Capitolo n. 83 – nakama
Le parole di Norman,
gli stavano rimbombando nella testa, come colpi di pistola.
Come quelli, di cui
aveva sentito parlare al telegiornale, prima di uscire, per recarsi al
distretto, alla ricerca dell’ormai ex convivente.
Reedus, lo aveva
portato in un angolo, di quegli uffici affollati, dove tutti lo avevano
riconosciuto e salutato.
“Ho
incontrato JD Morgan … Lo conoscevo, lo avevo arrestato anni fa … Mi ha detto
tutto, ma la cosa peggiore è che mi ha aggredito e io … io …”
Le rivelazioni
successive, furono quanto di peggio Rovia potesse immaginare.
Paul era stato
scoperto, nel suo “adulterio”, ai danni di Norman, però questi, così quanto JD,
lo aveva tradito biecamente.
Era assurdo: il figlio
del giudice Nelson, non voleva credergli, ma Reedus non gli avrebbe mai
mentito, su di una cosa del genere.
L’ex tenente si addossò
ogni colpa.
Rovia era stato usato
da Morgan, ma gettato via da entrambi.
Una
follia.
Ora Paul camminava
lento, sotto il temporale, senza una meta precisa.
Le mani in tasca,
fradicio sino alle ossa esili, il cappuccio della felpa alzato, su quelle
chiome lunghe e gocciolanti.
Finché non arrivò ad un
parcheggio.
Pieno di lampioni
accesi e macchine, in continuo movimento.
Aveva freddo.
Aveva solo voglia di
farsi e di morire.
Subito.
Quando Reedus rispose a
quell’ID sconosciuto, avrebbe dovuto riattaccare, usando il buon senso, ma non
ci riuscì.
La voce roca e calda di
JD lo trafisse.
“Dove sei?”
“Da nessuna parte” –
replicò spento.
“Scusa se ti ho rubato
il numero, mentre facevi la doccia Norman …”
Silenzio.
E pioggia.
E lacrime.
“Mi chiedi scusa per
delle stronzate, mentre hai rovinato la mia vita!” – ruggì, appoggiato a quella
balaustra, a strapiombo sul mare.
JD prese un respiro e
diede un’altra boccata, alla sigaretta consumata a metà, seduto sulla moquette
di una nuova camera, in un motel più decentrato del precedente.
“Torna da me” – disse pacato,
ma aveva il cuore in fiamme; eppure, JD, non voleva fare scenate o litigare.
“Tu … Tu sei pazzo” –
singhiozzò Norman, crollando sull’asfalto.
“Ti mando l’indirizzo,
ok? Poi … Poi fai come vuoi, ciao” – e riattaccò, senza più fiato.
Mads scrutò
l’espressione infantile di Will, mentre questi, in auto con lui, al Mac Drive,
stava assaporando il secondo hamburger vegano, con i baffi di maionese al riso,
che lo rendevano oltre modo tenero, alla sua vista.
“Io avrei preferito
portarti al Villa’s” – esordì affettuoso il chirurgo.
Graham fece spallucce –
“Meglio qui … Ti piace?”
“Cosa? Questo mix di
pollo, ribes e rucola?” – Mikkelsen aveva preferito un’insalata.
“Sempre ammesso che lo
sia … Pollo, intendo!” – Will rise sonoro, imprigionando la cannuccia della sua
cola, tra le labbra adorabili, pensò Mads.
“Prima hai messo a
posto quel White, sei stato … brillante” – anche il più anziano rise di gusto.
“Veramente avrei dovuto
farmi i fatti miei … Vero?”
“Comunque Jesse è il
classico ragazzo, che smuove l’animo compassionevole, insito in ognuno di noi”
“Ergo ti piace, Mads?”
– lo provocò, con innocenza.
“Volevo porti lo stesso
quesito sai? E sono davvero geloso, Will, sappilo” – gli soffiò nel collo,
posandovi un bacio rovente.
Graham deglutì a vuoto
– “Andiamo a casa?” – sussurrò, rapito da mille sensazioni.
Mikkelsen riavviò la
sua Bentley, riguadagnando il boulevard.
Senza
fretta.
Robert non gli avrebbe
mai mentito.
Geffen lo sapeva.
“Ci ho fatto sesso … E’
accaduto o almeno credo … Non so più niente Glam” – confessò avvilito.
“Ora dovresti riposare,
poi parleremo, se vuoi”
“No, dobbiamo farlo
ora, prima che torni Jude! A proposito, è con Hopper, vero?”
“Certo: mi hanno appena
avvisato che non ci sono accuse formali. E’ una faccenda complessa Rob”
“Ok … Ti ho detto la
verità, su Jesse, mentre per White non so niente … Ricordo che Jesse mi disse
di dipendere da lui per la droga, gli serviva a studiare, a rendere meglio,
capisci?”
Downey continuava a
ripetere il nome di quel ragazzino cresciuto troppo in fretta, infastidendo non
poco l’ex coniuge, che lo seguiva attento, da almeno quindici minuti.
“Robert ascoltami: da
quanto mi ha riferito Marc, è proprio il contrario; White e Pinkman sono due
fabbricanti di metanfetamine o almeno lo erano ad Albuquerque, dove ne sono
successe di tutti i colori … L’FBI ha dato loro l’immunità totale, in cambio di
alcuni pesci grossi; il resto, forse, te lo sei immaginato tesoro, in
un’allucinazione collettiva, temo …”
“Che intendi dire?”
“Intendo dire, che
anche Jude ed il sottoscritto ne sono stati coinvolti”
“Ma tu non rammenti nulla,
giusto? Al contrario di me e poi, ti ripeto, Lula mi ha detto che è stato Pepe
a salvarmi”
“Sì e non smetterò mai di
ringraziarlo” – Glam sorrise, rassicurante.
“Ho … Ho visto soldino
da adulto, sai? Quando gli ho chiesto spiegazioni”
“E’ un buon segno,
vuole dire che vivrai, Rob … A me era capitato quando avevo il cancro, ecco”
“Siamo stati fortunati
… Ad avere dei figli tanto speciali, vero Glam?”
“Certo … Ora prova a
dormire, io mi occuperò di tutto, non pensarci più”
“Impossibile … Comunque,
se non è chiederti troppo, vorrei che avessi un occhio di riguardo anche per
Jesse: non è una cattiva persona”
Geffen annuì, anche se
avrebbe preferito rifiutarsi, ma con Downey non ce l’avrebbe mai fatta.
“Ti serve qualcosa
Walt? Hai fame?”
Pinkman glielo chiese
con apprensione, mordendosi le unghie, lo sguardo sfuggente e nervoso.
White conosceva bene
quei sintomi o meglio avvisaglie.
“Anche volendo non
potrei toccare cibo … Tu hai mangiato, in compenso?” – e gli sorrise,
invitandolo con gli occhi lucidi a tornargli vicino.
“No, come avrei
potuto?” – e si rifugiò nuovamente sul suo cuore.
“Hai
paura piccolo?”
Ne avevano
passate tante, ma raramente White si dimostrò, in passato così premuroso.
“Hanno sconvolto
il nostro mondo, questi stronzi” – disse piano, sospirando inerme.
“Hai preso un
po’ di soldi?” – bissò ancora più impercettibile il più anziano.
Pinkman lo fissò
– “No, devo andarci?”
“La chiave ce
l’hai, del resto ero tranquillo, almeno per questo” – e sorrise.
“Centomila bastano?”
“Per spostarci e
per un nuovo rifugio, direi di sì Jesse, ma non più a Los Angeles, mi dispiace”
“A me no, sai?
Odio questa città …” – e gli tornò in mente il viso di Paul, anche se per
Pinkman, era ancora un volto senza storia.
“Papi lo trovo
un po’ ridicolo”
Lula lo disse,
procedendo al centro di Vas, Peter, Ivan e un quarto bodyguard, appena assunto
da Meliti.
“E questo no?” –
ribatté Glam sornione, aiutandosi con un deambulatore metallico, con tanto di
flebo annessa ed attaccata al suo braccio.
Risero.
Erano giunti a
destinazione.
La camera di
Walter.
Soldino bussò,
facendo poi un cenno a Pinkman, che li aveva autorizzati ad entrare, con uno
strano presentimento.
“Ciao Jesse, ti
ricordi di me, sono il moccioso!” – lo salutò Lula, divertito.
Le guardie di
Geffen gli fecero largo e, appena entrato, l’avvocato si tolse l’ago e gettò da
parte quel girello, che non gli serviva a nulla.
“Adesso noi
chiariremo un paio di cose, ok Mr. White?”
“Walt deve
recuperare le forze, è stato appena operato, chi vi credete di essere?” – lo
aggredì immediato lo studente.
Glam sorrise –
“Robert ti ha descritto come un pulcino, ma io so chi sei, anzi, so ogni cosa
di entrambi, ok?” – replicò duro.
White tossì,
alzando lo schienale – “Io non voglio che lei parli con Jesse, non deve neppure
guardarlo: so di cosa è capace, per difendere chi ama, Geffen, ma le consiglio
di non mettermi alla prova, su un fronte simile, ok?” – ringhiò severo l’ex
docente.
Soldino si era
accomodato sul davanzale, ma ne scese, dando poi una carezza al braccio
sinistro di Pinkman – “Tu meriti tanto amore, sai?” – disse sereno il bambino –
“Sicuro di averne avuto abbastanza, da lui?”
Jesse si morse
le labbra, guardò Walter, poi di nuovo Lula.
“No … No, c’è
stato un tempo, in cui l’uomo che amo, mi ha usato e oppresso, svalutato e
persino manipolato … Io, però, non ho mai smesso di amarlo e credere in Walt:
per quanto incredibile, non penso di essere stato il solo, a vivere
un’esperienza così” – e guardò Glam, senza più astio.
Il legale si
ossigenò, poi si sfilò la casacca sterile, strappandosi la benda, macchiata del
suo sangue, ormai rappresosi da ore.
L’attenzione di
White e Pinkman si concentrò su quel semplice segno, minuscolo, innocuo.
Completamente
guarito.
“Questo vi basti
a riflettere, su chi avete fatto arrabbiare: vieni amore, andiamocene.”
“Ma papà … Ok” –
e con una corsetta, soldino uscì, riavvolto da quel quartetto di giganti buoni.
Geffen aveva
ormai dato le spalle a Jesse, che avanzò di un paio di passi, verso di lui, per
poi fermarsi, ad un’occhiata storta, ma esaustiva di White.
“Quello che
dicono è dunque vero?” – Pinkman non riuscì a tacere.
Glam tornò a
puntarlo – “Vero?” – ed assottigliò le palpebre, sui turchesi vividi – “E’
unicamente una minima parte, te lo assicuro” – e se ne andò.
La figura di
Norman, sembrò frammentarsi e ricomporsi, nell’ondeggiare di un tendaggio,
fatto di sfere in plastica, alla vista di JD, alzatosi dal letto, per andarsi a
prendere qualcosa in frigo.
“C’è del gelato,
ne vuoi?” – chiese Morgan, recuperando un barattolo dal congelatore.
Reedus non
rispose, steso supino, nudo, le braccia lungo il corpo ancora vibrante e
bagnato.
Eppure lo stava
osservando, nel suo incedere e poi ritornare, su quelle lenzuola disfatte, con
dei boxer aderenti, indossati quasi con pudore dal galeotto.
JD si allungò,
girato sul fianco destro, il gomito piegato ad appoggio, per il suo busto
massiccio e villoso – “Non ti va?” – insistette, contemplando l’avvenenza
sensuale di Norman.
Era bellissimo.
Morgan ne
assaggiò una prima cucchiaiata, ma poi ne fece colare alcune gocce sul petto
del suo incredibile amante, che rabbrividì.
Di piacere puro.
Almeno quanto
JD, che non esitò a leccare e succhiare, i capezzoli ambrati e turgidi di
Norman, rapito da mille sensazioni e stimoli, a lasciarsi andare, senza più
limiti.
Come quella situazione.
Tra loro, che,
all’apparenza, non avevano niente in comune.
Eppure Reedus, si
sentì al sicuro, anche quando JD lo sovrastò e penetrò per un secondo amplesso.
“Non riesco a
smettere” – ansimò, avvolgendolo, per colpirlo più virilmente, aderendo a lui,
come se la sua vita dipendesse da ciò.
E JD non ci
avrebbe più rinunciato.
Mai più.