giovedì 10 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 61

Capitolo n. 61 – gold



Jared consumó quasi tutta la frutta, dopo una lunga doccia, rannicchiato sul divano in accappatoio, a fissare il vuoto, come in attesa che qualcosa accadesse, per salvarlo da quella bieca solitudine.
Si sentiva in colpa per tutto.
Aveva ricevuto uno strano sms da Kevin, con tre puntini di sospensione, ai quali rispose con tre punti interrogativi.
Forse era la corretta espressione dei loro stati d’animo inquieti, in bilico e nel dubbio, da quando Jared aveva deciso di prendersi la propria vita, quella frase gli rimbombava nella testa indolenzita del dopo sbornia.
Quando bussarono ebbe un sussulto sorridente e la sua speranza si materializzó nel momento in cui aprí, senza chiedere chi fosse, perché una parte di lui lo sapeva benissimo: “Glam… come hai fatto a trovarmi?!”
“Posso entrare?”
“Certo…” – e si fece da parte, seguendolo con lo sguardo arrossato sino alla poltrona, dove Geffen si mise comodo, riponendo il bastone sul tavolino, dove anche Jared andó a sedersi, vicino a lui, pronto ad affrontarlo.
“Hai l’aria stanca…” – disse sommessamente, sfiorando lo zigomo di Glam, che sospiró – “Distrutta direi. Anche tu non scherzi.”
“Pessima notte… ma è andata…”
“Lo vedo.” – il suo tono era severo o semplicemente rassegnato, come al solito.
“Per il centro Glam… riprendo domani, se non ti dispiace.”
“Non sono qui per questo.” – si guardó intorno – “Hai mangiato?”
“Qualcosa… ci sono le bucce… ho le prove…” – sorrise a metá, per poi asciugarsi in fretta una lacrima.
“Jared…”
“A… ascolta…! Io… io non saró mai un bravo ragazzo come Kevin, ma non penso… io non penso di essere cattivo, ma non è questo il punto Glam… il punto è un altro… il punto, lo stramaledetto o strabenedetto punto della mia vita, rimane uno soltanto… Colin è la metá dei battiti che mi servono per completare ogni giorno di me e tu sei il petto nel quale il mio cuore vorrebbe pulsare, vivere e… e respirare…” – il suo pianto voló dagli occhi al collo fremente, come le sue dita gelide, che finalmente ritrovarono quelle di Geffen, ammutolito e triste.
Continuava a fare scorrere i propri occhi su ogni dettaglio di Jared, sentendo il respiro di entrambi confondersi l’uno nell’altro – “Vieni… vieni qui…” – mormoró come un anelito, ultimo sopravvissuto a quella guerra senza vincitori, per poi stringerlo con tutta la dolcezza, che lui sapeva donare a chi amava, senza limiti.
Jared si abbandonó felice a lui, a quelle braccia, che sembravano salvarlo, fosse stato anche solo per un giorno, per un’ora, per un minuto, non gli importava.
Sentí la barba accennata di Glam salire dal suo collo, al suo viso, ritrovando poi le sue labbra fondersi con quelle di quell’uomo, che semplicemente adorava.
Con i palmi gli cingeva la nuca, muovendosi con una calma meravigliosa dentro l’incavo da cui nascevano i sorrisi che lo avevano fatto innamorare di lui, di lui Jared Joseph Leto, la creatura che un giorno qualcuno decise di personificare su questo confuso pianeta, rendendolo bellissimo, perché lui esisteva, con tutti i suoi sbagli, i suoi slanci di gioia, la sua disperata ricerca della felicitá, travolgendo tutto e tutti: non bastava spostarsi, occorreva fuggire, divorati dai rimpianti.
Cosí divenne meglio morire di rimorsi, in fondo non era una scelta, era davvero il loro destino, finché poteva durare, anche senza essere al primo posto, era giá cosí essenziale esserci, in quel turbinio inarrestabile, che Jared chiamava amore.

L’acqua della piscina alla End House era leggermente riscaldata.
Jude spingeva i materassini sui quali Becki e Violet ridevano felici, insieme a Lillybeth, la piccola di Robert, miracolosamente concessa al padre, per poche ore, da una sempre furibonda ex moglie ormai.
Colin la prese tra le braccia, coccolandola, sotto lo sguardo sereno di Downey, che le aveva preparato un bicchiere di succo di frutta: aveva tre anni, occhi e capelli neri a boccoli, uno splendore, la pelle dorata, vivacissima nel costume rosso ciliegia.
Il padre la cambió, avvolgendola in un grande telo dello stesso colore, per poi tenerla sulle gambe, seduti sul lettino prendisole.
Colin entró in acqua e raggiunse Jude, per continuare il gioco con le sue principesse, prendendole sulle spalle, divertite e spensierate.
Il cellulare di Robert suonó, era Tomo.
Glielo aveva dato, nel caso avesse bisogno di aiuto, come in quel momento.
“Sono al giardino giapponese, sono entrato dal retro… Ho… ho cacciato Shan… sono… a pezzi…” – singhiozzava sconfortato.
“Stai calmo… ti raggiungo tra due minuti.”
Robert chiamó Simon e gli chiese di badare a Betty, spiegando agli altri che si assentava per poco.

Stava affossato tra ceste di vimini e scatole di addobbi di ogni genere, usati in passato nelle numerose feste e celebrazioni.
“Tomo… ehi, ma cosa hai combinato?”
“Rob… ho fatto… una cazzata…”
“Sú alzati…”
“Scusami, ma sto bene qui…”
Robert prese uno sgabello e si posizionó davanti a lui, che non aveva mai smesso di piangere.
“Cosa è successo?”
“Gli ho fatto le valigie e l’ho sbattuto fuori di casa… ho anche cambiato la serratura…”
“Accidenti, sembri una delle mie ex…” – rise, provando a distrarlo, ma senza riuscirci.
“Ha passato la notte fuori… con una scusa, l’ennesima balla, un’audizione fuori cittá in un locale, che guarda caso era chiuso… Mi aveva detto che dormiva in qualche hotel, perché avrebbero fatto tardi…”
“Ok, ti ha mentito, ma hai scoperto con chi era?”
“No, io ho solo chiamato il gestore che conosco e lui mi ha confermato di essere in ferie… Tutte queste cose io a Shan non le ho dette… l’ho aggredito e… e picchiato…”
“Pure?!... Scusami se te lo dico, ma non credi che almeno meritasse un minimo di confronto?”
“Non ci ho visto piú Rob… immaginarlo insieme ad un altro… un altro che lo tocca… che fa l’amore con lui… io impazzisco al pensiero di questo!!!” – strinse i pugni, le palpebre, i denti.
“Ma tu non hai mai sbagliato con lui, Tomo?”
“Sí… io ho sbagliato, è passato un secolo, con la mia ex, la ragazza che volevo sposare… Ci ho messo del tempo per decidere, ma poi gli sono sempre stato fedele, ho creduto in noi!” – ribatté deciso.
“Tu credi che si sia innamorato?”
“Temo… temo di sí Robert. Altrimenti non mi avrebbe tradito…”
“E Josh?”
“Ho chiesto a Vicki di tenerlo per oggi…”
“Lei è la ragazza che…”
“Sí è lei. Ma siamo solo amici, te lo giuro.”
“Non è necessario, anche se immagino quanto Shannon possa essere stato geloso di lei.”
“Ci sei passato anche tu con Jude?”
“insomma… no, con Jude ho avuto sempre certezze, anche se era molto esuberante come etero ahahah…”
Anche Tomo a quel punto accennó un sorriso.
“Ecco bravo… ora dovresti fare un bel respiro e cercare Shannon, per trovare una soluzione… Tu lo ami, vero?”
“Piú di me stesso.”

Quando Rob tornó, Jude lo raggiunse accigliato – “Amore dove sei stato?”
“Tomo è nei guai… ti ho raccontato il nostro incontro…”
“Sí… sí, ma ci sono stati sviluppi?”
“I peggiori… Shan è stato preso letteralmente a pedate… ora sará in qualche suite a mettersi dei cerotti, oltre a farsi consolare dal suo amante…”
Law ebbe un sussulto, poi lo fissó – “Rob… ma…”
“Sí, l’ho capito anch’io: è Rice, non ho dubbi, ma Tomo non immagina nulla.”
“Cazzo… Owen Rice. Certo è affascinante, cosí diverso da Tomo, che comunque è un bel ragazzo… ma temo che l’estetica non centri molto…”
“Appunto, penso che abbiano perso tutti la testa… Non dire nulla a Colin.”
“Va bene… guardalo, oggi è sereno…”
“Sí… merito anche tuo, sai?” – sorrise, accarezzandogli i capelli.
“E tuo Robert… sei comprensivo e maturo, in ogni occasione…”
“Maturo nel senso di vecchio?!”
“No, nel senso di rincoglionito!”
“Ah, mi sembrava!”
Scoppiarono a ridere, baciandosi dolcemente.

Jared si strofinó il naso, tossendo e rannicchiandosi meglio sotto l’ala di Glam, che dormiva profondamente; non avevano fatto altro per tutta la giornata.
Erano nudi, ma non c’era stato sesso, ma solo il contatto della loro pelle calda e morbida, perduti in un amplesso casto, fatto di baci e parole traboccanti di piccoli sogni, piccoli cuori, piccole vite, ancora una volta.

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