Capitolo n. 71 – nakama
“Quale è il problema?
Quello vero, piccolo?”
Le dita di Reedus si
muovevano lievi, tra i capelli di Rovia, così quelle parole, pronunciate a
mezza voce, come se anche questa, potesse fargli male, in quel punto scoperto,
ma nascosto, ancora da curare.
L’ex poliziotto lo
teneva a sé, come faceva con le proprie bimbe, dopo un brutto sogno ed un
risveglio agitato.
Il cuore di Paul, era
in affanno, nello stesso, identico modo.
“Non voglio parlarne …
Non adesso”
I suoi occhi azzurri,
erano, a dire poco, supplichevoli.
Norman annuì, per non
forzarlo, perché era la costrizione, ad avere rovinato l’animo pulito di Paul,
tanti anni prima; ne era certo.
L’alba del giorno dopo,
avvolse Los Angeles di un tepore settembrino, carico di profumi e aspettative.
Soprattutto per Chris e
Tom, pronti a salire sull’altare improvvisato al centro della spiaggia di Palm
Springs, da una comitiva di amici veri, pronti a celebrare la loro unione,
senza più ostacoli e riserve.
Le iridi di Hiddleston
si illuminarono, appena colsero, a breve distanza, il medesimo splendore, in
quelle di Hemsworth, teso, quanto affascinante, sotto al gazebo, al cospetto
del pastore e dei testimoni, Jared e Colin.
La madre di Tommy,
accompagnò questi dal suo futuro sposo, orgogliosa di entrambi, almeno quanto
il padre del fisiatra.
Un momento toccante,
sottolineato da un applauso spontaneo e dall’allegria dei bimbi, prima su tutte
la loro Luna, splendida in un abito rosa e fiera di portare il cuscino e le
fedi, che avrebbero sancito un matrimonio, a lungo rimandato.
Geffen se ne stava in
disparte, conscio di come il suo sguardo emozionasse Hiddleston, senza alcune
malizia, peraltro.
Il loro rapporto si era
consolidato in un’amicizia sincera, come poche, in quel clan di adorabili
disgraziati.
Così li definì Hugh,
quasi commuovendosi, in ultima fila, appiccicato al suo Jim.
Mason inarcò il sopracciglio
destro, bisbigliandogli tenero – “Non ti riconosco più, doc”
“E’ che queste
situazioni mi commuovono” – e si soffiò sonoramente il naso, facendo sobbalzare
Pam e Antonio, tre fila avanti la loro.
Gli altri risero.
Era un giorno di gioia.
“Amore …” – Chris
esordì avvampando, il fiato spezzato, ma felice – “… mi hanno donato un cuore
nuovo, sai? Ho avuto una seconda possibilità, però tu me ne hai concesse molte
di più, lo dico per chi non lo sapesse … Per chi, seppure volendoti bene,
praticamente tutti” – e sorrise innamorato – “… per chi si fosse distratto un
attimo, dal tuo immenso valore di essere umano: hai sempre un sorriso, una
parola di conforto, non ti risparmi mai e, in questo ultimo periodo, hai
confermato il tuo altruismo, la tua abnegazione … Tu mi hai salvato, anche da
me stesso” – e divenne più serio, lucido – “… per questo ti sposerò, ogni
minuto della nostra vita insieme, te lo prometto” – e gli infilò la fede in oro
giallo, all’anulare sinistro, per poi baciarne la pelle profumata, con
intensità ed appartenenza.
Tom si schiarì la gola,
ma Lula, attento e scattante, gli porse un bicchiere d’acqua fresca, facendogli
un occhiolino simpatico.
“Grazie soldino …” –
sussurrò il terapista, poi si riprese, da quell’attimo di estreme emozione – “…
Chris, tu e io ne abbiamo passate tante, però siamo ancora qui, a volerci bene,
a tenerci per mano, in un cammino spesso complicato, dalla sorte, dal nostro
temperamento … Ciò nonostante, niente e nessuno, è riuscito nell’impresa di
separarci, anzi, è avvenuto l’esatto contrario” – e arrise alla reciproca
soddisfazione, mentre Hemsworth annuiva convinto – “… Sono onorato di sposarti,
sono fiero che tu sia il mio uomo, la mia roccia e non smetterò mai di
ringraziare chi ha permesso questo” – e rivolse un’occhiata veloce a Will e
Mads, accomodatisi poco distante, quindi cercò anche i turchesi di Geffen, con
pieno successo – “… e chi mi ha confortato, rispettando il nostro amore” – e la
vera trovò il proprio posto, tra le falangi massicce del tenente, che abbracciò
forte il suo ragazzo, tra migliaia di coriandoli dorati e petali bianchi, che
all’improvviso esplosero tutti intorno, come una nuvola festosa, tra
acclamazioni e risa, anche liberatorie, dopo settimane da incubo, a causa del
sisma.
Paul prese un lungo
respiro, affacciandosi al balcone principale dell’edificio – “Vorresti esserci
tu, al posto di Tom? Ci hai mai pensato o … creduto?” – domandò assorto, mentre
Norman lo avvolgeva alle spalle, perdendo poi un battito, su quel quesito
scomodo.
“Nessuno scalzerà mai
Tom, dal cuore di Chris” – replicò asciutto, distaccandosi lento, mentre
l’altro guardava il palmare, che aveva appena vibrato, come la voce del suo
compagno.
“Scusa” – disse Rovia,
fissando lo schermo, distratto.
“Che succede?”
“Nulla, è solo un sms
pubblicitario … E poi non volevo offenderti Norman” – spiegò, quasi frettoloso.
“Forse non abbiamo mai
parlato abbastanza di Chris e del resto, forse sarebbe il momento di farlo,
Paul” – propose, esaurendo parte della sua pazienza.
“Hai ragione, ne hai …
pieno diritto, ma io ho voglia unicamente di fare due passi e di ubriacarmi
alla festa con te, se sei d’accordo”
Le figlie di Reedus,
richiamarono la sua attenzione – “Ehi, sì arrivo! … Scendi anche tu?” – ed
inspirò, provando a calmarsi.
“Tra dieci minuti, ok?
Faccio quella passeggiata, mi … mi schiarisco le idee Norman … Perdonami”
§
Ma per cosa? § - pensò il più anziano, restando pieno di
dubbi.
E angoscia.
Glam le diede l’ennesimo
buffetto, tenendola sul petto, mentre si muoveva lento, su di una sedia a
dondolo, ricordo di sua nonna paterna.
Un cimelio, sul quale
Geffen, si era sistemato con Syria, intenta a giocare con la sua barba ben
curata.
“Ehi ti stai perdendo il
party”
“Ciao Colin” – Glam lo
accolse con un sorriso – “… preferisco rimanere qui, con la mia cucciola”
L’irlandese ricambiò il
sorriso – “Sì lo vedo … Siete bellissimi” – esordì sincero.
“Ti ringrazio … Anche
tu, stai perdendo i brindisi, temo” – bissò pacato.
“”Oh non importa, non
finiranno tanto presto” – e si piazzò su di un divanetto, di fronte allo
storico rivale.
“Jay in compenso non
perde un ballo” – e il legale lo indicò con un cenno, senza riuscire a celare
la propria innata ammirazione per il leader dei Mars.
“E’ felice per Tommy,
lo siamo tutti” – sospirò l’attore, accendendosi una sigaretta – “… poi non mi
deve beccare, lo sai”
“Sì, lo so Colin” – e rise
più sonoro, facendo battere le manine a Syria, che lo fissava dal principio.
“E’ cotta di te”
“E’ la mia stella”
“Che non ti farà più
perdere la giusta rotta, Glam?” – ribatté, con un filo di provocazione, ma
amichevole.
“Ah su questo non
contarci” – ammiccò gradevole, passandogli la neonata – “Tu sei il suo zio
preferito, comunque”
“E lei è così speciale …
E’ parte di Jay”
“Come ognuno di noi,
credo … Forse un domani, potremo vivere questa semplice verità, senza più
astio, sai?”
Farrell lo scrutò,
notando qualche ruga in più sul volto del suo interlocutore, nonostante l’abbronzatura
e l’espressione rilassata – “Aspettiamolo, allora, questo domani Glam … Con
fiducia.”
Come ci fosse riuscito,
Jeffrey Dean Morgan, ad avere il suo numero, Paul non lo avrebbe mai scoperto.
JDM, semplicemente JD,
per lui.
E per Morgan, il
giovane era Rovia.
Punto.
Quel nome da finocchio,
Paul, non lo avrebbe pronunciato mai.
Forse.
La Mustang nera,
impolverata ed un po’ ammaccata, come JD, era parcheggiata all’altro capo della
strada.
Paul corse veloce,
incredulo.
Morgan doveva scontare
quattro ergastoli, per omicidio e rapina a mano armata.
Il terremoto, però,
permise a parecchi detenuti di fuggire, nel caos totale di quella tragedia.
Qualche contatto, l’occasione
di nascondersi, in una città, dove la polizia sembrava essersi dimenticata di
lui e JD l’aveva fatta franca.
Anche se la pacchia,
non sarebbe durata in eterno, quindi occorreva agire e subito, per assicurarsi
un futuro migliore e lontano da Los Angeles.
“Sali” – gli intimò roco
l’uomo e Rovia ubbidì, lo stomaco sottosopra.
L’auto partì,
sgommando, ma il tratto che Morgan percorse, fu breve, in un silenzio gelido,
tra loro.
“Come mi hai trovato?!”
– quasi esplose il figlio del giudice Nelson.
Esclusivamente JD ne
era a conoscenza, fin dal periodo della detenzione, condivisa con quel tossico,
strappato agli abusi di gang più violente di lui, al quale Paul serviva vivo ed
abbastanza lucido, per divertirsi un po’, in quell’abisso, dove tutti erano dei
dimenticati.
Morgan lo puntò,
girandosi di lato, sul sedile in pelle graffiata, come il suo tono, appena
ricominciò a parlargli.
“Sei ancora uno
schianto … Da chi ti fai scopare adesso?” – e rise pesante – “No, non dirmelo,
da quel bastardo della narcotici, vero? Norman Reedus … Carine le sue pargole,
per non parlare della dolce mogliettina”
Paul ricordò i
piedipiatti corrotti da Morgan, utili, ora, a fornirgli quelle preziose
informazioni.
Era un ricatto,
alternative non ne esistevano.
“Lui sta con me, è vero”
– disse in un soffio, le palpebre tremolanti, su quegli spicchi di cielo, denso
di nubi e paura.
“Ha mollato la sua
tipa, sì, lo so e lo capisco” – e gli passò il pollice, sul labbro inferiore,
schiudendo di poco la bocca di Paul, che ebbe uno scatto all’indietro e poi un
ansito di terrore.
“Ti prego non farlo JD”
“Non fare cosa, eh?” –
e gli aprì la camicia, sul petto tatuato, dove un drago verde, era servito a
coprire la bruciatura di una sigaretta, un ricordino lasciatogli da Morgan
stesso, anni prima, dopo un diverbio, per della cocaina, che Rovia aveva fatto
sparire, in cambio di un po’ di pace, quando andava a farsi la doccia e tre
coglioni lo importunavano puntuali e sadici.
Quel segno, però, era
qualcosa, che di tanto in tanto, Paul sfiorava, prima di conoscere Reedus.
Quell’animale
di JD, lui, un po’ l’aveva amato davvero.
E adesso gli era di
nuovo addosso, con l’aroma di tabacco bruciato, a ferirgli la gola: Morgan ci
aveva messo parecchio, prima di baciarlo.
Era da froci, lo
ringhiava sempre, venendogli dentro, quasi ogni notte.
Ora l’aveva fatto
subito.
Lo voleva.
E fu incredibile, per
Paul, percepirlo così.
Come se gli fosse
mancato.
Durò poco.
Morgan tornò al proprio
posto, con aria disgustata – “Centomila dollari e svanisco, come un incubo all’alba,
ok? Mi servono per andare via da questa merda, capisci?”
Paul annuì, tremando,
mentre si ricomponeva alla meglio.
“Va bene …”
“Sì, va bene, ma quando
potrai darmeli?” – chiese impaziente, guardando altrove, come se la vista di Rovia,
lo stesse, in qualche modo, tormentando.
“Mi servono un paio di
giorni … E’ complicato, martedì, ok?”
“Ti telefono”
“No, ti mando un
messaggio, lo faccio io JD” – e lo stava implorando, di non mandare in pezzi la
sua vita.
Ancora
una volta.
J.D. MORGAN new entry
PAUL ROVIA
NORMAN REEDUS