Capitolo n. 57 – nakama
“Ecco mio nonno … Mi ha
regalato lui questa casa”
La voce di Paul era
dolce, davanti a poche foto di famiglia, in fila su di una mensola: si era
accovacciato, per arrivare alla quota di Sandra, la minore delle figlie di
Norman, che lo stava ascoltando, come incantata.
Beatrice, invece, rimaneva
in disparte, un po’ diffidente.
Rovia le lanciava
qualche occhiata simpatica, di tanto in tanto, per metterla a proprio agio.
“Quante rughe, sembra
una ragnatela!” – rise Baby, così i genitori l’avevano soprannominata, per via
di un gioco, per il quale Sandra impazziva letteralmente, un paio di anni
prima.
Bea aveva iniziato la
scuola da poco e le vacanze di Natale, per lei, erano state tristi: seppure già
abituata a vedere di rado il padre, aveva compreso quanto stava accadendo con
Sara.
Sara che aveva preteso
un incontro e di sapere dove Reedus fosse andato a cacciarsi, pensando si
trattasse di un’altra donna, come detto a Hemsworth.
Sbagliava.
E Norman glielo stava
spiegando, come meglio poteva, poco distante, sulla spiaggia.
Al tramonto, anche del
loro matrimonio.
“Litigano …” – disse sommessa
Bea.
“Vuoi un gelato, una
bibita?” – propose Rovia, con un sorriso amichevole.
Eppure lei, al
contrario di Baby, non voleva dargli confidenza.
Anche se quegli occhi
grandi, la incuriosivano.
“Tu sei amico di papà?”
– chiese improvvisa la maggiore, puntandolo inquisitoria.
Paul perse un battito,
ma tentò di dare il meglio di sé, per non farle una brutta impressione.
§ Calma Paul … calma §
- pensò, prima di risponderle.
“Sì, siamo amici”
“E vi conoscete da
tanto?”
“No, da poco …”
“E la tua mamma, il tuo
papà?” – si intromise Sandra, prendendogli il polso sinistro.
Paul ridiscese,
spostandole i capelli, ai lati del volto incantevole – “Sono volati in cielo …
Insieme, pochi giorni fa”
“Cavoli … Mi dispiace” –
e gli si appese al collo, dandogli un bacio sulla guancia destra, mentre il
giovane si risollevava lento, tenendola a sé, come un dono prezioso.
Quindi prese per mano
Bea, invitandola a seguirlo sul retro, nel giardino, dove la madre aveva
collezionato piante rare e fiori tropicali.
“Ci sono anche i pesci?”
– chiese, più malleabile.
“C’è l’acquario in
effetti” – Rovia rise – “… ma è vuoto: dovremmo riempirlo, che ne dite?”
“Sìì!” – esclamò Sandra,
mentre Bea passava l’indice, sui bordi di alcune ciotole in cristallo, piene di
sassi e candele bianche, silenziosa e attenta a molti dettagli di quel luogo.
Infine si girò di
scatto – “Papà è venuto a vivere qui, perché divorzia da mamma?”
“Norman ecco … Ecco lui
può rimanere, finché vuole” – replicò Paul, in imbarazzo, sentendo la
situazione, scivolargli via.
“Mami e papi non ci
vogliono più bene?” – si inserì Baby, i fanali accesi già di lacrime.
“E smettila di
frignare!” – la rimproverò la sorella: era davvero troppo matura per la sua
età.
“Non fare così Bea,
vieni qui … E anche tu cucciola, non essere triste”
Beatrice si avvicinò, l’aria
rancorosa.
Rovia prese un lungo
respiro, guardandole – “Mamma e papà vi vorranno bene per sempre e saranno
orgogliosi di voi, come neppure immaginate: ci saranno periodi, come questi, in
cui avrete paura, lo vedo, ma non ce n’è motivo, sapete?” – anche le sue iridi
si incresparono vivide – “… se posso darvi un consiglio, non chiudetevi mai, al
loro amore, alla loro presenza, perché, seppure io non conosca la vostra mamma,
sono certo sia una persona in gamba, una bella persona … La mia, ha sofferto
molto, perché io non riuscivo a tornare da lei e adesso darei qualsiasi cosa …
qualsiasi cosa per …” – poi un singulto.
“Per averla qui?” –
disse Bea, partecipe e comprensiva, nonostante le iniziali ritrosie.
Paul annuì, mentre
Sandra gli asciugava le lacrime, con un fazzoletto, preso dalla sua borsetta a
forma di farfalla, rossa, a pois bianchi.
Ora le stringeva sul cuore
entrambe – “Siete meravigliose …” – mormorò emozionato.
Almeno quanto Norman, a
pochi metri da lui, affiancato da Sara, che si stava mordendo le nocche
mancine, dove un minuto prima si era tolta la vera, tirandola addosso all’ex
marito, infuriata per la sua rivelazione.
Lui amava Paul e,
dolorosamente, la donna aveva capito anche il perché.
L’alloggio di Lux, era
stato ricavato al terzo piano, della palazzina, dove si trovava il suo locale.
Vi si accedeva
attraverso una scala esterna e retrostante l’edificio, ristrutturato in poche
settimane, dal suo arrivo a Buenos Aires; molte cose, per lui, erano cambiate
in fretta.
Harry e Louis, indecisi
sugli scalini, da almeno mezz’ora, si stavano preparando a quell’incontro e al
confronto, sulle bugie di Vincent, che ne sarebbe scaturito.
Inevitabilmente.
Ad aprire loro, dopo
che Boo convinse il consorte a non tergiversare oltre, fu un ragazzo,
spettinato, atletico e dal sorriso contagioso – “Salve … Accomodatevi, prego”
“Ciao …” – bissò stranito
Styles, mentre Louis rimase senza parole.
Lo sconosciuto aveva
fisico e viso da copertina, forse era un modello, a giudicare dalle numerose
immagini, anche un paio di poster, piazzati in zone strategiche del grande
loft.
Lux li stava aspettando
in terrazza, tra bottiglie di champagne, vassoi di tartine, ampolle colme di
caviale, immerse nel ghiaccio, rimescolate a decine di ostriche, già pronte da
gustare.
“Mon petit … Harry,
benvenuti, saluteremo il nuovo anno da qui, se non vi dispiace; ma Petra dov’è?”
“E’ rimasta con Lula e
non solo” – spiegò Tomlinson, sbirciando cosa facesse il tizio alle loro
spalle.
“Avete già conosciuto
Marlon? … Ehi Marlon, ti presento i miei … Sono come figli, direi” – quasi bisbigliò,
avvampando.
Il giovane si avvicinò,
allacciandosi a lui, per dargli un bacio nel collo – “Guarda che me ne hai
parlato parecchio di loro” – sorrise complice – “… è un piacere incontrarvi,
finalmente” – e tese la mano, mentre la terra, si stava come aprendo sotto ai
piedi di Boo, rimasto impietrito da quella scoperta.
Styles si rivelò più
disinvolto.
Addirittura sollevato e
questo, Louis lo percepì nitidamente.
“Vi siete … Ecco non so
come dire” – accennò il ricciolo.
“Innamorati” – lo interruppe
Marlon, mentre seguiva le reazioni di Tomlinson – “a prima vista direi” – e rise,
staccandosi dal francese, per porgere agli ospiti qualcosa da mangiare.
“No, ti … ti ringrazio”
– balbettò Boo – “potrebbe andarmi di traverso”
E
fuggì via.
Reedus se lo ritrovò
sul marciapiede opposto, a quello dove sfociava il vialetto di accesso alla
villa di Paul.
Chris lo aveva avvisato
con una telefonata.
Sara e le figlie, erano
rimaste con Rovia, mentre Norman si recava a quell’appuntamento a sorpresa.
“Come mi hai trovato?” –
chiese brusco l’ex tenente.
Quello, che ancora lo
era, stava appoggiato al cofano del suv, che lo avrebbe portato a Palm Springs,
per incontrare anche Tom, quella sera.
Hemsworth glielo disse
in un soffio, oltre a specificargli, che aveva pedinato letteralmente Sara.
Reedus rise storto – “Addirittura,
guarda che io non mi nascondo, bastava chiedere”
“Non parliamo più
molto, tu ed io, ultimamente” – replicò mesto il biondo.
“Lo so”
“Norman ascolta, io non
so come porvi rimedio: inutile girarci intorno, ma i medici, mi hanno spiegato
che non ero in me, come se fossi drogato, capisci?”
Reedus impallidì: era
ovvio che l’altro era lì per un unico motivo; fare ammenda, recuperare,
mettendo in atto un tentativo disperato, per riportarlo nella propria vita.
Almeno
lui.
“Sei rude anche quando
chiedi scusa” – osservò Norman, il cuore in gola.
Per tanto amore
provasse verso Paul, adesso Chris lo stava destabilizzando, proprio come aveva
previsto e, accettato, il nuovo compagno.
“Sono semplicemente io,
un ammasso di errori imperdonabili! Vorrei morire, qui, in questo momento, per
quello che vi ho fatto, a te e Tom, accidenti!” – divampò, sincero, diretto.
Come un colpo in mezzo
al petto di Reedus, che avrebbe voluto abbracciarlo e piangere, come stava
facendo ora il collega prezioso di un tempo, inghiottito da un incubo, senza
soluzione apparente.
“Norman ho parlato con
Sara, so cosa è successo e se è per causa mia, dovrò portarmi questo ulteriore
peso, che mi sta ammazzando, almeno quanto la separazione da Tom” – rivelò amareggiato.
“Non … Non lo so se è
per … Per quello che mi hai fatto”
“Come posso aiutarti?
Anzi, aiutarvi?”
“Non puoi”
“Dammi una possibilità …
Una sola e ti prometto che”
“Io sono stato salvato
da un angelo e lo amo” – lo tagliò deciso Reedus.
“Ma di chi stai
parlando?” – chiese sbigottito Hemsworth.
“Il suo nome non ha
importanza e … E quello che hai combinato, è acqua passata, io non voglio più
parlarne!”
“Lui lo sa?”
“Certo! Di Paul mi fido
ciecamente e lui di me”
“Paul? Ma Paul chi, lo
conosco?!”
“No … NO cazzo e fammi
un piacere, sparisci!”
Era fuori di sé,
confuso e costernato.
Un mix pericoloso, che
lo stava come soffocando.
Voleva unicamente
tornare da Rovia, stringerlo forte, illudendosi che al mondo esistevano loro e
basta.
Purtroppo non sarebbe
stato così semplice.
Miriam entrò nel
salone, indossando una tunica dalle tinte solari.
Portava con sé un cesto
di dolci, che tutti gradirono, tranne Glam: “La mia glicemia è sempre in
bilico, comunque grazie, sembrano ottimi”
“Lo sono” – la donna
rise magnetica, guardandosi attorno – “… Ma Lula?”
“E’ nella sezione
giochi, con il resto della ciurma: voi quando iniziate?”
“A breve Mr. Geffen”
“Se ne sono avanzati,
li distribuisco ai bimbi”
“C’è del liquore nel
ripieno, non penso davvero sia il caso”
“Sì daddy, direi
piuttosto forte … Buonasera Miriam”
“Ah Kevin, giusto?
Benvenuto nella nostra terra … Anche se sento che lei non apprezza il mio
contributo alla salvezza dell’anima di soldino” – lo salutò tranquilla.
“Si sbaglia: nostro
figlio è da sempre fonte di gioia e amore purissimi, ma anche di fenomeni surreali,
che metterebbero a dura prova chiunque”
Miriam aggrottò la
fronte spaziosa, sovrastata da un turbante vivace e setoso – “Tutti tranne Glam
Geffen: lei, la sua malattia, il salvataggio di Lula, insomma una leggenda, che
la precede, ovunque vada, sa?” – e tornò a guardare l’avvocato dei divi, che,
distribuiti intorno a loro, la stavano ascoltando.
“Risolviamo questa cosa
Miriam”
“Al calare del sole:
appena vedrete accendere i fuochi, in riva all’oceano, venite con Lula”
“Verrò io soltanto, con
soldino” – precisò Geffen, ammutolendola.
Miriam sorrise più
forzata – “Perfetto: a tra poco, dunque … Arrivederci a tutti e auguri” – e se
ne andò.
Jared si avvicinò a
Glam, teso quanto una corda di violino.
“E’ per questo che
prima mi hai cacciato?” – gli sussurrò, senza astio.
“Sì Jay, perdonami”
“Ma per cosa … Spero
che Miriam sia la soluzione giusta” – e lo abbracciò affettuoso.
Geffen lo strinse,
incurante delle occhiate di Colin e Tim, che preferirono uscire all’unisono
sotto al porticato, dove alcuni monelli stavano armeggiando con petardi e
fiaccole.
“Continua a farti
incazzare, l’ex marito di Kevin, vero?” – domandò il neo laureato, accendendosi
una sigaretta.
L’attore gliela rubò
dalle dita magre e nervose – “Le sue stronzate non mi toccano più, avevo solo
bisogno d’aria: questo clima mi sta arrostendo, da quando siamo arrivati” – e si
aprì la casacca, irrequieto.
Tim guardò altrove – “A
essere sinceri ho caldo anch’io … Ho buttato giù una tonica, prima, era gelida”
“Stai bene?”
“E’ la reazione … Ora
passa Colin” – e si infrattò dietro ad una colonna, spostandosi un attimo dopo,
oltre a dei vasi di oleandri giganteschi.
La brezza marina non
poneva rimedio a quella sensazione di calura.
Farrell gettò la Camel
e lo raggiunse – “Tim come va?”
“Non lo so … Miseria è
come avere i carboni ardenti sotto ai piedi”
“Hai nausea?”
“No, affatto, anzi, non
mi sento male … Non capisco” – e si sfilò la t-shirt, notando la piscina, oltre
un muretto intonacato di bianco.
Anche l’irlandese se ne
accorse.
“Forse ci aiuterà,
vieni” – e, afferrandolo per un braccio, lo trascinò a tuffarsi con lui, in
quello specchio d’acqua cristallina e rinfrescante.
Risero.
Poi si guardarono.
Erano così vicini.
Così vicini, che sembrò
inevitabile, a entrambi, baciarsi con passione.
E
pura follia.
Special guest Marlon Teixeira is Marlon
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