venerdì 22 aprile 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 57

Capitolo n. 57 – nakama



“Ecco mio nonno … Mi ha regalato lui questa casa”

La voce di Paul era dolce, davanti a poche foto di famiglia, in fila su di una mensola: si era accovacciato, per arrivare alla quota di Sandra, la minore delle figlie di Norman, che lo stava ascoltando, come incantata.

Beatrice, invece, rimaneva in disparte, un po’ diffidente.
Rovia le lanciava qualche occhiata simpatica, di tanto in tanto, per metterla a proprio agio.

“Quante rughe, sembra una ragnatela!” – rise Baby, così i genitori l’avevano soprannominata, per via di un gioco, per il quale Sandra impazziva letteralmente, un paio di anni prima.

Bea aveva iniziato la scuola da poco e le vacanze di Natale, per lei, erano state tristi: seppure già abituata a vedere di rado il padre, aveva compreso quanto stava accadendo con Sara.

Sara che aveva preteso un incontro e di sapere dove Reedus fosse andato a cacciarsi, pensando si trattasse di un’altra donna, come detto a Hemsworth.

Sbagliava.
E Norman glielo stava spiegando, come meglio poteva, poco distante, sulla spiaggia.

Al tramonto, anche del loro matrimonio.

“Litigano …” – disse sommessa Bea.

“Vuoi un gelato, una bibita?” – propose Rovia, con un sorriso amichevole.

Eppure lei, al contrario di Baby, non voleva dargli confidenza.

Anche se quegli occhi grandi, la incuriosivano.

“Tu sei amico di papà?” – chiese improvvisa la maggiore, puntandolo inquisitoria.

Paul perse un battito, ma tentò di dare il meglio di sé, per non farle una brutta impressione.

§ Calma Paul … calma § - pensò, prima di risponderle.

“Sì, siamo amici”

“E vi conoscete da tanto?”

“No, da poco …”

“E la tua mamma, il tuo papà?” – si intromise Sandra, prendendogli il polso sinistro.

Paul ridiscese, spostandole i capelli, ai lati del volto incantevole – “Sono volati in cielo … Insieme, pochi giorni fa”

“Cavoli … Mi dispiace” – e gli si appese al collo, dandogli un bacio sulla guancia destra, mentre il giovane si risollevava lento, tenendola a sé, come un dono prezioso.
Quindi prese per mano Bea, invitandola a seguirlo sul retro, nel giardino, dove la madre aveva collezionato piante rare e fiori tropicali.

“Ci sono anche i pesci?” – chiese, più malleabile.

“C’è l’acquario in effetti” – Rovia rise – “… ma è vuoto: dovremmo riempirlo, che ne dite?”

“Sìì!” – esclamò Sandra, mentre Bea passava l’indice, sui bordi di alcune ciotole in cristallo, piene di sassi e candele bianche, silenziosa e attenta a molti dettagli di quel luogo.

Infine si girò di scatto – “Papà è venuto a vivere qui, perché divorzia da mamma?”

“Norman ecco … Ecco lui può rimanere, finché vuole” – replicò Paul, in imbarazzo, sentendo la situazione, scivolargli via.

“Mami e papi non ci vogliono più bene?” – si inserì Baby, i fanali accesi già di lacrime.

“E smettila di frignare!” – la rimproverò la sorella: era davvero troppo matura per la sua età.

“Non fare così Bea, vieni qui … E anche tu cucciola, non essere triste”

Beatrice si avvicinò, l’aria rancorosa.

Rovia prese un lungo respiro, guardandole – “Mamma e papà vi vorranno bene per sempre e saranno orgogliosi di voi, come neppure immaginate: ci saranno periodi, come questi, in cui avrete paura, lo vedo, ma non ce n’è motivo, sapete?” – anche le sue iridi si incresparono vivide – “… se posso darvi un consiglio, non chiudetevi mai, al loro amore, alla loro presenza, perché, seppure io non conosca la vostra mamma, sono certo sia una persona in gamba, una bella persona … La mia, ha sofferto molto, perché io non riuscivo a tornare da lei e adesso darei qualsiasi cosa … qualsiasi cosa per …” – poi un singulto.

“Per averla qui?” – disse Bea, partecipe e comprensiva, nonostante le iniziali ritrosie.

Paul annuì, mentre Sandra gli asciugava le lacrime, con un fazzoletto, preso dalla sua borsetta a forma di farfalla, rossa, a pois bianchi.

Ora le stringeva sul cuore entrambe – “Siete meravigliose …” – mormorò emozionato.

Almeno quanto Norman, a pochi metri da lui, affiancato da Sara, che si stava mordendo le nocche mancine, dove un minuto prima si era tolta la vera, tirandola addosso all’ex marito, infuriata per la sua rivelazione.

Lui amava Paul e, dolorosamente, la donna aveva capito anche il perché.




L’alloggio di Lux, era stato ricavato al terzo piano, della palazzina, dove si trovava il suo locale.

Vi si accedeva attraverso una scala esterna e retrostante l’edificio, ristrutturato in poche settimane, dal suo arrivo a Buenos Aires; molte cose, per lui, erano cambiate in fretta.

Harry e Louis, indecisi sugli scalini, da almeno mezz’ora, si stavano preparando a quell’incontro e al confronto, sulle bugie di Vincent, che ne sarebbe scaturito.

Inevitabilmente.

Ad aprire loro, dopo che Boo convinse il consorte a non tergiversare oltre, fu un ragazzo, spettinato, atletico e dal sorriso contagioso – “Salve … Accomodatevi, prego”

“Ciao …” – bissò stranito Styles, mentre Louis rimase senza parole.

Lo sconosciuto aveva fisico e viso da copertina, forse era un modello, a giudicare dalle numerose immagini, anche un paio di poster, piazzati in zone strategiche del grande loft.

Lux li stava aspettando in terrazza, tra bottiglie di champagne, vassoi di tartine, ampolle colme di caviale, immerse nel ghiaccio, rimescolate a decine di ostriche, già pronte da gustare.

“Mon petit … Harry, benvenuti, saluteremo il nuovo anno da qui, se non vi dispiace; ma Petra dov’è?”

“E’ rimasta con Lula e non solo” – spiegò Tomlinson, sbirciando cosa facesse il tizio alle loro spalle.

“Avete già conosciuto Marlon? … Ehi Marlon, ti presento i miei … Sono come figli, direi” – quasi bisbigliò, avvampando.

Il giovane si avvicinò, allacciandosi a lui, per dargli un bacio nel collo – “Guarda che me ne hai parlato parecchio di loro” – sorrise complice – “… è un piacere incontrarvi, finalmente” – e tese la mano, mentre la terra, si stava come aprendo sotto ai piedi di Boo, rimasto impietrito da quella scoperta.

Styles si rivelò più disinvolto.
Addirittura sollevato e questo, Louis lo percepì nitidamente.

“Vi siete … Ecco non so come dire” – accennò il ricciolo.

“Innamorati” – lo interruppe Marlon, mentre seguiva le reazioni di Tomlinson – “a prima vista direi” – e rise, staccandosi dal francese, per porgere agli ospiti qualcosa da mangiare.

“No, ti … ti ringrazio” – balbettò Boo – “potrebbe andarmi di traverso”

E fuggì via.




Reedus se lo ritrovò sul marciapiede opposto, a quello dove sfociava il vialetto di accesso alla villa di Paul.
Chris lo aveva avvisato con una telefonata.
Sara e le figlie, erano rimaste con Rovia, mentre Norman si recava a quell’appuntamento a sorpresa.

“Come mi hai trovato?” – chiese brusco l’ex tenente.

Quello, che ancora lo era, stava appoggiato al cofano del suv, che lo avrebbe portato a Palm Springs, per incontrare anche Tom, quella sera.

Hemsworth glielo disse in un soffio, oltre a specificargli, che aveva pedinato letteralmente Sara.

Reedus rise storto – “Addirittura, guarda che io non mi nascondo, bastava chiedere”

“Non parliamo più molto, tu ed io, ultimamente” – replicò mesto il biondo.

“Lo so”

“Norman ascolta, io non so come porvi rimedio: inutile girarci intorno, ma i medici, mi hanno spiegato che non ero in me, come se fossi drogato, capisci?”

Reedus impallidì: era ovvio che l’altro era lì per un unico motivo; fare ammenda, recuperare, mettendo in atto un tentativo disperato, per riportarlo nella propria vita.

Almeno lui.

“Sei rude anche quando chiedi scusa” – osservò Norman, il cuore in gola.

Per tanto amore provasse verso Paul, adesso Chris lo stava destabilizzando, proprio come aveva previsto e, accettato, il nuovo compagno.

“Sono semplicemente io, un ammasso di errori imperdonabili! Vorrei morire, qui, in questo momento, per quello che vi ho fatto, a te e Tom, accidenti!” – divampò, sincero, diretto.

Come un colpo in mezzo al petto di Reedus, che avrebbe voluto abbracciarlo e piangere, come stava facendo ora il collega prezioso di un tempo, inghiottito da un incubo, senza soluzione apparente.

“Norman ho parlato con Sara, so cosa è successo e se è per causa mia, dovrò portarmi questo ulteriore peso, che mi sta ammazzando, almeno quanto la separazione da Tom” – rivelò amareggiato.

“Non … Non lo so se è per … Per quello che mi hai fatto”

“Come posso aiutarti? Anzi, aiutarvi?”

“Non puoi”

“Dammi una possibilità … Una sola e ti prometto che”

“Io sono stato salvato da un angelo e lo amo” – lo tagliò deciso Reedus.

“Ma di chi stai parlando?” – chiese sbigottito Hemsworth.

“Il suo nome non ha importanza e … E quello che hai combinato, è acqua passata, io non voglio più parlarne!”

“Lui lo sa?”

“Certo! Di Paul mi fido ciecamente e lui di me”

“Paul? Ma Paul chi, lo conosco?!”

“No … NO cazzo e fammi un piacere, sparisci!”

Era fuori di sé, confuso e costernato.

Un mix pericoloso, che lo stava come soffocando.

Voleva unicamente tornare da Rovia, stringerlo forte, illudendosi che al mondo esistevano loro e basta.

Purtroppo non sarebbe stato così semplice.




Miriam entrò nel salone, indossando una tunica dalle tinte solari.

Portava con sé un cesto di dolci, che tutti gradirono, tranne Glam: “La mia glicemia è sempre in bilico, comunque grazie, sembrano ottimi”

“Lo sono” – la donna rise magnetica, guardandosi attorno – “… Ma Lula?”

“E’ nella sezione giochi, con il resto della ciurma: voi quando iniziate?”

“A breve Mr. Geffen”

“Se ne sono avanzati, li distribuisco ai bimbi”

“C’è del liquore nel ripieno, non penso davvero sia il caso”

“Sì daddy, direi piuttosto forte … Buonasera Miriam”

“Ah Kevin, giusto? Benvenuto nella nostra terra … Anche se sento che lei non apprezza il mio contributo alla salvezza dell’anima di soldino” – lo salutò tranquilla.

“Si sbaglia: nostro figlio è da sempre fonte di gioia e amore purissimi, ma anche di fenomeni surreali, che metterebbero a dura prova chiunque”

Miriam aggrottò la fronte spaziosa, sovrastata da un turbante vivace e setoso – “Tutti tranne Glam Geffen: lei, la sua malattia, il salvataggio di Lula, insomma una leggenda, che la precede, ovunque vada, sa?” – e tornò a guardare l’avvocato dei divi, che, distribuiti intorno a loro, la stavano ascoltando.

“Risolviamo questa cosa Miriam”

“Al calare del sole: appena vedrete accendere i fuochi, in riva all’oceano, venite con Lula”

“Verrò io soltanto, con soldino” – precisò Geffen, ammutolendola.

Miriam sorrise più forzata – “Perfetto: a tra poco, dunque … Arrivederci a tutti e auguri” – e se ne andò.

Jared si avvicinò a Glam, teso quanto una corda di violino.

“E’ per questo che prima mi hai cacciato?” – gli sussurrò, senza astio.

“Sì Jay, perdonami”

“Ma per cosa … Spero che Miriam sia la soluzione giusta” – e lo abbracciò affettuoso.

Geffen lo strinse, incurante delle occhiate di Colin e Tim, che preferirono uscire all’unisono sotto al porticato, dove alcuni monelli stavano armeggiando con petardi e fiaccole.


“Continua a farti incazzare, l’ex marito di Kevin, vero?” – domandò il neo laureato, accendendosi una sigaretta.

L’attore gliela rubò dalle dita magre e nervose – “Le sue stronzate non mi toccano più, avevo solo bisogno d’aria: questo clima mi sta arrostendo, da quando siamo arrivati” – e si aprì la casacca, irrequieto.

Tim guardò altrove – “A essere sinceri ho caldo anch’io … Ho buttato giù una tonica, prima, era gelida”

“Stai bene?”

“E’ la reazione … Ora passa Colin” – e si infrattò dietro ad una colonna, spostandosi un attimo dopo, oltre a dei vasi di oleandri giganteschi.

La brezza marina non poneva rimedio a quella sensazione di calura.

Farrell gettò la Camel e lo raggiunse – “Tim come va?”

“Non lo so … Miseria è come avere i carboni ardenti sotto ai piedi”

“Hai nausea?”

“No, affatto, anzi, non mi sento male … Non capisco” – e si sfilò la t-shirt, notando la piscina, oltre un muretto intonacato di bianco.

Anche l’irlandese se ne accorse.

“Forse ci aiuterà, vieni” – e, afferrandolo per un braccio, lo trascinò a tuffarsi con lui, in quello specchio d’acqua cristallina e rinfrescante.

Risero.

Poi si guardarono.

Erano così vicini.
Così vicini, che sembrò inevitabile, a entrambi, baciarsi con passione.

E pura follia.





 Special guest Marlon Teixeira is Marlon


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