Capitolo n. 39 – nakama
Niall mise a nanna Layla, dopo essere andato a prendere anche il suo
fratellino all’asilo, che si accucciolò abbracciato al proprio peluche
preferito, non senza commuovere Horan, devastato da mille emozioni, dopo
l’incontro con Ruffalo.
I passi di Tim echeggiarono nel corridoio: sembrava avere fretta.
Niall deglutì a vuoto e poi si fece forza: non poteva lasciare la questione
in sospeso.
Si sentiva tradito.
“Ehi ciao”
“Tesoro, ciao, sei già a casa? E i piccoli? Layla?”
Il giovane gli sorrise, andando ad abbracciarlo, non senza percepire nel
biondino un’evidente freddezza.
“Layla sta bene, non ha febbre” – disse scostandosi da lui, un po’ brusco –
“devo parlarti, andiamo di là?”
Avevano deciso di vivere nel loft di Tim, spazioso ed in una zona ambita
della città.
C’era un panorama fantastico, ma ora, lo stesso, non stava emozionando
Horan, come in precedenti situazioni.
“Eccoci qui … Cosa diavolo è successo?” – domandò Tim, un po’ teso.
“Sei nervoso? Come mai?” – bissò con un mezzo sorriso, affrontandolo.
“Cosa ti prende Niall? Ce l’hai con me? La ragione?!”
“Mi racconti ogni fottuta cosa, Tim, da quando stiamo insieme, ma quella
più scomoda, evidentemente, te la sei persa nel dimenticatoio della tua vigliaccheria!”
L’ex di Kevin strabuzzò gli occhi celeste ghiaccio, avvampando.
“Ora capisco … Hai visto Mark, vero?” – domandò a mezza voce.
Horan annuì, fremente nello sguardo, le braccia incrociate sul petto.
“Ha spiazzato anche me, ricevere la sua pratica sul tavolo del mio ufficio
all’orfanotrofio, però Miss Gramble non conosce tutti i nostri trascorsi, penso
l’abbia fatto in buona fede … E’ stata una casualità”
“Che tu mi hai taciuto: perché?”
Tim inspirò greve, lisciandosi indietro i capelli castani e folti.
“Provavo disagio … Peraltro, conoscendo Mark, potrei anche non favorirlo in
questa adozione, visto che i bambini non gli sono mai piaciuti” – spiegò
rigido.
“Tu non lo conosci affatto!” – tuonò Niall – “E vorresti impedirgli di fare
questa esperienza, per un tuo pregiudizio, senza alcun fondamento?! O forse hai
messo in conto una mia reazione e volevi arginarla sul nascere?!”
“Ma perché fai così, perché stai dando importanza a lui e non a me,
adesso?! Mark si è comportato da egoista, quando tu avevi dei sogni, che IO HO
REALIZZATO CAZZO!!” – esplose, sentendosi all’angolo.
Gli zigomi di Horan vennero come attraversati da una scossa elettrica –
“Hai ragione” – replicò in affanno – “… e temo di essere stato precipitoso, di
essere stato io l’egoista, non lui, che mi amava più di sé stesso e che aveva
bisogno di un po’ di tempo: non faceva che ripetermelo, quando lo lasciai,
quando decisi di non vivere una relazione clandestina, con te, perché non era
giusto nei riguardi di Mark, perché io non ho due volti … Ed ora ci sono i
nostri bimbi, che soffriranno, visto come mi sento!” – e si tamponò con i
polsi, le guance rigate da un pianto disperato, ma composto.
“Noi possiamo risolvere questa cosa, Niall … Ti prego di darmi una
possibilità e di accettare le mie scuse, se ti ho deluso”
“L’hai fatto, sì Tim … Mentre io ho fatto soffrire un uomo buono, per
realizzare le mie aspettative, vedendo in te ciò che volevo di più … Stabilità,
una famiglia numerosa, un punto di riferimento, fiducia … Davvero avresti
respinto la sua richiesta? Come mai, invece, non hai passato il tutto ad un
collega qualunque, proprio per il conflitto di interessi, che questa faccenda
comportava tanto palesemente?”
“Perché avevo paura di perderti … Per questo casino, che mi è arrivato
addosso comunque … Per cosa, altrimenti?” – replicò sconsolato.
“Cosa facciamo con i bambini?”
“Niall … Di cosa diavolo parli?!”
“Non ho intenzione di traumatizzarli, ma neppure di rimanere sotto il tuo
stesso tetto, con questa rabbia, che mi porto dentro!” – ribatté secco.
“Ma … Ma abbiamo dei progetti, abbiamo il nostro amore e tu li stai
buttando nel cesso, come se non valessero più niente?! Come puoi farlo Niall??
Come puoi farmi questo?!?”
Gli ultimi lembi di tessuto, intorno al nuovo cuore di Chris, furono
suturati con un micro laser, di ultima generazione.
L’assistente di Mikkelsen, aspirò una quantità minima di sangue, sorridendo
sotto la mascherina – “E’ pulito”
“Sì, ottimo lavoro ragazzi” – e Mads
guardò Will, altrettanto entusiasta, per la perfetta riuscita di
quell’intervento rivoluzionario.
Due equipe straniere stavano seguendo, da una postazione superiore alla
sala operatoria, l’evolversi del trapianto, applaudendo alla conclusione del
medesimo, dopo ulteriori dieci minuti.
Norman stava consumando le scarpe, al piano inferiore, nella zona destinata
ai parenti in attesa.
Tom lo seguiva, con i suoi opali liquidi, restando seduto su di un
divanetto, ricordandosi, ogni tanto, di respirare.
“Neppure quando sono nate le mie figlie ero così’ agitato, sai?” – esordì
il poliziotto, bloccandosi a metà della saletta, ma Hiddleston gli sembrò
distratto dall’arrivo di qualcuno.
“Glam …!”
Il terapista scattò in piedi ed andò a stringersi al legale, che lo avvolse
affettuoso e sorridente – “Scott mi ha appena chiamato: hanno finito, Chris sta
scendendo” – e gli indicò gli ascensori, con un cenno.
“Mio Dio grazie!”
“Nemmeno lo avesse operato lui” – bofonchiò Reedus, pensando di non essere
ascoltato.
Geffen lo fulminò con un’occhiata delle sue – “Anziché gioire, lei si
abbandona al sarcasmo, tenente? Mi aspettavo di meglio, da un amico di
Hemsworth, come lei o presunto tale, sa?”
“Glam …” – Tom gli tirò timido il bavero della giacca e l’avvocato rise,
per l’espressione dello sbirro, rimasto a secco di battute.
Lui e Geffen si stavano egregiamente sulle palle, a vicenda, senza saperne
neppure la vera ragione.
“Dai andiamo, eccoli”
“Sì, cavoli, Chris ehi!”
Il poliziotto stava dormendo, ma sentì le mani di Tom, brandire le sue, tra
tubi di flebo e sensori, collegati al suo petto, segnato da una cicatrice, che
sarebbe scomparsa presto.
Mikkelsen glielo aveva garantito, ma a lui non importava granché:
l’essenziale era tornare da Tom e Luna, integro ed in salute, al diavolo
l’estetica, di quel fisico statuario e pronto a riprendersi muscoli e tonicità,
quanto prima.
Glam si intenerì, per la reazione di Tom, per le sue parole, cariche
d’amore ed appartenenza.
“Sono qui Chris, non ti lascerò solo un momento, ok? E domani ti porto
Luna, chiede di te, ha fatto dei disegni stupendi … Come sei tu” – e gli baciò
la bocca asciutta, ristorandola con una pioggia di lacrime, gioiose e
liberatorie.
Reedus se ne stava in disparte, con il cuore in fiamme.
Avrebbe voluto dare il bentornato al collega, con un’identica
partecipazione, ma anche con il peso di ciò che provava per Hemsworth e che mai
aveva voluto esternargli.
Perché rovinare la sua armonia con Tom?
O meglio, perché sentirsi rifiutato, tanto era scontata la reazione di
Chris, se mai si fosse confidato con lui.
Norman non voleva avere conferme, stava già male a sufficienza.
Glam lo stava osservando, notando il suo turbamento.
Si avvicinò a lui, elegantissimo nel suo completo su misura, in una
tonalità chiara, che faceva risaltare ancora di più la sua abbronzatura,
nonostante fossero fuori stagione, ma la California voleva dire anche questo.
“Lei è una persona davvero particolare, sa Reedus?”
Norman ebbe come un sussulto, talmente era immerso nelle sue riflessioni su
Chris.
“Co cosa, scusi?!” – disse roco, puntandolo, come se Geffen fosse
d’improvviso un nemico.
Anzi, un tipo sveglio.
“Appare così burbero, ma la sua espressione, alla comparsa del compagno di
Tommy” – e sembrò sottolinearlo, come quando esponeva le parti più salienti
delle sue arringhe – “si è come trasformato” – e sorrise, fissandolo.
“Non so di che parla, comunque sono legato a Chris da una vita, ne abbiamo
passate tante insieme” – obiettò, senza alzare i toni.
“Ecco, allora se ne risparmi una, l’unica che potrebbe fare soffrire Tom:
lui è parte della mia famiglia, è importante, per me, come pochi immaginano e
non perdonerei chi osasse fargli un qualsiasi danno emotivo: sono stato
chiaro?”
Reedus non ebbe alcuna reazione.
Avrebbe voluto spaccargli quella faccia da schiaffi, ma sapeva quanto
Geffen era stato fondamentale nelle esistenze della coppia, grazie agli
aneddoti raccontatigli da Chris, in passato.
Certo neppure al vichingo del loro distretto, andava a genio Mr. “Il mio
nome è Glam Geffen e sono tornato!”, però la bilancia volgeva a favore dello
squalo del foro: non vi erano, purtroppo per Norman, obiezioni su questo.
Allontanandosi, Glam aggiornò gli amici con un sms collettivo.
Kevin lo richiamò subito.
“Ciao daddy, siamo tutti dal nonno, ti aspettiamo per cena?”
“Sì, ma devo sbrigare un paio di pratiche, le ho lasciate nello studio blu”
“Sì le vedo, sono sulla scrivania … Ho acceso il caminetto, mi annoiavo”
“Credevo fossi andato a cercare Tim” – disse incolore, salendo in auto.
Kevin si morse le labbra, chiudendo le palpebre, nel ricordare l’ultima
volta che si erano visti, con il suo ex.
“Forse non è una buona idea … In compenso gli ho lasciato un messaggio per
vedere Layla domani”
“Ti ha risposto?”
“Non ancora Glam … Sei arrabbiato?”
“No, credo sia un accumulo di stress, per gli ultimi avvenimenti … Dormi
con me, stanotte? Ho bisogno di rilassarmi un po’ e con te ci riesco a
meraviglia” – azzardò, con un’inflessione scabrosa e disponibile.
“Perché no?” – Kevin perse un battito.
“Ok”
“Potrei anche cambiare idea!” – aggiunse di botto.
Geffen sorrise.
“Correrò il rischio. A dopo, ciao piccolo” – e chiuse la telefonata,
soddisfatto per come stavano evolvendo i suoi piani per le imminenti feste.
Accostò, lampeggiando al suv parcheggiato in uno spazio a pagamento, sul
boulevard.
Ne discese Downey, con una lista tra i denti, perché le mani erano
impegnate con il palmare, le chiavi ed un berretto, con il logo dei Lakers.
Glam abbassò il finestrino – “Ehi bell’uomo, ce la fai?” – e sorrise
divertito.
“Sì, certo, non vedi, sono un fenomeno!” – esclamò l’attore, per poi
accomodarsi dal lato passeggero, a bordo del blindato dell’altro.
“Ma quante cose devi comprare Rob? Oh mio Dio …” – inspirò il più anziano.
“Le solite! Iniziamo dal gioielliere, su, su, muoviti brontolone! Lo sai
che l’operazione regali spetta a te! Nel senso di autista di questo splendore,
modestamente” – e si pavoneggiò, nel suo look da sedicenne, che gli stava una
meraviglia, smagrito e tonico, più che mai.
Il suo pizzetto, poi, faceva il resto, per rendere irresistibile quel suo
ovale incantevole.
Geffen si sporse e gli diede un bacio, sulla bocca morbida – “Stai un po’
zitto, se non vuoi che ti molli qui” – bisbigliò suadente, a un centimetro dal
viso del moro, che divenne rosso tizzone.
“Glam! Ma possibile, non cambi mai!”
“Neppure tu … Questo è il guaio!” – e, sgommando, riguadagnò la prima
corsia, accodandosi ad una marea di gente, in giro per il loro stesso motivo.
Kevin uscì dal retro della villa di Antonio, scorgendo, senza essere visto,
l’arrivo di Horan sul viale principale, insieme ai suoi bambini.
Suoi e di Tim, pensò il bassista, ma quest’ultimo non c’era.
Lui già lo sapeva, perché lo strano invito a presentarsi in un bar del
centro, inoltratogli dall’ex, pochi minuti prima via whatsapp, aveva
anticipato, in qualche modo, quella scena dalle sfumature tristi.
Niall teneva in grembo Layla e per mano Thomas, entrambi assonnati: Carmela
andò ad accoglierli, seguita a ruota da Pam, che provò a distrarre, con la sua
verve, i nuovi ospiti.
“Bel pasticcio” – pensò ad alta voce Kevin, poi scrollò le spalle, fasciate
in un giubbotto di pelle tinta cuoio – “… in compenso, chi la fa, l’aspetti” –
e si avviò svelto ai garage, per recuperare la Mustang, con cui era tornato dal
Messico, dopo il tour con quegli sciroccati dei suoi ex soci canori.
Jared stava spiando i movimenti del musicista, da un terrazzino delle
torri, sul quale era uscito per fumarsi una sigaretta in santa pace.
Leto ebbe la netta sensazione, che si stava prospettando una serata
intrigante.
E alquanto movimentata.
TIM
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