Capitolo n. 69 – nakama
“Sono belli i tuoi
tatuaggi, Paul …”
La voce calda di
Norman, infranse il silenzio tra loro, stropicciati sul divano, nel retro
dell’officina.
“Vorrei toglierne
alcuni” – disse piano il più giovane, accoccolato sul suo petto, dopo avere
fatto l’amore per tutto il pomeriggio.
Dopo
la visita di Scott.
“Perché?” – Reedus
sorrise, dandogli un bacio tra i lunghi capelli, raccolti in una coda, che
quasi gli scendeva tra le scapole nude.
“Brutti ricordi” –
respirò più intenso Rovia, mentre alzava lo sguardo, verso quello del compagno,
che si accigliò, su quella risposta.
“Ah capisco”
“Hai capito, che li ho
fatti in galera?” – anche Paul sorrise, ma i suoi occhi erano grandi e
luminosi, non solo di appagamento e serenità.
“Se vuoi parlarne Paul
… Non lo abbiamo mai fatto, in fondo” – e lo avvolse meglio, girandosi
speculare a lui, che tremò, al solo pensiero di quel periodo buio.
“Non adesso, rovinerei
tutto”
“Ma non è vero amore: a
volte certi spettri bisogna esorcizzarli, sai?” – provò a convincerlo, con
estrema calma.
“No … Non lo so, non
voglio saperlo” – ed affondò nel suo collo, come impaurito, all’improvviso.
“Ok …” – e senza
aggiungere altro, l’ex sbirro lo cullò lento, iniziando a cantare una ballata
malinconica, ma ricca di speranza.
Come
fotogrammi, al rallentatore, le ore di quella serata, sembrarono scorrere dal tramonto
alle tenebre, in una Los Angeles ancora disastrata, ma in piena ripresa.
Pepe avrebbe
riconosciuto i passi di Geffen, nel corridoio del reparto di terapia intensiva,
tra mille incedere, verso di lui, sollevato leggermente, affinché consumasse il
suo primo pasto da solo, assistito amorevolmente da Robert.
“Ehi guarda tesoro, c’è
papà” – disse solare Downey, appena l’ex si affacciò sulla soglia.
“Ciao ragazzi”
“Papi io voglio una
pizza!” – Peter rise, salutandolo con le manine protese verso di lui, che le
strinse subito.
Tra loro la barriera
degli indumenti sterili.
“Sembrate astronauti”
“Lo so amore, tutto ok
Rob?”
“Sì, anche se questo
passato di verdure ha un colore inquietante, ha ragione nostro figlio”
Quel nostro
racchiudeva così tanta appartenenza e
complicità, incapace, però, di ferire nuovamente Law, appena arrivato.
“Papi Jude!”
“Ok ci siamo tutti” –
Geffen sorrise affettuoso, andando ad abbracciare l’inglese.
“Grazie per tutto” –
disse emozionato il legale.
“Ma non ho fatto nulla,
vero Robert?” – reagì avvampando Jude.
“No, anzi … Grazie ad
ognuno di voi, perché siamo ancora qui e ce la faremo, anche questa volta, a
tornare a casa” – rispose l’americano.
Guardandoli,
innamorato e felice.
La End House era stata
distrutta solo a metà.
Colin e Jared,
tenendosi per mano, percorsero lenti il viale d’entrata, dopo avere lasciato il
suv davanti ai cancelli della loro immensa proprietà.
Leto inspirò – “La
ricostruiremo … E’ la nostra specialità, vero orso?” – e scrutò Farrell, che
rise bellissimo.
“Dobbiamo sempre avere
un posto dove tornare, per sentirci bene al mondo, per andarcene, senza il
timore di non riuscire a riprenderci il nostro punto di riferimento” – e lo
fissò.
“Quando saremo più
tranquilli, dovremmo partire Cole”
“Per andare dove, Jay?”
“Là fuori, a cercarci …
a ritrovarci … forse”
“A me basta guardarti,
per essere consapevole di chi sono e di cosa voglio, per davvero Jared: ed io
ti ho sempre voluto, credimi” – e lo imprigionò tra le proprie ali, dandogli un
lungo bacio.
Mentre il sole
scivolava tra le nuvole, che si sarebbero sciolte, senza portare alcun
temporale, quella notte.
Le sedie bianche furono
disposte a corolla, intorno al gazebo, che Vas e Peter stavano allestendo, a
pochi metri dalla battigia.
“Per domani mattina
dev’essere tutto pronto, guapi!” – sentenziò Pamela, divertita dai preparativi,
per il matrimonio di Chris e Tom.
Gli altri amici, si
stavano dando da fare, nella luce del tramonto, come matti, per installare
quanto necessario per la cerimonia.
Harry e Louis
sembravano i più solerti, mentre Scott annodava annoiato degli enormi fiocchi
bianchi, lungo un cordone tinta argento, tirato ai lati della passatoia bianca,
che gli sposi avrebbero percorso verso l’altare.
Jimmy gli si avvicinò
timido, inginocchiandosi, per aiutarlo – “E’ da un po’ che non ci vediamo” – lo
salutò lui, un po’ freddo.
“Già, volevo rimediare”
“Davvero Jimmy?” –
chiese un po’ brusco il diagnosta, puntandolo severo.
Il ragazzo trascorreva
molto tempo con Tim e Kevin, per accudire soprattutto i loro bimbi e quella di
Niall e Mark, che avevano adottato da poco Angelica.
Anche loro meditavano
da un po’ di allargare il loro nucleo e convolare a giuste nozze, ma questi
progetti andarono in fumo, a causa dei numerosi impegni di Scott, che non
riusciva a dare alcuna stabilità ad un legame, mai stato davvero solido.
“A quanto pare me lo
hai insegnato tu, a starti distante, visto che sei un vero maestro!” – sbottò
il ragazzino, per poi fuggire via in lacrime.
Scott si alzò di scatto,
con l’intenzione di inseguirlo, ma qualcuno lo trattenne per un braccio.
Era Brendan.
“Dove stai andando, lui
ha ragione!” – lo investì severo, come la sua occhiata.
“Nessuno ha chiesto il
tuo parere!”
“Già, in compenso sto
cercando di arginare qualche azione ipocrita da parte tua, Scotty” – replicò
acido.
“Ipocrita?!”
Laurie ridacchiò,
mollandolo – “Hai la memoria corta, doc”
“Se ti riferisci a
Paul, ne ho tutto il diritto!”
“Ma di fare cosa,
sentiamo?”
Scott soffiò dalle
narici, come un toro imprigionato alle proprie responsabilità, da un cappio di
acciaio.
Ciò nonostante, il
desiderio di raggiungere Jimmy, riuscì ad infrangere quell’inutile impedimento.
Un parlottio sottile,
destò Paul da una sorta di dormiveglia, nel quale era caduto, senza neppure
rendersene conto.
C’era qualcuno in
negozio.
Strofinandosi le
palpebre, come un cucciolo, avvolto nella maglietta a maniche lunghissime, di
Norman, troppo grande per lui, sbirciò cosa stava succedendo.
Era arrivata Sara,
forse per dire qualcosa a Reedus sulle loro bimbe.
Stavano discutendo,
cercando di non alzare i toni, forse per non disturbarlo, su raccomandazione
del compagno, cosa che di sicuro aveva fatto innervosire ulteriormente la
donna.
Lei, che con un guizzo,
senza preavviso, baciò d’impeto l’ex marito.
Gelando Rovia, perché Norman
non la respinse, non subito, non con abbastanza solerzia e risolutezza.
Forse
sarebbe sempre stato così?
Un quesito tanto
scomodo, da fare male.
Da farlo andare via
subito da lì.
Le iridi di Jimmy erano
inchiostro, mescolatosi al sale, da qualche minuto: il suo pianto era composto,
dignitoso, così le sue parole, appena Scott provò a farlo ragionare.
“In fondo mi hai sempre
considerato una nullità, vero genio?! E lo sei, sei così alto nella scala di
certi valori sociali, che non poteva di certo bastare che tornassi in
università, che ti fossi fedele, che volessi con tutto me stesso un figlio
insieme a te!” – divampò come un incendio di rabbia e livore, su quell’ultima
considerazione.
Disperatamente.
“Jimmy ti sbagli, io”
“Ma dove cazzo starei
sbagliando, su avanti dimmelo! Hai fatto la tua buona azione, rimettendo sulla
buona strada un reietto, un piccolo rifiuto di un mondo, di cui non sai niente,
NIENTE!!”
Un’ombra, ingigantita
dalla posizione del sole, sembrò invadere il loro campo di battaglia.
Era Geffen.
“Oggi per me è stato un
giorno fantastico, vorrei che tutto andasse bene e vedervi così, mi spezza il
cuore, credetemi” – disse sincero, sperando di distrarli da una così evidente
amarezza.
“Glam …” – Jimmy lo
raggiunse, aggrappandosi a lui, come se fosse un porto sicuro – “… non ne posso
più della sua indifferenza: so che Scott è il tuo migliore amico, però c’è un
limite a tutto ed io vengo sempre dopo, dopo ogni fottuta riunione o collega o
simposio …”
“Mi dispiace, ma nulla
è irrimediabile” – provò a consolarlo Geffen, mentre Scott li fissava con aria
oltre modo incazzata.
“Gli ho dato molte
possibilità, ma ero così scontato” – e tornò a guardare il suo partner – “… io
non gli donavo prestigio o fama … Gli avevo donato il mio amore, però era così
poca cosa … Inutile cosa” – e si allontanò, commuovendo Glam.
“Lacrime di
coccodrillo, queste sì che mi mancavano!” – sbottò il medico.
“Ma che diavolo ti
prende, Scott?!”
“Ah e questa è la
domanda in cima alla top ten delle stronzate, che ho dovuto ascoltare in queste
ultime ore, sai Glam?! Ma no, TU non puoi saperlo, perché quello scontato, con
te, ero io! Prima di me c’era Jared, poi Robert, quindi i tuoi amanti in erba e
le tue sgualdrine!!”
Un ceffone del suo
interlocutore, interruppe quella sequenza di improperi.
Scott si massaggiò lo
zigomo sinistro, senza reagire fisicamente – “Mi hai fatto di peggio, ma non te
ne è mai importato … Mai” - e si dileguò, riprendendo il cammino verso la
villa, sul quale incrociò Paul.
Sconvolto
almeno quanto lui.
GLAM
ROBERT
Nessun commento:
Posta un commento