lunedì 21 marzo 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 50

Capitolo n. 50 – nakama



I suoi volteggi erano accattivanti.
Mai quanto i suoi occhi: due pozze, simili, nella tonalità, al celeste dell’acquamarina.

Grandi come oceani.

Quelli di Norman, invece, due schegge di ghiaccio, posatesi su di lui, che ora l’aveva intercettato, nel suo osservarlo tenace, stabilendo una connessione, alla quale Reedus non riuscì a sfuggire.

Sulla lastra, lo sconosciuto si mosse veloce come un lampo.

“Ehi ci conosciamo?”

La sua voce era simpatica, il suo sorriso amichevole.
Invitante.

Ogni cosa appartenesse a Paul Rovia, gli risultò immediatamente incantevole.

“Ehm no … Non direi” – con il suo palese imbarazzo, lo sbirro avrebbe potuto fondere tutto quel ghiaccio.

“Sei di Los Angeles? Io abito lì: mi chiamo Paul, ciao” – e gli tese la mano destra, protetta da un guanto in lana a strisce, dai colori sgargianti.

“Norman, piacere …” – e ricambiò il gesto, anche se un po’ impacciato – “… in effetti abitiamo nella stessa città, ma non credo di averti mai incontrato”

“Pattini?” – e rise, facendo una piroetta.

“Un po’ … Tu lo fai di mestiere, sei davvero bravo” – e sorrise, guardandosi attorno.

“No, per niente … Aspetti qualcuno?”

“No perché?” – e tornò a fissarlo, quasi con un sussulto.

“Così sembrava … Allora ci vieni, qui con me? Facciamo un giro, tanto sono da solo anch’io”

Reedus trovò la cosa molto strana.

Una persona tanto vivace e socievole, come poteva trovarsi lì, senza nessuno, alla vigilia di Natale?”

Per lui era diverso.
Per Norman era un casino, come gli aveva appena detto Tom, prima di salutarsi.

Già, Tom …


“A essere sinceri ho degli amici in hotel, anzi, uno è in ospedale, un collega … Lunga storia”

Adesso stavano bevendo il famigerato punch.
Una vera schifezza.
Chissà il banchetto del resort, quanto sarebbe stato luculliano, pensò il poliziotto.

“Caduta sulle piste?”

“No, è più complicato … Ha avuto un malore, era stato appena trapiantato, ma ora va meglio”

“Cuore, reni?”

Paul sembrò molto interessato ai suoi racconti.

“Il primo che hai detto” – sorrise – “… Stava bene, ma poi ha sbroccato”

“Non ti capisco Norman, però è chiaro che fai fatica a parlarne … Che ne dici di cambiare argomento?” – propose rilassato il giovane.

“Che mi dici di te?”

“Faccio un po’ di tutto … Il modello, il dog sitter … Per mantenermi, sto ancora studiando, un tantino fuori corso, over trenta” – e fece un’espressione buffa, che scatenò l’ilarità del suo interlocutore.

“Cosa di preciso?”

“Criminologia!” – affermò fiero, ma anche divertito.

“Davvero …?!”

“Non mi credi? Guarda che saprei essere professionale, anche se ora mi vedi conciato come uno scappato di casa e”

“Lo sei, Paul?”

Al suo fiume di parole, Reedus replicava con domande nette.
Da piedipiatti, senza che l’altro lo sapesse; non ancora.

Rovia assottigliò le palpebre – “Vuoi mettere alla prova la mia perspicacia? Uhm vediamo … Tu hai l’aria di essere uno …”

“Uno?”

“Non offenderti, ma sembri uno spacciatore” – e scoppiò a ridere.

Norman rimase zitto, ridendo sotto ai baffi.

“Allora dovresti girarmi alla larga”

“E perché? Magari hai moglie e figli”

“Sì due: due bimbe”

“Cavoli … E la moglie ce l’hai?”

“Certo”

Paul si morse le labbra, ricordandogli di nuovo Tom, anche se non gli somigliava affatto fisicamente.
Semmai Rovia gli ricordava Jared.

“Io sono single … Nessuno riesce a starmi dietro … e vicino” – ed inspirò, finendo quella brodaglia fumante.

“Troverai la donna giusta prima o poi e”

“Sono gay” – questo giro fu Paul a interromperlo secco, con la propria schiettezza.

Reedus perse un battito, senza saperne il perché.

“Sei sempre così sincero?”

“No, non sempre Norman, ma tu mi ispiri fiducia e forse sei davvero uno che ha della roba nella tasca del giubbotto” – sorrise più malizioso – “… mentre io ho giusto uno spinello: se vuoi lo dividiamo, ma in cambio potresti ospitarmi? Dormo anche per terra, nessun problema”

“Dio ricominci”

“A fare cosa?”

“Parli tantissimo” – Reedus rise.

“Già … Allora fumiamo, così avrò la bocca occupata”

“Sono dell’antidroga” – e gli mostrò il tesserino – “non ci farei una bella figura, sai?”

“Oh merda”

“Come se non avessi sentito quella parte della storia, Paul, ok? E per la notte, anch’io ero all’addiaccio, ma qualcuno ci ha pensato: su vieni, andiamo”

“Grazie Norman … E buon Natale!” – e gli diede un bacio fugace sulla guancia destra, facendolo diventare paonazzo, prima di salire su di una navetta, diretta proprio all’albergo di Reedus.




Lux ascoltò perplesso il racconto di Geffen, collegatosi con lui via Skype.

“Sì, è la spiaggia qui davanti al mio locale … In effetti qualcuno ha messo anche dei volantini in giro, ma non ci avevo fatto caso più di tanto”

“Arriveremo il trenta, di sicuro Lula e il sottoscritto: hai del posto, lì da te?”

“Sì, al primo piano … Kevin non viene?”

“Non lo so ancora Vincent … Io credo a questa Miriam, perché ho visto, capisci?”

“Mi sembri spaventato e non è da te, big Geffen” – e rise forzato.

“Puoi ben dirlo … Per il resto, come vanno le cose?”

“Mi sto ambientando, conosco i posti, dove andare a mangiare bene, a fare acquisti per la mia stamberga … Tiro avanti” – ed arricciò il naso aquilino, abbassando lo sguardo.

“Louis sta bene”

“Co cosa?” – e tornò a puntare il monitor del portatile.

Glam sorrise – “Visto che non me lo chiedevi, ho fatto prima e te l’ho detto io”

“E Harry, Petra?” – chiese con emozione.

“Una meraviglia: quella bimba è stupenda, peccato non vederla crescere”

“Glam piantala, ok?” – sbottò, ma senza astio, come se si vergognasse di qualcosa.

“Potevi”

“No, non potevo e diamoci un taglio, va bene?” – e fu più brusco.

“Come vuoi Vincent, come vuoi” – l’avvocato inspirò – “auguri comunque … ci si vede presto”

“Anche a tutti voi … Arrivederci Glam.”

Un lieve bussare; era Kevin.

“Daddy non scendi?”

“Ciao tesoro, sì tra poco: ho delle novità per il Brasile, hai cinque minuti per me?”




Il soffitto iniziò a dilatarsi, nei propri contorni.

“Cristo, ma cosa ci hanno rollato in questa cartina!?” – Norman tossì, rimettendosi seduto.

La moquette della suite era alta forse tre centimetri, una pacchia e Paul sembrava gradirla parecchio, come sistemazione, durante quel momento di relax.

Rovia rise – “Quanto rompi, per una canna del cavolo” – e giocando con il fumo, si sollevò a propria volta, incollandosi al braccio sinistro del suo nuovo amico.

“Dai, solo un tiro, tenente” – e ridacchiò, passandogli praticamente un mozzicone.

“No, ne ho già respirato a sufficienza … Vuoi da bere?”

“Hai telefonato alla tua vecchia?”

“Sì genio, mentre ti facevi la doccia” – brontolò, versandosi una tonica.

“Carino questo accappatoio, non trovi? … C’è del bourbon?”

“Non vuoi farti mancare niente eh pivello? Una notte da leoni” – e lo fissò caustico.

“Ne approfitto un po’ … Tu non lo farai con me, vero?” – e gli andò vicino.

“Ma non dire stronzate, Paul!” – ribatté infastidito.

“Sei tutto un livido … Che ti è successo?”

Reedus era rimasto in t-shirt, dimenticandosi di quei segni.

“Sono stato aggredito”

Rovia aggrottò la fronte spaziosa e liscia.

“Ti … ti hanno drogato e poi fatto del male?”

Nel suo tono, Norman percepì qualcosa di strano: non c’era più euforia e spensieratezza, in Paul, neppure nei suoi occhi grandi.

“A te hanno fatto questo?”

Il ragazzo indietreggiò, scolandosi la lattina, che Reedus aveva appena iniziato.

“Che arsura, cazzo! … Ce la vediamo un po’ di tv, ti va?” – e sembrò tornare perfettamente lucido.

“No, non mi va, come a te non va di rispondermi, a quanto pare”

“Sono in arresto? Cos’è questo un interrogatorio?” – reagì aspro, alterandosi.

“No Paul, affatto: io ti ho detto la verità, speravo che”

“Ma che cosa?!  E la tua verità cosa sarebbe, eh? Io non ci ho capito un tubo!” – e si schiantò sopra al divano.

Reedus si ossigenò, raggiungendolo, con circospezione.

“Chris, il mio partner, ha avuto una crisi post operatoria, uno scompenso, è come impazzito in parole povere … E’ diventato pericoloso, violento e mi ha … Mi ha fatto il male, di cui parlavi tu prima, Paul” – gli confessò senza remore.

“Ok …” – e tirò su dal naso – “… va vado a vestirmi, ok?” – mormorò un po’ infantile, spaventato.

E sparì nella stanza adiacente, senza fare troppo rumore.




“La cerimonia è alle undici: ora una sana e robusta colazione e poi corro a imbellettarmi!”

Downey era di ottimo umore, in piedi davanti al buffet mattutino, dove anche Geffen si stava servendo di ogni leccornia.

“Vedo che hai appetito Glam” – gli sussurrò l’attore – “… notte brava?”

“Ma che dice Rob!” – e rise – “… no, anzi, sono stato un chierichetto, ho persino dormito con Lula e Pepe”

“Saranno dei paggetti strepitosi”

Leto si accodò a loro e Geffen lo accolse con un tenero abbraccio – “Buongiorno tesoro, sei uno splendore”

Jared era riposato e in forma.

“Buongiorno a tutti … Isotta è indecisa per l’acconciatura”

“Non se ne occupa Pam?” – domandò Robert.

“Sì, ma anche Stella: ha fatto un corso da parrucchiera, manco lo sapevo” – e rise, pescando della frutta fresca, da un enorme vassoio.

Geffen sembrò a entrambi distratto: la sua attenzione era rivolta all’ingresso del salone.

“Ma che mi venga un colpo … Paul …?”

Rovia lo vide e si bloccò, incuriosendo Reedus.

“Che ti prende? Hai visto un fantasma?”

Vie di fuga non ce n’erano; tanto valeva affrontarlo.

“Ciao Glam … Non sapevo fossi da queste parti”

“Paul ciao, ma lo sai che tuo padre ti sta cercando da mesi?”

Norman li squadrò, nelle rispettive reazioni, almeno quanto Jared e Robert, avvicinatisi alla scena, rimanendo zitti.

“E tu sai che non me ne importa un cazzo?!”

“Paul …” – “Norman non ti riguarda!”

“Francamente non ti capisco! Il giudice Nelson sarà un rompiscatole, però”

“Nelson? Ma non ti chiami Rovia?”

“E’ il cognome di Tilda, sua madre” – precisò Glam e Paul avvampò.

“Tu sei figlio di Howard Nelson?” – anche Reedus lo conosceva, evidentemente.

“La volete smettere!?!” – il giovane esplose.

Jared gli si affiancò, puntando Glam – “Non credo sia il luogo adatto per questa conversazione, che ne dite di salire da noi?”

“Io non vado da nessuna parte” – Paul fece un passo indietro.

“Tua mamma è al sesto ciclo di chemio”

“Glam, ma cosa …?!” – anche Robert provò a intervenire, guardando l’ex con severità.

“Non parlare di lei …” – disse con un filo di voce Rovia – “… e, in quanto a mio padre, sei sempre stato un coglione Glam a berti le sue fandonie … E’ solo un drogato di merda, almeno quanto il tuo era un picchiatore, però tu non mi hai mai creduto! Io mi fidavo di te, ma tu non hai fatto niente per me! Niente!!” – e scappò via.

Via dal loro stupore e imbarazzo.
Via da Norman, che non esitò a rincorrerlo.

Senza saperne neppure il perché.
                                      





New entry Tom Payne is Paul Rovia




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