sabato 12 dicembre 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 38

Capitolo n. 38 – nakama



Geffen parcheggiò davanti ai cancelli della residenza di Mikkelsen sul finire di quel pomeriggio, di metà dicembre.

Aveva ancora in testa le parole di Robert, che lo aveva rincorso, in fondo al viale, davanti la villa di zia Betty, per chiedergli come mai stesse lasciando Santa Barbara in anticipo e quasi di nascosto.

“Ho un impegno in città, Rob, non preoccuparti, non è successo niente, ok?” – gli aveva spiegato dolce, non senza sfiorargli lo zigomo sinistro, con il dorso della mano, prima di salire in auto, contro la quale si erano entrambi appoggiati.

“Posso chiederti una cosa, Glam? Anche se non vorrei sembrarti invadente e”

“Chiedi pure” – aveva sorriso.

“Che intenzioni hai con Kevin?”

Geffen aveva sbuffato, brontolando qualcosa, nulla di che.

“Ok non sono affari miei, vero?”

Glam lo fissò, investendolo con quel turchese granitico, quando il legale sapeva di avere la situazione in pugno.
Nel lavoro, nei sentimenti.

“E’ la mia indole, Robert, io non cambierò mai, quindi con Kevin, nessuna intenzione vera, finché lui non deciderà per entrambi, sempre ammesso che a me stia bene, lo sai”

Downey aggrottò la fronte spaziosa, dove in quell’istante, Geffen posò un bacio caldo e umido, alla menta e tabacco.

“Ma non vuole dire un tubo …” – sospirò, chiudendo gli occhi.

“Torna da Jude, gli mancherai già da morire, ne sono certo” – disse piano, ad un centimetro dal suo volto.

“Perché fai così Glam, perché diavolo fai sempre così …?” – replicò rassegnato, cercando un po’ d’aria, nel fare un passo indietro, mentre i battiti del suo cuore, si protraevano ancora verso quelli del suo ex marito.

“Te l’ho appena detto amore …” – quindi rise solare – “… io non potrei definirti in altro modo, sai Robert? Per sempre, così come il mio carattere del cazzo, rimarrò tale; arrivederci”

E svanì.



Il tenente Reedus andò ad accoglierlo.

“Salve, credevamo non arrivasse più” – lo salutò burbero.

“C’era traffico: il mio assistito è qui?”

“Sì, Graham è con il suo fidanzato, di là, mi segua, sono tutti nel salone: c’è anche il pubblico ministero e quelli della scientifica”

“Come mai?”

“Hanno già analizzato il materiale inviato da Lux: ci sono le sue impronte e quelle di Mikkelsen, sulla busta, sui fogli, sul dvd e la micro sd: non ha ricevuto il rapporto via e-mail?”

“Sì, Hopper me l’ha mandato”

“C’è anche il suo socio … ah eccolo”

Marc li raggiunse, aggiornando Geffen, appartandosi per qualche minuto in un salottino.

“Vincent è volato via, con il jet di Meliti” – gli bisbigliò, nonostante fossero soli, anche se per poco.

“Lo so, Antonio me l’ha spifferato ore fa, ma cosa gli ha preso a Lux, miseria schifosa!?” – sibilò acre.

“Ha vendicato Kirill, non c’è molto da aggiungere …”

Bussarono.

“Sì, arriviamo, un attimo!” – sbottò Glam, accendendosi una sigaretta.

“E da quando fumi?” – Hopper sorrise.

“Una ogni tanto … Ho scopato con Kevin” – disse poi di botto.

Con chi confidarsi, se non con il suo migliore amico d’annata?”

“Eh …? Ma è tornato?” – bissò lui stupito.

“Certo … Si è ripulito per bene, andando in convento, una roba del genere, manco fosse una suora … Non ha nulla di ciò, bene inteso!” – e ridacchiò, strizzando le palpebre per il fumo.

“Hai bevuto Glam?”

“No, affatto: mi sento in forma, perché sono stato da Dio, insieme a lui, ok?” – ribatté un po’ acre.

“Cosa c’è in quella Malboro? Erba? Torna sulla terra, ok? Di là c’è la vita di Will in gioco!” – obiettò il consorte di Jamie.

“Non mi sono mai distratto durante una difesa, dovresti saperlo, quindi non farmi la predica Marc: tu sei l’ultima persona con cui voglio discutere, d’accordo?” – affermò più complice e diretto.

Hopper annuì, ossigenandosi.

“Dai andiamo: dopo potremo sbronzarci, per festeggiare e per … commemorare il nostro amico Lux, finito chissà dove …”




Louis non riusciva a fare niente.

Harry giunse alle sue spalle, improvviso e come un fantasma.
Lo avvolse.

Erano nelle cucine del Dark Blue, ancora chiuso al pubblico, mentre lo staff si stava preparando per la cena.

“Mi dispiace Boo” – gli respirò nella nuca, lasciandoci un bacio intenso.

“E’ successo un vero casino” – e si girò, nervoso – “… ho parlato con Glam, è appena rientrato ed è da quel Mikkelsen, sai?”

“A fare cosa?”

“A scagionare Will Graham, grazie alle prove lasciate da Vincent a Mads, appunto”

“Questa cosa è sfuggita di mano a Lux, al suo buon senso”

“Ne parli come fosse un estraneo, del resto non è la prima volta Harry!” – obiettò, scostandolo brusco da sé.

“Stavamo sotto lo stesso tetto di un assassino, accidenti, possibile tu non te ne renda conto?!”

“E ci scopavi con quell’assassino, se vogliamo essere onesti e ne eri innamorato perso!” – sottolineò avvampando Tomlinson, allacciandosi un grembiule nero, col logo del ristorante.

Styles indietreggiò di poco, la mano destra sul bancone, occupato da ciotole in acciaio e buste di insalate fresche.

“Cosa dovrei dirti, eh Boo? Senti chi parla? Il bue che dà del cornuto all’asino …? Dio che schifo … Cosa siamo diventati? Tu neppure prendi in considerazione che Vincent potrebbe essere impazzito, esponendo nostra figlia ad un pericolo ingestibile!”

“Lui non le avrebbe MAI fatto del male, OK?!” – reagì con astio, stringendo i pugni lungo i fianchi magrissimi.

Si stava consumando.
Un’altra volta.

Il legale fece un cenno, mordendosi le labbra – “Andiamo a casa” – propose a tono basso, gli occhi lucidi.

“Quale casa?” – Louis balbettò, sentendosi tremare le gambe, per lo stress e la commozione.

“Andiamo dal nonno, Petra è lì … Staremo da Antonio qualche giorno, finché non avremo le idee più chiare … Che ne pensi?”

La sua voce era spezzata, come il resto, dentro e fuori, la sua figura bella, cresciuta in molti sensi, affascinante  in ogni senso.

Boo gli andò vicino, quasi con un balzo, ma non nel vuoto, perché Harry non lo avrebbe più lasciato andare o fatto cadere, nell’amarezza di una solitudine, insopportabile per entrambi.

Si strinsero forte.

“Ce la faremo Lou … Te lo prometto, ok?” – disse in lacrime, per poi baciarlo, con appassionata devozione.




Kevin guidava, senza parlare molto.

Colin era sul sedile accanto al suo, per stare più comodo, la testa appoggiata al finestrino, la stanchezza di quel viaggio, ormai a gravare sulle sue sensazioni.

In compenso era sereno, nello sbirciare l’immagine di Jared, seduto dietro, con Robert e Jude, assonnati quanto lui.

Pepe e Lula viaggiavano sul secondo suv blindato, condotto da Vas e Peter, vigili su quello spostamento verso Los Angeles.

La loro allegra brigata aveva aiutato Loretta e le sue amiche, con il trasloco alla residenza di Betty, nuova sede per la loro associazione.

Farrell, saltellando qua e là con le stampelle, aveva fatto selfie con chiunque, pagando poi autisti e facchini, senza battere ciglio.

Gli era piaciuto sostenere il loro progetto, così a Jared, soddisfatto per quella soluzione, concessa da Geffen, generoso come sempre.

Il cellulare collegato al mezzo suonò.

“E’ Glam” – disse Kevin – “… inserisco il viva voce … Ciao daddy” – lo salutò solare.

“Buongiorno truppa, come procede?”

“Arriveremo tra un paio d’ore, dovresti dire a Carmela di buttare la pasta” – il bassista rise.

“Ok, ci vediamo da Meliti, ci sono delle novità”

“Quali?” – chiese Jared.

“Non posso parlarne al telefono, comunque non preoccupatevi … Ci vediamo dal boss, ok? Camilla e Diamond non vedono l’ora di riabbracciare i loro papà, idem gli altri monelli” – e rise, anche se un po’ forzato.

Qualcosa lo turbava.

“Ok, dì loro che ci vedremo a breve, ok?” – intervenne Downey.

“Sarà fatto … Buon viaggio, state attenti, ora chiamo Lula e Pepe, sono con Vas, vero?”

“Affermativo capo” – Colin rise e poi spense il viva voce.



Layla gattonò avanti ed indietro, sopra la scrivania di Ruffalo, facendolo divertire, sotto l’occhio amorevole di Niall, che era passato a salutarlo, dopo i vaccini periodici alla bimba.

“Spero non le venga la febbre” – esordì emozionato lo studente, restando in piedi.

“Mi sembra vivace e scatenata, non penso proprio, comunque rilassati” – replicò lui di buon umore e sempre affettuoso con Horan, soprattutto dopo il loro ritrovarsi molto casto, almeno sino a quel momento.

Si stavano impegnando per fare funzionare le cose, senza più coinvolgimenti inopportuni.

“Come vanno gli studi? Hai ancora degli esami, prima delle feste?”

“Uno scritto e due test, dovrei farcela” – e rise, contagioso e bellissimo.

Mark si alzò, prendendo sul petto la bimba, adorante nei suoi riguardi.

“Ho un piccolo regalo per te, principessa …” – e tirò fuori da un cassetto un peluche a forma di pinguino.

“Ma non dovevi, la vizi” – disse emozionato Niall, avvicinandosi, per partecipare alla reazione gioiosa di Layla.

“Figurati, per così poco …”

Ruffalo lo scrutò, sfiorando le sue dita, mentre l’altro riprendeva a sé la cucciola, poco convinta nel doversene tornare a casa – “Dobbiamo andare, zio Mark ha da fare” – disse piano il biondino, abbassando lo sguardo.

“Ho ancora un appuntamento e poi”

Qualcuno bussò.

“Sì avanti”

Miss. Gramble si affacciò sorridente.

“Buongiorno professore, sono in anticipo?”

Horan si stupì nel ritrovarsela davanti.

“Oh salve Niall”

“Salve …”

“Ho portato quei documenti Mark” – proseguì lei, cordiale ed in confidenza con l’ex infermiere – “… quando li avrai firmati, procederemo con la tua richiesta, ok?”

“Quale richiesta?” – chiese d’impulso lo studente.

Mark lo guardò – “Volevo dirtelo, ma non avevo trovato ancora il modo per farlo … Mi sto attivando per un’adozione da single, ecco” – ed arrossì lievemente.

“Cavoli”

Miss. Gramble rimase in silenzio, poi tossì – “Il tuo referente è Tim, rientra nei suoi fascicoli di praticante volontario”

Horan si ammutolì.

Il compagno, nell’ottica di aprire il loro asilo nido, si era iscritto a dei corsi formativi, presso l’orfanotrofio gestito dalla donna e da sempre finanziato da Geffen, oltre che da Meliti.

“Sono certo che Tim ti seguirà con cura” – e si affrettò ad uscire dall’ufficio, scioccato per quella scoperta.

Si domandò mentalmente come mai Tim non gliene avesse parlato, visto che gli raccontava ogni minino dettaglio delle sue giornate.

La risposta se la diede da solo, con rammarico, senza dare ascolto a Ruffalo, che stava provando a trattenerlo.

Inutilmente.

“Ci vediamo presto Mark, scusami, ho fretta! Arrivederci Miss. Gramble” – e si dileguò, senza esitare oltre.







 CHANNING TATUM is MARC HOPPER








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