Capitolo n. 92 – nakama
JD prese un’altra birra
dal frigo ed un succo ai frutti tropicali, per Philip, steso tra divano e
tavolino, dove imperava un discreto disordine, per il quale Norman non si
sarebbe comunque lamentato.
Lui e Lukas erano in
giro a cercare un nuovo casco per le competizioni precampionato del giovane
motociclista; avevano legato bene, sentendosi a proprio agio reciprocamente,
grazie ai gusti in comune.
Uno su tutti, amare i
Morgan.
Il più anziano, si
affiancò al figlio, loquace sulla sua intimità con il compagno – “Certo con
Lukas devo sempre stare attento, perché il mio cuore non sopporta certi ritmi,
è un po’ bradipo, sai?”
JD rise di gusto,
scompigliandogli i capelli.
“Mentre tu e lo
sceriffo, lo fate spesso, papà?” – chiese adorabile, facendo arrossire l’ex
galeotto.
“Dipende … Sì, insomma
… Ok, in pratica tutti i giorni” – ammise, paonazzo in volto, mentre l’altro si
inabissava nel collo alto, del maglione, che Reedus gli aveva regalato per
Natale.
“Oh cavoli, è
divertente avere questa confidenza” – rise, senza riemergere, tenendosi il
bordo di lana, con le dita affusolate.
“Phil a me va bene la
nostra confidenza”
Una tosse improvvisa,
interruppe il loro interagire ilare e complice: il ragazzino si mise seduto,
mentre le sue gote vermiglie, si riempirono ben presto di lacrime.
“Tesoro, mio Dio bevi
un po’ d’acqua!” – Morgan si agitò, passandogli un bicchiere colmo di minerale,
che Phil respinse, prendendo dalla tasca dei jeans, una pastiglia microscopica,
che, svelto, sciolse sotto alla lingua, superando, anche se in affanno, quella
crisi.
JD lo strinse forte –
“Stai meglio, vero?” – chiese in angoscia.
Phil annuì, tremando,
felice, però, di essere così vicino a lui, presente e forte, ai suoi sensi, da
troppo tempo carenti, di quella figura, all’apparenza solida, che Morgan aveva
saputo ridonargli, inaspettatamente.
L’arrivo di Norman e
Lukas, stabilizzò la situazione, con l’intervento amorevole di quest’ultimo, a
rassicurare più Morgan senior, che Phil, ormai tranquillo, abituato a certi
inconvenienti, in presenza di emozioni intense.
JD si isolò in cucina,
il fiato corto, Reedus alle calcagna, ma a distanza di sicurezza; l’uomo doveva
sbollire la rabbia, anche tirando un pugno al pensile, contro al quale aveva
incollato la fronte madida.
“Calma … Calmati JD” –
Norman lo disse piano, prendendolo a sé, un attimo dopo e, nonostante la
differenza di altezza, a favore del più vecchio, Morgan sembrò rannicchiarsi su
quel petto ampio e tatuato, sentendosi alla stregua di un bimbo, senza difese e
senza armi.
“Non posso aiutarlo,
non ci sono mai riuscito!” – ruggì, devastato da un pianto comunque
liberatorio.
Quel momento era stato
rimandato, quasi per miracolo, sino a quel giorno, dal suo incontro con Philip.
“Ci penserò io, ok?” –
Reedus tornò a guardarlo, affettuoso e convincente.
Si baciarono, JD lo
baciò.
Con disperazione.
E sconfinata fiducia.
Il soffitto iniziò a
dilatarsi, come le loro pupille, fissate su di esso.
Risero.
“Je Jesse, ma dove …
Dove hai preso questa roba?” – Rovia ridacchiò, steso supino accanto a lui.
Pinkman diede una
seconda boccata, a quello strano spinello.
Poche gocce di un
composto, creato da White, uno dei suoi numerosi esperimenti, rimescolato all’erba
rollata nella canna, quasi alla fine e il loro mondo, divenne a colori.
Sgargianti,
psichedelici.
L’interno dell’officina
di Paul, sembrò diventare di colpo una discoteca, ma solo nei loro cervelli
alterati dalla droga.
“Fantastica, vero? L’ha
creata il mio uomo, questa meraviglia” – Jesse prese un respiro profondo,
girandosi sul fianco sinistro, non senza infilare una mano, sotto all’elastico dei
pantaloni, della tuta dell’altro.
Anche lui ne indossava
una, erano andati a correre sulla spiaggia all’alba.
“Ehi” – Rovia ebbe un
lieve sussulto.
“Volevo vedere se eri
fatto come me” – scherzò lo studente di Chimica.
Rovia lo lasciò fare – “Come
se non lo sapessi”
“Miseria”
“Che c’è?”
“Stai messo come me, è
vero Paul” – e lo baciò, sovrastandolo, liberandolo da quell’indumento, con la
facilità con cui si sbuccia un’arancia.
Un’arancia
blu, come gli occhi di Rovia.
“E’ … E’ un casino, che
non lo faccio … così” – gli ansimò Jesse nel collo e nella bocca.
Paul si appese a lui – “Non
… non capisco” – sorrise, ricambiando ogni bacio, ogni carezza.
“Ho avuto delle ragazze
… un casino di ragazze”
“Wow, ma io non sono
una ragazza”
“Lo so, per questo mi
piaci” – Pinkman si fermò per un secondo, per scrutare ogni dettaglio, anche se
nessuno di loro era veramente lucido.
Rovia gli fece scendere
i boxer e il resto, poco sotto ai glutei sodi, che non tardò a conquistare, con
i palmi caldi e aperti, quanto lui, in quel punto dove Jesse, ora, stava
cercando un varco, ritrovandolo bagnato e ricettivo, come neppure osava
sognare.
Cominciò a spingere,
febbrile, schiudendo Paul, come se fosse un fiore nel deserto, delle loro
solitudini.
Con Walt si era fatto
tutto così complicato.
E Jesse si sentiva così
stronzo, a volte.
Eppure anche nel
giusto, dopo avere subito troppo, da uno come White, che non gli aveva
risparmiato nulla.
Certo, lo aveva
perdonato, poche ore prima, ci aveva fatto l’amore a lungo, nonostante le
difficoltà fisiche, dell’ex prof.
Eppure Rovia era un
sogno, di bellezza, di accoglienza, di tenerezza.
Forse
Pinkman se ne stava innamorando.
Forse
Paul, di lui, lo era già.
Perdutamente.
Alice nel paese delle
meraviglie, questo il tema scelto, per il compleanno di Violet e Jared.
Downey bisbigliò a Law
chi dei due festeggiati, avrebbe incontrato per primo il bianco coniglio della
favola; l’inglese rise, baciandolo, sotto al gazebo delle rose screziate di
viola, un nuovo innesto, creato da Mr. Wong, per l’occasione, mesi prima.
“A Jared il vestitino
azzurro della protagonista, donerebbe molto, non credi Judsie?” – aggiunse
simpatico.
“Ehi, credevo che tu e
lui aveste fatto pace, cosa sono questi commenti, Rob?” – e arrise al suo
splendore ritrovato.
“Sarà l’età, sto
diventando acida” – e sottolineò con una smorfia, le ultime sillabe.
“No, anzi … Ma non
cambiare mai, non sarai mai abbastanza caustico, da scandalizzarmi” – e gli
cinse le spalle, baciandolo tra le ciocche brizzolate.
“Infatti non voglio
cambiare abitudini … Di recente abbiamo provato a risolvere i nostri screzi,
alla moda di Colin e Jared, non trovi?”
“Cioè …”
“Scopando, Jude!” – e rise
fragoroso.
“Oggi mi darai del filo
da torcere, forse per i buoni propositi, in vista del nuovo anno, Rob?”
“Forse … Ma il nostro
dialogo, la nostra intimità, nel dirci ogni cosa, da sempre, non dovrà mai
venire meno, tesoro, ok?”
“E’ una delle cose, che
ho sempre amato di più, nel nostro rapporto, nonostante le burrasche …
Nonostante me” – ammise, abbassando lo sguardo di ghiaccio.
“Guardami Jude”
Law lo fece immediato e
intenso.
Downey
se lo fece bastare.
Norman si stava
schiacciando sull’addome il dossier, riguardante Philip, da almeno un quarto d’ora,
nella sala di aspetto dello studio Geffen.
Gli uffici erano aperti
per un paio di giorni, nonostante le festività, per la chiusura di alcuni casi
urgenti.
Le impiegate
elegantissime, sfilavano tra mobili antichi e oggetti preziosi, mentre Denny e
Marc ciondolavano in corridoio, in attesa che la porta del regno si aprisse,
come aveva sussurrato Hopper a Reedus, dopo avergli offerto un caffè.
Il legale e lo sbirro,
si conoscevano da anni: il primo lo aveva preparato ad una testimonianza, in un
caso difficile, dove uno dei loro clienti era stato incriminato ingiustamente.
Dopo qualche ulteriore
chiacchiera, Marc rispose ad una chiamata di Jamie, tornando alla sua
postazione.
Denny sbuffò – “C’è
Rob, da Glam, con Pepe” – e sembrò giustificare il suo boss.
“Nessun problema …
Siete stati gentili a ricevermi” – replicò, quasi timido Norman.
“Glam era curioso di
conoscere i dettagli, quando lei ha parlato di un caso di vita o di morte”
“Era con lui, quando ho
telefonato?”
Denny non gli rispose,
scattando all’apertura delle ante in radica, tra le quali spuntarono Geffen, il
suo celebre ex e il loro cucciolo, in braccio all’attore.
Glam diede ancora una
coccola a Pepe, gongolante tra loro – “E non fare i capricci, ok amore?”
“Lo stai dicendo a me o
al nostro tesoro?” – scherzò Downey, attirando su di sé un’occhiata amorevole,
da parte dello squalo del foro, che nulla aveva di minaccioso, in quel
particolare istante, che colpì Reedus, per l’ennesima volta.
Denny si infilò, per
annunciare Reedus, impacciato nel salutare Robert, che svanì verso gli
ascensori, mentre Glam socchiuse appena, lasciando uno spiraglio, sul suo
interagire con Glover.
Incurante di essere
spiato, come in effetti stava avvenendo, Geffen cinse i fianchi di Denny,
baciandolo nell’incavo sotto al mento, bollente e sensuale – “Ti ho già
ringraziato per la notte scorsa, piccolo?”
“Mi sei grato per cosa?
La sera prima te la sei spassata con Scott o pensi che nessuno se ne sia
accorto?” – e rise, abituato ormai alla costante inaffidabilità del suo capo.
“Sono in un periodo di
transizione”
“Tra un ex e quello
successivo? Sì, mi pareva … Di là c’è Norman Reedus e sembra davvero
preoccupato”
“Bene, fallo accomodare
e se vuoi, resta, ok?”
“Ok … Tenente Reedus,
prego”
“Grazie … Buongiorno
signor Geffen”
“Salve, non diamoci del
lei, evitiamo i convenevoli, tu mi stai davvero sullo stomaco, per quello che
hai fatto a Paul, quindi non prendiamoci in giro: non ho idea di quale sia il
tuo problema, Reedus, ma dovrà trattarsi di qualcosa di veramente toccante, per
evitare di sbatterti fuori a calci da qui, chiaro?” – esordì duro, l’avvocato
dei divi.
“Chiarissimo” – replicò
Norman, senza scomporsi, per poi porgergli la cartellina in tinta avorio, dov’era
contenuta tutta la vita di Philip.
Geffen la analizzò
velocemente, concentrandosi, però, sulla cartella sanitaria del ragazzo.
“Questo è l’archivista
dell’Ucla, io lo conosco” – disse infine Glam, tornando a fissare il suo
interlocutore, che perse un battito.
“Non ne avevo idea …”
“E’ amico delle mie
gemelle e non solo … Inoltre l’ho selezionato per l’assegnazione di un
alloggio, nel nuovo quartiere post sisma, considerata la sua situazione
familiare e di salute: non ricordavo fosse così grave”
“E’ di questo che si
tratta: Phil ha bisogno di un’operazione molto particolare, ma la sua
assicurazione non è sufficiente a coprirne i costi esorbitanti”
Glam annuì – “Come mai
mi sottoponi tu, questo caso?”
Reedus deglutì a vuoto –
“Conoscevo la madre, Dana, si chiama così … Arrestai il marito”
“Aspetta un attimo, il
marito? JD Morgan, quello che ha ricattato Paul, per non parlare del resto …
Guarda che so cosa è successo!” – sbottò acre.
Forse sarebbe stato
meglio dirgli la verità, ma Norman non se la sentiva di correre un tale
rischio.
“E’ acqua passata, è
stato un episodio assurdo, che ha posto fine alla mia relazione con Paul, però
questa è un’altra storia ed è maledettamente più importante!”
Denny li stava
analizzando, in quel confronto, che stava per animarsi eccessivamente.
Glam inspirò greve – “Ho
la massima simpatia per Philip, non so come possa essere figlio di un bastardo
simile, ma del resto lo sono anch’io: per certi versi, mio padre non è stato
migliore di JD Morgan” – e stinse i pugni, sopra la scrivania.
Reedus aveva il cuore a
mille.
“Phil è solo, sua madre
l’ha abbandonato per colpa di Morgan, dei suoi casini, ma ho saputo da Philip
stesso, che JD agì per procurarsi il denaro per farlo curare”
“Un padre deve fare il
possibile per garantire il benessere ai suoi figli, su questo posso capirlo, ma
non giustificarlo: a proposito, che fine ha fatto JD Morgan?”
“Era evaso, ha lasciato
la città, con il denaro di Paul: non so dove sia finito e non mi importa, a me
importa di Philip, ok?”
“Perfetto, ma io cosa
centro in tutta questa storia?”
Norman sorrise di
sbieco – “Tu puoi tutto, vero? Io oggi ti chiedo un gesto di solidarietà, perché
Phil potrebbe morire, a causa della sua malformazione cardiaca”
“E’ quindi peggiorato?”
“Sì e non vive, lui
rinuncia, rinuncia a tutto, per evitare le crisi respiratorie, capisci?”
“Certo …” – e si alzò dalla
poltrona – “Lo aiuterò: il professor Mikkelsen effettuerà l’intervento, io lo
persuaderò a farlo, senza alcun addebito, così Phil non mi dovrà nulla, ma mai
avrei preteso qualcosa, d’accordo?”
“Ti ringrazio Glam …” –
e gli tese la mano, sollevandosi a propria volta.
Geffen la strinse
deciso, quasi a convalidare definitivamente, l’impegno appena preso – “Venite
da Mads nel tardo pomeriggio: Denny organizzi tu, la cosa?”
“Va bene, lo faccio
subito, arrivederci tenente”
“Arrivederci …”