lunedì 28 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 85

Capitolo n. 85 – gold



Mel Brown invitó Rice al party annuale della holding, alla quale era al comando da piú di trent’anni.
Era ancora un bell’uomo, sessantenne, ma sempre in forma, smagrito dopo una breve malattia, che lo aveva stranamente reso ancora piú cinico.
Con Owen avevano condiviso una breve relazione in un tempo cosí lontano, che entrambi lo avevano quasi dimenticato.
All’epoca il gallerista era arrivato a Los Angeles pieno di speranze, oltre ad un cospicuo conto in banca.
Mel lo consiglió al meglio, inserendolo nel giro giusto, oltre che nel suo letto.
Abusavano in ogni cosa possibile: alcol, droga, sesso, senza mai oltrepassare il limite estremo, finché Rice si convinse che poteva fare a meno di lui.
I rapporti tra loro erano rimasti buoni, senza piú trascendere.

“Allora cosa ti è successo Owen?” – domandó accomodandosi sul grande divano in pelle nera, al centro del suo studio living.
Si erano isolati dal resto degli invitati, per fare due chiacchiere.
Rice era brillo al punto giusto per sciogliere la lingua e non solo.
“Ho preso… una cantonata…” – ridacchió scomposto, sprofondando anche lui nel prezioso modello Frau.
“Ok, capito… un altro stronzo.”
“No Mel… un ragazzo impegnato e con un figlio…”
“Vi ha beccato la moglie ahahah?”
“Ma quale moglie…?! No, ha un compagno, il bambino è un orfano di Haiti, adottato…”
“Cazzo, non c’era nessun altro da scoparti in tutta la cittá?” – domandó sarcastico, mentre toglieva i soprammobili dal tavolino basso davanti a loro, in cristallo di un insolito colore porpora.
“Era… era una cosa terribilmente seria Mel…” – deglutí, asciugandosi una lacrima dispettosa – “Fanculo, hai un rimedio per come mi sento?”
Brown sorrise, fissandolo di sottecchi, per poi togliergli la giacca e slacciare i primi bottoni della camicia.
“Ho una cura efficace…L’ho presa in Messico, altro che polvere d’angelo…”
“Ok… a proposito di scelte sbagliate… chi è quel poppante che ti sei portato dietro oggi?”
“Oh è un altro Owen… hai la memoria corta… anche tu eri cosí innocente, ma lui è piú giovane, certo, puó essere un handicap.”
“Per cosa Mel?”
“Tutto… non è nemmeno capace di fare un pompino decente ahahahah Si soffoca, ma, per il resto, ha un fisico che mi azzera la salivazione…Lo hai guardato bene Owen?”
“Piú o meno…” – fece spallucce.
“Ovvio che tu eri… magnifico…” – e con il pollice premette sulle sue labbra turgide.
Owen le schiuse leggermente, per consentire a Mel di infilargli il dito quasi completamente.
“Cazzo mi fai un effetto Rice…”
Lui si ritrasse – “E da quando mi chiami per cognome… dai, voglio fare un tiro, poi… poi magari celebriamo i vecchi… splendori…” – ma un nodo in gola gli impedí di sorridere delle proprie insulse battute.

Shannon aveva avuto il pass per quella festa da un amico comune di Owen.
Si era mescolato agli altri, seguendo ogni sua mossa, assistendo ad una progressiva degenerazione del suo comportamento durante la serata.
Li aveva pedinati sino ai piani superiori, intuendo come potesse finire tra loro.
Quando Brown preparó le strisce di cocaina purissima, Shannon irruppe nella stanza.
“Cristo Owen vieni via adesso!” – inveì, come una furia.
Mel sbarró le iridi chiare – “E tu chi cazzo sei?!”
Rice si alzó incerto sulle gambe – “Cosa ci fai qui Shan…?”
“Devo parlarti…” – replicó come sfinito.
“Non dirmi che questo è il coglione che…”
“È stato… un equivoco. E lui non è un coglione!” – sbottó Owen riprendendo la giacca.
Shannon rimase in silenzio, anche se aveva voglia di spaccare la faccia a quello sbruffone.
“Ok dolcezze, facciamo una cosa, restate qui, chiaritevi… ed andate anche a farvi fottere, giá che ci siete.” – ribatté sconfortato, per avere perso l’occasione di farsi Rice.
“No Mel, torniamo a casa… vieni Shan andiamo.”

La tazza di cioccolata calda era piú grande del faccino di Lula, che soddisfatto si leccó tutti gli sbafi arrivati anche sul mento, dove Glam passó una carezza dolcissima.
Erano nella caffetteria del paese, dove c’era una nuova proprietaria, ma ai tavoli la solita Birgitte, la giovane che si era presa una cotta per Kevin, ormai sposata e con due splendide gemelle, che giocavano sul tappeto davanti alle grandi vetrate affacciate sul piazzale, con il parcheggio e le panchine in legno ed ardesia.
“Ne vuoi un’altra piccolo?”
Lui annuí, per poi sorridere – “Grazie papá.”
Quel suo affetto era totale, riempiva il cuore triste di Geffen, che aveva annullato i contatti sia con Jared che con Kevin.
Solo qualche messaggio, per tranquillizzarli.
Birgitte si avvicinó, con la seconda razione golosa, completa di panna.
“Vi fermerete molto?”
“Non lo so… penso che questo clima faccia bene a questa peste, giusto Lula?”
“Sí! E poi devo vedere le… le mu… le mucche!”
La ragazza rise – “Kevin…?”
“Kevin è in concerto.” – disse Glam mestamente.
“Veramente sta scendendo da un taxi…” – disse lei, indicando l’esterno del locale.
“Cosa…?” – anche lui si voltó stupito.
“Kevin!!” – esultó Lula, andandogli incontro di corsa.
Lui lo prese in braccio, ridendo – “Non devi correre tesoro, che se cadi poi ti sbucci, ok?”
“Okkeiii!!” – esclamó agganciandosi al suo collo.
“Ciao Glam, Birgitte… hai visto che bel cucciolo che abbiamo adottato?”
“Sí lo dicevo giusto ora con il signor Geffen… io ho avuto quelle principesse…”
“Stupende… come state?”
Geffen era come in uno stato catatonico, con un sorriso stampato in faccia.
“Bene e tu Kevin?” – disse lei arrossendo.
“Ho una pausa dal tour e… ne ho approfittato.” – si piegó dando un bacio sulla guancia a Glam – “Buongiorno daddy.” - “Ciao amore… non…non ti aspettavo…” – disse imbarazzato, ma felice.
“Per questo adoro le sorprese…se qui avete finito, io sarei un po’ distrutto dal viaggio.”
“Certo… sí, vado a pagare ed andiamo subito allo chalet.”
“Ok daddy…allora Lula, dimmi cosa hai visto di bello.”

Le mani di Owen scorrevano sulle spalle di Shannon, poi giú lungo le braccia, senza mai staccarsi da un bacio, che sembrava senza fine.
Erano inginocchiati sul tappeto davanti al caminetto della camera da letto a Los Feliz.
Si stavano annullando, respirandosi e nutrendosi del reciproco dolore per avere complicato qualcosa che all’inizio era un legame arido, ma che poi si era trasformato in una storia d’amore sconvolgente.
“Co… cosa ci è successo Shan?”
“Non lo so… non dire niente adesso Owen… non…” – ansimava, spogliandolo – “Voglio solo averti e… e sentirti dentro…”

Kevin dormí per il resto del pomeriggio, mentre Glam e Lula cucinavano per la cena.
“Cosa mi avete preparato di buono?”
“Ciao tesoro… Lula vuole farti assaggiare le sue mitiche frittelle di mais.” – disse Geffen sorridendo, mentre Lula passava il vassoio tutto entusiasta.
Kevin ne assaggió una, mentre Glam gli faceva strani gesti, per fargli capire che erano – “…mmm una favola! Buonissime piccolo…” – erano orrende, ma il bassista dei Red Close stette al gioco.
Una volta tornato in camera per farsi una doccia veloce, Geffen lo seguí, chiudendo a chiave la porta della cucina e lasciando Lula nel salone a giocare con un computer giocattolo.
“Posso aiutarti Kevin…?” – domandó timidamente.
Lui si voltó, abbassando poi lo sguardo.
“Devo parlarti Glam…”
“”Sí… sí certo… ti ascolto…” – replicó smarrito.
Kevin lo osservó, notando questa perdita di sicurezza, come se fosse lui l’anello debole di quel gioco a massacro, adesso.
In compenso Kevin non si sentiva un carnefice.
“Jared è angosciato, non sta affatto bene e, se fino a questo momento ha fatto solo dei casini, ora potrebbe anche peggiorare le cose, magari anche con Syria…”
“Sei… sei venuto fino a qui per parlarmi di Jared…?!”
“Per me non è cambiato niente da Varsavia, la mia posizione è quella. Ti ho raggiunto anche per nostro figlio. Voglio firmare le carte per l’adozione, anche per tutelarlo. Oltre a quel risarcimento milionario, Antonio mi ha nominato erede dei suoi beni, con Jared. Per cui dispongo di un’ingente quantitá di denaro, a cui Lula avrebbe diritto, senza contare il resto.” – disse con fermezza.
“Ok… ho tutto con me, era necessario per registrare Lula sul mio passaporto… Sai Kevin… sembra che stiamo parlando di lavoro, dove io sono il tuo avvocato e tu un cliente… uno che… aveva delle richieste ben precise, fredde e sterili…”
L’altro si passó le mani tra i capelli – “Perdonami per la delusione che ti ho dato, ma questa corazza mi serve per andare avanti Glam.”
“Stiamo parlando di nostro figlio, di una cosa meravigliosa e non delle quotazioni in borsa o di chissá quale altre cazzata!!” – esplose, caricando la propria voce di rammarico.
“Vado a lavarmi… ci vediamo a tavola.” – disse con molta calma, sparendo dietro alla porta scorrevole, attraverso la quale si accedeva al bagno, lasciando Glam attonito e confuso.


KEVIN


GLAM


SPECIAL GUEST STAR - MEL GIBSON is MEL BROWN

Nessun commento:

Posta un commento