One shot - E non
arriverai al mare
Pov
Jared Leto
Los
Angeles on avril, 2018
La
pelle del volante è liscia, ben cucita, ne seguo i bordi, così le insenature
regolari, come dune, dove le mie dita solcano le curvature, il fondo, risalendo
poi per le estremità arrotondate e perfette.
Fisso
la sequenza di entrambe le mani, dimentico di respirare.
Un
cigolio, poi un colpo secco e asciutto; ho i finestrini abbassati, fa caldo.
Alzo
lo sguardo e ti vedo.
Finalmente.
Sali.
Inspiri,
espiri, fissi davanti a te quel cancello, non dici niente.
“Claudine,
forse, si sarà arrabbiata” – esordisco, senza guardarti ancora.
“No,
figurati, era entusiasta invece”
Sorridi
piano, gli occhi bassi, ora.
“Dove
ti porto, allora?”
“Grazie
per essere venuto, Jay”
Mi
osservi, tirando su dal naso; armeggi con una sacca, è sempre la stessa, ci
tieni di tutto, quando viaggi, quando ti sposti in aereo, perché hai ancora
paura di volare.
In
ogni senso.
“Di
nulla, Colin”
“Avevi
di sicuro da fare, con la band, i set” – divaghi, tremando nella voce,
riguardandoti in giro, come a cercare una via d’uscita.
Credevo
fossi contento di vedermi, sono passati mesi.
Anzi,
anni.
Due,
circa.
Come
è possibile?
“Sei
felice?” – ti chiedo, scrutandoti adesso, perché voglio vedere ogni centimetro
del tuo volto contrarsi o distendersi, a seconda di cosa mi racconterai.
Di
nuovo bugie?
Forse.
Ridacchi.
“Oh
cazzo Jay”
“Potresti
chiamarmi Jared?”
“Che
stronzata”
Siamo
duri allo stesso, identico, modo, nello scambio delle ultime due battute eppure
nessun regista ci darà lo stop.
Siamo
abituati a massacrarci.
A
non volerci bene affatto.
“Se
lo fossi stato, sarei qui?” – una contro domanda esaustiva.
La
mia, in compenso, era davvero idiota.
Ti
conosco così bene, Colin James Farrell, da potere persino prevedere cosa farai
tra un secondo.
Cercherai
una sigaretta, nel giubbotto stinto.
Senza
trovarla.
Accade.
Te
ne offro una io, estraendola dal vano porta oggetti del mio nuovo Suv bi-power.
Sfioro
il tuo corpo e ti contrai un minimo, poi sorridi di nuovo.
“Grazie
Jay o Jared o come diavolo vuoi”
“Non
c’è motivo di incazzarti e non con me” – replico fermo nella mia stupida
convinzione, che, almeno questo giro, non ricadrò in vecchi errori.
E
tu qui, in questa clinica, ci sei corso per fare altrettanto.
Motivo?
Stress
da lavoro.
Claudine
ha raccontato la stessa balla a me, peccato non fossi un giornalista qualunque.
“Scendi
se proprio non puoi farne a meno, di fumare intendo, fallo nel parcheggio”
“Credevo
andassimo via subito” – e la nascondi in una tasca, del tuo bagaglio.
“Sì,
ma dove, Cole?”
Ti
ho portato a casa mia.
Ogni
minuto che passa, credo sia stata, questa sì, una vera stronzata.
Mi
accomodo in una poltrona qualsiasi, tu studi ogni dettaglio, di quell’ambiente
sconosciuto.
“Ma
allora è vero … Un ex base militare … Bella la piscina” – pensi ad alta voce,
mentre il riverbero dell’acqua, oltre la vetrata, sembra animarsi nelle tue
iridi scure.
Anch’io
ti sto analizzando, anche se ti conosco come nessuno al mondo.
Un
mondo, dove un posto, per te e per me, Colin, non esisterà mai.
Le
rammento bene, le tue motivazioni, la rabbia, durante l’ennesimo litigio.
Quindi
l’ennesima tua … Decisione?
Tu, che non hai mai deciso davvero nulla.
Ti
avvicini, inginocchiandoti.
In
un flash back ti rivedo così, a supplicarmi, di tirare fuori l’ultima bottiglia
di liquore, perché sei troppo fatto per uscire a comprarne una nuova.
L’avevo
nascosta, senza svuotarla.
Poi
la tirai fuori, la vuotai, come tu stavi facendo con la mia vita, sempre messa,
da me al secondo posto, rispetto alla tua, incasinata più che mai.
Eri
così giovane e così stupido.
Mai
quanto il sottoscritto, avrebbe detto Shannon.
Se sapesse
che sono qui, con te, mi ucciderebbe.
“E
tu lo sei, Jared?” – chiedi improvviso, riportandomi in questa stanza.
Ti
tormenti gli anulari, forse ci portavi un nuovo anello, forse no.
“Cosa?”
“Felice”
Sbuffo,
cercando un’altra prospettiva, rispetto alla tua bocca, che muoio dalla voglia
di baciare.
“Ogni
tanto Cole, ogni tanto” – e provo ad alzarmi, però tu mi fai desistere.
“Rimani
qui, ancora un minuto, perché ben presto mi butterai fuori, questo lo so e lo
sai anche tu, Jay”
“Che
importa?”
“A
me importa”
“E
cosa cambierebbe, restare fermo o”
Il
bacio arriva, per farmi stare zitto.
Per farmi felice.
Le
nostre dita si intrecciano e tu calchi i palmi, sui miei, scivolando per il
sudore, ma senza abbandonare la presa.
Non
fa male, come il tuo corpo dentro al mio, dopo troppo tempo.
Mai
più avuto nessuno.
Che
mi facesse soffrire come tu hai fatto.
Che
mi amasse, come tu hai saputo amarmi.
Sei
ovunque e da nessuna parte.
Questo
lo so.
E
lo sai anche tu, Cole.
Ti
svuoti, come quella bottiglia.
E non
arriverai al mare, dopo un percorso lunghissimo, come quel whisky.
Continuerai
a ribollirmi, a quella profondità, dove non c’è più spazio per qualcuno, che
potrebbe cancellare il ricordo di te.
Come se lo volessi …
Ti
rivesti, con lentezza, soltanto i jeans, poi frughi nelle tasche.
“Ho
… Ho bisogno di un po’ d’acqua Jay”
E
sembri sfinito.
Persino
confuso.
“Cosa
sono?” – lo chiedo, incollandomi alle
tue spalle.
“E’
… E’ la terapia” – e provi a nascondere un paio di pasticche violacee.
“Ma
cosa cazzo ti hanno fatto?” – mi altero.
Prendi
fiato e continui a sudare, anche se non stiamo facendo l’amore, come un attimo
prima.
“Mi
… Mi hanno fatto parlare, ci hanno provato almeno, però non gli raccontavo granché
… E poi dormire, mi hanno fatto dormire tanto” – e ti pieghi verso il mio
cuore.
Ti
abbraccio.
Ti
stringo così forte, che potrei anche mandarti in pezzi, come se già non lo
fossi a sufficienza.
Piangi.
E’
la reazione migliore, in certi momenti.
Dicono.
Le
apro senza fare rumore.
Kelly
esita sulla porta, mi sorride appena, è accaldata e in ansia.
“Dai
entra” – provo a essere gentile, del resto lei non mi ha portato via nessuno,
tanto meno Colin.
“Grazie”
– è timida, non come nel suo lavoro; la conosco da tempo, il suo numero era
rimasto nella mia rubrica, per dei vecchi concerti fatti con Bono e gli U2, per
la quale fa l’assistente personale di The Edge.
Quando
scoprii che era lei, “la vita normale, di
cui ho bisogno Jay!”, non ci rimasi neppure male.
La
morte era arrivata ben prima.
Le
umiliazioni, grazie a Colin Farrell, erano state ben altre.
“E’ di sopra, sta riposando” – e vado oltre la soglia, verso l’esterno.
“Ma
tu non rimani, Jared?” – domanda smarrita.
“No,
io devo andare”
“Ok
…”
“Abbi
cura di te, addio Kelly”
Ho
le gambe come macigni eppure riesco ad arrivare all’auto, ci salgo, riprendo il
volante, stritolandone le insenature, appannando il pellame, di sudore e di
lacrime.
Sono
un tale idiota.
“Idiota, come un qualsiasi innamorato.” –
sentenzierebbe mio fratello.
Shan.
Qualcuno
da amare mi è rimasto.
Qualcuno,
che saprà ascoltare, al quale potrò, per l’ennesima volta, raccontare.
The
End
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