Capitolo n. 84 – nakama
Jared percepì il respiro
caldo di Robert nel collo, ma anche il suo imbarazzo.
Alla fine si
guardarono.
“Ho avuto così tanta
paura di perdervi … Tu, Glam”
“Jay calmati, noi siamo
vivi e lui sta anche meglio di me” – provò persino a scherzare, l’attore più
celebre del pianeta, dopo anni di lavoro e scandali, senza aspettarsi la
reazione del suo “antagonista”, almeno nel caso di Geffen.
La loro amicizia, infatti,
si era incrinata, proprio a causa dell’avvocato, mesi prima, senza più riuscire
a sanarsi.
E
poi un bacio.
Come se Jared volesse
rifugiarsi in quel contatto, caldo e bagnato, per rendersi conto che Rob era
davvero lì con lui.
Che non era morto.
Che avrebbe continuato
a esserci, ma come “prima” di Glam.
“Jay …” – lo stupore di
Downey, investì il cantante.
“Scu scusami” – quasi
balbettò, il ragazzo di Boxier City, l’amore eterno di uomini come Colin
Farrell, impegnato, alla stazione di polizia, a consolare Jude, l’amico del
cuore, senza sapere su quale, il suo consorte, stava ora piangendo.
Come
un cucciolo impaurito.
Lula mise un broncio
sospetto, percorrendo il corridoio insieme al padre, verso la camera di
quest’ultimo.
I bodyguards li avevano
lasciati da soli, sostando, comunque, a distanza di sicurezza.
“Che c’è soldino?” –
chiese improvviso Geffen, fermandosi davanti alle macchinette delle merendine.
“Mmmm ma non dovevi
prenderti cura di Jesse? Zio Robert era stato piuttosto chiaro” – e sorrise,
afferrando un sacchetto di leccornie, appena selezionato dal genitore, che
aggrottò la fronte, perplesso.
Era inutile inventarsi
storie con Lula o giri di parole, stile arringa.
Glam lo sapeva
benissimo.
“Vieni sediamoci” –
propose affettuoso.
“Ok”
“Il fatto è che la mia
buona volontà si è scontrata con ciò che sia Jesse che quel White, sono nel
mondo reale, capisci amore?”
“E cosa sono?”
“Mercanti di morte …
No, anzi, fabbricanti di morte: producevano droghe sintetiche e forse non hanno
mai smesso, sai?” – rivelò serio.
Lula storse il nasino –
“Sono un po’ contorti, hai ragione papà, però tu sai rimettere tutti … come si
dice? In carreggiata, quando vuoi” – e rise allegro.
“Già … Questa impresa
la lascerei ad altri, credimi, anche se non vorrei mai deludere zio Robert e se
lui ha visto del buono in Jesse, allora …” – e sbuffò.
“Non è il solo, non
dimenticarti di me!” – e ammiccò irresistibile.
“D’accordo, ci provo,
non mollerò la presa su Jesse; tanto mettermi in mezzo è la mia specialità” – e
si rialzò, pronto a varcare la soglia della sua stanza.
Dove qualcuno, lo stava
aspettando.
Norman scattò in piedi,
per rivestirsi, provando debolezza diffusa mista a sensazioni più forti e
piacevoli, dalle gambe, all’inguine, sino all’addome, dove ora, JD, seduto sul
bordo del letto, lo stava baciando e torturando, con un sorriso, tra l’ombelico
e lo sterno dell’ex poliziotto, che alla fine gli afferrò le chiome e la nuca,
non per staccarselo di dosso, ma per comprimere di più la bocca di Morgan,
sulla propria pelle dorata.
“Mi vuoi ancora, lo so”
– mormorò il galeotto, in crisi d’ossigeno, per quanto temesse la fuga
dell’altro.
Il
suo abbandono.
JD, del resto, neppure
prendeva in considerazione l’ipotesi che Reedus potesse metterlo KO oppure
ucciderlo.
Si
fidava di lui.
“Adesso smettila, devo
dirti delle cose” – Norman si allontanò, provando un brivido in mezzo alle
scapole.
Si coprì con un
maglione, ma non era il suo.
Il profumo di Morgan lo
distrasse per un secondo.
Quel tizio lo aveva
mandato fuori di testa, Chris glielo avrebbe urlato in faccia di sicuro, se mai
Hemsworth fosse venuto a sapere di loro.
Reedus tornò a
concentrarsi sullo sguardo liquido di JD, attento, a quel punto, ad ogni suo
discorso.
“Ti ascolto” – e si
accese la solita sigaretta.
Anche quell’aroma,
associato al suo dopobarba, stava come accarezzando i sensi di Norman, che alla
fine spiegò i suoi progetti.
“Voglio rientrare al
distretto, in una sezione tranquilla, così da potere gestire certe situazioni”
“Quali situazioni?” –
Morgan lo interruppe brusco.
“La tua, la nostra,
cazzo! E non lamentarti, non andare in paranoia, riavere un distintivo, non
farà la differenza, con te!”
Era davvero lui a
dirle, quelle cose, quelle stronzate?
“E poi anche tu hai
bisogno di un lavoro: ho molte conoscenze, troverò qualcosa di pulito e lontano
dalle zone a rischio, dove potrebbero riconoscerti, magari un ristorante o un
autolavaggio, parecchia gente mi deve dei favori, ok?” – puntualizzò deciso.
“Sguattero o lava
macchine … Interessante” – Morgan sghignazzò, ma aveva le pulsazioni a mille.
“Vuoi rimanere intanato
in un motel a vita?” – bissò roco l’ex eroe della narcotici, rubando la Camel,
lasciata a metà dall’altro, per dare un paio di boccate nervose.
“E sia … Se ti sembra
una buona idea …” – replicò calmo il più anziano, infilandosi jeans e camicia,
sul corpo nudo e infreddolito, ormai.
“Mi cercherò un
alloggio, dove potremo vederci e … E stare insieme, ok?” – aggiunse più timido
Norman, mentre il suo interlocutore gli dava le spalle.
“Hai due figlie,
giusto?” – JD si voltò di scatto – “Ed una ex moglie, che magari nutrirà delle
speranze!” – sottolineò aspro, azzerando la distanza tra loro.
“A lei so badarci io”
“Ma sicuro, dovrai
farlo, perché se solo ci prova a rompermi i coglioni” – e lo afferrò per il
collo, spingendolo contro la parete – “la ammazzo come un cane, quella puttana,
ok?!” – ringhiò cattivo, per poi mollare la presa e baciare Reedus, come una
furia.
Intrisa
di assurda dolcezza.
“Ciao zio …”
“Paul …?! Ma
cosa ti è successo? Lula prendi un asciugamano per favore”
“Subito papà!”
Soldino corse
nel bagno e ne tornò con un telo, con il quale Rovia si tamponò i capelli: era
bagnato come un pulcino.
Geffen lo fece alzare
dalla sedia, dove se ne stava rannicchiato, nella semi oscurità, chissà da
quanto tempo.
“Tesoro, cosa ti
è successo?” – domandò premuroso il legale.
“Ho … Ho perso
tutto” – disse a mezza voce Paul, iniziando a spogliarsi.
“Scotti, hai la
febbre, ora chiamo qualcuno, ok?”
Paul cominciò a
piangere e a Geffen, non restò che cullarlo – “Chi ti ha fatto questo?” –
chiese in un sussurro, immaginando la causa di una simile disperazione.
“Nessuno … E’
solo colpa mia Glam … è sempre colpa mia” – singhiozzò.
Nel frattempo
Scott li raggiunse.
“Ora stenditi …
Misuriamo la febbre e ti somministro un po’ di vitamine via flebo, che ne
pensi?” – domandò il medico, con estrema delicatezza.
“Volevo farmi …
O sniffare o peggio” – sbottò, un po’ delirante nei toni.
La sua
temperatura era preoccupante.
Rischiava un
collasso, Scott lo bisbigliò a Geffen, mentre un infermiere coadiuvava le
operazioni per stabilizzarlo.
Jesse stava
transitando, alla ricerca di un distributore di bibite fresche; White stava morendo
di sete e non voleva più aspettare il tè caldo, promessogli ore prima da
Graham.
Lula lo rincorse
– “Ehi ciao, tutto bene?” – chiese il bimbo cordiale.
Pinkman gli
sorrise, non resistendo alla sua simpatia contagiosa.
“Sì, Walt ha un
deserto in gola”
“Penso che
un’aranciata sia perfetta!” – e la selezionò – “Offro io!”
Jesse rise
divertito – “Di sicuro il tuo salvadanaio traboccherà di monetine”
Soldino lo
scrutò – “Anche il tuo direi”
“Non c’è
paragone …” – replicò il giovane, più assorto.
Vas e Peter
erano ormai ad un passo da loro.
“Ho l’amore dei
miei papà e quindi sono ricchissimo! Hai ragione” – affermò solare il cucciolo di
Geffen, che lo stava cercando.
“Tesoro cosa
stai facendo? Ah, sei con Jesse …” – Glam lo notò, solo dopo che Vas si spostò
di lato.
Il ragazzo non
disse nulla, se non un grazie frettoloso a Lula, defilandosi, con la bibita
stretta tra le mani, con l’urgenza di tornare dal proprio compagno, senza più
perdere tempo.
Un’unica
esitazione, distrasse per un attimo Pinkman: vedere Paul, tremante e in
difficoltà, tra lenzuola madide di sudore e pioggia, senza sapere come mai
fosse lì, in quello stato poi, come se fosse in piena crisi di astinenza.
Quella notte, gli sembrò non finire mai.
“Quel tizio
sembra una calamita, tutti accorrono e si riuniscono intorno a lui e poi sono
tutti belli e sono gay!”
Pinkman stava
gesticolando, parlando a White di Geffen.
Walt rise.
“Che c’è adesso,
che ho detto?” – chiese oltre modo comico il ragazzino.
“Sei buffo … Dai
vieni qui” – e tornò a stringerlo amorevole.
“Mi sono sentito
assediato, sai Walt?”
“Appena mi
rimetto in forma, ti porto via da questa città”
“E se l’FBI
dovesse cambiare idea?”
Si fissarono.
“No, non lo
faranno, ho ancora qualche asso nella manica, qualcuno da vendergli, se proprio
dovessero metterci alle strette per il casino al cottage”
“Pensi che
troveranno prove?”
“No, ho usato un
composto esplosivo davvero efficace, non è rimasto nulla, non temere” – e lo
baciò appassionato.
Law si sistemò,
specchiandosi nell’aletta parasole.
Colin rise a
metà – “Pensi al tuo look, dopo tutta questa faccenda, sei incredibile Jude”
“E che dovrei
fare? Presentarmi come uno straccio al mio Robert?” – ribatté a tono l’inglese,
poi prese un lungo respiro, curvandosi un po’, sul sedile del suv di Farrell,
che si accese una Marlboro, passandogli il pacchetto – “Vuoi?”
“No grazie,
vorrei smettere … Anche di mettermi in certi guai … Ho quasi ammazzato quel
White”
“Per difendere
chi ami … E Glam”
“Già, mentre Glam
salvava Rob”
Colin scosse il
capo spettinato – “E’ una sua abitudine, fare il suo super eroe … Anzi esserlo”
Jude lo puntò – “Credi
che riguadagnerà punti agli occhi dei nostri compagni? Perché ci ficco anche
Jared in questo melodramma, sappilo”
Colin aprì la
portiera – “Temo che la loro venerazione per Geffen, non avesse bisogno di
ulteriori incentivi: dai andiamo, Jay e Rob ci staranno aspettando.”
Erano finiti di
nuovo tra quelle lenzuola macchiate di loro.
JD ansante,
virile e ovunque, sulla pelle di Norman, a spargere carezze sporche e morsi
sfuggenti, come i suoi baci e i suoi quarzi scheggiati d’oro e caffè, nel
riverbero di una lampada rimasta accesa all’angolo cottura, di quel mini
alloggio scarno di arredi e colori vivaci.
“Restami dentro”
– gli gemette nella bocca Reedus, quando tutto finì, aggrappandosi a lui, come
se non gli restasse altro al mondo.
Norman aveva
capito, che, per la prima volta, JD Morgan, era ciò che voleva davvero.
Senza più averne paura.
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