lunedì 14 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 66

Capitolo n. 66 – gold



Qualcuno della societá elettrica infiló sotto a tutte le porte del palazzo dove Jared era alloggiato, un avviso per la sospensione del servizio per almeno tre giorni, a causa dei danni seguiti all’uragano della notte precedente.
Geffen lo lesse, sbuffando: “Tesoro dobbiamo tornare in albergo… ed al ristorante…” – sorrise tornando sul letto – “Perché sto morendo di fame… Tu come stai, piccolo?”
Lui si crogiolava nelle attenzioni di Glam, sia verbali che fisiche.
Ad ogni sguardo, ad ogni parola, lo ricopriva di baci, di carezze, stringendolo il piú possibile, proteggendolo, era cosí che Jared si sentiva.
Gli era grato per ogni piccola o grande cosa, che Glam riusciva a fare, nonostante le circostanze, spesso confuse, i legami, la famiglia, il suo amore per Kevin, per il quale erano entrambi preoccupati, senza doverselo dire.
La foto di lui era finita sotto al cuscino di Lula, che sperava di avere un domani con questi due papá speciali, che adorava.
In quei fanali luminosi, in quei gesti carichi di affetto, quel bambino racchiudeva un futuro possibile, una speranza.
Geffen pensó che ogni cosa avrebbe avuto il proprio tempo, anche se era necessario che Kevin riprendesse i contatti.
Era insopportabile pensarlo sofferente e smarrito, come in effetti si sentiva.
Il cantante del gruppo, quel Chris tanto esuberante, provava ad approfittare di ogni occasione per restare da solo con lui, consolandolo, ma era tutto inutile.
Alla fine la smise, anche per non inficiare l’atmosfera positiva e di successo, che accompagnavano il tour dei Red Close in Europa.

“Glam prenoto la suite dell’altra volta… va bene?”
“Sí certo… ho un po’ di febbre… ho dimenticato di prendere gli antibiotici… Ok, mangio gli ultimi biscotti e rimedio…”
Jared andó a stringerlo – “Amore stai bene, vero?”
“Sí… tranquillo… il ginocchio è migliorato molto, ma forse ho esagerato… sei la mia passione, impazzisco quando mi sei vicino…averti è indispensabile, per me…” – lo bació, togliendogli la maglietta.
“Glam… Glam non possiamo… Non devi…” – ma non riusciva a staccarsi da lui, lo voleva troppo.
Il telefono li interruppe, era Pamela.
La rassicurarono, parlando poi con le gemelle e Syria, che stava preparando con le altre una bella festa per Glam, lí a casa.
Mancavano ancora una decina di giorni, ma si divertivano a raccogliere immagini e filmati, per donargli un video sui suoi primi cinquantacinque anni.
Jared stava facendo la stessa cosa, ma sotto forma di fotografie.
“Ok, dai andiamo in hotel, ho bisogno di mangiare e poi dormire. L’hammer è in garage, se ci serve qualcosa la compriamo, ok?” – disse quasi impaziente.
Il malessere fisico lo innervosiva, ma Jared era cosí raggiante, che Glam si sforzava di non brontolare, per non rovinare quei momenti di serenitá tra di loro.

Il rientro di Shan e Tomo fu anticipato di un paio di giorni, per la minaccia di scioperi aerei, che avrebbero fatto saltare diversi impegni lavorativi per entrambi, non rimandabili.
“Devo rescindere il contratto con la Rice Corporation, non ne voglio piú sapere di Owen e soci. Se mi faranno problemi, gli spaccheró la faccia…”
Shan rimase in silenzio, tenendo sulle ginocchia Josh, profondamente addormentato.
“Scusami, ma… devo ancora metabolizzare certe cose… Sei stanco?”
“Sí amore… vorrei annullare quel cazzo di show, ma si tratta di poche ore di registrazione… poi quelle cover con i Red Hot sono un’abitudine…”
“Sí so che ci tieni… devo finire delle sculture e poi sto scrivendo dei pezzi… volevo sottoporli a Jared, ma non credo sia il momento giusto…Hai notizie?”
“No, ma gli manderó una email domani… o dopo…” – sorrise, prendendo Tomo per mano.
Erano arrivati.
Fecero una doccia e provarono a sonnecchiare per un paio d’ore, avvinghiati sul divano, baciandosi di tanto in tanto.
Shan aveva un solo pensiero fisso: andare da Owen e fargli capire la sua decisione di restare in famiglia, ma si sentiva morire, perché lo avrebbe perso per sempre.
Rice aveva pazientato a sufficienza, si era dimostrato disponibile, voleva dargli sicurezza, cosa poteva pretendere ancora? Continuava a domandarselo.

La temperatura era scesa: Jared sorrise, dopo avere controllato il termometro.
“Hai mangiato tutto, chissá se stavi bene divoravi anche me…”
“E chi ha detto che ho finito? Vieni un po’ qui…” – ma lui fuggí per tuffarsi in piscina.
Geffen lo guardava, ne era innamorato ed avrebbe voluto vederlo felice, con o senza di lui.

Rice aveva dato un ricevimento, dalle prime luci dell’alba a tarda serata, una non stop di artisti, cibo, champagne, contatti, affari e distrazioni, per non pensare a Shannon, che piombó inaspettato in mezzo a quel circo multicolore.
Owen si isoló subito con lui, nella stanza in cui avevano fatto l’amore cosí tante volte, da potere sentire il profumo dei ricordi bussare insistenti ai loro cuori feriti.
“Ti vedo cosí triste…non avrei mai voluto… Shan io…” – ma lui non gli permise di continuare.
“Perdonami… non posso andare avanti cosí…Non posso non toccarti, baciarti … averti…” – lo travolse con tutto ció che provava.
Rice avrebbe voluto respingerlo, facendogli un discorso razionale, accettando la sua scelta, ma era inutile, i loro corpi si fondevano, si cercavano, si amavano con tenerezza, respirandosi, anche se le lacrime e l’ansia di salutarsi si avvicinava inesorabile.
Fecero un bagno nell’idromassaggio, continuando a coccolarsi, rimandando qualcosa che non volevano dirsi.
“Posso tornare qui, Owen…?”
Lui respiró a fondo – “È casa tua…credevo lo sapessi…” – abbozzó un sorriso, intriso di tensione, a quel punto.
“Ho bisogno di te Owen…”
Si erano giá rivestiti, Shannon fermo sulla porta e Rice seduto sul letto, la testa tra le mani, che un istante dopo si intrecciarono a quelle dell’amante, occhi negli occhi – “Lasceró che le cosi scivolino via, che il nostro amore trovi un senso, che tu capisca che è me che vuoi e non Tomo, anche se ci fai stare male, ma tu non hai colpe… Io non ameró piú nessuno in questo modo… Nessuno Shannon.”

Geffen fece una smorfia, mentre Sebastian sistemava una nuova fasciatura, dopo la lastra di controllo.
“Qui non siamo attrezzati Glam, te lo avevo accennato…”
“Scusa mi sono perso…”
“Quell’intervento di microchirurgia, lo devi fare a Los Angeles, senza piú perdere tempo. Vedrai che la tua gamba tornerá come prima, senza rischiare infezioni.”
“Los Angeles? Da quel tuo collega?”
“Sí esatto, posso prenotarti tutto, ma dovresti salire su di un aereo domani mattina…”
Jared ascoltava seduto sulla poltroncina davanti alla scrivania di Rodriguez, che aspettava una risposta.
“Ti accompagno io Glam…”
“D’accordo, chiamalo e dimmi cosa devo fare.”

Cenarono a base di pizza, sul terrazzo, la serata era fresca e Jared prese le coperte per rilassarsi sui lettini, senza rientrare subito.
“Siamo senza bagagli, come due disperati…” – rise, accucciolandosi accanto a Glam, pensieroso ed assente.
“Ho chiesto a Tania di farmi trovare in ufficio lo stretto necessario, anche per te…”
“Scommetto che non avrai azzeccato nemmeno una taglia…” – provó a scherzare, ma percepiva il suo disagio.
Glam lo bació, improvviso ed intenso.
Jared lo assaporó il piú possibile, poi scese tra le sue gambe, per farlo venire con la bocca.
Gli abbassó delicatamente i pantaloni, mettendosi in ginocchio sul pavimento, dove Geffen ebbe cura di sistemare un cuscino, accarezzandogli la schiena nuda, togliendo quel poco che indossava Jared, ansimando nel pregustare il piacere, che solo lui riusciva a donargli.
La gola di Jared custodiva ció che di piú languido e succoso Glam potesse desiderare, i suoi movimenti erano continui, completi, mentre le sue dita tormentavano le parti piú sensibili di lui, dai capezzoli turgidi all’inguine caldo e muschiato: quei dettagli acuivano la sua bramosia illimitata.
L’orgasmo di Glam lo inondó e lui volle ingoiarlo interamente.



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