martedì 5 luglio 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 69

Capitolo n. 69 – nakama


“Sono belli i tuoi tatuaggi, Paul …”

La voce calda di Norman, infranse il silenzio tra loro, stropicciati sul divano, nel retro dell’officina.

“Vorrei toglierne alcuni” – disse piano il più giovane, accoccolato sul suo petto, dopo avere fatto l’amore per tutto il pomeriggio.
Dopo la visita di Scott.

“Perché?” – Reedus sorrise, dandogli un bacio tra i lunghi capelli, raccolti in una coda, che quasi gli scendeva tra le scapole nude.

“Brutti ricordi” – respirò più intenso Rovia, mentre alzava lo sguardo, verso quello del compagno, che si accigliò, su quella risposta.

“Ah capisco”

“Hai capito, che li ho fatti in galera?” – anche Paul sorrise, ma i suoi occhi erano grandi e luminosi, non solo di appagamento e serenità.

“Se vuoi parlarne Paul … Non lo abbiamo mai fatto, in fondo” – e lo avvolse meglio, girandosi speculare a lui, che tremò, al solo pensiero di quel periodo buio.

“Non adesso, rovinerei tutto”

“Ma non è vero amore: a volte certi spettri bisogna esorcizzarli, sai?” – provò a convincerlo, con estrema calma.

“No … Non lo so, non voglio saperlo” – ed affondò nel suo collo, come impaurito, all’improvviso.

“Ok …” – e senza aggiungere altro, l’ex sbirro lo cullò lento, iniziando a cantare una ballata malinconica, ma ricca di speranza.







Come fotogrammi, al rallentatore, le ore di quella serata, sembrarono scorrere dal tramonto alle tenebre, in una Los Angeles ancora disastrata, ma in piena ripresa.


Pepe avrebbe riconosciuto i passi di Geffen, nel corridoio del reparto di terapia intensiva, tra mille incedere, verso di lui, sollevato leggermente, affinché consumasse il suo primo pasto da solo, assistito amorevolmente da Robert.

“Ehi guarda tesoro, c’è papà” – disse solare Downey, appena l’ex si affacciò sulla soglia.

“Ciao ragazzi”

“Papi io voglio una pizza!” – Peter rise, salutandolo con le manine protese verso di lui, che le strinse subito.

Tra loro la barriera degli indumenti sterili.

“Sembrate astronauti”

“Lo so amore, tutto ok Rob?”

“Sì, anche se questo passato di verdure ha un colore inquietante, ha ragione nostro figlio”

Quel  nostro  racchiudeva così tanta appartenenza e complicità, incapace, però, di ferire nuovamente Law, appena arrivato.

“Papi Jude!”

“Ok ci siamo tutti” – Geffen sorrise affettuoso, andando ad abbracciare l’inglese.

“Grazie per tutto” – disse emozionato il legale.

“Ma non ho fatto nulla, vero Robert?” – reagì avvampando Jude.

“No, anzi … Grazie ad ognuno di voi, perché siamo ancora qui e ce la faremo, anche questa volta, a tornare a casa” – rispose l’americano.

Guardandoli, innamorato e felice.




La End House era stata distrutta solo a metà.

Colin e Jared, tenendosi per mano, percorsero lenti il viale d’entrata, dopo avere lasciato il suv davanti ai cancelli della loro immensa proprietà.

Leto inspirò – “La ricostruiremo … E’ la nostra specialità, vero orso?” – e scrutò Farrell, che rise bellissimo.

“Dobbiamo sempre avere un posto dove tornare, per sentirci bene al mondo, per andarcene, senza il timore di non riuscire a riprenderci il nostro punto di riferimento” – e lo fissò.

“Quando saremo più tranquilli, dovremmo partire Cole”

“Per andare dove, Jay?”

“Là fuori, a cercarci … a ritrovarci … forse”

“A me basta guardarti, per essere consapevole di chi sono e di cosa voglio, per davvero Jared: ed io ti ho sempre voluto, credimi” – e lo imprigionò tra le proprie ali, dandogli un lungo bacio.

Mentre il sole scivolava tra le nuvole, che si sarebbero sciolte, senza portare alcun temporale, quella notte.




Le sedie bianche furono disposte a corolla, intorno al gazebo, che Vas e Peter stavano allestendo, a pochi metri dalla battigia.

“Per domani mattina dev’essere tutto pronto, guapi!” – sentenziò Pamela, divertita dai preparativi, per il matrimonio di Chris e Tom.

Gli altri amici, si stavano dando da fare, nella luce del tramonto, come matti, per installare quanto necessario per la cerimonia.

Harry e Louis sembravano i più solerti, mentre Scott annodava annoiato degli enormi fiocchi bianchi, lungo un cordone tinta argento, tirato ai lati della passatoia bianca, che gli sposi avrebbero percorso verso l’altare.

Jimmy gli si avvicinò timido, inginocchiandosi, per aiutarlo – “E’ da un po’ che non ci vediamo” – lo salutò lui, un po’ freddo.

“Già, volevo rimediare”

“Davvero Jimmy?” – chiese un po’ brusco il diagnosta, puntandolo severo.

Il ragazzo trascorreva molto tempo con Tim e Kevin, per accudire soprattutto i loro bimbi e quella di Niall e Mark, che avevano adottato da poco Angelica.

Anche loro meditavano da un po’ di allargare il loro nucleo e convolare a giuste nozze, ma questi progetti andarono in fumo, a causa dei numerosi impegni di Scott, che non riusciva a dare alcuna stabilità ad un legame, mai stato davvero solido.


“A quanto pare me lo hai insegnato tu, a starti distante, visto che sei un vero maestro!” – sbottò il ragazzino, per poi fuggire via in lacrime.

Scott si alzò di scatto, con l’intenzione di inseguirlo, ma qualcuno lo trattenne per un braccio.

Era Brendan.

“Dove stai andando, lui ha ragione!” – lo investì severo, come la sua occhiata.

“Nessuno ha chiesto il tuo parere!”

“Già, in compenso sto cercando di arginare qualche azione ipocrita da parte tua, Scotty” – replicò acido.

“Ipocrita?!”

Laurie ridacchiò, mollandolo – “Hai la memoria corta, doc”

“Se ti riferisci a Paul, ne ho tutto il diritto!”

“Ma di fare cosa, sentiamo?”

Scott soffiò dalle narici, come un toro imprigionato alle proprie responsabilità, da un cappio di acciaio.

Ciò nonostante, il desiderio di raggiungere Jimmy, riuscì ad infrangere quell’inutile impedimento.




Un parlottio sottile, destò Paul da una sorta di dormiveglia, nel quale era caduto, senza neppure rendersene conto.

C’era qualcuno in negozio.

Strofinandosi le palpebre, come un cucciolo, avvolto nella maglietta a maniche lunghissime, di Norman, troppo grande per lui, sbirciò cosa stava succedendo.

Era arrivata Sara, forse per dire qualcosa a Reedus sulle loro bimbe.

Stavano discutendo, cercando di non alzare i toni, forse per non disturbarlo, su raccomandazione del compagno, cosa che di sicuro aveva fatto innervosire ulteriormente la donna.

Lei, che con un guizzo, senza preavviso, baciò d’impeto l’ex marito.

Gelando Rovia, perché Norman non la respinse, non subito, non con abbastanza solerzia e risolutezza.

Forse sarebbe sempre stato così?

Un quesito tanto scomodo, da fare male.
Da farlo andare via subito da lì.




Le iridi di Jimmy erano inchiostro, mescolatosi al sale, da qualche minuto: il suo pianto era composto, dignitoso, così le sue parole, appena Scott provò a farlo ragionare.

“In fondo mi hai sempre considerato una nullità, vero genio?! E lo sei, sei così alto nella scala di certi valori sociali, che non poteva di certo bastare che tornassi in università, che ti fossi fedele, che volessi con tutto me stesso un figlio insieme a te!” – divampò come un incendio di rabbia e livore, su quell’ultima considerazione.

Disperatamente.


“Jimmy ti sbagli, io”

“Ma dove cazzo starei sbagliando, su avanti dimmelo! Hai fatto la tua buona azione, rimettendo sulla buona strada un reietto, un piccolo rifiuto di un mondo, di cui non sai niente, NIENTE!!”

Un’ombra, ingigantita dalla posizione del sole, sembrò invadere il loro campo di battaglia.

Era Geffen.

“Oggi per me è stato un giorno fantastico, vorrei che tutto andasse bene e vedervi così, mi spezza il cuore, credetemi” – disse sincero, sperando di distrarli da una così evidente amarezza.

“Glam …” – Jimmy lo raggiunse, aggrappandosi a lui, come se fosse un porto sicuro – “… non ne posso più della sua indifferenza: so che Scott è il tuo migliore amico, però c’è un limite a tutto ed io vengo sempre dopo, dopo ogni fottuta riunione o collega o simposio …”

“Mi dispiace, ma nulla è irrimediabile” – provò a consolarlo Geffen, mentre Scott li fissava con aria oltre modo incazzata.

“Gli ho dato molte possibilità, ma ero così scontato” – e tornò a guardare il suo partner – “… io non gli donavo prestigio o fama … Gli avevo donato il mio amore, però era così poca cosa … Inutile cosa” – e si allontanò, commuovendo Glam.

“Lacrime di coccodrillo, queste sì che mi mancavano!” – sbottò il medico.

“Ma che diavolo ti prende, Scott?!”

“Ah e questa è la domanda in cima alla top ten delle stronzate, che ho dovuto ascoltare in queste ultime ore, sai Glam?! Ma no, TU non puoi saperlo, perché quello scontato, con te, ero io! Prima di me c’era Jared, poi Robert, quindi i tuoi amanti in erba e le tue sgualdrine!!”

Un ceffone del suo interlocutore, interruppe quella sequenza di improperi.

Scott si massaggiò lo zigomo sinistro, senza reagire fisicamente – “Mi hai fatto di peggio, ma non te ne è mai importato … Mai” - e si dileguò, riprendendo il cammino verso la villa, sul quale incrociò Paul.

Sconvolto almeno quanto lui.







 JIMMY


 GLAM



 ROBERT


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