martedì 25 agosto 2015

NAKAMA - CAPITOLO N. 13

Capitolo n. 13 – nakama



Louis non sarebbe stato in grado di spiegare come fosse riuscito ad arrivare al campo estivo, a Malibu, dove si trovava Petra.

Di come l’avesse presa in braccio, sorridendole, per poi dirle che avrebbero trascorso il fine settimana a Palm Springs, da zio Glam.

Di come avesse guidato, soffocato dal pianto, celato dagli occhiali scuri, mentre stritolava il volante, allo stesso modo in cui aveva fatto, pochi attimi prima, con la camicia di Vincent, dopo averlo gettato a terra, urlandogli, sputandogli, picchiandolo selvaggiamente, senza che l’uomo gli opponesse alcuna resistenza, se non un flebile, quanto disperato, “… perdonami”.

Nessun perdono.
Non questa volta, si stava ripetendo Boo, mentre ogni respiro gli moriva dentro.


“Papi Harry quando arriva? Dopo di noi?” – chiese improvvisa Petra.

Louis ebbe un sussulto, con il volto di Styles, che gli si accendeva negli occhi, come un flash.

“Non … non lo so tesoro” – balbettò, senza distogliere lo sguardo dalla strada trafficata.

Mai avrebbe permesso a niente e nessuno di condizionarlo a tale punto da mettere a rischio l’incolumità della figlia.

“Ok … Ha tanto lavoro, ancora?” – aggiunse un po’ delusa lei.

Tomlinson annuì, tremando – “Sai come vanno questa cose amore … Noi … Noi adulti dobbiamo fare il possibile per …”

Per cosa?
COSA?!

Il quesito gli rimbombò nel petto.
Dilaniandolo.




Ruffalo fece semplicemente ciò che Jared gli chiese, soprattutto implicitamente, dando così una svolta brusca alla loro amicizia, a quell’intimità raggiunta, dimenticandosene la purezza, fagocitata da altri colori.

Da un rimescolio di ansiti, di sguardi sovraccarichi di emozioni ed endorfine, che implodevano nell’addome di Mark, mentre veniva ripetutamente, dopo un amplesso contemplativo, estatico, totale, tra le gambe di una creatura, capace di trascinarti in un abisso, senza ritorno.

Il tempo non aveva segnato la sua pelle, marchiata da decine di tatuaggi, tra i quali il nome di Farrell.

“Colin ed io non riusciamo più a comunicare, a capirci”

Leto aveva esordito in quel modo, dopo avere oltrepassato la soglia del loft di Mark, stupito e compiaciuto nel ritrovarselo lì, senza alcun preavviso.

Jared non ne aveva bisogno, lui poteva andare a trovarlo quando meglio credeva.

Un esercizio di autocommiserazione, a seguire, quindi poche frasi di circostanza, da parte di un professore di Psicologia, che sul leader dei Mars avrebbe potuto scrivere un trattato.

Sull’incoerenza, sulla follia, sull’inadeguatezza, fatta persona.

Una persona dai tratti angelici, dalle iridi vibranti, come il suo corpo, prosciugato dalla scarsa alimentazione, ma reso tonico dalle lunghe pedalate, nei paraggi della villa di Palm Springs, dalle nuotate in piscina, in quella dimora da favola, dove, adesso, Glam Geffen stava per accogliere le lacrime e lo sfogo di un ragazzino, che gli era caro, senza secondi fini.

Un marito amorevole, paziente, con Jared, con le sue fragilità, con quel malessere perpetuo e senza soluzione, che li avrebbe trascinati verso l’ennesima crisi esistenziale, travolgendo anche l’esistenza di Ruffalo, pronto a pagare qualsiasi prezzo, per quanto fosse perduto nella bocca di Jared, soggiogato dai suoi gemiti, dal suo non amore.




“Mads posso chiederle di fermarsi ancora qualche minuto?”

La richiesta di Geffen giunse mentre Mikkelsen, Will e Rambo stavano per lasciare la residenza dell’avvocato, sceso nel living, dopo che Lula, Pepe ed Isotta avevano preso in custodia Petra, sotto l’occhio vigile di Peter e Vas, mentre lui saliva in mansarda insieme a Louis, sconvolto ed in preda ad un attacco di panico.

Graham non esitò a raggiungerlo, appena il legale gli accennò quale fosse il problema, tre piani sopra di loro.

“Ha qualche ansiolitico a disposizione, Glam?” – domandò il chirurgo, trattenendosi con lui nella sala, per qualche ulteriore istante, prima di seguire Will.

“Sì, mio … Il mio Jay segue una terapia, prescrittagli da Hugh Laurie, lo conosce?”

“Certo, è anche il mio analista” – replicò calmo Mikkelsen, per poi frugare nella scatola blu, che Geffen gli porse senza perdere tempo.


Louis, seduto sul letto della camera blu, stava piegando nevroticamente una minuscola felpa, che aveva preso dal bagagliaio, nel caso Petra avesse avuto freddo più avanti nella giornata.

Will lo scrutò velocemente, per poi presentarsi.

Boo lo guardò spaventato.

“Sono un dottore, non allarmarti”

“Sei amico di Glam?”

La voce gli usciva appena.

“Non esattamente … Tu sei …?”

“Louis”

“Ok Louis, ora ti misuro la pressione ed il battito cardiaco, sei pallido, vuoi stenderti? Ti sentirai meglio” – gli propose gentile e lui ubbidì, dopo essersi tolto le scarpe.

“Ho sete” – disse in affanno.

“E’ naturale … Oh, ecco Glam: mi darebbe un bicchiere d’acqua Mr. Geffen?”

“Sì subito, come ti senti Boo?”

Il neo Paleontologo non rispose, puntando Mikkelsen.

“Lui si chiama Mads” – Graham sorrise, indicandolo, mentre il collega contava le gocce, preparando il calmante utilizzato anche da Leto per dormire ed affrontare le angosce quotidiane.

“Comunque non vi conosco, non vi ho mai visti” – affermò intimorito dalla loro presenza, ma Glam lo rassicurò ulteriormente.

“In effetti mi hanno contattato per una consulenza, però Mads mi ha operato anni fa, non ho certo chiamato la neuro Louis” – scherzò, strappandogli un sorriso.

Finalmente.




Mark gli spostò una ciocca di capelli dalla fronte, mentre riposavano sullo stesso cuscino.

“Non accadrà mai più, vero?” – chiese piano, sfiorandogli con le nocche lo zigomo sinistro.

A Jared non usciva niente.
Si sentiva bene e gli piaceva ascoltare il tono dolce di Ruffalo, che non pretendeva, che non reclamava il proprio esistere, nei suoi giorni.

All’apparenza, almeno.

“Sarebbe giusto fare l’amore così, ogni volta, con l’uomo che si ama”

Mark aggrottò la fronte – “Così come?”

“Come è capitato a noi oggi” – Jared rise leggero, dandogli una carezza sulla guancia destra e poi un bacio, nel collo, tornando subito a guardarlo.

“Ma tu non mi ami, Jay” – bissò realistico e diretto, sollevandosi poi, per recuperare una t-shirt ed i boxer, abbandonati sul parquet.

“Dove”

“Ho una lezione e sono in ritardo, scusami” – si giustificò frettoloso, risparmiandogli il suo sguardo già un po’ più triste e rassegnato.

Approfondire, confrontarsi, giudicarsi, dopo quanto avvenuto, aveva un sapore patetico, per non dire ridicolo, pensò Ruffalo, rivestendosi in fretta.

“Sì, ok Mark, me ne vado subito …” – disse mesto Leto, raccogliendo le proprie cose.

“Tuo marito ti starà aspettando”

“Non lo so …”

“Glam ti ha aspettato per un secolo almeno, figurati se riuscirà a smettere”

Cosa stava dicendo?

“Perché ti stai incazzando, Mark?” – domandò il cantante, fissandolo, senza alzare i toni.

“Perché non dovevo permettere che succedesse questo casino, ecco perché!”

Era giusto.
Jared si focalizzò su quella reazione, decidendo di non trattenersi oltre.

“Devo andare a prendere Isy, comunque ed anch’io sono in ritardo, se è per questo” – e deglutì a vuoto, su quell’ennesima menzogna, allacciandosi le Converse.

Continuava a vestirsi in quella maniera, da ragazzino al college.

Ora chi era patetico, anzi ridicolo?




Vas aggiunse due posti a tavola, mentre Peter riempiva un paio di ciotole per Rambo, scodinzolante intorno ai suoi bicipiti tatuati.

“Marine …” – disse Mads, analizzandoli a breve distanza, mentre tagliava l’insalata.

Con Will si erano ritrovati in cucina, in grembiule, a dare un aiuto, ben diverso da quello prestato a Louis.

“Sommergibilisti, Armata Russa” – precisò Vas, dando una carezza al compagno, ancora accovacciato.

Graham e Mikkelsen si sbirciarono – “Qui sono tutti accoppiati” – bisbigliò il moro, lottando con una scatoletta di mais.

“Lascia faccio io” – Mads rise affettuoso, provvedendo ad aprirla – “Sono un esperto”

“E la tua cuoca?”

“Perfetta solo per le cene di rappresentanza, mentre per il resto, davanti alla tv, il cibo spazzatura mi basta per superare la serata”

“Non ti credo” – sibilò furbo.

“Ok, beccato, ma in barca vado a tonno e lattuga tutto il tempo!”

Risero.

Complici.




“Tu che mi avevi convinto a non dirglielo, cosa cazzo decidi di fare eh??! Sei uno stronzo Vincent!”

Le urla di Styles gli stavano spaccando il cranio in mille pezzi, più di quanto non avessero fatto i colpi di Louis, mentre si dirigevano alla superstrada.

“Noi dovremmo lasciarlo in pace, almeno per un po’, tanto sappiamo dov’è con Petra e”

“TACI!! Io devo parlargli, devo spiegargli!” – obiettò livido il ricciolo.

“Cosa?! Che sei un bastardo quanto il sottoscritto!?!” – ribatté ostile l’affarista, recuperando terreno nel tenergli testa, in quella discussione inconcludente.

Erano stati semplicemente folli a diventare amanti, a tradire quell’angelo, dalle ali spezzate, ormai.




Geffen era il papà che tutti avrebbero desiderato.

Louis lo pensò, sorseggiando la seconda tazza di tisana alla menta, che Glam gli porse con educazione e senza fargli domande tanto inutili quanto dolorose.

“Petra è giù con gli altri?”

“Sì tesoro, qui è al sicuro e si stava divertendo a provare gli abiti di Isotta” – lo informò, sorridendo.

“C’è anche Jared?”

“Credo sia rimasto a Los Angeles, i gemelli andavano al campeggio, Jay voleva salutarli e poi credo pranzi insieme a Colin … A proposito, che ne pensi di una bella bistecca? Oppure preferiresti un orribile vegan burger? Ce n’è per tutti i gusti nel frigo” – e rise, adorabile, seduto sul bordo, mentre Boo se ne stava raggomitolato in un piumino, nonostante la stagione.

“Ho lo stomaco chiuso, mi basta questa”

“Ma stasera recuperi, ok? Una pizza alla Lula, ti toccherà assaggiarla per amore o per forza”

Louis annuì, gli occhi grandi e lucidi.

Glam si commosse, provando un impeto d’ira nei riguardi di Harry e Vincent, al solo pensiero di quanto avevano combinato.

“Ok Boo … Vuoi dormire, guardare la tv o …” – chiese un po’ strozzato, riponendo tazza e cucchiaio su di un vassoio, sistemato di traverso, sopra al comodino.

“Glam …”

“Sì, dimmi” – e tornò a sorridergli, anche se i suoi turchesi raccontavano una verità diversa.

“Tu non faresti mai una cosa così a Jared, vero?”

“No Louis … Non potrei mai, dopo esserci scambiati promesse come le nostre, anche se non sono un santo e tu lo sai, vero?”

“Io so che per me ci sei sempre stato e che … Che sei speciale, anche quando il mondo va a rotoli e prova a travolgerti …”
Stava di nuovo per piangere.

Geffen lo strinse a sé, accarezzandogli i capelli.

“Sì, ci prova … Senza mai riuscirci o … almeno così voglio credere.”












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