martedì 21 febbraio 2017

NAKAMA - CAPITOLO N. 92

Capitolo n. 92 – nakama



JD prese un’altra birra dal frigo ed un succo ai frutti tropicali, per Philip, steso tra divano e tavolino, dove imperava un discreto disordine, per il quale Norman non si sarebbe comunque lamentato.

Lui e Lukas erano in giro a cercare un nuovo casco per le competizioni precampionato del giovane motociclista; avevano legato bene, sentendosi a proprio agio reciprocamente, grazie ai gusti in comune.

Uno su tutti, amare i Morgan.

Il più anziano, si affiancò al figlio, loquace sulla sua intimità con il compagno – “Certo con Lukas devo sempre stare attento, perché il mio cuore non sopporta certi ritmi, è un po’ bradipo, sai?”

JD rise di gusto, scompigliandogli i capelli.

“Mentre tu e lo sceriffo, lo fate spesso, papà?” – chiese adorabile, facendo arrossire l’ex galeotto.

“Dipende … Sì, insomma … Ok, in pratica tutti i giorni” – ammise, paonazzo in volto, mentre l’altro si inabissava nel collo alto, del maglione, che Reedus gli aveva regalato per Natale.

“Oh cavoli, è divertente avere questa confidenza” – rise, senza riemergere, tenendosi il bordo di lana, con le dita affusolate.

“Phil a me va bene la nostra confidenza”

Una tosse improvvisa, interruppe il loro interagire ilare e complice: il ragazzino si mise seduto, mentre le sue gote vermiglie, si riempirono ben presto di lacrime.

“Tesoro, mio Dio bevi un po’ d’acqua!” – Morgan si agitò, passandogli un bicchiere colmo di minerale, che Phil respinse, prendendo dalla tasca dei jeans, una pastiglia microscopica, che, svelto, sciolse sotto alla lingua, superando, anche se in affanno, quella crisi.

JD lo strinse forte – “Stai meglio, vero?” – chiese in angoscia.

Phil annuì, tremando, felice, però, di essere così vicino a lui, presente e forte, ai suoi sensi, da troppo tempo carenti, di quella figura, all’apparenza solida, che Morgan aveva saputo ridonargli, inaspettatamente.

L’arrivo di Norman e Lukas, stabilizzò la situazione, con l’intervento amorevole di quest’ultimo, a rassicurare più Morgan senior, che Phil, ormai tranquillo, abituato a certi inconvenienti, in presenza di emozioni intense.

JD si isolò in cucina, il fiato corto, Reedus alle calcagna, ma a distanza di sicurezza; l’uomo doveva sbollire la rabbia, anche tirando un pugno al pensile, contro al quale aveva incollato la fronte madida.

“Calma … Calmati JD” – Norman lo disse piano, prendendolo a sé, un attimo dopo e, nonostante la differenza di altezza, a favore del più vecchio, Morgan sembrò rannicchiarsi su quel petto ampio e tatuato, sentendosi alla stregua di un bimbo, senza difese e senza armi.

“Non posso aiutarlo, non ci sono mai riuscito!” – ruggì, devastato da un pianto comunque liberatorio.

Quel momento era stato rimandato, quasi per miracolo, sino a quel giorno, dal suo incontro con Philip.

“Ci penserò io, ok?” – Reedus tornò a guardarlo, affettuoso e convincente.

Si baciarono, JD lo baciò.
Con disperazione.
E sconfinata fiducia.





Il soffitto iniziò a dilatarsi, come le loro pupille, fissate su di esso.

Risero.

“Je Jesse, ma dove … Dove hai preso questa roba?” – Rovia ridacchiò, steso supino accanto a lui.

Pinkman diede una seconda boccata, a quello strano spinello.

Poche gocce di un composto, creato da White, uno dei suoi numerosi esperimenti, rimescolato all’erba rollata nella canna, quasi alla fine e il loro mondo, divenne a colori.

Sgargianti, psichedelici.

L’interno dell’officina di Paul, sembrò diventare di colpo una discoteca, ma solo nei loro cervelli alterati dalla droga.

“Fantastica, vero? L’ha creata il mio uomo, questa meraviglia” – Jesse prese un respiro profondo, girandosi sul fianco sinistro, non senza infilare una mano, sotto all’elastico dei pantaloni, della tuta dell’altro.

Anche lui ne indossava una, erano andati a correre sulla spiaggia all’alba.

“Ehi” – Rovia ebbe un lieve sussulto.

“Volevo vedere se eri fatto come me” – scherzò lo studente di Chimica.

Rovia lo lasciò fare – “Come se non lo sapessi”

“Miseria”

“Che c’è?”

“Stai messo come me, è vero Paul” – e lo baciò, sovrastandolo, liberandolo da quell’indumento, con la facilità con cui si sbuccia un’arancia.

Un’arancia blu, come gli occhi di Rovia.

“E’ … E’ un casino, che non lo faccio … così” – gli ansimò Jesse nel collo e nella bocca.

Paul si appese a lui – “Non … non capisco” – sorrise, ricambiando ogni bacio, ogni carezza.

“Ho avuto delle ragazze … un casino di ragazze”

“Wow, ma io non sono una ragazza”

“Lo so, per questo mi piaci” – Pinkman si fermò per un secondo, per scrutare ogni dettaglio, anche se nessuno di loro era veramente lucido.

Rovia gli fece scendere i boxer e il resto, poco sotto ai glutei sodi, che non tardò a conquistare, con i palmi caldi e aperti, quanto lui, in quel punto dove Jesse, ora, stava cercando un varco, ritrovandolo bagnato e ricettivo, come neppure osava sognare.

Cominciò a spingere, febbrile, schiudendo Paul, come se fosse un fiore nel deserto, delle loro solitudini.

Con Walt si era fatto tutto così complicato.

E Jesse si sentiva così stronzo, a volte.
Eppure anche nel giusto, dopo avere subito troppo, da uno come White, che non gli aveva risparmiato nulla.

Certo, lo aveva perdonato, poche ore prima, ci aveva fatto l’amore a lungo, nonostante le difficoltà fisiche, dell’ex prof.

Eppure Rovia era un sogno, di bellezza, di accoglienza, di tenerezza.

Forse Pinkman se ne stava innamorando.
Forse Paul, di lui, lo era già.
Perdutamente.






Alice nel paese delle meraviglie, questo il tema scelto, per il compleanno di Violet e Jared.

Downey bisbigliò a Law chi dei due festeggiati, avrebbe incontrato per primo il bianco coniglio della favola; l’inglese rise, baciandolo, sotto al gazebo delle rose screziate di viola, un nuovo innesto, creato da Mr. Wong, per l’occasione, mesi prima.

“A Jared il vestitino azzurro della protagonista, donerebbe molto, non credi Judsie?” – aggiunse simpatico.

“Ehi, credevo che tu e lui aveste fatto pace, cosa sono questi commenti, Rob?” – e arrise al suo splendore ritrovato.

“Sarà l’età, sto diventando acida” – e sottolineò con una smorfia, le ultime sillabe.

“No, anzi … Ma non cambiare mai, non sarai mai abbastanza caustico, da scandalizzarmi” – e gli cinse le spalle, baciandolo tra le ciocche brizzolate.

“Infatti non voglio cambiare abitudini … Di recente abbiamo provato a risolvere i nostri screzi, alla moda di Colin e Jared, non trovi?”

“Cioè …”

“Scopando, Jude!” – e rise fragoroso.

“Oggi mi darai del filo da torcere, forse per i buoni propositi, in vista del nuovo anno, Rob?”

“Forse … Ma il nostro dialogo, la nostra intimità, nel dirci ogni cosa, da sempre, non dovrà mai venire meno, tesoro, ok?”

“E’ una delle cose, che ho sempre amato di più, nel nostro rapporto, nonostante le burrasche … Nonostante me” – ammise, abbassando lo sguardo di ghiaccio.

“Guardami Jude”

Law lo fece immediato e intenso.

Downey se lo fece bastare.





Norman si stava schiacciando sull’addome il dossier, riguardante Philip, da almeno un quarto d’ora, nella sala di aspetto dello studio Geffen.

Gli uffici erano aperti per un paio di giorni, nonostante le festività, per la chiusura di alcuni casi urgenti.
Le impiegate elegantissime, sfilavano tra mobili antichi e oggetti preziosi, mentre Denny e Marc ciondolavano in corridoio, in attesa che la porta del regno si aprisse, come aveva sussurrato Hopper a Reedus, dopo avergli offerto un caffè.

Il legale e lo sbirro, si conoscevano da anni: il primo lo aveva preparato ad una testimonianza, in un caso difficile, dove uno dei loro clienti era stato incriminato ingiustamente.

Dopo qualche ulteriore chiacchiera, Marc rispose ad una chiamata di Jamie, tornando alla sua postazione.

Denny sbuffò – “C’è Rob, da Glam, con Pepe” – e sembrò giustificare il suo boss.

“Nessun problema … Siete stati gentili a ricevermi” – replicò, quasi timido Norman.

“Glam era curioso di conoscere i dettagli, quando lei ha parlato di un caso di vita o di morte”

“Era con lui, quando ho telefonato?”

Denny non gli rispose, scattando all’apertura delle ante in radica, tra le quali spuntarono Geffen, il suo celebre ex e il loro cucciolo, in braccio all’attore.

Glam diede ancora una coccola a Pepe, gongolante tra loro – “E non fare i capricci, ok amore?”
“Lo stai dicendo a me o al nostro tesoro?” – scherzò Downey, attirando su di sé un’occhiata amorevole, da parte dello squalo del foro, che nulla aveva di minaccioso, in quel particolare istante, che colpì Reedus, per l’ennesima volta.

Denny si infilò, per annunciare Reedus, impacciato nel salutare Robert, che svanì verso gli ascensori, mentre Glam socchiuse appena, lasciando uno spiraglio, sul suo interagire con Glover.

Incurante di essere spiato, come in effetti stava avvenendo, Geffen cinse i fianchi di Denny, baciandolo nell’incavo sotto al mento, bollente e sensuale – “Ti ho già ringraziato per la notte scorsa, piccolo?”

“Mi sei grato per cosa? La sera prima te la sei spassata con Scott o pensi che nessuno se ne sia accorto?” – e rise, abituato ormai alla costante inaffidabilità del suo capo.

“Sono in un periodo di transizione”

“Tra un ex e quello successivo? Sì, mi pareva … Di là c’è Norman Reedus e sembra davvero preoccupato”

“Bene, fallo accomodare e se vuoi, resta, ok?”

“Ok … Tenente Reedus, prego”

“Grazie … Buongiorno signor Geffen”

“Salve, non diamoci del lei, evitiamo i convenevoli, tu mi stai davvero sullo stomaco, per quello che hai fatto a Paul, quindi non prendiamoci in giro: non ho idea di quale sia il tuo problema, Reedus, ma dovrà trattarsi di qualcosa di veramente toccante, per evitare di sbatterti fuori a calci da qui, chiaro?” – esordì duro, l’avvocato dei divi.

“Chiarissimo” – replicò Norman, senza scomporsi, per poi porgergli la cartellina in tinta avorio, dov’era contenuta tutta la vita di Philip.

Geffen la analizzò velocemente, concentrandosi, però, sulla cartella sanitaria del ragazzo.

“Questo è l’archivista dell’Ucla, io lo conosco” – disse infine Glam, tornando a fissare il suo interlocutore, che perse un battito.

“Non ne avevo idea …”

“E’ amico delle mie gemelle e non solo … Inoltre l’ho selezionato per l’assegnazione di un alloggio, nel nuovo quartiere post sisma, considerata la sua situazione familiare e di salute: non ricordavo fosse così grave”

“E’ di questo che si tratta: Phil ha bisogno di un’operazione molto particolare, ma la sua assicurazione non è sufficiente a coprirne i costi esorbitanti”

Glam annuì – “Come mai mi sottoponi tu, questo caso?”

Reedus deglutì a vuoto – “Conoscevo la madre, Dana, si chiama così … Arrestai il marito”

“Aspetta un attimo, il marito? JD Morgan, quello che ha ricattato Paul, per non parlare del resto … Guarda che so cosa è successo!” – sbottò acre.

Forse sarebbe stato meglio dirgli la verità, ma Norman non se la sentiva di correre un tale rischio.

“E’ acqua passata, è stato un episodio assurdo, che ha posto fine alla mia relazione con Paul, però questa è un’altra storia ed è maledettamente più importante!”

Denny li stava analizzando, in quel confronto, che stava per animarsi eccessivamente.

Glam inspirò greve – “Ho la massima simpatia per Philip, non so come possa essere figlio di un bastardo simile, ma del resto lo sono anch’io: per certi versi, mio padre non è stato migliore di JD Morgan” – e stinse i pugni, sopra la scrivania.

Reedus aveva il cuore a mille.

“Phil è solo, sua madre l’ha abbandonato per colpa di Morgan, dei suoi casini, ma ho saputo da Philip stesso, che JD agì per procurarsi il denaro per farlo curare”

“Un padre deve fare il possibile per garantire il benessere ai suoi figli, su questo posso capirlo, ma non giustificarlo: a proposito, che fine ha fatto JD Morgan?”

“Era evaso, ha lasciato la città, con il denaro di Paul: non so dove sia finito e non mi importa, a me importa di Philip, ok?”

“Perfetto, ma io cosa centro in tutta questa storia?”

Norman sorrise di sbieco – “Tu puoi tutto, vero? Io oggi ti chiedo un gesto di solidarietà, perché Phil potrebbe morire, a causa della sua malformazione cardiaca”

“E’ quindi peggiorato?”

“Sì e non vive, lui rinuncia, rinuncia a tutto, per evitare le crisi respiratorie, capisci?”

“Certo …” – e si alzò dalla poltrona – “Lo aiuterò: il professor Mikkelsen effettuerà l’intervento, io lo persuaderò a farlo, senza alcun addebito, così Phil non mi dovrà nulla, ma mai avrei preteso qualcosa, d’accordo?”

“Ti ringrazio Glam …” – e gli tese la mano, sollevandosi a propria volta.

Geffen la strinse deciso, quasi a convalidare definitivamente, l’impegno appena preso – “Venite da Mads nel tardo pomeriggio: Denny organizzi tu, la cosa?”

“Va bene, lo faccio subito, arrivederci tenente”

“Arrivederci …”












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