giovedì 3 dicembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 37

Capitolo n. 37 – nakama



Louis esitò, prima di aprire il cassetto centrale, del secretaire di Lux, sentendosi come un ladro, a curiosare tra i suoi effetti personali, ma l’angoscia lo stava attanagliando; non aveva creduto alla versione del francese, sul presunto viaggio in Francia, per stare accanto a Jerome, nonostante la loro storica amicizia, giustificasse a pieno tale scelta.

Inoltre Vincent era stato troppo vago sulle imminenti festività natalizie, altro dettaglio scomodo, che Boo doveva chiarire al più presto, per non eccedere in uno stato di insofferenza e nuocere al proprio matrimonio con Harry, più sereno, in merito alle decisioni del loro coinquilino speciale.

Il suo intento era reperire il numero di telefono di Renoir e ci riuscì, attivando un vecchio cellulare dell’affarista, trovato in fondo ad un vano, tra documenti e vecchie istantanee.
Alcune di loro due insieme, belle e sbiadite dal tempo.

Un tempo che Louis spesso rimpiangeva, inutile negarlo a sé stesso.

Per contattare l’ex poliziotto, Tomlinson utilizzò la linea di casa e, a sorpresa, seppure dovesse essere ricoverato, Jerome rispose, con il consueto tono burbero, ma simpatico.

“Ciao sono Louis, ti ricordi di me?”

“Bonjour … Il petit di Vinnie, mai oui, come stai?” – rispose, inusitatamente cordiale.

“Io bene e tu? Sono felice di sentirti in ripresa” – azzardò, per scoprire subito la verità.

“Qualche acciacco, ma si tira avanti … Come sta il vecchio filibustiere? E’ lì con te?”

Louis stava pensando in fretta, non voleva far fare brutta figura a Lux.

“No, è in viaggio, per lavoro ed io volevo fargli una sorpresa, invitandoti qui da noi, per Natale, ecco”

“Sai che odio volare, spostarmi, sono pigro e poi ho i cani … Ma stai bene? Hai una voce strana” – chiese di botto, rispolverando il suo tipico istinto da sbirro, sempre allerta e sospettoso.

Boo inspirò – “No, anzi … Ti chiedo scusa, ma Vincent ci ha raccontato una balla, su di te, sul fatto che avevi avuto un malore e lo avevi cercato” – rivelò, senza rimandare oltre.

Renoir inarcò un sopracciglio – “Se l’ha fatto avrà avuto ottime ragioni, ottime e poco tranquillizzanti, almeno per me” – sospirò, accendendosi un sigaro toscano.

“Forse, però, ti sta raggiungendo, perché tu l’hai sempre aiutato, vero?”

“Certo … Ascoltami, cerca Geffen e digli di Vincent, lui saprà agire di conseguenza, ma se arriva qui, io ti avviso immediatamente: mandami un sms con il tuo numero privato, ok?”

“Ok …” – replicò, la voce spezzata.

“Louis andrà tutto bene, mon ami ci darà una spiegazione plausibile, appena lo troveremo”

“Spero presto … Ciao Jerome, ci sentiamo, ti ringrazio” – e riattaccò, avvilito da ciò, che già immaginava.

Vincent Lux, lo aveva abbandonato.
Aveva abbandonato entrambi ed anche Styles, ne avrebbe sofferto,
Louis doveva informarlo.
Subito.




“Mi ha sempre eccitato da morire …”

Il tono di Kevin era caldo, mentre se ne stava girato sul fianco destro, tra le lenzuola stropicciate, avvinghiato al cuscino, mentre Geffen si rivestiva, in piedi, davanti ad un cassettone, il cui ripiano in marmo rosa, era occupato da decine di ranocchie, nei materiali più svariati.

“Cosa?” – domandò lui sereno, allacciandosi la camicia.

“La tua schiena … immensa” – e rise, scivolando al posto, ancora tiepido, del suo ex.

Glam sorrise, sedendosi, per infilarsi calze e scarpe, sotto ai pantaloni eleganti – “Io impazzisco per i tuoi addominali, lo riconosco” – e si voltò, dandogli un bacio tenero e presente.

Kevin se ne distaccò a malincuore – “Ti voglio bene daddy” – sussurrò sincero, guardandolo.

Quel sesso selvaggio, aveva lasciato il posto ad un amorevole intermezzo, tra loro, che avevano vissuto tanto e consumato emozioni, di ogni genere.

“Ne vuoi anche a Tim, vero?” – domandò, accarezzandogli il viso bello e rilassato.

“Certo … Credo di avere combattuto abbastanza per lui, ma voglio parlargli e capire a che punto siamo”

“Stai riordinando la tua vita, Kevin?” – e si rialzò, prendendo la giacca, appesa ad una sedia.

“Voglio avere le idee chiare”

“Anche su me e Jared?”

“Ora le ho, dopo la sua confessione … Peccato che Colin ne fosse all’oscuro”

“Anch’io lo ero, sul fatto che voglia riconoscere il bambino di Stella”

“Ne diverrà il padre, anzi, sarete i suoi genitori, la cosa è bella, in sé …” – inspirò, sollevandosi, nella sua allenata e prestante nudità.

Geffen lo stava osservando, in quelle movenze un po’ feline e seduttive.

“Tu ed io, Kevin, li siamo di Lula: spero rimanga una delle tue priorità, che si stia insieme o meno, ok?”

Il bassista lo fissò, calzando i boxer aderenti – “Più che mai, Glam: tu vorresti riprovarci, anche per nostro figlio?” – chiese secco.

Geffen prese un respiro – “Tutto può accadere … Io sono un uomo libero, quanto lo sei tu, almeno per ora” – ed ammiccò, prima di andarsene.




Mikkelsen colse l’occasione, che gli parve più propizia, per simulare una versione credibile dei fatti.

Una busta della FedEx, tra la posta, contenente dei fascicoli di aggiornamento, si rivelò perfetta per il materiale, consegnatogli da Lux.

Il plico, dell’Università di Atlanta, finì nel caminetto acceso, poco prima che il chirurgo andasse ad aprire la blindata agli agenti di scorta ed a Graham.

La corrispondenza preziosa, rimase su di un mobiletto, distrattamente dimenticata dal medico, che, con noncuranza, accolse la squadra del sergente Bishop, conducendo poi Will nel laboratorio, per la fase conclusiva della loro ricerca, ormai giunta alla vigilia del trapianto di Hemsworth.

“Quindi ci siamo, doc?” – domandò Bishop, addentando una gustosa ciambella, offerta dalla governante di Mads, che mantenne una lucidità ammirevole, nello sviluppare un piano elaborato al momento, ma efficace.

“Un paio di giorni ed il vostro collega tornerà come nuovo: almeno ce lo auguriamo di cuore … A proposito di cuore, ne abbiamo uno da mettere a punto, di là, ci scusi”

“Prego, prego, noi aspettiamo qui, vero ragazzi?”

Il resto della scorta annuì, facendo persino gli auguri alla coppia di specialisti, per il buon esito dell’operazione a Chris, lasciandoli liberi da qualsiasi controllo diretto.

Appena soli, Mads abbracciò caloroso Will.

“Tesoro, ci sono delle novità, una svolta determinante!” – esordì il più anziano, tornando a guardarlo, commosso.

“Che succede amore?”

“Ora ti aggiorno, anche se stenterai a credermi, ma il destino o la fortuna sono dalla nostra parte: finalmente!”




Geffen scese nel soggiorno, ritrovandosi Colin, intento a fare un cruciverba.
Ce n’erano decine, sparsi un po’ ovunque; una passione della zia Betty, probabilmente, pensò.

“Ehi, tutto a posto?”

“Ciao Glam, sì, grazie, non preoccuparti: almeno con Jared so ancora cavarmela” – e gli sorrise, senza alcun astio.

Il suo atteggiamento rimaneva di piena armonia, nonostante la rivalità, in campo di sentimenti.

O la comunanza, in ciò che lui e Geffen, provavano per Leto.

“Mi dispiace per la faccenda di Stella”

“E’ una bella faccenda, credimi” – e sorrise.

“L’ha detto anche Kevin”

“Sì, lo immagino, avete fatto tremare i muri: per fortuna Jared se ne è andato verso la spiaggia con i bodyguards ed i bimbi, per un frullato; ci mancava una sua scenata di gelosia ed eravamo a posto, anche se il confronto con Kevin viaggiava sullo stesso registro, vero?”

Glam gli si affiancò sul divano.

“Stammi a sentire, Colin: non ho voglia di avere dei contrasti con te, non ho voglia di rimettermi con Jared o portartelo via … Tu hai vinto la guerra, ok?”

Farrell rise di gusto, ma poi, sconsolato, aggiunse – “Oh mio Dio, ci crederò quando nevicherà a Los Angeles …”

“A cosa, esattamente? Alla tua vittoria definitiva oppure al mio ritiro in buon ordine?”

“A entrambi, direi … E tu la pensi come me, non negarlo, Glam”

“E come potrei … Devo tornare alla base, ho ricevuto uno strano messaggio da Mikkelsen e non solo”

“Ci sono problemi?”

“Spero di no, ne ho già a sufficienza: dillo tu agli altri, mi spiace piantarvi in asso, ma non posso restare”

“Ok … Daremo una mano a Loretta e poi torneremo anche noi”

“Ti ringrazio Colin … Abbi cura di te e di Jared” – concluse paterno, prima di sparire, oltre all’ingresso, inondato dalle luci del tramonto.




Styles non era in ufficio.
I due studenti, impegnati in uno stage formativo e non retribuito, presso il suo studio, spiegarono a Tomlinson, che il giovane legale era andato in tribunale, per un’udienza immediata ed il pagamento della relativa cauzione.

Si trattava di un vecchio cliente, sempre nei guai, per guida in stato di ebbrezza e risse, in qualche locale di spogliarelli.

“Accidenti, la crème de la crème …” – sbuffò Louis, lasciando un post-it sulla scrivania del consorte, stringato ed esaustivo § Vincent ci ha mentito §

Quindi riguadagnò l’uscita, preferendo le scale, all’ascensore per nulla affidabile.

Si fermò al pianerottolo intermedio, provando a telefonare a Lux, un’idea, che non gli era venuta prima, stranamente.

Gli squilli furono molteplici, ma, alla fine, Vincent rispose.

“Mon petit, ciao”

“Ciao …” – l’aria gli mancava – “… so che non stai andando da Jerome e se ci stai andando, non è certo perché lui sta male, ok?” – e si asciugò un pianto non arginabile.

“Ok …”

“Perché non mi dai una spiegazione?!”

“Louis, tesoro …” – replicò triste, senza la forza di difendersi o meglio, di inventarsi nuove scuse.

“Stai andando da qualcuno, comunque?” – domandò angosciato.

“No, sto semplicemente fuggendo, piccolo”

“Ma da chi, da cosa?!”

“Da … da una brutta azione, Louis, da una cosa, che meditavo di fare da quando ho perso Kirill … vendicarlo”

“Di … di cosa parli …? Forse di quell’omicidio, di quel Rattler, di cui scrivevano i giornali?!”

Tomlinson capì al volo la connessione, perché Harry gli aveva accennato della difesa programmata da Geffen, per rappresentare Will Graham.

“Ho sistemato tutto, prima di andarmene: nessun innocente pagherà, solo Kirill l’ha fatto … Solo lui, amore mio” – iniziò a piangere, rannicchiato sul sedile lussuoso, del jet di Antonio, diretto verso un paese straniero, senza estradizione.

Il denaro, che Lux aveva accumulato in una cassetta di sicurezza, ora compresso in una valigia ai suoi piedi, l’avrebbe messo in salvo da qualsiasi persecuzione.

Era di nuovo solo, però.
Come sempre, del resto.

“Vincent ti supplico … Non puoi mollarci così, noi ti avremmo aiutato e”

“In galera non vi avrei avuto vicino, angelo mio … Ti amo più di prima, Louis, ma dovrai dimenticarmi … Sono un disgraziato … Ho sbagliato tutto, ma la rabbia mi stava dilaniando il cuore e la nostra convivenza non è bastata a farmi accettare certe ingiustizie … Perdonami … Dillo anche ad Harry e Petra … Perdonatemi” – e chiuse, spegnendo il satellitare.

Definitivamente.





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