mercoledì 9 febbraio 2011

GOLD - Capitolo n. 59

Capitolo n. 59 – gold


“Sta guarendo bene… riesci a camminare senza stampelle Glam?”
“Sí Sebastian… insomma, con il bastone.”
“Ovvio. Comunque ti prescrivo qualcosa di piú leggero, tu cerca di alternarli, finché non ti sentirai piú sicuro. Per la fisioterapia ne riparliamo tra qualche giorno.” – sorrise, prendendo dall’armadietto dei nuovi farmaci.
“Pranziamo insieme dottore?”
“Volentieri… cosa ci propinerá oggi la squadra?”
“Non ne ho idea… Jared parlava di minestra alle verdure…” – Geffen fece una smorfia, poi rise.
Sembrava sereno, ma non lo era affatto.

Dal tavolo in fondo alla sala, quasi in disparte, mentre Rodriguez gli illustrava i nuovi piani di sicurezza dell’ospedale, Glam osservava Jared dietro al bancone parlare con un ragazzo nuovo, appena giunto da New York, figlio di un qualche manager dell’informatica, in fuga da un mondo “falso e vuoto”, almeno cosí glielo descrisse nell’email di presentazione.
In effetti non stavano semplicemente chiacchierando, sembrava piú un flirtare, alimentato dagli sguardi di Jared, che improvvisamente si giró a fissare Glam, che non abbassó gli occhi di ghiaccio liquido, quasi turchese.
Jared si morse sfuggente il labbro inferiore, per poi sorridere ad una battuta del collega, che sembrava incantato dal suo celebre interlocutore.

A cena Jared non disse altro che l’essenziale, mentre Glam mangiava svogliatamente.
“So che preferiresti una costata di brontosauro, ma la casa passa questo, accontentati.” – disse finalmente, in tono scherzoso.
“Nessun problema, è colpa delle capsule che mi ha cambiato Sebastian. Vado a stendermi.”
“Ma è presto Glam…”
“Lo so, ma non mi sento al meglio.”
“Ok, come vuoi, io stasera esco, se vuoi chiamo qualcuno.”
“Qualcuno? Per cosa? E… in che senso esci?” – domandó accigliandosi.
Jared lo polverizzó con un’occhiata, che non necessitava di un ricamo a voce – “Sí, ok, non mi riguarda, ma fai attenzione. Io sono a posto, grazie per la premura. Divertiti.” – e sparí in camera da letto.
Sentí armeggiare Jared prima con i piatti, poi in bagno, dove mise un cd dei Mars in sottofondo ai preparativi per poi urlargli – “Io vado, prendo l’hammer, ci si vede!”
Geffen socchiuse le palpebre, nervosamente, per riflettere § Cinquantaquattro anni… e sono un perfetto coglione. Quasi cinquantacinque. Non cambia. Resto un perfetto coglione, come un secondo fa. Uscirá con quel tipo. Bravo. No…dico, no cazzo, ma cosa si è messo in testa?! Si vede che Colin al posto dei capelli avrá un cesto di lumache…Beh anch’io… no, io no, è l’uomo di Farrell, non il mio. Fanculo Jared. §

I loro corpi erano una sorta di groviglio, saldato nelle sue ramificazioni, dal sudore e dagli umori di un orgasmo continuo e dissoluto.
Le mani di Owen, allungato alle spalle di Shannon, correvano sul petto di quest’ultimo, arabescando un incantesimo, soggiogato e splendido.
Sentiva il suo fiato caldo nell’incavo tra il collo e la spalla sinistra, implorava di non smettere, anche se gli era venuto dentro giá due volte quella notte.
“Owen… non… non andartene…”
“Per niente al mondo… niente amore…”
Mescolavano dolcezza ed erotismo, in un mix a tratti ingestibile, come nel ristorante, diverse ore prima, quando neppure si erano resi conto di avere le pietanze sotto al naso ed il cameriere che aspettava di essere congedato, in un locale che Shan trovava troppo lussuoso.
“Sí, ma vedessi che bagni ha questo posto… sembrano salotti…” – mormoró Rice, senza smettere di guardarlo.
“Davvero? Non ci credo…”
“Se vuoi te li mostro.”
“Va bene. Andiamoci.”
Si ritrovarono mezzi nudi su di un ripiano abbastanza ampio per accoglierli, in un amplesso tanto veloce quanto sconvolgente; non si bastavano mai.

Geffen si assopí leggendo un libro, che finí per cadere di lato e poi sul pavimento.
Il rumore lo sveglió: si rese conto che Jared non era ancora tornato ed erano le tre passate.
Sbuffó, ma poi la chiave nella serratura sembró rassicurarlo.
Fece finta di dormire quando Jared arrivó a coricarsi, dopo avere preso due cuscini dall’armadio.
In boxer e maglietta, si rannicchió abbracciandone uno, dopo avere posizionato l’altro tra lui e Glam.
Il suo profumo era ammorbato dall’aroma della tequila, ma da quella prospettiva Geffen non riusciva a capire in che stato fosse, anche se nei movimenti appariva sicuro.
Probabilmente non era sbronzo, ma di certo turbato.
Lo sentí tirare sú dal naso, per poi affossarsi nel guanciale, per asciugarsi delle lacrime ribelli, che non riuscivano a dargli pace.
“Pensavo ti fidassi di me.” – esordí Glam, inaspettato.
Jared ebbe un tremito – “Co… cosa?” – replicó immobile.
“A cosa serve questa barriera? Una protezione? Pensi che ti cada addosso?” – il suo tono voleva essere ironico, a quel punto, ma nello stomaco sentiva tante piccole lame, pronte a lacerarlo impietose.
“No… No. Faccio finta, invece, che tu mi stia vicino. Tutto qui.” – disse con voce ferma.
“Anche… anche volendo sai che non potrei Jared, dovrei girarmi sul ginocchio ferito e…”
“Sí, giusto, è per questo.” – sorrise amaro, trasparente come un bicchiere di cristallo prezioso.
“Un uomo vero ti avrebbe detto che è per amore di Kevin, non per una ferita, che non fa male quanto questa assurda situazione. Un uomo vero non sarebbe neppure qui, a farsi mille pensieri perché tu vai in giro con il primo che ti capita a tiro e che usi per ingelosirmi e… e ci sei riuscito! Un bell’applauso all’attore dell’anno, che saresti tu ed al bastardo dell’epoca, che sarei io!” – il susseguirsi di quei concetti, si accompagnava in un crescendo di rabbia, che sembrava animare il corpo di Glam, da prima seduto, poi quasi in piedi, fino ad arrivare alla porta.
Jared non si spostó di un millimetro, ma alla fine scattó in piedi come una furia – “Dimmi dove è finito l’uomo che diceva di amarmi oltre sé stesso??!! Dimmelo cazzo dimmelo!!!” – e mentre gli gridava contro, batteva i pugni nel vuoto.
Geffen si appoggió allo stipite, iniziando a sudare per lo sforzo – “È sempre qui quell’uomo, davanti a te Jared, con tutto il carico di umiliazioni che solo tu avresti potuto fargli sopportare!!! E l’ho fatto finché ho potuto!!! Ma la misura della bassezza a cui ero arrivato me l’ha fatta capire Kevin, con la sua devozione, con qualcosa che tu non mi darai mai!!!”- era disperato, ma trovó la forza di andare verso Jared, per afferrargli le braccia, ribadendo quello che entrambi sapevano – “E anche se ti amo, piú di quanto ami lui, non posso scendere oltre e ferirlo ancora!!! E perderlo!!!” – ruggí, prima di accasciarsi sul materasso, la testa tra le mani, per nascondere un pianto, del quale si vergognava profondamente.
Jared si inginocchió, cercando di calmarlo – “Glam…ti… ti prego… io non ho fatto nulla di male con quel ragazzo, abbiamo bevuto e…parlato e basta, te lo giuro…” – si giustificó, per poi rendersi conto che Glam non aveva bisogno di quello da lui.
Si rivestí, poi raccolse poche cose nella sacca, insieme al portatile, il cellulare ed il portafogli, posando le chiavi dell’appartamento sul tavolo della cucina.
Chiuse piano la blindata, scese lento per le scale ed arrivó al garage, dove risalí sull’auto blindata, per dirigersi verso il centro di Port au prince, dove alcuni alberghi oscenamente lussuosi lo avrebbero ospitato.
Prese una suite, ampia e prestigiosa, all’ultimo piano di un resort, dove la vita scorreva su binari totalmente stonati rispetto al resto dell’isola, dove c’erano persone che morivano ancora di stenti e colera.
La direzione fece portare champagne, frutta fresca ed una scatola di cioccolatini prodotti in Belgio.
Jared li gettó su di una poltrona, stappando la bottiglia, per berne il contenuto a canna, troppo velocemente.
Arrivó all’alba vomitando, per poi crollare sul tappeto, senza riuscire ad arrivare nemmeno al divano.






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