mercoledì 16 marzo 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 49

Capitolo n. 49 – nakama



Jared posò guanti e sciarpa, su di una mensola, dopo avere schivato Jude.

“E’ di ottimo umore” – disse piano il cantante, avvicinandosi al suo futuro sposo – “tu un po’ meno, Cole: che succede?” – e gli si appese al collo, sorridendogli.

“Niente …” – e gli cinse i fianchi stretti – “… parlavamo di Chris: come sta?”

“Lo hanno portato in sala operatoria: era da solo, Tom è sparito con Norman, non ne conosco il motivo, però la situazione era tesa”

“Ci hai parlato? Con Tom, intendo”

“No, me l’ha spiegato Glam al telefono: anche lui non c’era, stava riportando Lula in hotel” – e andarono ad accomodarsi sul divano.

“Hanno già dimesso soldino?” – chiese con stupore l’irlandese.

“Nessuna lesione o cicatrice: tutto sparito” – Leto rise allegro.

“La sua magia, quindi”

Il leader dei Mars annuì, sbirciando poi verso la camera da letto.

“E’ quello il tuo completo? Molto elegante”

“Il tuo è nell’armadio, nella sua custodia, non ho curiosato, tranquillo” – anche Farrell rise, ma più rigido.

Jared gli accarezzò gli zigomi, poi scese con le dita affusolate e tiepide verso la nuca del compagno, massaggiandogliela lieve, mentre si guardavano assorti.

Poi si baciarono.

“Andiamo di là … tanto la cena è a mezzanotte Cole” – gli mormorò a un centimetro dal volto abbronzato, rubandogli l’aria.

Rubandogli l’anima.
Ancora una volta.




Geffen lo stava come spiando, senza che Lula se ne rendesse conto.
O così sembrò al legale, che gli stava preparando una cioccolata calda.

“Ecco qui … per il mio campione” – e gli sorrise, porgendogli la tazza, mentre il figlio stava seduto alla scrivania, intento a disegnare e scrivere biglietti di auguri coloratissimi.

“Grazie papà” – e la sorseggiò, fissando Glam, con quei fanali profondi e liquidi – “… buona!” – affermò soddisfatto, pulendosi il mento e la punta del nasino.

Era adorabile.
Come sempre.
Quindi, com’era possibile, ciò che aveva detto Miriam Lebeau?

Geffen non smetteva di domandarselo mentalmente.

Si voltò, per tornare all’angolo cottura, allestito nella loro suite, ma un vento gelido, lo investì in mezzo alle scapole.

“Tu non devi avere paura di me …”

Di nuovo quella voce, che gli sembrò salire da un abisso.

Glam si rigirò di scatto, facendo cadere la mug, con il nome di Lula, immobile, le orbite oculari divenute nero pece.
Da esse, un secondo dopo, uscirono due serpenti, dalle squame arancio, striate di rosso vivido.

“Lula!!”

In un bagno di sudore: l’avvocato si destò in quella maniera, di soprassalto, senza rendersi conto di dove fosse, per alcuni istanti interminabili.

“Papà!”

Soldino arrivò di corsa dalla propria camera, volandogli sul cuore, per consolarlo – “Sono qui papà, guardami, è stato solo un incubo!”

“Amore … sembrava talmente reale … Lo hai visto anche tu?”

“Cosa?”

“No … No, nulla” – Glam balbettò, poi riprese il controllo – “… mi daresti un po’ d’acqua, tesoro?”

“Certo!” – Lula sorrise affettuoso, prendendo subito una bottiglietta dal frigo bar.

“Ti ringrazio cucciolo … Ti ho svegliato, scusami …”

“Ma io facevo i pacchetti, però ho fatto pasticci con i fiocchi!” – replicò gioioso e solare.

“Allora ti aiuto …” – e si alzò, seguendolo nel living.

Accanto al tavolino, c’erano dei cocci.

Geffen rabbrividì.

“E quelli?” – chiese a mezza voce, indicandoli.

“Mi hai detto di non toccarli, che poi veniva la signora delle pulizie papà”

“Sono stato io … a fare questo di pasticcio?” – e provò a scherzare.

“Yesss!!!”




Norman riprese la sigaretta, lasciata sul bordo del davanzale, sopra al lavello, dove Tom aveva dimenticato le confezioni di cibo, ancora sigillate.

“E’ sbagliato, qualunque cosa tu avessi intenzione di fare” – mormorò roco lo sbirro, allontanandosi da lui.

“Era solo un bacio” – disse Tom arrossendo, mentre armeggiava con il barattolo dei sottaceti.

Reedus ridacchiò sornione – “Dai qua” – e lo aiutò, aprendo la capsula senza problemi.

“Grazie …”

“Anni e anni di grigliate e hamburger … Voi ci venivate spesso”

“Bei tempi” – Hiddleston inspirò – “… tu non ci hai mai discriminati”

“Nessuno della squadra l’ha fatto, dopo che Chris ti ha presentato ai colleghi, anche se io già sapevo da un pezzo, come stavano le cose”

“Lui si è sempre fidato di te: diceva che eri il bastardo giusto, a cui confessare anche l’inconfessabile” – e sorrise, passandogli il primo panino.

“Era reciproco … Dai vieni, sediamoci, il tè è ancora caldo”

“Sì Norman … Me la dici una cosa?”

“Dipende” – e rise, guardandolo dritto negli occhi.

Quattro spicchi di cielo a confronto.

“Quando ti sei innamorato di Chris? … O meglio, quando te ne sei reso conto?”

Reedus fece spallucce, emozionato nei gesti, prima più fluidi.

“Stavamo bene insieme, cioè, lui mi sapeva prendere, anche nelle giornate peggiori e mi sopportava”

“Tu non mi sembri così male, come partner lavorativo”

“Non era per quello, ma sai, i guai in famiglia, le bollette da pagare, la scuola delle bimbe”

“In questo noi non abbiamo effettivamente dei problemi, da quando frequentiamo villa Meliti e … Glam” – ammise, lo sguardo sfuggente, verso la nevicata, sempre più fitta.

“Ci tengono molto, vero? Ai bambini dico”

“Sì, Antonio li considera tutti nipoti … So che è un personaggio un po’ discutibile”

“Mai una condanna” – Norman rise più sonoro – “… del resto ha solo frodato il fisco, il sogno di ogni americano per bene”

“E’ un brav’uomo, ha avuto la sua buona dose di sofferenze, gli avevano ucciso il primogenito, era un medico ed era gay”

“Ah … Forse per questo siete entrati nelle sue grazie?”

“Non credo, sai? Penso si sentisse solo e questo caravanserraglio, questo clan, come lo definisce spesso Chris, è stata la famiglia migliore gli potesse capitare” – e sorrise, accartocciando il tovagliolo di carta.

Reedus fece un’espressione tenera – “E’ bello parlare anche con te, Tommy, è … semplice”

Il terapista si morse il labbro superiore – “Hai baciato anche lui?” – domandò secco, lo stomaco leggero.

“No … Non me ne ha data l’occasione: è capitato in fretta, è stato brusco e violento” – rivelò limpido, come a liberarsi di un peso.

Il cellulare di Tom vibrò.
Era Geffen.




Tim, ancora in accappatoio, schiuse la porta con un sorriso.

“Ehi ce l’avete fatta” – bisbigliò, lasciando entrare Niall, per poi abbracciarlo caloroso.

Si erano scritti ogni giorno, prima di ritrovarsi, chiarendosi sul recente distacco e non solo.

Riprendere anche le rispettive relazioni, con Kevin e Mark, aveva avuto un profondo significato per entrambi.

“Dormono tutti?” – chiese emozionato Horan, distaccandosi da lui, appena intravide la sagoma di Kevin avvicinarsi.

“Infatti” – il musicista si palesò, cordiale nei toni, comunque – “Benvenuto Niall … e Mark?”

“E’ giù alla reception, ci sta registrando”

“Papi!!” – la vocina di Thomas lo distrasse, così quella di Layla, che inseguì il fratellino, sino a Niall, pronto ad accoglierli con entusiasmo.

“I miei pestiferi! Siete stati bravi, vero?” – e si commosse, cullandoli.

Tim perse un battito e sparì, con la scusa di vestirsi, mentre Kevin, più a suo agio, versò da bere per tutti.

“Ora dobbiamo cambiarci anche noi, tra poco inizia la festa, apriremo i doni, mangeremo come lupi” – disse sereno l’artista.

“Sì, avete sentito bimbi?”
Loro saltellarono entusiasti – “Posso darvi una mano, Kevin?”

“Certo, hai campo libero” – poi sorrise – “… solo con i pargoli, ovvio” – ed ammiccò simpatico.

Horan avvampò – “Ma sicuro!” – e sorrise impacciato, prendendo in braccio Layla e per mano Thomas, pronti a seguirlo nella loro stanza.

Kevin cercò Tim nella propria, ritrovandolo quasi pronto a scendere.

“Ehi, hai troppe cose addosso” – e lo baciò sensuale.

“Ke Kevin ci sono i”

Il bassista lo fissò brusco – “C’è Niall, vorrai dire”

“No, non è per lui, ma mi sento a disagio, come prima, ecco” – e si spostò, infilandosi un maglione pesante, come l’atmosfera, scesa improvvisa e scomoda.

“A me non sembravi tanto a disagio prima, ma, a parte questo, scusa” – e lo riavvolse, più casto e tranquillo.

Tim lo guardò – “Sono lusingato dalla tua gelosia, però non soffochiamoci, ok? Dovremmo avere superato certe fasi di insicurezza, Kevin, non trovi?” – affermò serio.

“Sì, certo … Avanti, raggiungiamo la ciurma, ho voglia di vedere anche Mark: sarà al settimo cielo, per essere tornato con Niall … Come lo sono io, per noi, ok?”

“Ok Kevin … Ok.”




Glam guidava il gatto delle nevi, come un mezzo qualsiasi.

Tom, seduto nel mezzo, tra lui e Reedus, sembrava ipnotizzato dal movimento dei tergicristalli.

L’agente dell’antidroga stava muto come un pesce, da quando erano saliti sul cingolato di soccorso, che Geffen non esitò a prendere, per quella sorta di missione di salvataggio.

“Penso che gradirete il buffet nel salone delle feste, al posto di quei sandwich striminziti” – esordì il più anziano, per rompere quel gelo.

“Veramente erano buoni” – sbuffò il poliziotto – “per lo meno alla nostra portata, Mr. Geffen” – aggiunse sarcastico.

“L’operazione di Chris è riuscita al cento per cento: tra settantadue ore lo sveglieranno dal coma indotto” – li informò, senza distogliere l’attenzione dalla strada, ormai divenuta una lastra bianca senza fine.

Hiddleston non proferì parola, ma guardò Reedus, che si morse le nocche della mano sinistra, il gomito appoggiato al finestrino.

“Dov’è Luna?”

“Con Pam e Stella … Ti senti bene, Tommy?”

“Vorrei fare un bagno caldo e andare a dormire: non sarò dei vostri, mi dispiace Glam, perdonami” – e prese un lungo respiro, abbozzando un sorriso.

“Nessun problema … E lei Mr. Reedus? Che fa? Si aggrega?”

“No, grazie, io scendo qui”

“Ma dove vai Norman?” – il terapista era spiazzato dalla sua fermezza.

Glam rallentò – “Qui dove, scusi?”

“Al palazzo del ghiaccio … Danno anche il punch di mezzanotte, andrò a pattinare, così mi rilasso … e poi, a pensarci, non ho una sistemazione in albergo”

Geffen gli passò un badge dorato – “Attico 504, era l’unico libero tenente”

“Lei pensa sempre a tutto, vero?” – bissò asciutto, afferrando la tessera magnetica.

“E’ la mia specialità, come la sua arrestare i delinquenti”

“Che lei fa assolvere: grazie per la prenotazione, ma non si azzardi a pagare il conto, siamo intesi?”

“Non sia mai … Buon Natale dunque”

“Anche a voi: ciao Tom, domani torno a Los Angeles, tempo permettendo”

“Come preferisci … Mi dispiace per questo casino Norman, anche per i tuoi” – asserì triste.

Reedus gli diede un buffetto – “I miei sono abituati ai miei turni e alle mie assenze, ti faccio sapere, arrivederci” – e scese, avviandosi veloce verso l’ingresso affollato, antistante la biglietteria.

Geffen si ossigenò, poi ripartì – “Strano tipo … eccentrico, direi”

“E’ fantastico invece … Ma tu non gli piaci ed è reciproco, giusto?”

“Giusto!” – Glam rise, poi accese la radio.

Mancava poco alla metà di quella notte senza stelle.









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