Capitolo n. 37 – nakama
Louis esitò, prima di
aprire il cassetto centrale, del secretaire di Lux, sentendosi come un ladro, a
curiosare tra i suoi effetti personali, ma l’angoscia lo stava attanagliando;
non aveva creduto alla versione del francese, sul presunto viaggio in Francia,
per stare accanto a Jerome, nonostante la loro storica amicizia, giustificasse
a pieno tale scelta.
Inoltre Vincent era
stato troppo vago sulle imminenti festività natalizie, altro dettaglio scomodo,
che Boo doveva chiarire al più presto, per non eccedere in uno stato di
insofferenza e nuocere al proprio matrimonio con Harry, più sereno, in merito
alle decisioni del loro coinquilino speciale.
Il suo intento era
reperire il numero di telefono di Renoir e ci riuscì, attivando un vecchio
cellulare dell’affarista, trovato in fondo ad un vano, tra documenti e vecchie
istantanee.
Alcune di loro due
insieme, belle e sbiadite dal tempo.
Un tempo che Louis
spesso rimpiangeva, inutile negarlo a sé stesso.
Per contattare l’ex
poliziotto, Tomlinson utilizzò la linea di casa e, a sorpresa, seppure dovesse
essere ricoverato, Jerome rispose, con il consueto tono burbero, ma simpatico.
“Ciao sono Louis, ti
ricordi di me?”
“Bonjour … Il petit di
Vinnie, mai oui, come stai?” – rispose, inusitatamente cordiale.
“Io bene e tu? Sono
felice di sentirti in ripresa” – azzardò, per scoprire subito la verità.
“Qualche acciacco, ma
si tira avanti … Come sta il vecchio filibustiere? E’ lì con te?”
Louis stava pensando in
fretta, non voleva far fare brutta figura a Lux.
“No, è in viaggio, per
lavoro ed io volevo fargli una sorpresa, invitandoti qui da noi, per Natale,
ecco”
“Sai che odio volare,
spostarmi, sono pigro e poi ho i cani … Ma stai bene? Hai una voce strana” –
chiese di botto, rispolverando il suo tipico istinto da sbirro, sempre allerta
e sospettoso.
Boo inspirò – “No, anzi
… Ti chiedo scusa, ma Vincent ci ha raccontato una balla, su di te, sul fatto
che avevi avuto un malore e lo avevi cercato” – rivelò, senza rimandare oltre.
Renoir inarcò un
sopracciglio – “Se l’ha fatto avrà avuto ottime ragioni, ottime e poco
tranquillizzanti, almeno per me” – sospirò, accendendosi un sigaro toscano.
“Forse, però, ti sta
raggiungendo, perché tu l’hai sempre aiutato, vero?”
“Certo … Ascoltami,
cerca Geffen e digli di Vincent, lui saprà agire di conseguenza, ma se arriva
qui, io ti avviso immediatamente: mandami un sms con il tuo numero privato,
ok?”
“Ok …” – replicò, la
voce spezzata.
“Louis andrà tutto
bene, mon ami ci darà una spiegazione plausibile, appena lo troveremo”
“Spero presto … Ciao
Jerome, ci sentiamo, ti ringrazio” – e riattaccò, avvilito da ciò, che già
immaginava.
Vincent Lux, lo aveva
abbandonato.
Aveva abbandonato
entrambi ed anche Styles, ne avrebbe sofferto,
Louis doveva
informarlo.
Subito.
“Mi ha sempre eccitato
da morire …”
Il tono di Kevin era
caldo, mentre se ne stava girato sul fianco destro, tra le lenzuola
stropicciate, avvinghiato al cuscino, mentre Geffen si rivestiva, in piedi,
davanti ad un cassettone, il cui ripiano in marmo rosa, era occupato da decine
di ranocchie, nei materiali più svariati.
“Cosa?” – domandò lui
sereno, allacciandosi la camicia.
“La tua schiena …
immensa” – e rise, scivolando al posto, ancora tiepido, del suo ex.
Glam sorrise,
sedendosi, per infilarsi calze e scarpe, sotto ai pantaloni eleganti – “Io
impazzisco per i tuoi addominali, lo riconosco” – e si voltò, dandogli un bacio
tenero e presente.
Kevin se ne distaccò a
malincuore – “Ti voglio bene daddy” – sussurrò sincero, guardandolo.
Quel sesso selvaggio,
aveva lasciato il posto ad un amorevole intermezzo, tra loro, che avevano
vissuto tanto e consumato emozioni, di ogni genere.
“Ne vuoi anche a Tim,
vero?” – domandò, accarezzandogli il viso bello e rilassato.
“Certo … Credo di avere
combattuto abbastanza per lui, ma voglio parlargli e capire a che punto siamo”
“Stai riordinando la
tua vita, Kevin?” – e si rialzò, prendendo la giacca, appesa ad una sedia.
“Voglio avere le idee
chiare”
“Anche su me e Jared?”
“Ora le ho, dopo la sua
confessione … Peccato che Colin ne fosse all’oscuro”
“Anch’io lo ero, sul
fatto che voglia riconoscere il bambino di Stella”
“Ne diverrà il padre,
anzi, sarete i suoi genitori, la cosa è bella, in sé …” – inspirò,
sollevandosi, nella sua allenata e prestante nudità.
Geffen lo stava
osservando, in quelle movenze un po’ feline e seduttive.
“Tu ed io, Kevin, li
siamo di Lula: spero rimanga una delle tue priorità, che si stia insieme o
meno, ok?”
Il bassista lo fissò,
calzando i boxer aderenti – “Più che mai, Glam: tu vorresti riprovarci, anche
per nostro figlio?” – chiese secco.
Geffen prese un respiro
– “Tutto può accadere … Io sono un uomo libero, quanto lo sei tu, almeno per
ora” – ed ammiccò, prima di andarsene.
Mikkelsen colse
l’occasione, che gli parve più propizia, per simulare una versione credibile
dei fatti.
Una busta della FedEx,
tra la posta, contenente dei fascicoli di aggiornamento, si rivelò perfetta per
il materiale, consegnatogli da Lux.
Il plico,
dell’Università di Atlanta, finì nel caminetto acceso, poco prima che il
chirurgo andasse ad aprire la blindata agli agenti di scorta ed a Graham.
La corrispondenza
preziosa, rimase su di un mobiletto, distrattamente dimenticata dal medico,
che, con noncuranza, accolse la squadra del sergente Bishop, conducendo poi
Will nel laboratorio, per la fase conclusiva della loro ricerca, ormai giunta
alla vigilia del trapianto di Hemsworth.
“Quindi ci siamo, doc?”
– domandò Bishop, addentando una gustosa ciambella, offerta dalla governante di
Mads, che mantenne una lucidità ammirevole, nello sviluppare un piano elaborato
al momento, ma efficace.
“Un paio di giorni ed
il vostro collega tornerà come nuovo: almeno ce lo auguriamo di cuore … A proposito
di cuore, ne abbiamo uno da mettere a punto, di là, ci scusi”
“Prego, prego, noi
aspettiamo qui, vero ragazzi?”
Il resto della scorta
annuì, facendo persino gli auguri alla coppia di specialisti, per il buon esito
dell’operazione a Chris, lasciandoli liberi da qualsiasi controllo diretto.
Appena soli, Mads
abbracciò caloroso Will.
“Tesoro, ci sono delle
novità, una svolta determinante!” – esordì il più anziano, tornando a
guardarlo, commosso.
“Che succede amore?”
“Ora ti aggiorno, anche
se stenterai a credermi, ma il destino o la fortuna sono dalla nostra parte:
finalmente!”
Geffen scese nel
soggiorno, ritrovandosi Colin, intento a fare un cruciverba.
Ce n’erano decine,
sparsi un po’ ovunque; una passione della zia Betty, probabilmente, pensò.
“Ehi, tutto a posto?”
“Ciao Glam, sì, grazie,
non preoccuparti: almeno con Jared so ancora cavarmela” – e gli sorrise, senza
alcun astio.
Il suo atteggiamento
rimaneva di piena armonia, nonostante la rivalità, in campo di sentimenti.
O la comunanza, in ciò
che lui e Geffen, provavano per Leto.
“Mi dispiace per la
faccenda di Stella”
“E’ una bella faccenda,
credimi” – e sorrise.
“L’ha detto anche
Kevin”
“Sì, lo immagino, avete
fatto tremare i muri: per fortuna Jared se ne è andato verso la spiaggia con i
bodyguards ed i bimbi, per un frullato; ci mancava una sua scenata di gelosia
ed eravamo a posto, anche se il confronto con Kevin viaggiava sullo stesso
registro, vero?”
Glam gli si affiancò
sul divano.
“Stammi a sentire,
Colin: non ho voglia di avere dei contrasti con te, non ho voglia di rimettermi
con Jared o portartelo via … Tu hai vinto la guerra, ok?”
Farrell rise di gusto,
ma poi, sconsolato, aggiunse – “Oh mio Dio, ci crederò quando nevicherà a Los
Angeles …”
“A cosa, esattamente?
Alla tua vittoria definitiva oppure al mio ritiro in buon ordine?”
“A entrambi, direi … E
tu la pensi come me, non negarlo, Glam”
“E come potrei … Devo
tornare alla base, ho ricevuto uno strano messaggio da Mikkelsen e non solo”
“Ci sono problemi?”
“Spero di no, ne ho già
a sufficienza: dillo tu agli altri, mi spiace piantarvi in asso, ma non posso
restare”
“Ok … Daremo una mano a
Loretta e poi torneremo anche noi”
“Ti ringrazio Colin …
Abbi cura di te e di Jared” – concluse paterno, prima di sparire, oltre
all’ingresso, inondato dalle luci del tramonto.
Styles non era in
ufficio.
I due studenti,
impegnati in uno stage formativo e non retribuito, presso il suo studio,
spiegarono a Tomlinson, che il giovane legale era andato in tribunale, per un’udienza
immediata ed il pagamento della relativa cauzione.
Si trattava di un
vecchio cliente, sempre nei guai, per guida in stato di ebbrezza e risse, in
qualche locale di spogliarelli.
“Accidenti, la crème de
la crème …” – sbuffò Louis, lasciando un post-it sulla scrivania del consorte,
stringato ed esaustivo § Vincent ci ha
mentito §
Quindi riguadagnò
l’uscita, preferendo le scale, all’ascensore per nulla affidabile.
Si fermò al
pianerottolo intermedio, provando a telefonare a Lux, un’idea, che non gli era
venuta prima, stranamente.
Gli squilli furono
molteplici, ma, alla fine, Vincent rispose.
“Mon petit, ciao”
“Ciao …” – l’aria gli
mancava – “… so che non stai andando da Jerome e se ci stai andando, non è
certo perché lui sta male, ok?” – e si asciugò un pianto non arginabile.
“Ok …”
“Perché non mi dai una
spiegazione?!”
“Louis, tesoro …” –
replicò triste, senza la forza di difendersi o meglio, di inventarsi nuove
scuse.
“Stai andando da
qualcuno, comunque?” – domandò angosciato.
“No, sto semplicemente
fuggendo, piccolo”
“Ma da chi, da cosa?!”
“Da … da una brutta
azione, Louis, da una cosa, che meditavo di fare da quando ho perso Kirill …
vendicarlo”
“Di … di cosa parli …?
Forse di quell’omicidio, di quel Rattler, di cui scrivevano i giornali?!”
Tomlinson capì al volo
la connessione, perché Harry gli aveva accennato della difesa programmata da
Geffen, per rappresentare Will Graham.
“Ho sistemato tutto,
prima di andarmene: nessun innocente pagherà, solo Kirill l’ha fatto … Solo
lui, amore mio” – iniziò a piangere, rannicchiato sul sedile lussuoso, del jet
di Antonio, diretto verso un paese straniero, senza estradizione.
Il denaro, che Lux
aveva accumulato in una cassetta di sicurezza, ora compresso in una valigia ai
suoi piedi, l’avrebbe messo in salvo da qualsiasi persecuzione.
Era di nuovo solo,
però.
Come sempre, del resto.
“Vincent ti supplico …
Non puoi mollarci così, noi ti avremmo aiutato e”
“In galera non vi avrei
avuto vicino, angelo mio … Ti amo più di prima, Louis, ma dovrai dimenticarmi …
Sono un disgraziato … Ho sbagliato tutto, ma la rabbia mi stava dilaniando il
cuore e la nostra convivenza non è bastata a farmi accettare certe ingiustizie
… Perdonami … Dillo anche ad Harry e Petra … Perdonatemi” – e chiuse, spegnendo
il satellitare.
Definitivamente.
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