mercoledì 16 dicembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 39

Capitolo n. 39 – nakama



Niall mise a nanna Layla, dopo essere andato a prendere anche il suo fratellino all’asilo, che si accucciolò abbracciato al proprio peluche preferito, non senza commuovere Horan, devastato da mille emozioni, dopo l’incontro con Ruffalo.

I passi di Tim echeggiarono nel corridoio: sembrava avere fretta.

Niall deglutì a vuoto e poi si fece forza: non poteva lasciare la questione in sospeso.

Si sentiva tradito.

“Ehi ciao”

“Tesoro, ciao, sei già a casa? E i piccoli? Layla?”

Il giovane gli sorrise, andando ad abbracciarlo, non senza percepire nel biondino un’evidente freddezza.

“Layla sta bene, non ha febbre” – disse scostandosi da lui, un po’ brusco – “devo parlarti, andiamo di là?”

Avevano deciso di vivere nel loft di Tim, spazioso ed in una zona ambita della città.

C’era un panorama fantastico, ma ora, lo stesso, non stava emozionando Horan, come in precedenti situazioni.

“Eccoci qui … Cosa diavolo è successo?” – domandò Tim, un po’ teso.

“Sei nervoso? Come mai?” – bissò con un mezzo sorriso, affrontandolo.

“Cosa ti prende Niall? Ce l’hai con me? La ragione?!”

“Mi racconti ogni fottuta cosa, Tim, da quando stiamo insieme, ma quella più scomoda, evidentemente, te la sei persa nel dimenticatoio della tua vigliaccheria!”

L’ex di Kevin strabuzzò gli occhi celeste ghiaccio, avvampando.

“Ora capisco … Hai visto Mark, vero?” – domandò a mezza voce.

Horan annuì, fremente nello sguardo, le braccia incrociate sul petto.

“Ha spiazzato anche me, ricevere la sua pratica sul tavolo del mio ufficio all’orfanotrofio, però Miss Gramble non conosce tutti i nostri trascorsi, penso l’abbia fatto in buona fede … E’ stata una casualità”

“Che tu mi hai taciuto: perché?”

Tim inspirò greve, lisciandosi indietro i capelli castani e folti.

“Provavo disagio … Peraltro, conoscendo Mark, potrei anche non favorirlo in questa adozione, visto che i bambini non gli sono mai piaciuti” – spiegò rigido.

“Tu non lo conosci affatto!” – tuonò Niall – “E vorresti impedirgli di fare questa esperienza, per un tuo pregiudizio, senza alcun fondamento?! O forse hai messo in conto una mia reazione e volevi arginarla sul nascere?!”

“Ma perché fai così, perché stai dando importanza a lui e non a me, adesso?! Mark si è comportato da egoista, quando tu avevi dei sogni, che IO HO REALIZZATO CAZZO!!” – esplose, sentendosi all’angolo.

Gli zigomi di Horan vennero come attraversati da una scossa elettrica – “Hai ragione” – replicò in affanno – “… e temo di essere stato precipitoso, di essere stato io l’egoista, non lui, che mi amava più di sé stesso e che aveva bisogno di un po’ di tempo: non faceva che ripetermelo, quando lo lasciai, quando decisi di non vivere una relazione clandestina, con te, perché non era giusto nei riguardi di Mark, perché io non ho due volti … Ed ora ci sono i nostri bimbi, che soffriranno, visto come mi sento!” – e si tamponò con i polsi, le guance rigate da un pianto disperato, ma composto.

“Noi possiamo risolvere questa cosa, Niall … Ti prego di darmi una possibilità e di accettare le mie scuse, se ti ho deluso”

“L’hai fatto, sì Tim … Mentre io ho fatto soffrire un uomo buono, per realizzare le mie aspettative, vedendo in te ciò che volevo di più … Stabilità, una famiglia numerosa, un punto di riferimento, fiducia … Davvero avresti respinto la sua richiesta? Come mai, invece, non hai passato il tutto ad un collega qualunque, proprio per il conflitto di interessi, che questa faccenda comportava tanto palesemente?”

“Perché avevo paura di perderti … Per questo casino, che mi è arrivato addosso comunque … Per cosa, altrimenti?” – replicò sconsolato.

“Cosa facciamo con i bambini?”

“Niall … Di cosa diavolo parli?!”

“Non ho intenzione di traumatizzarli, ma neppure di rimanere sotto il tuo stesso tetto, con questa rabbia, che mi porto dentro!” – ribatté secco.

“Ma … Ma abbiamo dei progetti, abbiamo il nostro amore e tu li stai buttando nel cesso, come se non valessero più niente?! Come puoi farlo Niall?? Come puoi farmi questo?!?”




Gli ultimi lembi di tessuto, intorno al nuovo cuore di Chris, furono suturati con un micro laser, di ultima generazione.

L’assistente di Mikkelsen, aspirò una quantità minima di sangue, sorridendo sotto la mascherina – “E’ pulito”

“Sì, ottimo lavoro ragazzi” –  e Mads guardò Will, altrettanto entusiasta, per la perfetta riuscita di quell’intervento rivoluzionario.

Due equipe straniere stavano seguendo, da una postazione superiore alla sala operatoria, l’evolversi del trapianto, applaudendo alla conclusione del medesimo, dopo ulteriori dieci minuti.


Norman stava consumando le scarpe, al piano inferiore, nella zona destinata ai parenti in attesa.

Tom lo seguiva, con i suoi opali liquidi, restando seduto su di un divanetto, ricordandosi, ogni tanto, di respirare.

“Neppure quando sono nate le mie figlie ero così’ agitato, sai?” – esordì il poliziotto, bloccandosi a metà della saletta, ma Hiddleston gli sembrò distratto dall’arrivo di qualcuno.

“Glam …!”

Il terapista scattò in piedi ed andò a stringersi al legale, che lo avvolse affettuoso e sorridente – “Scott mi ha appena chiamato: hanno finito, Chris sta scendendo” – e gli indicò gli ascensori, con un cenno.

“Mio Dio grazie!”

“Nemmeno lo avesse operato lui” – bofonchiò Reedus, pensando di non essere ascoltato.

Geffen lo fulminò con un’occhiata delle sue – “Anziché gioire, lei si abbandona al sarcasmo, tenente? Mi aspettavo di meglio, da un amico di Hemsworth, come lei o presunto tale, sa?”

“Glam …” – Tom gli tirò timido il bavero della giacca e l’avvocato rise, per l’espressione dello sbirro, rimasto a secco di battute.

Lui e Geffen si stavano egregiamente sulle palle, a vicenda, senza saperne neppure la vera ragione.

“Dai andiamo, eccoli”

“Sì, cavoli, Chris ehi!”

Il poliziotto stava dormendo, ma sentì le mani di Tom, brandire le sue, tra tubi di flebo e sensori, collegati al suo petto, segnato da una cicatrice, che sarebbe scomparsa presto.

Mikkelsen glielo aveva garantito, ma a lui non importava granché: l’essenziale era tornare da Tom e Luna, integro ed in salute, al diavolo l’estetica, di quel fisico statuario e pronto a riprendersi muscoli e tonicità, quanto prima.

Glam si intenerì, per la reazione di Tom, per le sue parole, cariche d’amore ed appartenenza.

“Sono qui Chris, non ti lascerò solo un momento, ok? E domani ti porto Luna, chiede di te, ha fatto dei disegni stupendi … Come sei tu” – e gli baciò la bocca asciutta, ristorandola con una pioggia di lacrime, gioiose e liberatorie.

Reedus se ne stava in disparte, con il cuore in fiamme.

Avrebbe voluto dare il bentornato al collega, con un’identica partecipazione, ma anche con il peso di ciò che provava per Hemsworth e che mai aveva voluto esternargli.

Perché rovinare la sua armonia con Tom?
O meglio, perché sentirsi rifiutato, tanto era scontata la reazione di Chris, se mai si fosse confidato con lui.

Norman non voleva avere conferme, stava già male a sufficienza.

Glam lo stava osservando, notando il suo turbamento.

Si avvicinò a lui, elegantissimo nel suo completo su misura, in una tonalità chiara, che faceva risaltare ancora di più la sua abbronzatura, nonostante fossero fuori stagione, ma la California voleva dire anche questo.

“Lei è una persona davvero particolare, sa Reedus?”

Norman ebbe come un sussulto, talmente era immerso nelle sue riflessioni su Chris.

“Co cosa, scusi?!” – disse roco, puntandolo, come se Geffen fosse d’improvviso un nemico.
Anzi, un tipo sveglio.

“Appare così burbero, ma la sua espressione, alla comparsa del compagno di Tommy” – e sembrò sottolinearlo, come quando esponeva le parti più salienti delle sue arringhe – “si è come trasformato” – e sorrise, fissandolo.

“Non so di che parla, comunque sono legato a Chris da una vita, ne abbiamo passate tante insieme” – obiettò, senza alzare i toni.

“Ecco, allora se ne risparmi una, l’unica che potrebbe fare soffrire Tom: lui è parte della mia famiglia, è importante, per me, come pochi immaginano e non perdonerei chi osasse fargli un qualsiasi danno emotivo: sono stato chiaro?”

Reedus non ebbe alcuna reazione.
Avrebbe voluto spaccargli quella faccia da schiaffi, ma sapeva quanto Geffen era stato fondamentale nelle esistenze della coppia, grazie agli aneddoti raccontatigli da Chris, in passato.

Certo neppure al vichingo del loro distretto, andava a genio Mr. “Il mio nome è Glam Geffen e sono tornato!”, però la bilancia volgeva a favore dello squalo del foro: non vi erano, purtroppo per Norman, obiezioni su questo.


Allontanandosi, Glam aggiornò gli amici con un sms collettivo.

Kevin lo richiamò subito.

“Ciao daddy, siamo tutti dal nonno, ti aspettiamo per cena?”

“Sì, ma devo sbrigare un paio di pratiche, le ho lasciate nello studio blu”

“Sì le vedo, sono sulla scrivania … Ho acceso il caminetto, mi annoiavo”

“Credevo fossi andato a cercare Tim” – disse incolore, salendo in auto.

Kevin si morse le labbra, chiudendo le palpebre, nel ricordare l’ultima volta che si erano visti, con il suo ex.

“Forse non è una buona idea … In compenso gli ho lasciato un messaggio per vedere Layla domani”

“Ti ha risposto?”

“Non ancora Glam … Sei arrabbiato?”

“No, credo sia un accumulo di stress, per gli ultimi avvenimenti … Dormi con me, stanotte? Ho bisogno di rilassarmi un po’ e con te ci riesco a meraviglia” – azzardò, con un’inflessione scabrosa e disponibile.

“Perché no?” – Kevin perse un battito.

“Ok”

“Potrei anche cambiare idea!” – aggiunse di botto.

Geffen sorrise.

“Correrò il rischio. A dopo, ciao piccolo” – e chiuse la telefonata, soddisfatto per come stavano evolvendo i suoi piani per le imminenti feste.

Accostò, lampeggiando al suv parcheggiato in uno spazio a pagamento, sul boulevard.

Ne discese Downey, con una lista tra i denti, perché le mani erano impegnate con il palmare, le chiavi ed un berretto, con il logo dei Lakers.

Glam abbassò il finestrino – “Ehi bell’uomo, ce la fai?” – e sorrise divertito.

“Sì, certo, non vedi, sono un fenomeno!” – esclamò l’attore, per poi accomodarsi dal lato passeggero, a bordo del blindato dell’altro.

“Ma quante cose devi comprare Rob? Oh mio Dio …” – inspirò il più anziano.

“Le solite! Iniziamo dal gioielliere, su, su, muoviti brontolone! Lo sai che l’operazione regali spetta a te! Nel senso di autista di questo splendore, modestamente” – e si pavoneggiò, nel suo look da sedicenne, che gli stava una meraviglia, smagrito e tonico, più che mai.

Il suo pizzetto, poi, faceva il resto, per rendere irresistibile quel suo ovale incantevole.

Geffen si sporse e gli diede un bacio, sulla bocca morbida – “Stai un po’ zitto, se non vuoi che ti molli qui” – bisbigliò suadente, a un centimetro dal viso del moro, che divenne rosso tizzone.

“Glam! Ma possibile, non cambi mai!”

“Neppure tu … Questo è il guaio!” – e, sgommando, riguadagnò la prima corsia, accodandosi ad una marea di gente, in giro per il loro stesso motivo.




Kevin uscì dal retro della villa di Antonio, scorgendo, senza essere visto, l’arrivo di Horan sul viale principale, insieme ai suoi bambini.

Suoi e di Tim, pensò il bassista, ma quest’ultimo non c’era.

Lui già lo sapeva, perché lo strano invito a presentarsi in un bar del centro, inoltratogli dall’ex, pochi minuti prima via whatsapp, aveva anticipato, in qualche modo, quella scena dalle sfumature tristi.

Niall teneva in grembo Layla e per mano Thomas, entrambi assonnati: Carmela andò ad accoglierli, seguita a ruota da Pam, che provò a distrarre, con la sua verve, i nuovi ospiti.

“Bel pasticcio” – pensò ad alta voce Kevin, poi scrollò le spalle, fasciate in un giubbotto di pelle tinta cuoio – “… in compenso, chi la fa, l’aspetti” – e si avviò svelto ai garage, per recuperare la Mustang, con cui era tornato dal Messico, dopo il tour con quegli sciroccati dei suoi ex soci canori.

Jared stava spiando i movimenti del musicista, da un terrazzino delle torri, sul quale era uscito per fumarsi una sigaretta in santa pace.

Leto ebbe la netta sensazione, che si stava prospettando una serata intrigante.

E alquanto movimentata.









 TIM





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