Capitolo n. 75 – nakama
L’Audi sportiva,
versione cabrio, tinta blu notte, era come un pugno in un occhio, parcheggiata
quasi sul marciapiede, in quel quartiere così distante dalle loro residenze
faraoniche.
Colin si guardò in
giro, mentre Jude ispezionava l’auto, alla ricerca di chissà cosa.
Poche ore prima, sul
sedile, lato passeggero, Jesse si era goduto l’ultima brezza tiepida di
settembre, correndo verso un’alba, dove si sarebbe ritrovato tra le braccia di
Robert, come se il sogno, si materializzasse, dopo avergli dormito
profondamente sul petto, sino a quell’istante, in cui, adesso, si stavano
scrutando, ignari di quanto avvenisse fuori il cottage di Pinkman.
Downey si stiracchiò,
dandogli un bacio sul naso e poi sui capezzoli, con un ardore, che stupì lui,
per primo.
Il giovane, si sarebbe
lasciato fare di tutto.
C’era abituato.
In fondo.
Per altre ragioni.
Il bussare vigoroso di
Law, li interruppe bruscamente.
“Aspetti qualcuno?” –
chiese l’attore, con uno strano presentimento, nel cuore ferito.
“No, affatto” – e anche
lo studente si erse, stranito – “Qui non viene mai nessuno” – ma non era del
tutto vero.
Robert indossò boxer e
t-shirt, così Jesse, prendendo in prestito, per coprirsi il busto, la camicia
dell’altro.
“Vado a vedere chi è,
tu resta qui, ok?” – disse con un sorriso simpatico, prima di uscire dalla
stanza, attraversare il corridoio stretto e il salotto, sino alla porta, che
Jude aveva voglia di sfondare.
Quando se lo ritrovò
davanti, l’inglese ebbe un sussulto: i suoi opali caddero sulle iniziali
ricamate sul taschino, RDJ, per poi puntare i fanali liquidi del ragazzo, che
poteva essere suo figlio.
Così di Robert.
Law deglutì, mentre
Colin non sapeva più dove guardare, presagendo la conclusione di quella
ricerca.
“Salve …” – li salutò
teso Jesse.
“Buongiorno, noi stiamo
cercando un nostro amico” – replicò Farrell, in imbarazzo.
“Mio marito, stiamo,
STO cercando MIO MARITO!” – il più noto metrosexual del grande schermo, esplose.
Pinkman annuì – “Vi …
vi ho riconosciuti, certo, cavoli, come non potrei farlo, ecco” – balbettò,
senza muoversi.
Downey si palesò, ormai
quasi rivestito, tranne che per quella casacca, dono del consorte.
“Ciao Jude”
“Robert …”
“Stai svegliando tutto
il vicinato, non fare scenate” – gli intimò, ma senza alzare la voce.
Colin sbuffò,
scambiando un’occhiata veloce con Jesse, ormai paonazzo.
“Dovresti metterti
qualcosa addosso o prenderai freddo” – gli mormorò paterno Downey, dopo avergli
sfiorato il fianco sinistro, da dietro, con una carezza, che uccise Law, come
mai prima.
La sua reazione fu
istintiva e inadeguata: con uno strattone, gettò di lato il giovane, per poi
afferrare Robert per le spalle.
Infantile.
Disperato.
“Ora tu vieni a casa
con me, dai nostri figli, hai capito?!” – urlò al vento.
“Scordatelo!” – tuonò
il moro, divincolandosi, mentre l’irlandese, provava a separarli.
Inutilmente.
Jesse provò ad aiutare
Robert, ricevendo un sonoro pugno sul naso, dal compagno di quest’ultimo, che
non esitò a soccorrerlo.
“Vattene Jude, vattene
subito, se non vuoi che chiami la polizia!”
“Robert …”
“Glam …?!”
La comparsa di Geffen,
sembrò calmare gli animi, forse intimorendoli, con la sua presenza inattesa.
L’avvocato si
inginocchiò, tamponando il naso di Pinkman con un fazzoletto candido – “Non è
nulla” – sorrise bonario – “… in compenso, voi due” – e guardò entrambi,
fermandosi sul viso stravolto di Law – “dovete avere perso la testa sul serio,
per ridurvi così”
“Non sono affari tuoi,
cerca di stare da parte, una volta tanto!” – lo zittì il britannico.
Colin prese dell’acqua,
porgendola a Jesse, che non si sarebbe mai aspettato quelle gentilezze, da
parte di Farrell e Geffen.
Questi, dopo essersi
rialzato, compose un numero sul cellulare – “Chiamo Vas, così vi porta a casa
tutti, sani e salvi”
“No” – affermò asciutto
Downey, aiutando Pinkman a sollevarsi – “Io rimango qui e voi sì, andatevene
pure tutti, ok?” – e fissò Glam, sorpreso sgradevolmente, da quella sua
reazione.
Quindi l’uomo li seguì,
mentre l’ex scortava quel ragazzino in cucina, per preparargli qualcosa di
caldo, per colazione.
Furono i suoi laghi di
pece, colmi di tenerezza, per quella creatura spaventata, a colpire Geffen.
In silenzio, tolse il
disturbo.
Jude e Colin, fecero
altrettanto, a testa bassa.
“Hai la coda di paglia?”
– chiese Irish buddy, mettendo in moto il suv, con il quale erano arrivati lì.
“Co cosa?” – esitò nei
toni, il suo interlocutore, mentre con le maniche lunghe del pullover, si
tamponava gli zigomi accesi, di lacrime e vergogna.
“Chi ti sei scopato
stavolta, Jude?” – insistette più aspro il suo migliore amico, fermandosi ad un
semaforo.
“Taylor” – ammise,
stremato, appoggiando la tempia destra al finestrino gelido.
Farrell inspirò greve,
ripartendo – “Bene … Bella mossa, davvero” – e aveva voglia unicamente di
tornare da Jared, ma il cantante era in viaggio verso Palm Springs, per
prendere Syria e portarla da loro per il fine settimana.
Sarebbe tornato per ora
di pranzo, giusto in tempo per affrontare, accanto al coniuge, un’altra grana
familiare, sulla quale Colin stava rimuginando da ore.
La culla era di quelle
acquistate in Africa, durante uno degli ultimi viaggi dei coniugi Farrell Leto;
era stata intrecciata da una tribù, alla quale gli artisti donarono un ospedale
da campo e una scuola elementare.
In che modo finì alla
villa sull’oceano, nessuno lo ricordava, ma a Syria, dormirci dentro, sembrava
piacere un sacco, osservò il leader dei Mars, seduto a gambe incrociate, in
fondo al letto di Geffen, che si stava rilassando, dopo una lunga doccia,
avvolto in un telo bianco, dal bacino in giù, sino alle caviglie, che il
secondo papà della bimba, stava massaggiando, divertito.
“Riflessologia
plantare, ho fatto un corso, sai Glam, perché mi annoiavo” – e rise solare.
Era
bellissimo, come sempre.
“Sei bravo … Diplomato
a pieni voti, scommetto” – bissò spento il legale dei vip.
“Ehi che ti prende?
Forse dovrei farti il solletico”
“No, non servirebbe … Ho
fatto un viaggio a vuoto in periferia”
“Problemi con la sede
di raccolta fondi?” – domandò partecipe Leto.
“Assolutamente no Jay,
si tratta di … Ma lasciamo perdere” – sbuffò, tornando a posizionare i massicci
bicipiti sotto al cuscino, serrando le palpebre, sul volto abbronzato.
“Mi hai incuriosito …
Anche Cole è sparito poco dopo l’alba, per andare in soccorso a Jude: è di
Robert, che stiamo parlando?”
Geffen riaprì gli
occhi, cercando le parole adatte.
Ancora si preoccupava
delle reazioni di Jared, su certi argomenti.
“Temo che Watson si sia
lasciato andare con il fidanzato di Richard, in pratica il mio futuro genero,
Taylor, capisci?”
“Oh miseria”
“Ma non è finita: Rob
ha pagato con la stessa moneta, questo tradimento, rimorchiando un poppante
chissà dove, ieri sera, dopo la cena dei cretini a villa Meliti, concludendo la
sua notte brava, tra le gambe striminzite di quell’adolescente!”
Leto inarcò il
sopracciglio destro, gli zaffiri vividi e puntati su Geffen, che provò a
ironizzare sulla vicenda.
“E tu come fai a sapere
che sono striminzite?” – tanto valeva stare al gioco, alleggerendo l’atmosfera
tra loro.
“Lo so perché sono
piombato sulla scena del delitto, come un perfetto idiota, dopo avere dato le
coordinate satellitari, ai due novelli Gianni e Pinotto, sulle tracce di Holmes”
“Ti ricordo che o
Gianni o Pinotto, io l’ho sposato, per la decima volta!” – e scoppiò a ridere.
Glam azzerò la
distanza, investendo con il suo buon profumo, i sensi di Leto, che perse un
battito.
“Quello che mi ha
turbato, è stato come Robert guardava quel tizio … Che poi è carino, quasi
buffo, mentre Jude provava a gonfiarlo di botte …”
“Spero non sia accaduto
niente di ciò!” – ribatté più serio il front man.
“Ma no, una baruffa
innocua, giusto un’ammaccatura al setto nasale”
“Dovevi fermarli Glam” –
quasi lo rimproverò.
I vagiti di Syria
posero fine alla conversazione – “E’ l’ora della pappa, ci penso io, tu
riposati e lascia Robert al suo destino insieme a Jude: è un consiglio
affettuoso il mio, sia chiaro, ok?”
“Come vuoi …”
“E’ tuo padre?”
La foto, sulla quale si
soffermò l’attenzione di Downey, era sbiadita dal tempo, nonostante fosse stata
incorniciata.
“No”
“In effetti non ti
somiglia, Jesse” – e sorrise, gustando un brodoso caffè, che Pinkman si era
impegnato a fargli, dimostrando una certa goffaggine.
“E’ il mio prof di
Chimica” – rivelò con noncuranza.
Strano, pensò Robert,
mai fatto scatti con un docente.
“Sembra burbero”
“Sì lo è, però sa anche
essere comprensivo … Persino dolce” – rise vago – “… sforzandosi, certo”
“Come si chiama?”
“Perché ti interessa,
Rob?”
“Curiosità”
“Walt … Walter White.”
Alicja ticchettava i
minuti di ritardo, con le suole delle scarpe a suola
bassa, sopra al parquet della biblioteca al secondo piano della End House, in
attesa di Colin.
In ballo c’era la
ridicola, secondo lei, idea di Henry, di andare a convivere con una tipa, una
neo punk, genere tornato di gran moda, in un loft a Malibu.
La ragazza aveva
persino cinque anni più del loro “erede”, un prezioso veicolo per una carriera,
quella della Curus, mai decollata e rovinosamente finita, dopo un matrimonio fallito
e la nascita di due gemelli, che le avevano devastato il fisico, con chili mai
persi, nonostante diete drastiche e ginnastica da sfinimento.
Farrell sopraggiunse
trafelato, salutandola appena, mentre controllava i messaggi sul palmare.
“Eccomi, si può sapere
il motivo di tanta urgenza?”
“Ciao Colin” – il suo
sorriso, accomodante, non lasciò presagire nulla di buono.
“E’ per nostro figlio,
te l’ho scritto nell’e-mail, visto che non rispondi alle mie chiamate” –
precisò lei, più acida, adesso.
“Ti riferisci a Henry?”
– Farrell non nascose il suo sarcasmo, non ce n’era bisogno.
“Ok, forse l’ho
trascurato un minimo in questi anni, però è pure sempre nostro figlio,
accidenti!”
Il suo inveire bloccò
Jared oltre la soglia, frantumando il suo buon umore, per farlo poi precipitare
in odiose memorie.
All’epoca dell’infanzia
di Henry, fu estremamente complicato, per lui, entrare nel mondo del piccolo.
Ogni volta che il bimbo
tornava dalle visite ad Alicja o dalle vacanze con i nonni materni, era come se
Henry si sentisse in colpa, nel volere bene al partner del padre.
Jared doveva
ricominciare tutto daccapo, faticosamente.
Era stato umiliante
sapere, ben prima, della gravidanza di lei, del tradimento di Colin, del suo
estremo tentativo di rinnegare la propria sessualità e l’amore per Leto.
Un periodo, che questi
avrebbe voluto farsi cancellare dal cervello, definitivamente.
“Tu sei la mamma
biologica, di Henry, su questo non c’è dubbio, Alicja, però siamo Jay ed io, i
suoi genitori, ad ogni effetto, anzi, è Jared ad esserlo, più di noi, per ogni
volta, che si è sacrificato per ognuno dei NOSTRI figli, SUOI E MIEI! Hai
capito?” – ruggì l’ex bad boy di Dublino, con fermezza.
A Leto sembrò di avere
il cuore in fiamme.
Dalla gioia.
La Curus gli passò
davanti, senza neppure guardarlo, talmente era acciecata dal diverbio appena avuto
con Farrell, che, senza darsi troppa pena per questo, si appoggiò alla
scrivania, prendendo un lungo respiro.
“Cole”
“Amore … Ehi, non
sapevo fossi già arrivato” – e si illuminò, nella maniera, in cui,
esclusivamente Jared rendeva possibile.
Jared che si appese al
suo collo, iniziando a piangere sommessamente.
Senza
mai smettere di sorridere.
Bryan Cranston è Walter White