Capitolo n. 13 – nakama
Louis non sarebbe stato
in grado di spiegare come fosse riuscito ad arrivare al campo estivo, a Malibu,
dove si trovava Petra.
Di come l’avesse presa
in braccio, sorridendole, per poi dirle che avrebbero trascorso il fine
settimana a Palm Springs, da zio Glam.
Di come avesse guidato,
soffocato dal pianto, celato dagli occhiali scuri, mentre stritolava il
volante, allo stesso modo in cui aveva fatto, pochi attimi prima, con la
camicia di Vincent, dopo averlo gettato a terra, urlandogli, sputandogli,
picchiandolo selvaggiamente, senza che l’uomo gli opponesse alcuna resistenza,
se non un flebile, quanto disperato, “… perdonami”.
Nessun
perdono.
Non questa volta, si
stava ripetendo Boo, mentre ogni respiro gli moriva dentro.
“Papi Harry quando
arriva? Dopo di noi?” – chiese improvvisa Petra.
Louis ebbe un sussulto,
con il volto di Styles, che gli si accendeva negli occhi, come un flash.
“Non … non lo so
tesoro” – balbettò, senza distogliere lo sguardo dalla strada trafficata.
Mai avrebbe permesso a
niente e nessuno di condizionarlo a tale punto da mettere a rischio
l’incolumità della figlia.
“Ok … Ha tanto lavoro,
ancora?” – aggiunse un po’ delusa lei.
Tomlinson annuì,
tremando – “Sai come vanno questa cose amore … Noi … Noi adulti dobbiamo fare
il possibile per …”
Per
cosa?
COSA?!
Il quesito gli rimbombò
nel petto.
Dilaniandolo.
Ruffalo fece
semplicemente ciò che Jared gli chiese, soprattutto implicitamente, dando così
una svolta brusca alla loro amicizia, a quell’intimità raggiunta,
dimenticandosene la purezza, fagocitata da altri colori.
Da un rimescolio di
ansiti, di sguardi sovraccarichi di emozioni ed endorfine, che implodevano
nell’addome di Mark, mentre veniva ripetutamente, dopo un amplesso
contemplativo, estatico, totale, tra le gambe di una creatura, capace di
trascinarti in un abisso, senza ritorno.
Il tempo non aveva
segnato la sua pelle, marchiata da decine di tatuaggi, tra i quali il nome di
Farrell.
“Colin
ed io non riusciamo più a comunicare, a capirci”
Leto aveva esordito in
quel modo, dopo avere oltrepassato la soglia del loft di Mark, stupito e
compiaciuto nel ritrovarselo lì, senza alcun preavviso.
Jared non ne aveva
bisogno, lui poteva andare a trovarlo quando meglio credeva.
Un esercizio di
autocommiserazione, a seguire, quindi poche frasi di circostanza, da parte di
un professore di Psicologia, che sul leader dei Mars avrebbe potuto scrivere un
trattato.
Sull’incoerenza, sulla
follia, sull’inadeguatezza, fatta persona.
Una persona dai tratti
angelici, dalle iridi vibranti, come il suo corpo, prosciugato dalla scarsa
alimentazione, ma reso tonico dalle lunghe pedalate, nei paraggi della villa di
Palm Springs, dalle nuotate in piscina, in quella dimora da favola, dove,
adesso, Glam Geffen stava per accogliere le lacrime e lo sfogo di un ragazzino,
che gli era caro, senza secondi fini.
Un marito amorevole,
paziente, con Jared, con le sue fragilità, con quel malessere perpetuo e senza
soluzione, che li avrebbe trascinati verso l’ennesima crisi esistenziale,
travolgendo anche l’esistenza di Ruffalo, pronto a pagare qualsiasi prezzo, per
quanto fosse perduto nella bocca di Jared, soggiogato dai suoi gemiti, dal suo
non amore.
“Mads posso chiederle
di fermarsi ancora qualche minuto?”
La richiesta di Geffen
giunse mentre Mikkelsen, Will e Rambo stavano per lasciare la residenza
dell’avvocato, sceso nel living, dopo che Lula, Pepe ed Isotta avevano preso in
custodia Petra, sotto l’occhio vigile di Peter e Vas, mentre lui saliva in
mansarda insieme a Louis, sconvolto ed in preda ad un attacco di panico.
Graham non esitò a
raggiungerlo, appena il legale gli accennò quale fosse il problema, tre piani
sopra di loro.
“Ha qualche ansiolitico
a disposizione, Glam?” – domandò il chirurgo, trattenendosi con lui nella sala,
per qualche ulteriore istante, prima di seguire Will.
“Sì, mio … Il mio Jay
segue una terapia, prescrittagli da Hugh Laurie, lo conosce?”
“Certo, è anche il mio
analista” – replicò calmo Mikkelsen, per poi frugare nella scatola blu, che
Geffen gli porse senza perdere tempo.
Louis, seduto sul letto
della camera blu, stava piegando nevroticamente una minuscola felpa, che aveva
preso dal bagagliaio, nel caso Petra avesse avuto freddo più avanti nella
giornata.
Will lo scrutò
velocemente, per poi presentarsi.
Boo lo guardò
spaventato.
“Sono un dottore, non
allarmarti”
“Sei amico di Glam?”
La voce gli usciva
appena.
“Non esattamente … Tu
sei …?”
“Louis”
“Ok Louis, ora ti
misuro la pressione ed il battito cardiaco, sei pallido, vuoi stenderti? Ti
sentirai meglio” – gli propose gentile e lui ubbidì, dopo essersi tolto le
scarpe.
“Ho sete” – disse in
affanno.
“E’ naturale … Oh, ecco
Glam: mi darebbe un bicchiere d’acqua Mr. Geffen?”
“Sì subito, come ti
senti Boo?”
Il neo Paleontologo non
rispose, puntando Mikkelsen.
“Lui si chiama Mads” –
Graham sorrise, indicandolo, mentre il collega contava le gocce, preparando il
calmante utilizzato anche da Leto per dormire ed affrontare le angosce
quotidiane.
“Comunque non vi
conosco, non vi ho mai visti” – affermò intimorito dalla loro presenza, ma Glam
lo rassicurò ulteriormente.
“In effetti mi hanno
contattato per una consulenza, però Mads mi ha operato anni fa, non ho certo
chiamato la neuro Louis” – scherzò, strappandogli un sorriso.
Finalmente.
Mark gli spostò una
ciocca di capelli dalla fronte, mentre riposavano sullo stesso cuscino.
“Non accadrà mai più,
vero?” – chiese piano, sfiorandogli con le nocche lo zigomo sinistro.
A Jared non usciva
niente.
Si sentiva bene e gli
piaceva ascoltare il tono dolce di Ruffalo, che non pretendeva, che non
reclamava il proprio esistere, nei suoi giorni.
All’apparenza, almeno.
“Sarebbe giusto fare l’amore
così, ogni volta, con l’uomo che si ama”
Mark aggrottò la fronte
– “Così come?”
“Come è capitato a noi
oggi” – Jared rise leggero, dandogli una carezza sulla guancia destra e poi un
bacio, nel collo, tornando subito a guardarlo.
“Ma tu non mi ami, Jay”
– bissò realistico e diretto, sollevandosi poi, per recuperare una t-shirt ed i
boxer, abbandonati sul parquet.
“Dove”
“Ho una lezione e sono
in ritardo, scusami” – si giustificò frettoloso, risparmiandogli il suo sguardo
già un po’ più triste e rassegnato.
Approfondire,
confrontarsi, giudicarsi, dopo quanto avvenuto, aveva un sapore patetico, per non
dire ridicolo, pensò Ruffalo, rivestendosi in fretta.
“Sì, ok Mark, me ne
vado subito …” – disse mesto Leto, raccogliendo le proprie cose.
“Tuo marito ti starà
aspettando”
“Non lo so …”
“Glam ti ha aspettato
per un secolo almeno, figurati se riuscirà a smettere”
Cosa
stava dicendo?
“Perché ti stai
incazzando, Mark?” – domandò il cantante, fissandolo, senza alzare i toni.
“Perché non dovevo
permettere che succedesse questo casino, ecco perché!”
Era giusto.
Jared si focalizzò su
quella reazione, decidendo di non trattenersi oltre.
“Devo andare a prendere
Isy, comunque ed anch’io sono in ritardo, se è per questo” – e deglutì a vuoto,
su quell’ennesima menzogna, allacciandosi le Converse.
Continuava a vestirsi
in quella maniera, da ragazzino al college.
Ora
chi era patetico, anzi ridicolo?
Vas aggiunse due posti
a tavola, mentre Peter riempiva un paio di ciotole per Rambo, scodinzolante intorno
ai suoi bicipiti tatuati.
“Marine …” – disse Mads,
analizzandoli a breve distanza, mentre tagliava l’insalata.
Con Will si erano
ritrovati in cucina, in grembiule, a dare un aiuto, ben diverso da quello
prestato a Louis.
“Sommergibilisti,
Armata Russa” – precisò Vas, dando una carezza al compagno, ancora
accovacciato.
Graham e Mikkelsen si
sbirciarono – “Qui sono tutti accoppiati” – bisbigliò il moro, lottando con una
scatoletta di mais.
“Lascia faccio io” –
Mads rise affettuoso, provvedendo ad aprirla – “Sono un esperto”
“E la tua cuoca?”
“Perfetta solo per le
cene di rappresentanza, mentre per il resto, davanti alla tv, il cibo
spazzatura mi basta per superare la serata”
“Non ti credo” – sibilò
furbo.
“Ok, beccato, ma in
barca vado a tonno e lattuga tutto il tempo!”
Risero.
Complici.
“Tu che mi avevi
convinto a non dirglielo, cosa cazzo decidi di fare eh??! Sei uno stronzo
Vincent!”
Le urla di Styles gli
stavano spaccando il cranio in mille pezzi, più di quanto non avessero fatto i
colpi di Louis, mentre si dirigevano alla superstrada.
“Noi dovremmo lasciarlo
in pace, almeno per un po’, tanto sappiamo dov’è con Petra e”
“TACI!! Io devo
parlargli, devo spiegargli!” – obiettò livido il ricciolo.
“Cosa?! Che sei un
bastardo quanto il sottoscritto!?!” – ribatté ostile l’affarista, recuperando
terreno nel tenergli testa, in quella discussione inconcludente.
Erano stati
semplicemente folli a diventare amanti, a tradire quell’angelo, dalle ali
spezzate, ormai.
Geffen era il papà che
tutti avrebbero desiderato.
Louis lo pensò,
sorseggiando la seconda tazza di tisana alla menta, che Glam gli porse con
educazione e senza fargli domande tanto inutili quanto dolorose.
“Petra è giù con gli
altri?”
“Sì tesoro, qui è al
sicuro e si stava divertendo a provare gli abiti di Isotta” – lo informò,
sorridendo.
“C’è anche Jared?”
“Credo sia rimasto a
Los Angeles, i gemelli andavano al campeggio, Jay voleva salutarli e poi credo
pranzi insieme a Colin … A proposito, che ne pensi di una bella bistecca?
Oppure preferiresti un orribile vegan burger? Ce n’è per tutti i gusti nel
frigo” – e rise, adorabile, seduto sul bordo, mentre Boo se ne stava
raggomitolato in un piumino, nonostante la stagione.
“Ho lo stomaco chiuso,
mi basta questa”
“Ma stasera recuperi,
ok? Una pizza alla Lula, ti toccherà assaggiarla per amore o per forza”
Louis annuì, gli occhi
grandi e lucidi.
Glam si commosse,
provando un impeto d’ira nei riguardi di Harry e Vincent, al solo pensiero di
quanto avevano combinato.
“Ok Boo … Vuoi dormire,
guardare la tv o …” – chiese un po’ strozzato, riponendo tazza e cucchiaio su
di un vassoio, sistemato di traverso, sopra al comodino.
“Glam …”
“Sì, dimmi” – e tornò a
sorridergli, anche se i suoi turchesi raccontavano una verità diversa.
“Tu non faresti mai una
cosa così a Jared, vero?”
“No Louis … Non potrei
mai, dopo esserci scambiati promesse come le nostre, anche se non sono un santo
e tu lo sai, vero?”
“Io so che per me ci
sei sempre stato e che … Che sei speciale, anche quando il mondo va a rotoli e
prova a travolgerti …”
Stava di nuovo per
piangere.
Geffen lo strinse a sé,
accarezzandogli i capelli.
“Sì, ci prova … Senza
mai riuscirci o … almeno così voglio credere.”
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