Capitolo n. 53 - nakama
Gli zigomi di Jared
tremolarono, al tocco di Colin.
Si stavano guardando,
sereni, dopo l’invito del pastore a scambiarsi i voti nuziali.
Un impegno, reciproco,
che il tempo aveva segnato e mutato spesso, nei contenuti, ma lasciandone
inalterata l’essenza.
Fortunatamente.
Poco distante da loro e
dall’altra coppia, che stava per imitarli, Glam Geffen osservava attento la
cerimonia, alternando i propri turchesi, dal volto di Leto a quello di Downey, legato
al suo Jude, in una posa inconsueta, per quel momento.
A loro piaceva stare
così, perché era così, che si erano sempre sentiti e cercati: in un abbraccio,
solido, caldo e accogliente.
Senza più bugie e paura
di perdersi.
In nuovi abissi.
“Stanotte Jay, mi
chiedevo cosa rimanesse ancora da dirci, in una situazione come questa” –
Farrell ruppe il silenzio, con un sorriso compiaciuto e carico di aspettative.
Le dita, dei rinnovati
coniugi, si erano intrecciate.
Simbiotiche, come i
loro respiri.
“Ed ero in ansia, con
la preoccupazione di deluderti, ma poi ho riflettuto, sulle uniche due parole,
che ti hanno fatto restare, un giorno di molti anni fa, prima che ti perdessi di
nuovo ed è accaduto anche troppe volte … Mi mancava il coraggio, ecco, di
ricambiarti, come meritavi, come sentivo, ma rinnegavo a me stesso, Jared” – i
suoi quarzi si incresparono di lacrime, ma questa volta, fu una carezza del
cantante, a ricacciarle indietro, da dov’erano venute.
“Ti amo …”
“Ti amo Cole”
La commozione li
rimescolò, Leto appeso al suo collo, mentre l’irlandese lo stringeva forte a
sé, cullandolo.
Un fragoroso applauso,
sembrò coronare l’attimo, che nessuno avrebbe dimenticato facilmente.
Anche Glam, che se
n’era appena andato via.
Erano schegge di
smeraldo, ancora vivide nella loro tonalità, quelle che Tilda Rovia, rivolse al
figlio, appena Paul varcò la soglia della sua camera d’ospedale.
“Tesoro …”
“Ciao mamma … Buon
Natale”
Corse da lei, come se
stesse scappando da qualcosa, che lo tormentava da anni, per giungere al
sicuro, dove sarebbe sempre voluto tornare.
Da
lei.
Reedus se ne stava in
disparte, oltre lo stipite, timido e ritroso, nel farsi avanti.
“Buongiorno” – lo salutò
la donna, seduta ed appoggiata ad un cuscino, con indosso una vestaglia rosa
tenue.
“Norman … vieni” –
Rovia gli allungò una mano.
“Salve … Forse volete
restare da soli” – accennò smarrito.
“E’ un tuo amico, Paul?”
– chiese gentile la signora Nelson.
Il giovane annuì,
mordendosi il labbro superiore, in un’espressione adorabile, che fece perdere
un battito al poliziotto.
“Lei è davvero gentile,
ma dovrei andare dai miei, ecco …”
Rovia scattò in piedi, tornando
da lui – “Ma sì, certo, è giusto, cavoli” – disse imbarazzato.
“Ma poi torno, vengo a
prenderti, ok?” – si affrettò a precisare lo sbirro dagli occhi di ghiaccio.
“Ci sentiamo al
telefono, i numeri ce li siamo scambiati Norman, tu devi andare dalle bimbe”
“E’ sposato?” – chiese Tilda,
con un piglio simpatico.
“Sì, per ora” – replicò
svelto Reedus – “… cioè sì, sì sono sposato con Sara” – ed avvampò.
Paul rise,
abbracciandolo spontaneo – “Buon Natale Norman e grazie per tutto”
“Ci sentiamo allora …
Auguri Miss. Nelson, per … per tutto” – e quasi fuggì, da quel posto, che
insolitamente sapeva di buono, di un profumo gradevole.
Rovia si rimise seduto,
sul bordo del letto, riprendendo le mani di Tilda tra le proprie, fissandola,
ora più in ansia – “Quanto … quanto tempo ti resta, mamma?”
“Il migliore direi …
Temo davvero poco, ma tu sei qui, adesso e andrà tutto bene, vero amore mio?” –
e lo prese a sé, lasciando che il ragazzo percepisse le sue pulsazioni, il
corpo esile, quasi scheletrico, ma ben nascosto da quell’abbigliamento comunque
elegante, il volto tirato, i capelli radi, sotto ad una parrucca sistemata ad
arte.
Tilda Rovia detestava
apparire sciupata e in disordine.
Alla
morte, bisogna arrivarci con classe, lo diceva sempre.
Quando un po’
scherzava, quando davvero non ci pensava, a morire così presto, a soli sessant’anni.
Jude raccolse il volto
di Robert, tra i propri palmi tiepidi, guardandolo, come se esistessero
unicamente loro due, al mondo, in quell’istante.
“Voglio essere tuo
marito per tutta la vita, questo è ciò che sento ora, Rob … E potrei dirti
mille cose, ubriacarti di frasi, come fai spesso tu e anche questo mi ha fatto
innamorare perdutamente di te, sai?”
Trattenere il pianto
era inutile, per Law.
Asciugarglielo con cura
e tenerezza, invece, risultò irrinunciabile, a Downey.
“E io ti dirò sì, per
tutta la vita, Judsie” – e lo baciò, imbrigliando le rispettive emozioni, in un
atto d’amore assoluto, totalizzante.
Infinito.
“Non ti passerà mai,
vero?”
La voce di Scott, fece
girare Geffen, con un sussulto.
Se ne stava affacciato
ad una grande finestra, a scrutare un panorama splendido.
“Quando sei arrivato …?”
– Glam gli sorrise.
“Stamattina presto,
Jimmy sta riposando” – anche il medico sorrise, andando ad abbracciarlo – “Buon
Natale Glam”
“Buon Natale Scotty …
Sono felice tu sia qui”
“Avevi bisogno una
spalla su cui piangere?”
Risero, fissandosi,
senza staccarsi.
“Ah quella sempre, lo
sai …” – e ingoiò amaro – “… Jared mi ha chiesto di esserci, anche Robert, ma
non avrei dovuto dare loro retta, sono un coglione”
Scott arrise alla
schiettezza di Geffen, godendosi il tepore del suo corpo, incollato al proprio –
“No, sei un uomo gentile e altruista e loro se
ne sono sempre approfittati, guai a te se mi smentisci!” – sottolineò affettuoso.
Glam non disse nulla.
Sara aveva un nuovo
taglio di capelli, ma Reedus non se ne accorse, finché lei non glielo fece
notare, scocciata.
Le figlie, appese a
lui, come decorazioni ad un grande albero, segnato da tatuaggi e brutti
ricordi, lo stavano soffocando di baci.
Una morte bellissima,
alla quale sarebbe stato complicato rinunciare.
Nella testa del
tenente, si stavano affollando pensieri sconclusionati, ma saturi di emozione,
tanto che seguire i discorsi della consorte, a cena, divenne estremamente
difficile, per lui, perso in nuovi mondi.
“E Chris, come sta?” –
domandò brusca, tagliando il dolce.
“Ha subito una nuova
operazione, ora sembra stia a posto” – replicò lui asciutto, sbirciando i doni,
ancora intatti, sotto all’abete finto, addobbato al centro del living.
“Meglio così … Vuole
ancora trasferirsi all’antidroga, con te? Oppure sarai tu a migrare verso la squadra
omicidi?”
I suoi quesiti, lo
lasciarono perplesso.
“Non ne ho idea Sara …
Come mai questa curiosità? Non te ne è mai importato granché del mio fottuto
mestiere” – e rise, distorcendo le labbra.
“E come parli, ci sono
le piccole!” – lo rimproverò severa.
“Ma se i cartoni che
guardano, sono più volgari di me!” – obiettò infastidito.
Ogni dettaglio, gli
stava facendo quell’effetto, a parte le cucciole, che trepidavano, per aprire i
regali.
“Ok dai sul tappeto a
vedere cos’ha portato Babbo Natale!” – cambiò discorso Norman, portandosele
via.
Avevano sei e quattro
anni: la maggiore non credeva a Babbo Natale da un bel pezzo, era più sveglia
della sua età, ma molto taciturna e introspettiva.
La minore, invece, era
gioia di vivere pura e ingenuità spontanea.
Come Reedus aveva
scorto negli occhi di Paul.
Già, Paul, chissà come
stava trascorrendo lui quelle ore …
Si schiantarono sul
materasso, speculari e madidi, avvinghiati come giunchi, nati e cresciuti nella
stessa isola, sulla quale erano fuggiti, per l’ennesima volta.
“Perché facciamo ancora
queste cose?” – chiese in crisi d’ossigeno Geffen, baciandolo, per non farlo
neppure rispondere.
Scott era una
meraviglia, nella sua maturità, nella magrezza ritrovata, probabilmente per non
sfigurare accanto al suo acerbo compagno.
La suite di Glam era
semi buia, con qualche faretto acceso qua e là, giusto per non inciampare, se
avessero voluto bersi qualcosa.
Erano a digiuno, mentre
la festa di nozze, impazzava, tre piani sotto.
Glam lo sovrastò lento,
lasciando che Scott si stendesse meglio, mentre gli spostava i capelli dalla
faccia abbronzata.
“Forse dovremmo capire,
come mai non ci siamo mai messi insieme sul serio, non credi?” – e sorrise,
anche se i suoi specchi cerulei raccontavano una malinconia, mai sedata, nel
tempo.
“Non lo capirò mai,
Scotty … Grazie per non avermi lasciato solo, anche se”
Fu l’amico a baciarlo,
ora, facendo morire sul nascere le sue scuse verso Jimmy.
Lo avrebbero fatto
incazzare, come il modo, in cui Geffen lo trattava da quando Scott si era
innamorato di lui, in eterna competizione con Jared, Kevin, Robert e mille
altri spettri, ancora ben radicati, nel cuore dell’altro.
Faceva
così male …
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