martedì 15 marzo 2016

NAKAMA - CAPITOLO N. 48

Capitolo n. 48 – nakama



“Vestiti puliti e confezionati … calze, persino le ciabatte”
Reedus stava bofonchiando da cinque minuti, in piedi davanti a una vetrinetta, divisa in scomparti, tutta elettronica.

“Ed è gratis?” – chiese, girandosi verso Tom, zuppo e infreddolito quanto lui.

“Devi passare il dito qui, per le impronte digitali, se vuoi prendere questa roba, c’è scritto qui”

“Ok”

“Dai fallo Norman, sei anche un poliziotto tu, si fideranno no?”

“Sì, d’accordo, scusami, è che non ci sono abituato a tanto lusso” – rise amaro.

“Perché io sì?” – anche Hiddleston accennò un sorriso debole.

“Tu hai amici importanti …” – disse piano lo sbirro, estraendo dal cellophane dei pile e un paio di tute.

“Non è la stessa cosa”

“Geffen ti comprerebbe la luna” – e lo scrutò, mentre l’altro si svestiva svelto.

“Se ti piace crederlo, fai pure, io ho bisogno di una doccia adesso” – lo tagliò aspro, fiondandosi in bagno, facendo sentire Norman un perfetto coglione.




§ Il tuo cuore ti calpesterà, senza neppure uscirti dal petto.
Camminerà fiero, mentre tu nasconderai la verità, dietro a falsi sorrisi, strette di mano, ammiccherai ai fotografi, dirai bugie durante le interviste.
Il nostro amore, ti tormenterà a vita, Cole …
A vita, te lo prometto.
JL §

Farrell ripiegò in fretta quel biglietto, logorato dal tempo.
Era una traccia del passato, molto lontano, quando tra lui e Jared non riusciva a funzionare niente.

L’irlandese faceva parlare di sé, per l’ennesima conquista, già messa incinta, la madre di Henry, del suo rehab, di una rinascita, dietro la quale c’era unicamente stato Jared, a credergli, a sostenerlo, quando tutti lo avevano abbandonato, esasperati dal suo cadere e ricadere in vizi, che lo stavano ammazzando.

A poco a poco.

Colin conservava quella reliquia, infilatagli nel taschino della giacca da un Jared frettoloso, incrociato a un party, dove non si erano rivolti la parola.
C’era anche lei, Alicya, impegnata a pavoneggiarsi davanti ai paparazzi, sfoggiando orgogliosa il suo pancino perfetto.

E Jared moriva.
Umiliato.
Tradito per l’ennesima volta.

Certo poi Colin aveva scelto lui.
Lui, però, aveva scelto Colin?

Farrell se lo stava ancora chiedendo, mentre toglieva dalla sacca, l’abito che lo staff di Armani, gli aveva fatto avere per la cerimonia del giorno dopo.

Era una vigilia di Natale particolare.

Jude irruppe nella sua suite, stranamente deserta, osservò l’inglese al proprio arrivo.

“Sono tutti a fare le ultime compere e poi all’ospedale, per Chris …” – spiegò il moro, versando una bibita a entrambi.

“Tutto bene Colin?”

“Sì, domani mi sposo, anzi, ci sposiamo” – rise tirato.

“Certo, ma non tu ed io, peccato!” – e rise, lui, convinto e gioioso, senza innescare nel suo interlocutore lo stesso entusiasmo – “Ehi, ma ti ha morsicato la classica tarantola irish buddy, Dio che faccia!”

“No, è che stavo pensando … Al ieri, ecco, con Jared, i bimbi …” – e andò a sedersi.

“A Glam no?”

“Uhm sì, ovvio, lui fa parte dell’arredamento”

Law inspirò, accomodandosi sulla poltrona speculare a quella di Farrell.

“L’ho visto insieme a Tom … Temo dei guai, a me sembra cotto”

“Ma chi?” – bissò perplesso Colin.

“Glam”

“Figurati, sembra un sultano in mezzo ai suoi ex, ma con Tom no, lo adora, è scontato, però non andrà mai a cacciarsi in un simile vicolo cieco, Tommy non glielo permetterebbe e lo sai anche tu, Jude”

“Tom è fragile adesso … E poi c’è quel Reedus, è inquietante”

“Non più di noi, in parecchi passaggi delle nostre vite” – scherzò, sincero.

“Parla per te zuccone” – Law si rialzò – “Rob mi aspetta, dobbiamo andare da un certo barbiere” – rivelò con un po’ di enfasi, molto comica.

“Con te si sbrigherà subito UK buddy” – lo canzonò Farrell, tornato apparentemente di buon umore.

In cambio, il biondo stempiato più noto del pianeta, lo liquidò con il dito medio alzato, mentre si congedava, con tanto di piroetta, scontrandosi per poco contro Jared, appena rientrato.




“E’ andato, quindi?”

Harry stava parlando alla schiena di Louis, intento a ripiegare i vestiti di Petra, seminascosto tra le ante dell’armadio a muro.

“Aveva promesso di essere con loro per le feste, con la sua nuova … famiglia” – disse mogio Tomlinson, richiudendole, per poi andare a rannicchiarsi sopra al davanzale.

“E’ la sua vita Boo, forse Vincent è felice così”

“L’hai detto: forse”

Styles azzerò la distanza, per abbracciarlo – “Ciò che conta è che non sia finito in galera, non credi? Sarebbe stato un inferno per lui”

Louis lo baciò, infilando le mani sotto al maglione di Harry, che perse un battito, nella sua bocca, così umida e calda, da togliergli ogni paura, sul loro futuro.

“Voglio stare con te Haz … Non voglio più parlare di lui, ok?” – gli respirò dentro, provando a essere più convincente possibile.

Era necessario.
Era tutto quanto gli rimaneva da fare, per dimenticare Vincent Lux.




“Tutto bene Kevin?”

La voce di Tim era roca; stava dormendo, con il libro delle favole aperto tra sé e Layla, mentre Thomas stava accucciolato in fondo al letto, perso in chissà quali sogni.

Il bassista li portò nella stanza accanto, annuendo alla domanda del più giovane, che si stiracchiò, come un gatto, pronto a fargli le fusa.

Kevin tornò da lui, togliendosi camicia e jeans, restando nudo, perché non indossava altro.

Si infilò sotto al piumone e strinse il compagno a sé, ancora vestito.

“E se ci sentono?” – Tim rise felice.

“Penseranno che i loro papà si stanno facendo le coccole, ok?” – e ricambiò il sorriso, amorevole.

“E Lula?”

“E’ già con Glam, nessuna ferita, sai che lui è fatto così, si cura da solo” – replicò più teso.

Tim sapeva quando era il momento di chiudere la bocca e aprire le gambe.
Kevin era sensuale ed esigente, in questo, almeno, non era cambiato affatto.

Gli piaceva brandirgli i polsi e farlo soffrire un po’, ritardando l’amplesso, mentre preparava Tim, comunque generoso e altruista.

Erano così belli, rimescolati tra sudore e movenze flessuose, incastrati alla perfezione, glabri e tonici, incollati, pelle a pelle, labbra contro labbra, amore dentro amore.

Fino all’estasi, fatta di gemiti soffocati nell’incavo del collo di Kevin: un posto così unico, dove perdersi, ogni volta.

Ogni volta.




Le ventole giravano vorticose, dietro la griglia dell’impianto, alimentato dai pannelli solari, che Reedus aveva intravisto sopra al tetto di quel rifugio a cinque stelle.

Le fissava, riscaldandosi, accovacciato sopra a un tappeto, dallo stile moderno.
Tom preparò del tè, le provviste non mancavano.

“Hai fame?” – domandò distratto.

“Cosa offre la casa?” – Norman si erse, massaggiandosi la nuca e curiosando su cosa stesse facendo il fisiatra.

“Ci sono dei salumi sotto vuoto, del pane di segale, del burro e sottaceti: faccio dei sandwich, che ne pensi?” – e divenne più cordiale, come sua abitudine.

“Mangerei anche una scarpa” – e cercò le sigarette, nel giubbotto, steso ad asciugare, come il resto dei loro indumenti.

“Bella vigilia, vero?” – Tom sospirò triste.

“Pensi a lui? Ti capisco …” – si aprì timido, affiancandolo al bancone di quell’angolo cottura, in acciaio e plexiglass colorato di rosso.

Hiddleston lo puntò, ma senza astio – “Anche tu lo ami, vero?”

Inutile rimandare quel confronto.


Reedus avvampò.

“Ok, mi hai già risposto, le tue guance stanno andando a fuoco”

“Tom ascolta”

“Non è un mio problema!”

“Perché fai così, cazzo!”

“Hai moglie, figlie, ma io so cosa ti porta a fare Chris, a cosa devi subire, pur di averlo vicino!”

Era esausto, a brandelli e incavolato, come mai prima.

“Io non sarò mai una minaccia per voi … Sono stato esclusivamente una scopata, per lui, che manco se ne ricorda, voglio che tu lo sappia” – ribatté serio.

Dignitoso.

Tom scoppiò a piangere.
Era alla deriva.

Norman lo avvolse, con tenerezza paterna.

“Sfogati …”

Si guardarono – “Fallo anche tu … ti prego … Non puoi tenerti tutto dentro”

Piansero insieme e, speculari, si asciugarono le lacrime, fatte dello stesso sapore.

Anche il bacio, che ne seguì, fu tale.

Bollente come l’inferno.
Buio quanto la notte, caduta da poco, lì fuori.









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