragazzino?”

Il ricordo della sua voce lo fece sobbalzare, spalancare le palpebre, come se un coltello gli avesse bucato il cuore.
Come se JD fosse lì con loro.
Tra loro.

Le pareti della stanza tremarono, nei suoi topazi gocciolanti.
Pioveva dolore e piacere, in quell’istante, dentro di lui.
Oltre lui.
Nel buio, più assoluto.




Le sue iridi, colme di gioia e lussuria, Robert non le avrebbe dimenticate mai.

Jesse era stato generoso e disinvolto, nel portarselo a casa, come se non stesse capitando a lui, quell’incredibile avventura.

Un cottage modesto, di quelli tutti uguali, in un quartiere lungo la costa, piuttosto periferico, dove il sisma, però, aveva fatto pochi danni.

La struttura prefabbricata aveva retto bene alle scosse, del resto, quel luogo, sembrava già un campo profughi.

Panni stesi in minuscoli giardini, alcuni in ordine, altri no, tra giocattoli e ferraglia di recupero, forse da sciacalli improvvisati.

I dettagli dell’ambiente circostante, Downey non li notò affatto.
Arredi al minimo sindacale, avrebbe detto Jude, ma puliti.
Jesse ci teneva, sognando di avere un loft in pieno centro, un giorno, quando si sarebbe laureato a pieni voti e, con un master, sarebbe entrato nel laboratorio di qualche multinazionale.

Sogni …

Il più inatteso, era in corso, anche se il giovane lo stava guardando, per davvero, respirargli nella bocca, mentre Robert veniva, muovendosi a scatti, sul finire di un prolungato amplesso, tra le sue gambe, ansimando e deglutendo, fissando Jesse, come una cosa bella.

Come la primavera.




 Special Guest Aaron Paul, omaggio a Jesse Pinkman di The breaking bad






RDJ

 Brent Tomlinson jr




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