Le
vite sbagliate – Parte II
Pov Norman Reedus
NYC . in may 2019
Robert è già arrivato.
Ho le chiavi, ma questa è casa
sua, una delle tante.
Un loft, vista su Central Park, uno
spettacolo.
E lo sarebbe anche lui, se non avesse
quello sguardo perso nel vuoto, seduto sul parquet, davanti a delle vetrate enormi
e pulite maniacalmente, come tutto il resto.
Ci sono dei divani, disposti a
ferro di cavallo; su quello centrale, la sua giacca, gli occhiali da sole, un giornale
spiegazzato sulla pagina del gossip.
Su questa, spicca la foto di un
tizio, intento a salutare i paparazzi, tenendo per mano una bionda, che stringe
con quella libera, un mazzolino di fiori di campo.
E’ una sposa, una donna, che,
secondo il cronista, è riuscita dove molte altre hanno fallito:
“… farsi sposare da Jude Law! Scapolo e donnaiolo impenitente, al suo
secondo matrimonio e …” – e bla, bla, bla.
Scruto per poco la sequenza di
pettegolezzi e poi mi concentro su Robert, che non si è mosso di un millimetro.
Sbuffo, liberandomi dal giubbotto
in pelle e dell’orologio d’oro, comprato insieme a JD, che ne ha uno identico.
Il
nostro anello di nozze?
Tossisco, imbarazzato, le mani
nei jeans logori, come i miei stivaletti da biker.
Ci sono venuto in moto, abitando
fuori città, in campagna, vicino al ranch di JD.
I suoi occhi, nei miei, anche
adesso, dopo avere fatto l’amore stamattina, prima che ci salutassimo.
Eravamo da me, Diane e la bimba
in visita dai parenti, per tutto il week end, mentre io, assente giustificato
per i suoceri, perché impegnato in interviste ed incontri di lavoro.
Anche questo con Downey Jr, ufficialmente,
dovrebbe esserlo; peccato non siano presenti la moglie, co produttrice e socia,
nonché altri nomi grossi dello showbiz di Hollywood, entusiasti di sottopormi
un nuovo fantomatico progetto Marvel.
Certo che sono bravo a raccontare
balle.
JD fa finta persino di credermi.
Lui pensa di dovermi sempre
qualcosa, di essere in debito, soprattutto da quando mi sono trasferito a pochi
metri dalla sua nuova famiglia.
Siamo persino diventati di nuovo
padri e di due splendide bimbe.
Il destino ci accomuna in
coincidenze spiazzanti.
Gioia immensa e profonda
amarezza, perché entrambi avevamo altri sogni.
Inutile negarlo.
E prenderci in giro.
Certo che JD mai immaginerebbe
che io lo tradisca con un altro.
Ne morirebbe.
Così io.
Lui, in compenso, ha un’idea di
famiglia allargata, dove io sono parte integrante e per tutti va bene così.
Posso cercarlo a qualsiasi ora, come
farebbe un figlio in realtà, non do mai fastidio, anzi, sono lo zio preferito,
l’amico del cuore, il fratello mancato, il collega di set, ho persino la mia
stanza, da dividere con i miei, ovvio, nella residenza padronale di Jeffrey Dean
Morgan ed Hilarie Burton.
I suoi pargoli sono anche i
miei, i miei diventano i suoi, insomma cosa c’è di sbagliato?
Un olio su tela di pregio, faticosamente
conquistato, che, visto da lontano, si direbbe un capolavoro, ma poi,
avvicinandosi, chiunque sano di mente, vi noterebbe delle imprecisioni, delle
sbavature.
JD la razionalità l’ha plasmata,
senza cattiveria, alle sue esigenze.
Ha bisogno di tutti.
Della compagna, dei cuccioli, a
quattro zampe o meno, ha persino bisogno di me.
Stringo i pugni, assottiglio le
palpebre, la luce sta aumentando, è quasi l’una, ma, come una magia, i cristalli
iniziano ad oscurarsi, in un tono ambrato.
Robert si alza, mi guarda, mette
le mani in tasca anche lui.
“Ciao Norman”
“Ciao”
“Hai già mangiato?”
“No”
Si avvicina.
Mi fissa.
“Potevi almeno farti una doccia”
– sorride triste – “… il tuo JD usa un dopobarba molto buono, però si sente ad
un chilometro”
Come l’odore del sesso, vero?,
però Rob non lo dice, lo pensa, ma non lo dice, è troppo educato.
“Scusa” – mi manca l’aria – “è
che sono partito subito per arrivare prima possibile”
Quel dannato inchiostro, che
Robert ha negli occhi, si inumidisce, anche di un minimo stupore.
Mi abbraccia.
Forte.
“Scusami tu, sono uno stronzo”.
Lo avvolgo – “Non dire scemenze”
– e gli sorrido nel collo.
Anche lui sa di buono.
Robert Downey Jr è un uomo
bellissimo.
Mi bacia, con una foga, che solo
i disperati in amore possiedono.
E’ come un marchio, che ci si
porta dietro, dopo l’ennesima delusione.
Ne ha tutto il diritto.
Può fare ciò che vuole.
Può
farmi ciò che vuole.
Dieci anni buttati via con quel
dandy alcolizzato ed inseminatore a casaccio, varrebbero qualsiasi sfogo.
E poi penso ai social, dove Jude
Law non appare ufficialmente, ma, secondo me, un profilo ce l’ha e spia Robert,
che, ogni tanto, facendomi tenerezza e rabbia, lo cita, ne parla, lo ricorda,
gli fa persino gli auguri di compleanno.
Certo, ora potremmo sembrare
ragazzine in crisi ormonale, tra chat, post e faccine; anche con JD, non
conosciamo limiti, lo ammetto, con selfie e dediche mielose.
Ritorno nella stanza, perdendomi
nella bocca del mio amante.
Questo
siamo.
Si stacca, appoggia la fronte
alle mie labbra, che uso per dargli dei baci più leggeri, sino alle tempie
sudate.
“Norman ti … Ti dispiace se oggi
non”
“Figurati” – lo interrompo
deciso.
Detesto pensare ai nostri
incontri solo per farci una scopata e poi tornare in mondi, così distanti, dove
ci siamo condannati a vivere, senza mai deciderci a cambiare le cose.
Si allontana, ossigenandosi.
E’ accaldato, nonostante l’aria
climatizzata e gradevole.
“Non stai bene Rob?” – chiedo apprensivo
e riguadagno terreno.
Voglio tenerlo stretto,
consolarlo.
Lo facciamo da troppo tempo.
“Ho bevuto una tonica
ghiacciata, sta facendo effetto, tutto qui” – ride tirato, cercandosi poi un
pullover, in una cassapanca, piena zeppa di riviste e plaid verdi, arancio e rosa,
uno dei colori preferiti da Robert.
“Vuoi anche una boule dell’acqua
calda?” – scherzo, per riportare il livello del nostro appuntamento, su livelli
più giocosi, anche se non sarebbe il caso.
Viste
le circostanze.
Poi rifletto.
“In fondo che ti frega, se quel
coglione si è sposato, eh?”
Mi mordo la lingua un secondo
dopo, per come mi punta Rob.
“Mi frega che avrei voluto farlo
io” – risponde calmo, sedendosi, dopo avere spostato giacca, occhiali da sole e
gettato nella cassapanca quel tabloid spazzatura.
“Ti capisco” – mi siedo anch’io,
appiccicandomi a lui.
Si allunga, la testa sulle mie
gambe.
Si lascia coccolare.
Gli massaggio l’addome e poi ci
inabissiamo sotto una di quelle coperte multicolore.
Siamo nudi dopo pochi secondi – “Se
no ci moriamo qui sotto Rob, cazzo” – e lo abbraccio più convinto.
Ride divertito.
Nei miei modi sono rozzo, lo so,
me lo ripete di continuo ed a lui piaccio così.
Ci baciamo.
Ora è più tranquillo, la
reazione alla bibita è passata.
Sono eccitato, da morire, però resisto.
Forse potrei azzardare qualche
carezza, ma sono dannatamente timido, trattandosi di Robert.
In fondo decide sempre lui ed io
mi lascio trasportare dove vuole.
Scende, con quella sua bocca,
capace di farmi urlare le peggio cose, perché in questo non mi vergogno
affatto.
Il contatto è umido, poi
bollente, mi sale sino allo stomaco, la sensazione magnifica e vigorosa, che Robert
sa regalarmi.
Ogni fottuta volta.
“Ma
perché non stiamo insieme?!”
Penso o almeno ci provo, mentre
le dita dei miei piedi si arricciano come se avessi preso una scossa ad alto
voltaggio.
Vengo senza ritegno, direbbe Rob.
Se solo riuscisse a parlare,
adesso.
Rido, risucchiandomi guance e
labbra, cercando poi aria, provando a spostarlo, ma lui, questo viaggio, lo vuole
fare sino in fondo.
Torna da me, ai miei occhi, dove
restano ancora impressi quelli di JD, senza che Rob possa vederli.
Ho fatto l’amore con tutti e
due, oggi.
Robert sta per farmelo, dopo
avermi girato a pancia in giù.
Mi prepara, lubrificandosi,
mordendo la mia nuca, come un animale, che non può più aspettare.
Anch’io mordo qualcosa, credo un
cuscino, la mia vista si è appannata dopo le prime spinte e poi non so come, l’ambiente
è più in ombra adesso: diavolerie domotiche, suppongo.
Intreccia le nostre dita madide,
è sconvolgente come sa amarmi.
Peccato che lui sia venuto al
mondo, per rendere felici le persone sbagliate.
Quanto le nostre vite, come Rob
dice spesso.
Ha ragione.
Arriviamo all’apice insieme ed
insieme crolliamo su noi stessi, appena l’orgasmo si esaurisce.
Mi volto lento, stringo Rob, lui
inizia a singhiozzare.
“Maledetto
inglese” – penso livido, vedendo come Law lo ha ridotto.
Robert si è sempre addossato varie
colpe e responsabilità, per una relazione discontinua, fatta di alti e bassi,
litigi epici, riappacificazioni con scenari da soap opera, i suoi racconti
tornano vividi nella mia mente, come se fosse necessario un riassunto delle
puntate precedenti, per comprendere a fondo l’epilogo di un fallimento annunciato.
“Calmati … Avanti, calmati adesso”
– e la mia voce è così flebile, perché ho paura di fargli male, anche con le
parole.
“Se almeno fosse felice” –
sussurra appena, senza guardarmi.
Resta incollato al mio sterno,
nel mezzo di me, che vorrei baciarlo e dirgli quanto lo amo.
Eppure non ci sono mai riuscito.
Nessuno di noi, ci ha mai
davvero provato a dirlo, ecco.
Jude lo sembra, felice intendo,
dagli scatti di molti curiosi, non solo di chi lo fa per mestiere, di
appostarsi, spiarti, Diane non li regge e si incazza sui social, chiedendosi,
nel privato, come mai JD non preservi la privacy della sua bimba, anziché
pubblicare foto e video di lei e del fratellino.
A me è vietato.
Una sera, durante una cena della
nostra “grande famiglia”, JD aveva ripreso il tavolo dei piccoli e voleva mettere
online il tutto, ma Diane gli ha fatto una scenata.
E’ stata la prima ed unica
volta.
JD, bonario e senza alzare i toni,
al contrario di lei, ha subito cancellato la clip, mentre io sprofondavo, senza
sapere se prendere la parte di una o dell’altro.
Mi sono eclissato e poi, in
momenti diversi, mi sono pure sorbito i rispettivi rimproveri.
Che situazione del cazzo …
Penso e non parlo, credo sia
meglio così per Robert, che si è quasi addormentato.
E’ sfinito, merita di stare
tranquillo.
Anch’io quasi mi assopisco,
quando il campanello mi fa sobbalzare.
Rob scivola di lato,
rannicchiandosi, senza svegliarsi.
Mi alzo, cercando di non disturbarlo
e mi precipito alla blindata.
Dallo spioncino vedo bene chi sta
dall’altra parte.
Ho indossato i boxer al volo e penso
sia un mio problema, quello arrivato oltre quella barriera: tocca a me
affrontarlo, prima che risuoni, importunando Robert.
Saprò gestire la cosa, me ne
convinco aprendo, senza sapere invece, che sto per creare problemi ad entrambi.
“Ciao JD. Come mi hai trovato?”
Lui ha la faccia di chi non poteva
crederci, che io fossi davvero lì.
Lui non poteva credere, a chi ce
lo aveva portato e se ne stava appoggiato al muro, le braccia incrociate sul
petto, “… in un outfit modaiolo ed
elegante”, scriverebbe uno di quei giornali da quattro soldi.
Jude
Law, il rubacuori.
Ovvio che conosca questo posto.
“Ciao Norman. Possiamo entrare?”
Me lo chiede gentile, ma scioccato.
JD è sempre stato per il
dialogo, mai una sfuriata: è come se avesse raggiunto che so, un livello zen,
un qualcosa, negli anni, che lo porta a ringraziare Dio ogni mattina, per avere
un oceano di amore intorno, di affetti concreti, una bella carriera e tanti
soldi in banca.
Un mondo perfetto.
E se mai c’è stata una
discussione, tra noi, lui ha sempre riportato ogni frase sui binari della
serenità, perché siamo dei privilegiati, per tante e troppe ragioni, quindi perché
rovinare tutto?
“Certo che potete”
E’ Robert a dirlo, appena
arrivato alle mie spalle e molto più vestito del sottoscritto.
E sa che c’è anche Jude, lo
percepisce, senza neppure averlo ancora visto.
Law non mi guarda volutamente, passando
oltre, quasi strattonando JD, che chiude la porta.
“Ciao Robert, perché non
rispondi ai miei messaggi?” – domanda brusco.
Rob resta zitto e così Jude mi
guarda, ora.
“Forse avevi di meglio da fare,
giusto?” – e si infervora un minimo.
JD fa un passo, mi si pone
davanti.
Mi difende, anche adesso, è come
un istinto.
“Guarda che non voglio
azzuffarmi con lui” – precisa – “Con nessuno” – e torna a fissare Robert.
“Non sarebbe la prima volta” –
polemizzo, memore di una confidenza di quest’ultimo.
“Non sono affari tuoi” – sbotta
piccato, il biondo venuto da Londra.
E la sposina dove l’avrà
lasciata?
In qualche pub, dove anche lui
tornerà ad ubriacarsi presto?
Vorrei dirglielo, ma non è proprio
il caso.
JD mi sta come analizzando, con
quelle iridi innamorate e sconvolte, capaci di farmi morire e rinascere.
Ogni
volta.
“Norman possiamo parlare da
soli?”
Sembra una supplica: JD Morgan,
la roccia, ha perso ogni punto di riferimento ed io mi spaccherei la faccia da
solo, per averlo ridotto così; non sono migliore di Jude in effetti.
“Sì, vieni” – e lo prendo per
mano, come Jude la sua fortunata consorte.
È uno schema in parallelo,
creatosi tra vittime e carnefici.
E non sono più riuscito a guardare
Robert, in compenso.
Ci isoliamo in una stanza, che
non è nulla di preciso.
Come JD e me.
Cuscini sulla moquette tinta
pastello, un tavolino basso, un paio di quadri con la foto di tante caramelle
ed infine lampadine giganti, penzolanti dal soffitto, a lunghezze diverse.
Se ci aggiungessimo un paio di peluche,
potrebbe essere una nursery.
Forse lì ci volevano vivere Jude
e Rob, con dei bimbi, quindi?
Il loro covo è in Inghilterra,
da quanto ne so, ma anche qui, nella più moderna e tollerante grande mela, ci
avrebbero vissuto volentieri, immagino, dopo un clamoroso coming out.
Sogni.
Illusioni.
Detesto mentire.
“Ci frequentiamo da mesi, con Rob
e non è solo sesso, io ci tengo a lui, ma il romanticismo non fa parte di noi” –
esordisco e non so se si tratta di una buona idea.
Arrivo persino ad immaginare,
che se avessi detto “Dopo la riunione,
abbiamo mangiato qualcosa qui da Robert e poi mi sono fatto una doccia, mentre
lui schiacciava un pisolino, sai?”
E JD mi avrebbe creduto.
Come sempre.
“Di voi?”
Annuisco, mentre JD mi avvolge
in un plaid, arrotolato tra i cuscini, che neppure avevo notato.
“Ok Norman … Ok. Forse me lo
merito”
“Non dirlo neanche per scherzo!”
“Infatti non sto scherzando,
amore” – e mi sorride, le lacrime pronte a bagnargli le gote vermiglie per la
tensione.
“Sono stato un bastardo, solo
questo”
JD mi accarezza le spalle,
sistema meglio il bozzolo di lana violacea, poi mi abbraccia.
Caldissimo e perduto, in chissà
quali dubbi, senza soluzione apparente.
“Non voglio perderti Norman: ora
dimmi cosa posso fare per fartelo dimenticare, per farti tornare a casa”
“La nostra casa?” - domando irritato.
Non ne posso più e, dopo tante
menzogne, meglio essere sinceri, perché glielo devo, per mille ragioni.
JD lascia un minimo spazio, ma
non mi nega il suo abbraccio, non ancora.
“Certo Norman, abbiamo così
tanto di nostro”
“Eppure io non sono felice,
questo è il punto”
“E con Robert sei felice,
dunque?”
Adesso sono io a mettere della distanza
tra noi, andando al davanzale, anche se vorrei sparire.
“Con Rob io ci sto bene”
“Avete dei progetti?”
“Noi ne abbiamo, JD?”
“E’ questo che vuoi?”
“No, perché renderebbero troppe
persone infelici e tu lo sai, cazzo! E non se ne esce!”
C’era poco da dire, in fondo, se
non la verità.
“Allora perché hai preso casa
vicino a me, perché non mi hai lasciato prima, perché hai deciso di farmi così
male, posso saperlo?!” – il suo tono si ravviva, sono riuscito a ferirlo, dopo
tutto il bene che mi ha voluto.
Quali torti mi avrebbe dunque
fatto?
Lui, Jeffrey Dean Morgan, che mi
abbraccia in mezzo alla strada, davanti agli obiettivi, che dice al mondo
quanto mi ama ed adora, che ripete quanto non gli importi di cosa la gente
possa pensarne, di un legame come il nostro, che sono “famiglia”, per lui e chi
lo circonda, il suo clan, il suo mondo, dove io non posso e non devo mancare, indicandomi,
davanti ai nostri fans, che sono il suo ragazzo.
Ecco sì, peccato che questo sia
tutto un grande gioco, che il pubblico, nostro o meno, viva qualcosa che, ufficialmente,
non c’è, qualcosa che non esiste per davvero.
Un “bromance”, una “ship”?
Mi sono documentato, mio
malgrado; è stata Diane, a parlarmene, senza alcun astio, anzi; per poi
inserire, nei suoi social, foto di noi, con dediche romantiche.
Perché mi sono sentito
sballottato in mille direzioni?
Ne ho parlato con Robert e lui non
ha criticato nessuno dei due contendenti, seppure definendoli in quel modo, più
che esauriente.
JD guadagna terreno, con la sua
voce calda ed i palmi gelidi.
Li posa sui miei zigomi, trascinandomi
in un bacio, senza una fine apparente.
Invece una fine c’è sempre, là
fuori, da qualche parte.
“Ti chiedo perdono, Norman, per
averti deluso, mentre credevo di fare la cosa giusta”
L’ultima frase, prima di
andarsene, senza girarsi indietro.
Jude se ne è già andato da un
pezzo.
Robert è tornato a sedersi
davanti alle finestre.
Sembra sereno.
Mi riunisco a lui, è quasi un
rito, quando vogliamo parlare un po’.
Oggi non c’è niente da dire.
Abbiamo chiuso con i nostri
compagni segreti.
Che bugia …
Con gli uomini, che amiamo.
E non riusciremo a smettere.
Due
giorni dopo.
JD sta girando tra i recinti e
le stalle, con una carriola colma di biada.
C’è molto da fare e raramente
chiede aiuto a qualcuno, perché sono mansioni, dice, che lo fanno sentire utile
e normale.
La vita di attori, non la è
affatto.
Cammina più lento del solito,
sembra affaticato: si appoggia alla staccionata, toglie il berretto, uno dei miei,
per tamponarsi il sudore e riprendere fiato.
Accelero il passo, mi sembra ulteriormente
smagrito e, ogni tanto, leggo online, che qualcuno si chiede come mai abbia
perso tanto peso.
Afferro una bottiglietta d’acqua
da un secchiello e gliela porto svelto.
Lui mi guarda stranito, poi mi
abbraccia forte.
Sembra non crederci, una volta
tanto.
“Ciao piccolo” e mi culla.
“JD cosa cazzo combini?!” – e sono
in ansia, mi sento come soffocare.
Lui beve e poi ride – “Mi ero
perso, tra Paxton e Diane”
“Per un asino ed uno struzzo, muori
di sete?” – sbotto.
JD torna a fissarmi, poi mi
bacia.
Il mio cuore, si risintonizza
con il suo.
Qualcuno potrebbe vederci, penso,
ma è solo un attimo.
E poi non c’è nessuno.
“Ho parlato con Hilarie, di noi e
di Robert” – fa una pausa, ma è solo per darmi il tempo di dire qualche cosa,
ma io non reagisco – “Mi ha visto così devastato, non riuscivo a nascondere
nulla, non volevo più farlo a dire il vero”
“Ok … L’ha presa male?”
“No, però ha preferito andare
qualche giorno da sua sorella Natalie, te la ricordi? L’hai conosciuta a Natale”
“Come dimenticarla, una tale
logorroica” – borbotto, quasi sorridendo.
“Ti sarai sentito a disagio, in
mezzo a quella confusione, tra i miei suoceri, tre cognati e poi Natalie, tutti
i nipoti, vero Norman?”
Lo sto osservando, analizzo il
tono, che suona di pensieri a voce alta, non certo di retorica o, peggio, di biasimo.
“Mi sentivo come ti sentivi tu,
che avevi già programmato una nostra fuga in moto, per il ventisette” – la mia
replica è schietta.
A JD piaccio così.
“Temo esista una differenza,
Norman: io non volevo scappare da quella situazione, perché mi rendeva
appagato; semmai desideravo completare, anzi, sublimare il tutto, andandomene
con te qualche giorno, pensandolo come un nostro diritto” – puntualizza agrodolce.
“E’ di questo, che ti sei
scusato, a New York?”
“Di viaggiare a senso unico? Suppongo
di sì” – si rimette il berretto – “Grazie per la bibita, ne avevo davvero
bisogno” – e torna a ciò che stava facendo, prima del mio arrivo.
Resto da solo, tra i ragli di Paxton
ed il silenzio di quel paradiso.
Penso a Rob.
Al suo suicidio emotivo.
E’ volato a Londra, in visita
agli sposini, per vedere la loro nuova casa ed iniziare a studiare il copione
di Holmes numero tre.
“Jude
mi ha detto che non è cambiato niente, tra di noi. E non cambierà mai niente.”
Ed il suo tono, era di
rassegnazione.
Totale.
Diane sta arrivando, spingendo
il passeggino con la mia principessa, che sgambetta, reclamandomi; non ci siamo
ancora visti.
Pochi metri e dovrò decidere
cosa dirle.
Arriva un taxi, lei si ferma,
perché qualcuno la sta chiamando, dopo avere abbassato il finestrino.
Scende l’autista, per scaricare
i bagagli, quindi Hilarie, con la cucciola di JD, in un ovetto da viaggio,
portato dal loto primogenito, di nove anni.
Le madri dei nostri figli si abbracciano
e poi mi salutano a distanza.
Ci salutano.
JD è tornato vicino a me.
Ci siamo tutti, ora.
Mi attira a sé e mi bacia.
All’improvviso.
Come
un temporale, che ha fatto imbizzarrire il vento tra le piante, intossicato l’aria
di terra ed acqua, girato le foglie ad est, mescolato la luce del giorno al buio
delle nuvole, pronte a scaricarsi, ad esplodere …
E,
a vivere.
Tbc (…?)