Capitolo n. 41 – nakama
Kevin si soffermò a
lungo, nell’incavo alla base del collo di Tim, con la testa spettinata e
riversa all’indietro, mentre l’altro lo baciava e leccava piano, muovendosi in
lui, con la stessa lentezza e contemplazione amorevole.
Vennero a poco a poco,
riscoprendosi, come se fossero stati in viaggio da troppo tempo, con la voglia
di condividere nuovamente qualcosa di importante.
“Ne vuoi una anche tu?”
– Tim lo chiese, dopo essersi girato sul fianco sinistro, per arrivare al comodino
e frugare nel primo cassetto, dove teneva le sigarette.
“Fumi ancora?” – Kevin
sorrise, imitandolo, speculari, adesso, a fissarsi.
“Di rado, quando” – e
si morse le labbra, abbassando lo sguardo celeste e liquido.
“Quando vuoi vincere
l’imbarazzo?” – e lo accarezzò, sugli zigomi, trattenendo il fiato.
Tim annuì, poi gettò
tutto tra le lenzuola disfatte, Camel, accendino, difese, appendendosi a lui,
che non chiedeva di meglio, perché cullarlo, era la maniera per sentirlo
davvero vicino, come nessuno.
L’emozione era troppa,
per essere trattenuta stupidamente.
E lo sarebbe stato
anche lasciarsi, confondersi, esitare: volevano andare sino in fondo, senza più
rimandare.
Dal cassettone una foto
sembrava guardarli: nello scatto c’erano Niall, Tim ed i bimbi.
Quello era il passato,
pensò Kevin, senza turbarsi oltre il necessario: era certo che Tim non lo
avrebbe più deluso.
Il bassista, del resto,
non gliene avrebbe dato alcun motivo: questo l’impegno, che Kevin si stava
prendendo mentalmente, stringendo l’ex a sé, ancora più forte, per poi
baciarlo, appassionato e presente, più che mai.
Horan se ne stava
rannicchiato sopra un ampio davanzale, il palmare tra le dita gelide, a
scorrere immagini, dalla galleria, dove mai aveva cancellato un solo scatto.
Era la sua vita,
cristallizzata da un obiettivo e da un momento, divenuto un ricordo, più o meno
importante, per lui.
“Ehi, perché non scendi
a mangiare qualcosa?”
Il tono di Jared era
simpatico, così il suo sorriso maturo.
Niall scosse il capo
biondo, gli occhi come fanali, puntati ora sul leader dei Mars, fermo sulla
soglia della camera verde.
“Ho lo stomaco chiuso”
– e deglutì a vuoto.
“Perché non lo chiami?”
– chiese dolce Leto, avvicinandosi.
“Non credo che Tim
abbia voglia di sentirmi”
“Io mi riferivo a Mark”
– una risata lieve, a quel punto, le mani in tasca, la schiena appoggiata alla
parete tappezzata di smeraldo ed oro e quello che fu un mitico Joker nel
lontano 2016, sembrò indurlo in tentazione.
“Mark … Temo sia anche
peggio” – Horan si sforzò di sorridere, tirato
e stanco.
“Non sono d’accordo …
Lui ti ama così tanto” – replicò serio.
“Voglio calmarmi, avere
le idee più chiare possibili, Jared, non posso farlo soffrire una seconda
volta: non me lo perdonerei, te lo assicuro” – disse fermo.
“Non mi somigli … Per
tua fortuna” – l’ennesimo sorriso, più sconsolato.
“Essere impulsivi,
istintivi, dona grande fascino, lo ammetto, però …”
“Però non ti fa
crescere mai, Niall, hai perfettamente ragione”
“Ok … Magari
un’insalata” – e si alzò, mettendo via il cellulare nel giubbotto, appeso ad
una sedia – “… lo lascio qui, tanto nessuno mi cercherà, stanotte.”
Geffen sorseggiò un
paio di aperitivi, scrutando il giardino, affacciato ad un’ampia vetrata della
biblioteca Meliti, senza accorgersi dei passi alle sue spalle.
“Ciao Glam, posso
disturbarti un attimo?”
“Louis … Ciao, come
stai? Ma certo, vuoi da bere?”
“Cos’è?”
“Prosecco italiano,
fresco e piacevole” – e lo guardò più incisivo, tracciando una palese
similitudine.
Boo non ci fece caso,
accomodandosi in poltrona, mentre il più adulto gli porgeva un calice dorato ed
invitante.
“Ho una sete … Grazie”
“Prego … E Harry?
Petra?”
“Sono giù con gli altri
… buono … E’ … è per Vincent, ecco” – ed arrossì.
“Ti ascolto” – e si
mise seduto, sul divano oltre al tavolino da fumo, che li separava.
“Tu sai dove si trova?”
“Ho preferito evitarlo,
per non creare dei problemi, con la polizia, capisci? Se mi interrogassero, la
mia coscienza potrebbe vacillare”
“Sul serio Glam?”
“Dopo quanto accaduto,
Louis, la cosa migliore è prendere le distanze da Lux, per il bene di tutti”
“Ma tutti chi?! Lui non
è un assassino!”
Geffen si massaggiò la
nuca – “Purtroppo la sua confessione ed i fatti, oggettivamente non lasciano
alternative e questo lo sai anche tu, piccolo”
Un colpo di tosse e la
figura slanciata di Styles si palesò – “Il nonno sta sbroccando, vi aggregate o
no?” – domandò brusco.
Tomlinson scattò in
piedi – “Chiedevo notizie di Vincent a Glam, non incazzarti” – e gli cinturò la
vita.
Harry lo avvolse – “Dobbiamo
andare avanti senza di lui, ne abbiamo parlato o sbaglio?”
“Sì … Non è semplice,
non dopo avere deciso di convivere, in armonia”
Glam aggrottò la fronte
spaziosa – “Una circostanza un po’ strana …” – osservò senza pregiudizio, anche
se poteva sembrare il contrario.
Styles lo guardò con un
guizzo – “Vincent è la nostra famiglia, molto meno stramba di questo clan, ok?”
“Mi associo alla
richiesta di Louis: non incazzarti, ok? E non con me, sai che vi ho sempre
appoggiato, in un modo o nell’altro e Vincent è uno dei miei più cari amici”
“Noi lo sappiamo Glam”
– Boo gli si avvicinò, staccandosi dal proprio compagno, per poi uscire dalla
stanza, in silenzio.
“Mi dispiace, per la
mia reazione, per Vincent, per come si sente Lou, anche Petra ne soffre, è un
casino in cui Lux non doveva metterci, anche se posso comprendere le sue
ragioni!” – scattò sfogandosi il riccioluto legale, che a Geffen mancava come
collaboratore.
“Torna in studio da me,
trasferitevi in uno dei miei alloggi sul boulevard, cambiate aria, rimettiti in
sella Harry e dai una svolta al vostro matrimonio: cosa ne pensi?” – propose il
più anziano.
“Ci … ci penserò” –
replicò esitante il ragazzo, quindi seguì Louis, tornando al piano inferiore.
Geffen sbuffò; poi
ricevette una telefonata.
Colin appoggiò i palmi
aperti, sulla stoffa a quadri della camicia di Jared, che sorrise, addossato al
muro, contro al quale l’irlandese lo aveva bloccato.
“Credevo stessi morendo
di fame, Cole” – gli respirò tra le labbra, che l’altro gli aveva appena fatto
assaporare, con un bacio suadente e bagnato.
“Infatti … Siamo qui” –
e rise leggero, mentre gli slacciava la casacca, in un gesto fluido, aprendosi
una visuale completa, sul busto del cantante, asciutto, tonico e tatuato.
Farrell ne baciò e
succhiò ogni centimetro, intorno ai capezzoli turgidi, mentre Jared gli
artigliava dolcemente i capelli e la nuca.
“Non … non possiamo
farlo qui Cole” – balbettò in crisi di ossigeno – “… nei garage del nonno”
“Io volevo portarti via,
infatti” – l’attore lo scrutò, senza smettere di accarezzarlo tra l’ombelico e
poco più sotto, dove i jeans di Leto, si erano schiusi, come d’incanto, grazie
alle manovre del moro.
“Andarsene così”
“L’abbiamo sempre fatto
Jay … sempre” – ed affondò le dita, sotto ai suoi boxer, cercando un punto, ben
preciso, dove risalirgli dentro e farlo gemere forte.
“Ti voglio Jay … è … è
troppo tempo che”
“Lo so … mioddio Cole …
mi fai venire così” – e lo attirò a sé ancora più saldamente, non senza
ricambiare le sue premure, giocando esperto con la sua erezione, ormai
libratasi oltre i pantaloni eleganti, che Farrell aveva indossato, sotto a una polo
celeste, che gli stava una meraviglia.
Dei rumori improvvisi,
li bloccarono, ma erano distanti a sufficienza, perché chi stava transitando,
non si accorgesse di loro.
Era Geffen, concentrato
al telefono, in una conversazione incomprensibile, per il suo tono basso e
circospetto.
L’avvocato azionò il
comando degli enormi portelli ad oblò quadrati e salì sull’hummer, avviandosi
poi deciso verso il viale d’uscita della villa.
Jared e Colin ripresero a
baciarsi, come adolescenti, complici e sintonizzati, su quella lunghezza d’onda,
capace di amplificare il loro legame, ad un livello irraggiungibile, da
chiunque.
Il
mondo, adesso, poteva andare avanti, anche senza di loro.
Tom percepì un brivido
lungo la spina dorsale e, come se avesse appena fatto un brutto sogno, spalancò
le palpebre, incontrando la semi oscurità della camera, dove Chris stava
riposando, ad un paio di metri dalla sua poltrona scomoda, sulla quale, ormai,
il terapista trascorreva gran parte delle proprie notti, in attesa che il
compagno venisse finalmente dimesso.
Il corpo di Hemsworth
ebbe come un tremolio, poi il poliziotto scattò a sedere, alla stregua di un
burattino, a cui avevano appena tirato i fili, senza preavviso alcuno.
Tommy ne fu sorpreso,
specialmente dalla richiesta verbale, che ne seguì: “Ho fame”
“Chris …?!” – sussurrò,
azzerando la distanza.
“Ho una fame tremenda,
cazzo” – insistette lo sbirro, togliendosi i sensori dagli avambracci, con
movenze insofferenti.
“Chris calmati” –
Hiddleston accennò un sorriso, anche se scosso – “… ora chiamo qualcuno, ok?”
“Sì, ma che mi porti da
mangiare!” – lo investì, prepotente, fissandolo, dopo avere acceso le luci.
“Ho paura che tu non
possa ingerire cibi solidi, non come vorresti” – obiettò, sporgendosi poi oltre
la soglia, controllando se l’infermiera di turno stesse arrivando.
“Ma se sto benissimo!” –
e si alzò, armeggiando con un paio di ciabatte sterili, ancora confezionate in
una busta di plastica, dimenticate su di una mensola, lì accanto.
“Chris accidenti! Torna
a stenderti, potresti avere un capogiro!” – e lo sostenne, come se ce ne fosse
bisogno, ma Hemsworth era saldo, sulle gambe e solido, anche nel guardarlo,
oltre modo irritato.
Miss. Jensen si
affacciò, brontolando un paio di rimproveri – “Torni dov’era, non vorrà mica
andarsene in giro e farsi venire una crisi?”
Lei aveva inquadrato il
carattere di Chris dal principio e non si sarebbe fatta intimidire dagli
improperi, che ne seguirono, senza farsi attendere.
Ciò nonostante, il
tenente si coricò, insistendo sulla necessità di alimentarsi, con qualcosa di
sostanzioso.
“Ora sento il primario
e poi il professor Mikkelsen, va bene? Nel frattempo si accontenti di un budino
di soia, al cioccolato, ovviamente!” – e sparì.
“Ecco vedi” – proseguì Tom,
con dolcezza – “… un po’ di zuccheri ti faranno bene”
“Soia? Ma scherziamo?!”
“Chris abbi un minimo
di pazienza, ti prego”
“E finiscila con questa
lagna, Tom! Ora chiamo Norman e gli chiedo di portarmi una pizza ed una birra,
che ci vuole?” – e ridacchiò, componendo il numero di Reedus.
“Ma sveglierai tutti”
“Lui per me ci sarà in
eterno, ok? E non farti paranoie, d’accordo pivello?”
Hiddleston si
riaccomodò, composto, sopra ad uno sgabello, lo sguardo basso – “D’accordo …” –
replicò in un soffio.
Quel miglioramento
aveva un che di inquietante.
Ciò, che avrebbe dovuto
confortarlo e fargli fare salti di gioia, lo aveva appena sconvolto.
Irrimediabilmente.
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