Capitolo n. 74 – nakama
Geffen li vide discutere, a metà del viale, mentre
se ne stava affacciato da un balcone, a Villa Meliti.
A cena, la tensione fu palpabile,
oltre ad una vaga isteria, nell’interagire di Robert, che continuò a trangugiare
vino, mentre Jude fece altrettanto, ma con della semplice acqua.
Il resto degli invitati
non ci faceva quasi più caso, ai loro battibecchi, spesso simpatici o alle crisi
passeggere, dovute, più che altro, alla semplice paura di perdersi.
Eppure Downey, era
apparso, soprattutto agli occhi dell’avvocato, oltre modo stanco, di qualcosa,
che non riusciva neppure a esprimere.
Il figlio di Glam,
Richard, era, al contrario, in vena di effusioni a tavola, accanto al “suo”
Taylor, non così a proprio agio, come in precedenti occasioni.
Geffen non poteva
crederci, anche se gli era sorto un legittimo sospetto: ora doveva decidere, se
intromettersi o meno.
Il bicchiere, adesso,
mezzo vuoto, sapeva di desolazione, oltre che di ottimo brandy.
Downey strizzò le
palpebre, brandendo il vetro gelido, mentre se ne stava seduto ad un tavolo
appartato, del Dark Blue.
Brent lo stava tenendo
d’occhio da un pezzo, non senza dire ad uno dei suoi camerieri di non portare
più nulla, al celebre interprete, che non fosse meno di tre gradi alcolici.
Infine, il marito di
Brendan Laurie, azzerò la distanza, accomodandosi, con educazione.
“Ehi Rob, ciao …” – gli
sorrise, innocente e puro.
“Ehi ciao …” – disse
lui, senza alzare i fanali di pece, da quel cristallo prezioso.
“Se vuoi me ne vado”
“No Brent, resta” – e
sorrise, guardandolo.
Louis, preso il posto
del fratello, al bancone centrale, scambiò con Tomlinson jr un paio di occhiate
esaustive.
“Giornata storta?”
“Abbastanza … Tu come
stai? E Brendan?”
“Tutto a posto” – si
illuminò – “… stiamo pensando ad un’adozione, sai?” – finì per rivelargli.
Downey trattenne come
una risatina sfacciata, inspirando, fino a risucchiare narici e labbra.
“Fatelo pure, ma solo
se siete certi di donare serenità ai vostri figli: perché poi loro soffrono, se
le cose vanno storte, credimi” – affermò serio.
“Lo posso immaginare,
Boo ed io ne sappiamo qualcosa, purtroppo” – bissò turbato.
Quindi un’ombra si
stagliò sul tavolo, frapponendosi tra loro e una delle lampade del locale.
“Buonasera”
La voce di Glam fu
rassicurante e calda, quasi capace, di fargli credere, che tutto potesse
risolversi.
Il legale e Brent,
quasi si diedero il cambio, nel confortare colui che Geffen, avrebbe definito a
oltranza, come una creatura speciale ed unica.
“Chi si vede … Mi hai seguito?”
– domandò Robert, finendo il suo liquore ambrato.
“Più o meno … Anzi, ho
la presunzione di sapere sempre dove sei, Rob” – replicò pacato.
“Quello è Lula …”
“Hai ragione, in
effetti io so sempre come ti senti, ad essere sinceri” – e ordinò del caffè.
“Sincerità … Parola in
disuso, anzi, buona maniera perduta” – ridacchiò alienato.
“Bevi questo”
“No, Dio, mi dà la
nausea Glam, fallo portare via!” – disse tappandosi il naso, con il palmo
sinistro aperto.
Era senza fede nuziale.
Downey si accorse, che
Glam lo aveva notato.
“Nove mesi fa abbiamo
rinnovato i voti, le promesse, no? Ora abbiamo partorito l’ennesimo schifo” –
sbottò, chiedendo una tonica.
“Cosa è successo con
Jude?”
“Non lo so, non conosco
i particolari, ma so che mi ha tradito, ok?”
“Forse non scherzavi,
quando dicevi di essere paranoico” – Geffen sorrise, prendendogli i polsi, con
delicatezza.
“Ora ascoltami, Robert,
tu dovresti sapere, che per un ex alcolista, è pericoloso anche un unico sorso
di questo veleno”
“Cazzo, la predica no, risparmiamela,
ok?” – reagì con più cattiveria.
“Senza contare i
problemi di salute, che hai avuto in passato” – l’ex provò ad insistere, ma una
telefonata li interruppe.
“E” Pam, perdonami,
devo rispondere Rob …” – e si allontanò.
“Ma certo che ti perdono”
– disse l’altro, in un soffio, come rassegnato, tornando a fissare il ripiano
del tavolo.
Un aroma di buono,
investì quindi le sue narici, intossicate dal cognac.
Un avventore, aveva
preso coraggio, ma lui non poteva saperlo; non ancora.
“Forse non dovrei, ma
se solo potesse farmi un autografo, Mr. Downey”
Il tono era acerbo,
così il suo aspetto.
Robert lo scrutò,
risalendo dal bacino stretto del ragazzo, sino ai suoi occhi puliti.
“Come ti chiami?” –
domandò incolore.
“Jesse …”
“Jesse e poi?”
“Jesse Pinkman … La
seguo da sempre, conosco a memoria quasi tutti i suoi copioni, ecco”
Downey sorrise,
scuotendo un minimo il capo ben pettinato – “Fai l’attore anche tu?”
“No, studio Chimica”
“Siediti, vuoi?”
“Certo, grazie!” –
rispose entusiasta, ma attento a non fare qualche pasticcio.
Aveva il terrore di
rovinare quel momento.
“Quanti anni hai?”
“Ventidue …” – e gli
sembrò inverosimile, che una celebrità del genere, potesse dimostrare un minimo
di curiosità verso la sua persona.
Robert, in realtà, si
sentì come un lupo, che da un’altura, aveva puntato un agnello.
Eppure,
lui, non era così.
Quando Glam tornò a
cercarlo, non trovò più nessuno.
Alla fine l’amore lo
fecero, dopo che Norman gli tolse quel ridicolo pigiama da ospedale, come, se
in realtà, fossero malati entrambi, di un germe insano, fatto di insicurezze e
gelosia.
Paul aveva sfebbrato,
era marcio di sudore e Reedus lo lavò, lo accudì, riportandolo, tra quelle
lenzuola prese al discount, perché, nonostante il figlio del giudice Nelson,
fosse ricchissimo, il suo modo di vivere trasandato, gli era rimasto
appiccicato addosso.
Idem la voglia di farsi
di crack, adesso, che Norman si spingeva in lui, aggrovigliato a quel corpo
esile, inerme, passivo.
Come quando era JD a
farlo, non senza avergli passato gratuitamente la roba in cella “… ti faccio contento e poi tu farai lo
stesso con zio Morgan, ok ragazzino?”
Il ricordo della sua voce
lo fece sobbalzare, spalancare le palpebre, come se un coltello gli avesse
bucato il cuore.
Come se JD fosse lì con
loro.
Tra loro.
Le pareti della stanza
tremarono, nei suoi topazi gocciolanti.
Pioveva dolore e
piacere, in quell’istante, dentro di lui.
Oltre lui.
Nel buio, più assoluto.
Le sue iridi, colme di
gioia e lussuria, Robert non le avrebbe dimenticate mai.
Jesse era stato
generoso e disinvolto, nel portarselo a casa, come se non stesse capitando a
lui, quell’incredibile avventura.
Un cottage modesto, di
quelli tutti uguali, in un quartiere lungo la costa, piuttosto periferico, dove
il sisma, però, aveva fatto pochi danni.
La struttura
prefabbricata aveva retto bene alle scosse, del resto, quel luogo, sembrava già
un campo profughi.
Panni stesi in
minuscoli giardini, alcuni in ordine, altri no, tra giocattoli e ferraglia di
recupero, forse da sciacalli improvvisati.
I dettagli dell’ambiente
circostante, Downey non li notò affatto.
Arredi al minimo
sindacale, avrebbe detto Jude, ma puliti.
Jesse ci teneva,
sognando di avere un loft in pieno centro, un giorno, quando si sarebbe
laureato a pieni voti e, con un master, sarebbe entrato nel laboratorio di
qualche multinazionale.
Sogni
…
Il più inatteso, era in
corso, anche se il giovane lo stava guardando, per davvero, respirargli nella
bocca, mentre Robert veniva, muovendosi a scatti, sul finire di un prolungato
amplesso, tra le sue gambe, ansimando e deglutendo, fissando Jesse, come una
cosa bella.
Come
la primavera.
Special Guest Aaron Paul, omaggio a Jesse Pinkman di The breaking bad
RDJ
Brent Tomlinson jr
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