giovedì 21 luglio 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 70

Capitolo n. 70 – nakama



Paul esitò, prima di passare oltre a Scott, che gli sfiorò la schiena, con un accenno di carezza.

“Ehi dove scappi?” – disse mesto il doc, dagli occhi azzurri quanto il mare, così simile a quelli di Rovia, da potersi rimescolare al suo di celeste, agitato e confuso da mille incertezze.

Il giovane si voltò con uno scatto repentino, indietreggiando, sulla difensiva – “Non toccarmi … tu … tu non mi devi toccare, ok?” – disse brusco, i pugni chiusi, quanto il suo stomaco.

“Volevo aiutarti”

“E come? Molestandomi?”

“Ma Paul, cosa”

“La devi smettere, ok??!” – sbottò, agitandosi in maniera spropositata.

La sua reazione, attirò l’attenzione di Brendan Laurie, poco distante da loro.

L’analista si avvicinò svelto, intuendo quanto stava accadendo al compagno di Norman, che aveva appena parcheggiato la sua HD, oltre ai cancelli della villa di Geffen, affacciatosi al balcone, dopo essere rientrato a cercare qualcosa da bere: la discussione con Scott lo aveva amareggiato parecchio, ma vedere Paul in quello stato, peggiorò le sue percezioni in modo più che negativo.


“Io non ho fatto un bel niente!” – reagì con veemenza il medico, ma Laurie sembrò liquidarlo con un’occhiata storta, mentre si frapponeva tra lui e Rovia, al colmo di un’inquietudine, non più gestibile.

Reedus corse ad abbracciare il suo ragazzo, ma questi lo respinse, in lacrime – “Vale anche per te, sono stanco di essere usato!”

“Tesoro, cosa stai dicendo, accidenti!?”

“Credo che Paul abbia bisogno di un po’ di pace e di parlare con qualcuno, se vuole ovvio” – sembrò zittirli Laurie e il figlio del defunto e mai compianto giudice Nelson, annuì, rifugiandosi sotto la sua ala.

Norman si sentì andare il cuore in fiamme.

“Non significava nulla, ok? Quel bacio, intendo, con Sara, è stata lei a darmelo, se è questo il problema!”

“Abbassa la voce” – gli chiese educato Brendan.

L’ex tenente non gli diede retta, lambendo con i polpastrelli della mano sinistra, le ciocche di quel ragazzino trentenne e spaesato.

“Tu ed io, Paul, siamo in grado di chiarire, senza sostegni esterni, ok?” – aggiunse con dolcezza, ma anche con successo.

Rovia si allacciò a lui, prendendo un lungo respiro – “Portami via di qui” – disse sommesso.

Norman lo accontentò.
Senza esitare.




Quel colpo di clacson, alle sue spalle, mentre Louis percorreva lento il lungomare di Los Angeles, sembrò colorare l’aria.

Tomlinson non ci fece caso, ma il ripetersi del suono, ancora più vicino a lui, lo fece voltare finalmente.

“Vincent …”
L’affarista, barba e capelli folti, ma in ordine, camicia bianca aperta, sul petto abbronzato, svolazzante su dei bermuda in tinta, balzò giù dalla sua fuoriserie, con un sorriso da canaglia irresistibile.

“Mon petit!” – ed il suo abbraccio, avvolse Boo, come la brezza di quella giornata stranamente poco afosa.

“Ciao, ma quando sei arrivato?”

“Ieri sera, ho dormito al Palace, nella parte rimasta in piedi, non certo come la mia villa … Sono tornato per l’assicurazione” – si affrettò a chiarire, vedendo l’altro adombrarsi di un imbarazzo palese.

“Sì … Sì, certo, ma potevi avvisarci” – Louis rise frastornato.

“Avrei voluto, ma ho lasciato fare al destino, mi sembrava più giusto, ecco … No, sono un coniglio, ammettiamolo” – e a propria volta sorrise, ma più tirato.

“E Marlon?”

“E’ rimasto a casa”

Quindi la storia, tra loro, continuava ed avevano un punto di riferimento in comune.

“Ho fatto pace con Harry, ci stiamo riprovando, anche per Petra”

“Mi avevi scritto di quel tizio, Keller e di Glam …”

Una e-mail inviata di getto, con rabbia, una sera che Louis aveva fumato una canna di troppo e Arthur lo aveva mollato in asso, stanco dei suoi capricci.

“Acqua passata, ho avuto il mio periodo buio” – e si scostò, cercando l’ombra sotto ad una palma gigantesca, dopo essersi accomodato su di una panchina rovente.

Tutto gli scivolava addosso, annullato dal suo batticuore.

“Lo capisco, mon petit … Ti trovo bene, nonostante questo disastro”

“Nulla in confronto alla mia vita sentimentale” – replicò simpatico, ma sino ad un certo punto.

Lux si ossigenò, scrutando l’orizzonte, dopo essersi affiancato a lui, compostamente.

“Abbiamo sprecato diverse occasioni, ma è inutile recriminare … Oggi siamo diversi, siamo sereni”

“Io sono sempre lo stesso, spero anche tu”

“Non intendevo …” – poi lo guardò sfuggente, ma commosso, i Ray-Ban tra le dita nervose e magre – “… Non so quello che dico, quando siamo vicini Louis, questo dovresti saperlo … Almeno questo”

“Non importa, non più ormai” – e scattò in piedi – “E’ stato bello rivederti, salutami il Brasile, tanto ci tornerai immediatamente giusto?”

La residenza di Vincent era irrecuperabile ed i soldi della polizza sarebbero serviti per un nuovo ristorante, anche se Boo non poteva saperlo.
O, semplicemente, non doveva.

Il francese catturò il suo polso destro, sottile e liscio, come ogni centimetro di Tomlinson.

“Amore ascolta”

Ecco come il cuore, prevarica la ragione, passando come un treno, tra il cervello e la bocca, tramutandosi in parole pesanti, inopportune a volte.

“Oh no Vincent … NO!”

Boo fu brusco, determinato.

“Harry e Petra mi stanno aspettando, ok?” Ho riavuto la mia famiglia e tu sbuchi dal niente, dopo esserti fatto i cazzi tuoi per mesi, farneticando con queste stronzate?!”

Senza permettergli una replica, Louis scappò via.




Mentre camminava verso di lui, sulla battigia, Glam rivide come in un sovrapporsi di fotogrammi, i cambiamenti fisici di Jared o, più che altro, di look.

Lui era ancora così giovane e attraente: il tempo, quel dannato tempo, di cui, in qualche maniera, erano stati derubati, si era come dimenticato del leader dei Mars.

Geffen avrebbe voluto sapere come ci fosse riuscito, perché per lui, rimaneva un concetto impossibile.

Vivace e quasi sbarazzino, mentre roteava sulla sua poltrona dirigenziale, allo studio, alle pedalate sul boulevard, durante le corse in auto verso le colline o la scogliera, tra i banchi del mercato ad Haiti, sulle nevi di Aspen, nei viali di Parigi, Jared era ovunque, non solo nella testa dell’avvocato, che allargò le proprie ali.

Poteva volare via.
Oppure stringerlo a sé.

“Glam …”

Insostenibile, andarsene via, così.

“Io ti proteggerò, ogni giorno della mia vita” – mormorò assorto, ma intenso, Geffen.

Leto rise lieve, guardandolo, il naso all’insù, come quando si ammirano i colori della miriade di palloncini, che dall’ambulante, nessuno gli avrebbe comprato mai.

Jay sbagliava.
Glam Geffen, lo aveva fatto.
Aveva fatto anche questo.




https://www.youtube.com/watch?v=pyi0ZfuIIvo










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